martedì 30 agosto 2022

#RomanzoViminale: i simboli che non abbiamo visto al Ministero (2022)

Mentre si attende di conoscere il contenuto esatto delle decisioni dell'Ufficio elettorale centrale nazionale sui ricorsi in materia di liste e candidature, chi appartiene alla schiera dei #drogatidipolitica deve in sostanza ritenere "scaduto" il "tempo dei simboli" per le elezioni politiche di quest'anno. Concluse le fasi di deposito, ammissione e riesame da parte dei magistrati di Cassazione, restava da capire quanto certi emblemi rappresentati in Parlamento oppure legati a partiti iscritti all'apposito Registro fossero davvero in grado di esonerare le rispettive liste dalla raccolta firme. A quanto pare, le risposte giunte finora dalla Cassazione - ma note soltanto attraverso i media: appena possibile se ne darà conto nel dettaglio - hanno spento praticamente tutte queste speranze, così sui simboli di questa tornata elettorale è rimasto poco da dire (tranne vedere quelli presentati per il Senato in Trentino - Alto Adige: ci si arriverà).
Per chi frequenta abitualmente questo sito, però, resta ancora un rito ormai consolidato - essendo nato nel 2018 - da compiere: quello della "fantabacheca" che raccoglie alcuni dei contrassegni che non sono stati depositati in vista delle prossime elezioni politiche. I 101 emblemi presentati questa volta, infatti, sono sì più del doppio dei 49 visti al Viminale prima delle elezioni europee del 2019 e poco meno dei 103 esposti prima del voto politico nel 2018, ma sono comunque molti meno di quelli visti in passato e non comprendono alcuni simboli che chi si fregia dell'appartenenza al cerchio dei #drogatidipolitica avrebbe invece visto o rivisto con piacere. In alcuni casi si tratta di emblemi storici, purtroppo non portati da nessuno questa volta; altri fregi sono assai più recenti e magari in bacheca ci erano finiti solo una o due volte sin qui, ma sono riusciti a farsi ricordare e non ritrovarli è un peccato; altri ancora, infine, non sono mai stati esposti nei corridoi del Ministero dell'interno, ma avrebbero assolutamente meritato di finirci questa volta, per varie buone ragioni.
Con questo spirito, dunque, ecco la nuova "bacheca dei non presentati", con 15 contrassegni (più uno) indicati ad assoluta discrezione di chi scrive e di alcuni soggetti "fiancheggiatori": alcuni erano stati scelti anche nel 2018 o nel 2019, altri sono alla prima apparizione. Nella speranza che qualcuno di questi, per buona volontà di qualche figura volenterosa, torni in una delle bacheche vere alla prima occasione utile.
 
* * *
 

1) Lista civica nazionale "Io non voto"

Mai come quest'anno, probabilmente, ci si attende un'affluenza bassa alle elezioni politiche. Quindi sarebbe stato più che normale trovare di nuovo in fila davanti al Viminale Carlo Gustavo Giuliana, classe 1953, palermitano come i colori del suo simbolo ormai storico: quello della Lista civica nazionale "Io non voto", col testo nero su fondo pervinca. L'emblema per l'ultima volta era finito nelle bacheche del Ministero dell'interno nel 2014 e ormai la sua assenza si fa sentire, soprattutto nell'epoca in cui il non-voto - purtroppo - acquista sempre più consenso nel corpo elettorale. Anche questa volta, dunque, votare "Io non voto" non si può: tocca farlo stando a casa.
  

2) Partito Pensionati e invalidi

In occasione del voto politico del 2018 era stata tra le prime a mettersi in fila nel terzo giorno di deposito dei contrassegni; stavolta invece nei corridoi del Viminale non si è avvistata Luigina Staunovo Polacco, fondatrice del Partito Pensionati e invalidiQuella riportata qui a fianco è l'ultima versione ammessa (nel 2018 appunto) del simbolo depositato da Staunovo Polacco: essendo stato ammesso più volte, a dispetto della parziale somiglianza con il fregio del Partito pensionati (più accentuata nella versione non ammessa quattro anni e mezzo fa), anche stavolta non avrebbe avuto problemi, se solo fosse arrivato in bacheca...  
Rispetto al passato, in effetti, è drasticamente calato il numero di emblemi presentati che si rivolgevano a quel gruppo di persone (e l'unico presentato, com'è noto, non è stato ammesso). 
Non si è visto nemmeno, giusto per fare uno dei nomi rilevanti, lo storico Pensioni & Lavoro del Gran Cancelliere Ugo Sarao, depositato da lui in persona, dal segretario Cesare Valentinuzzi o da un soggetto di loro fiducia: nel 2014 e nel 2019 alle europee aveva dato il meglio di sé, concependo una vera e propria "bicicletta" nel tentativo di presentare liste senza raccogliere le firme; nel 2018 era stato depositato "solo" Pensioni e lavoro (mentre nel 2013 si era rivisto Unione di centro, altra creatura di Sarao). Nella bacheca non è stato inserito, ma per gratitudine doveva assolutamente essere riportato almeno qui. 
  

3) Partito internettiano

Tra le assenze di cui occorre dare conto questa volta si deve annoverare anche il Partito internettiano, creatura politica di Francesco Miglino, che personalmente per molti anni ha partecipato come fondatore e segretario dei proprio movimento politico al rito del deposito dei contrassegni al Ministero dell'interno. Nel 2019, in occasione delle europee, era stato addirittura il numero 1 della fila (posto generosamente ceduto da Mirella Cece); era ragionevole attenderlo anche questa volta, per presentare il suo emblema rosso, viola e giallo (il primo a schierare la "at" al suo interno) e dare voce alle sue teorie di partecipazione piena attraverso la Rete (propagate fin dal 2001), ma bisognerà attendere il prossimo voto.
 

4) Partito socialista democratico italiano

In bacheca quest'anno è arrivato il contrassegno della Socialdemocrazia di Dino Madaudo e Umberto Costi e addirittura si è visto - dopo una sua breve avventura negli anni '90 - l'emblema della Socialdemocrazia liberale europea, ma si è atteso invano di veder depositare il simbolo storico del Partito socialista democratico italiano, di cui si era deciso il rilancio pochi mesi fa, eleggendo alla segreteria l'ex ministro Carlo Vizzini. Proprio lui si era premurato di dire che non era il suo partito ad aver concluso un accordo con Impegno civico di Luigi Di Maio (si trattava in effetti dell'associazione Proposta Socialista Democratica Innovativa, guidata da Mario Calì), ma la presentazione del simbolo poteva essere una buona occasione per riaffermare la rivendicata titolarità di nome e fregio.
  

5) Partito socialista italiano

In occasione di queste elezioni politiche il Partito socialista italiano concorre con proprie candidature - ed è cosa nota - alle liste del Partito democratico - Italia democratica e progressista. Se però altre forze politiche, pur partecipando a liste diverse senza inserire la propria "pulce" nel contrassegno composito, hanno scelto di presentare comunque il proprio fregio per tutelarlo, né il Psi né le altre forze convolte nelle liste ampliate del Pd (Movimento Repubblicani europei, DemoS, Volt e Articolo 1) hanno scelto di presentare il loro emblema. Dispiace per le forze politiche che sarebbero apparse per la prima volta, dispiace soprattutto per Mre e Psi, che tornando in bacheca avrebbero portato un'edera e un garofano in più nel panorama simbolico del 2022.
 

6) Parlamentare indipendente

Tra gli emblemi ammessi quest'anno figura anche quello di Tomaso Picchioni, teorico-pratico delle candidature individuali, per evitare che il voto a una persona possa incentivare l'elezione di altri soggetti: uno scenario da studiare, ma che l'attuale sistema (che di fatto lega le candidature nei collegi uninominali alla presentazione di liste) non è possibile. Ma allora sarebbe stato perfetto anche ritrovare in bacheca il simbolo Parlamentare indipendente già presentato più volte da Lamberto Roberti, per sostenere il suo disegno di "democrazia solipsista" che non prevede partiti o liste, ma solo candidature individuali. E invece il simbolo con tutti i colori dell'arcobaleno e le stelle d'Europa al centro non si è visto: tornerà, magari, alle prossime europee.
 

7) Sempre in piazza - Il presenzialista dei Tg

In bacheca, in effetti, non ci è mai finito. Eppure il simbolo Sempre in piazza - Il presenzialista dei Tg è nella disponibilità di Mauro Fortini, l'uomo dalla penna arancione da Guinness dei primati (lui e la penna), immortalato un numero imprecisato di volte dalle telecamere nella "zona parlamentare" di Roma. Quest'anno, se non altro, Fortini ha potuto mostrare il logo personale - realizzato da chissà chi... - in una sua provvidenziale e gentile incursione in un'intervista realizzata a chi scrive da Lanfranco Palazzolo sul deposito dei simboli. E questo perché, ancora una volta, Mauro Fortini era davvero "sempre in piazza" (quella del Viminale, in questo caso): si spera che, la prossima volta, lui abbia la possibilità di depositarlo sul serio.
 

8) Movimento sociale Fiamma tricolore

Tra le assenze "simboliche" che hanno colpito di più le persone attente alla politica, soprattutto legate a una certa area, va sicuramente annoverata quella del Movimento sociale Fiamma tricolore. Dal 1996 in avanti, infatti, a ogni elezione politica il fregio era stato avvistato nelle bacheche viminalizie, da solo (1996, 2001, 2006, 2013) o all'interno di contrassegni compositi (con la Destra nel 2008, in Italia agli italiani nel 2018). Quest'anno, per la prima volta, il simbolo (che dal 2004 è ufficialmente un "acronimo di goccia tricolore") di coloro che nel 1995 non avevano voluto disperdere il messaggi originario del Msi e per farlo avevano dovuto fondare un partito ad hoc non è nemmeno arrivato in bacheca (dunque nemmeno sulle schede). Un'assenza rilevante, che comunque lascia scoperta un'area non trascurabile.

9) Ora rispetto per tutti gli animali

Dopo la doppia presentazione in grande stile del contrassegno alle elezioni politiche del 2018 e alle europee dell'anno dopo, ci si aspettava un ritorno del simbolo di Ora rispetto per tutti gli animali, nell'anno in cui il Partito animalista tentava di essere presente in tutta l'Italia (grazie a 10 volte meglio) e spuntava il simbolo di Difesa animalista indipendente nazionale organizzata  - Daino. Questa volta, invece, il simbolo del partito guidato da Giancarlo De Salvo (con un orso marsicano e una X color senape) non è tornato al Viminale, così come non si è rivisto Flipper, il cane dei presentatori, mascotte del deposito 2019 (quest'anno c'era in compenso Stella, cagnolina di Max Panero di Destre unite).
 

10) Lista consumatori

Se quest'anno al Ministero dell'interno c'è stata penuria di pensionati, non si può non rilevare l'assenza totale di simboli dedicati ai consumatori, mentre in passato se n'erano visti in gran copia. Dovendo scegliere tra gli emblemi del passato, ci si permette di lasciare da parte i Consumatori uniti di Bruno De Vita (presenti nel simbolo composito di Verdi e Pdci del 2006 e poi confluiti nell'Unione democratica per i consumatori) e si ripesca la Lista consumatori, nata in collaborazione con il Codacons nel 2004 (schierata a partire dalle europee di quell'anno) e caratterizzata da un rospo al centro del simbolo, secondo il famoso motto dell'associazione "Non ingoiare il rospo!". 
 

11) Democrazia cristiana

"Un'altra Democrazia cristiana? Al Viminale ce n'erano quattro, due proprio con quel simbolo!" Si comprende la reazione, ma perché negarsi l'emozione di avere in bacheca una quinta Dc, nell'anno più democristiano di sempre? Quanto al simbolo, si poteva scegliere quello della Dc guidata da Angelo Sandri (che concorre alle liste di noi Di Centro - Mastella - Europeisti), ma si è riutilizzato lo stesso emblema presentato al Viminale dalla Dc-Mortellaro e dalla Dc-Luciani perché è quello impiegato da anni da Denis Martucci per la Dc guidata da lui (e che nel 2018 era presente come DemoCristiana accanto a Italia Reale). Il simbolo non è arrivato al Viminale per protesta, come spiegato in una nota da Martucci: "queste elezioni sono incostituzionali se non nella forma, nella sostanza [...]. Comprendiamo che per le grandi forze [...] la presenza di cittadini indipendenti che senza rimborsi e fondi vari si attrezzano di buona volontà e riescono a presentarsi anche solo in una circoscrizione elettorale, sia un fatto trascurabile. Tuttavia la democrazia non può ridursi ad una mera previsione teorica. Concedere ai cittadini una ventina di giorni (laddove la norma prevede la validità di firme raccolte sino a sei mesi prima!) in agosto per fare sottoscrivere e autenticare centinaia di candidature e circa 60mila sottoscrizioni con l'unica possibilità di trascinare amici e sostenitori (tutti ormai con vacanze prenotate) innanzi alle anagrafi (essendo chiusi gli studi di avvocati e notai), è un ipocrisia che fa invidia ai più rinomati regimi dittatoriali". Per Martucci "allo stato il diritto di cui all'articolo 49 della Costituzione è leso non solo dall'aver reso impossibile ai cittadini la partecipazione a queste consultazioni, ma anche dalle norme sulle esenzioni dalle sottoscrizioni che creano di fatto situazioni di grave, discrezionale e immotivata disuguaglianza tra le associazioni politiche".

12) Verde è Popolare

Più che in un'altra Dc, si sperava nell'arrivo di Verde è Popolare, ultima (per ora) creatura di Gianfranco Rotondi, che cela dietro a due foglie uno scudo crociato, su fondo verde. Finora solo la Democrazia cristiana per le autonomie (in fregio composito col Nuovo Psi), tra i partiti rotondiani, era approdata nelle bacheche durante il deposito generale dei contrassegni: Verde e Popolare invece non s'è visto, forse anche per evitare rilievi sulla presenza dello scudo. Rotondi sarà comunque candidato, non più da Forza Italia ma da Fratelli d'Italia (alla Camera in Sicilia 2-P03 e, per la coalizione, nel collegio uninominale di Avellino): lui ha spiegato che è il tentativo di "riprendere il progetto di un partito di centrodestra senza trattino, una grande forza di massa speculare al Pd, ma infinitamente più forte" (dopo il tentativo mal riuscito del Pdl) e del recupero della lezione di Carlo Bernini: "un democristiano prima guarda dove sta la sinistra, poi si gira a vedere se qualcuno la combatte e può batterla, e vota là". Non stupisce che colui che è affezionato alla definizione di "ultimo democristiano in Parlamento" si candidi là dove voterebbe un democristiano (per avere più chance di essere eletto e di rendere più moderato e inclusivo il progetto di Fratelli d'Italia); peccato però non aver incrociato Rotondi al Viminale col simbolo...
  

13) W la Fisica

Non c'è alcun dubbio: è un simbolo che ha "ballato una sola elezione" (quella del 2018), ma W la Fisica, il soggetto politico fondato da Mattia Butta (ingegnere che lavora all'Università Tecnica Ceca di Praga) per reagire da par suo alle "stupidaggini anti-scientifiche" provenienti da certa politica, si è fatto ricordare da molte persone, non solo quelle appartenenti alla schiera dei #drogatidipolitica. Anche stavolta, come nel 2019, il simbolo molto bianco con tocchi di nero e grigio sfumato non è tornato in bacheca; eppure di un rimedio serio alle panzane anti-scientifiche di varia provenienza ci sarebbe tuttora un dannato bisogno... 

14) Lega per l'autonomia - Alleanza lombarda

Altra carenza rilevante, nell'ultimo deposito di contrassegni, ha riguardato i simboli delle formazioni autonomiste: si sono visti solo il Partito sardo d'azione, il cartello Svp-Patt, il Movimento Friuli e la Liga Veneta Repubblica, senza altre formazioni sardiste (nel 2018 c'era almeno Autodeterminatzione), friulaniste (come scordare Front Furlan - Vonde Monadis?), piemontesiste (si pensi al lungo impegno di Roberto Gremmo), lombardiste o in generale decentraliste di cui c'era stata abbondanza in passato. Non sfugge, allora, l'occasione di vedere in bacheca almeno il fregio della Lega per l'autonomia - Alleanza lombarda, in passato al centro di una lunga contesa sulla titolarità del simbolo e fondamentale per l'esito delle elezioni politiche del 2006 (v. alla voce "Elidio De Paoli"). Dopo il 2009 il simbolo non si è più visto, ma c'è chi non lo ha dimenticato.  
 

15) Lista dei Grilli parlanti

L'ultima volta che si è visto Renzo Rabellino al Viminale è stata nel 2014: era venuto a depositare insieme a varie persone il simbolo della Lega Padana e altri emblemi a lui legati. C'era anche, ovviamente, la gloriosa Lista dei Grilli parlanti (che poi era in origine del Grillo parlante, ma anche con il nome scritto con un corpo minore rispetto al passato il contrassegno non era stato ammesso, quindi si era tornati al plurale). Inutile girarci troppo intorno: i frutti politico-grafici del genio assonante di Rabellino - e di chiunque abbia provato, in passato e per un certo tempo, a seguirne le orme - mancano a ogni vero #drogatodipolitica che si rispetti. E anche se è finita la "fase dei grandi scherzi" (ci si perdoni il riciclaggio della massima di Bertinotti-Guzzanti), dimenticarla sarebbe un delitto.
 

16) Comitato nazionale per l'Agenda dei draghi

Che Rabellino non sarebbe spuntato al Viminale era probabile; che il secondo e il terzo giorno di deposito dei contrassegni conoscessero lunghe fasi di mortorio era meno prevedibile e - soprattutto - poco gradevole. Nel mezzo delle chiacchiere tra le persone intente a raccontare la #MaratonaViminale, ecco l'idea collettiva tanto malsana quanto appropriata: tentare un'indegna sostituzione di Renzo Rabellino, producendo un simbolo degno di lui. Perché lui di certo un simbolo riferito a Draghi l'avrebbe preparato e presentato. Dopo Grillo e Monti (e, prima, Rosso e Buttiglione), quindi, era tempo di candidare Draghi, anzi, "l'Agenda Draghi" citata da più parti come modello da seguire o da evitare. Si doveva così cercare un'agenda vera e piazzarci sopra due draghi per giustificare il nome scelto; anzi, nel miglior stile rabelliniano, si poteva coniare come denominazione Comitato nazionale per l'Agenda dei draghi, ovviamente riportando solo le ultime tre parole e riducendo in modo sensibile le dimensioni della preposizione. Poco importa che alla fine della terza giornata sia stato depositato il simbolo di Italiani con Draghi: l'Agenda dei Draghi, pur destinata a bocciatura quasi certa, era ben più raffinata (e Moleskine potrebbe farci un pensierino...)  

sabato 27 agosto 2022

Elezioni politiche 2022, i simboli della Valle d'Aosta

Si è ricordato anche nei giorni scorsi che durante la #MaratonaViminale sono stati depositati i contrassegni relativi alle elezioni politiche fissate per il 25 settembre 2022, ma che questi - pur riguardando anche la circoscrizione Estero, non coprono l'intero territorio nazionale. In particolare, non viene depositato alcuno dei simboli relativi alla Valle d'Aostache è interamente costituita in collegio uninominale: le norme in vigore prevedono sempre che contrassegni e candidature si consegnino presso la cancelleria del tribunale di Aosta tra il 35° e il 34° giorno precedenti il voto, cioè negli stessi giorni in cui si depositano le candidature nelle corti d'appello del resto d'Italia (quest'anno tra il 21 e il 22 agosto). 
I contrassegni che distinguono le singole candidature per l'unico seggio espresso dalla regione possono essere uguali a quelli depositati - quest'anno dal 12 al 14 agosto - al Ministero dell'interno, ma possono anche differire, magari anche unendo forze politiche che a livello nazionale sono distinte o perfino non coalizzate (le norme sui collegamenti tra liste non si applicano alla competizione per il seggio valdostano): essendo in gioco l'elezione di una sola persona, è inevitabile che più partiti o gruppi politici cerchino di unire le forze, in modo da essere competitivi per cercare di conquistare il collegio uninominale (la tendenza si è di molto accentuata in seguito al depotenziamento dell'Union Valdôtaine, prima in grado spesso di conquistare quel seggio da sola).
In tutto, i contrassegni depositati insieme alle candidature saranno 9, anche se non tutti appariranno su entrambe le schede: uno si vedrà solo per la Camera, due soltanto per il Senato. Di seguito si indicano i contrassegni secondo l'ordine sorteggiato per il seggio di Montecitorio, mentre gli ultimi due emblemi sono quelli che figurano soltanto sulla scheda di Palazzo Madama (peraltro proprio nelle ultime due posizioni, nell'ordine precisato).

1) It
alia sovrana e popolare

Il sorteggio effettuato presso il tribunale di Aosta ha collocato per primo sulla scheda elettorale della Camera il simbolo di Italia sovrana e popolare, che risulta identico a quello impiegato nel resto del paese e depositato al Ministero dell'interno il 14 agosto: la candidata di questo "cartello del dissenso" che unisce Pc, Azione civile, Ancora Italia, Riconquistare l'Italia, Rinascita repubblicana e altri gruppi, sarà Loredana Ronc. Al Senato, invece, il simbolo ha ottenuto il quarto posto sulla scheda, a fianco del nome di Alessandro Bichini.
   

2) 
Valle d'Aosta aperta

Al secondo posto nella scheda valdostana per Montecitorio si trova una novità da osservare con attenzione: si tratta del simbolo Valle d'Aosta aperta, che raccoglie al suo interno le miniature di Area democratica - Gauche autonomiste, Adu-Vda (cioè Ambiente diritti uguaglianza - Valle d'Aosta, lista esclusa alle regionali del 2020), Sinistra italiana e Movimento 5 Stelle; le "pulci" (le ultime due hanno evitato la raccolta firme) sono collocate sotto il nome bianco e giallo su un profilo verde di montagna dietro il quale il sole sorge (mentre sul cielo si legge la dicitura "Écologie et progrès"). Alla Camera è candidata la Camera la consigliera regionale di Progetto civico progressista Erika Guichardaz; al Senato si presenta Daria Pulz, componente della segreteria di Adu (il simbolo è il terzo sulla scheda).
  

3) Centrodestr
a unito Valle d'Aosta

Come nella circoscrizione Estero, si vede correre il Centrodestra unito per cercare di conquistare gli unici due seggi (uno per Camera) attribuiti alla Valle d'Aosta: lo fa con un contrassegno composito a quattro, che contiene tutte e quattro le miniature dei simboli della coalizione (esattamente identici a quelli depositati al Viminale) e ovviamente non ha avuto bisogno di raccogliere le firme. Rispetto agli emblemi di Lega per Salvini premier, Forza Italia (con il riferimento al Ppe) e Fratelli d'Italia, però, il fregio di Noi moderati è più piccolo, quindi ancor meno leggibile; i quattro cerchi sono disposti sopra uno sfondo leggermente concavo, con un profilo di montagna innevata, mentre un piccolo segmento in basso ha i colori della regione. Alla Camera si candida la coordinatrice regionale di Forza Italia Emily Rini, mentre l'ex presidente della Regione Nicoletta Spelgatti si presenta al Senato (al sesto posto sulla scheda). 
  

4) L
a Renaissance Valdôtaine

Il simbolo che occupa la quarta posizione sulle schede valdostane della Camera si trova solamente qui e non anche sulla scheda del Senato. La Reinassance Valdôtaine, in particolare, si qualifica come "movimento civico che intende portare nella vita sociale i valori che il Rinascimento espresse nell'Arte": non a caso, sul fondo azzurro e blu del simbolo si staglia il volto - reso con il bianco e molto delicato - della Venere di Botticelli. Il soggetto politico ha scelto di candidare per l'unico seggio disponibile a Montecitorio il consigliere comunale di Aosta Giovanni Girardini. 
  

5) P
artito comunista italiano

Ha scelto di partecipare anche alle competizioni per il collegio uninominale valdostano di Camera e Senato il Partito comunista italiano, presentando il proprio simbolo ufficiale, senza unirlo a quello di altri soggetti politici; per farlo, esattamente come La Reinassance Valdôtaine, ha dovuto raccogliere le firme e l'impegno è andato a buon fine. Davide Ianni sarà presente al quinto posto sulle schede elettorali per Montecitorio, mentre Giovanni Guglielmo Leray grazie al sorteggio aprirà i bollettini dedicati all'elezione di Palazzo Madama.
  

6) Unione popol
are

Il Pci non sarà l'unica formazione di sinistra presente sulle schede valdostane il 25 settembre. Ha infatti raccolto con successo le firme richieste dalla legge anche Unione popolare, che si presenta ad elettrici ed elettori della regione con lo stesso simbolo - arcobaleno orizzontale su fondo viola sfumato - schierato nel resto del territorio nazionale per queste elezioni. Alla Camera, in particolare, il cartello ha scelto di candidare Loredana De Rosa, mentre al Senato sarà possibile votare per Francesco Lucat (che sulla scheda avrà la quinta posizione). 
  

7) 
Vallée d'Aoste

Chiude le schede destinate alla Camera dei deputati il contrassegno del cartello denominato semplicemente Vallée d'Aoste: ne fanno parte Union Valdôtaine, Alliance ValdôtaineVallée d'Aoste Unie (con la spirale di Mouv'), Stella Alpina, Azione - Italia viva (si legge anche il nome di Calenda) e Partito democratico. Ben sei miniature, collocate sotto allo stemma con il leone valdostano che da sempre caratterizza l'Uv (e con il tentativo di rendere la terza dimensione grazie a un riflesso sopra il nome). Alla Camera si presenta Franco Manes, presidente del Consorzio degli enti locali e sindaco di Doues (lo ha indicato proprio l'Uv), mentre al Senato il candidato è il politologo Patrik Vesan, scelto dal Pd (si trova al secondo posto sulla scheda). 
 

8) Vit
a

Apparirà soltanto sulla scheda valdostana del Senato - e non anche su quella della Camera - il simbolo di Vita, altro gruppo del dissenso - in particolare rispetto alle politiche fin qui tenute dagli ultimi due governi in materia di salute - legato soprattutto alla deputata uscente Sara Cunial e all'avvocato Edoardo Polacco (ma con la partecipazione di vari gruppi). In questo caso Vita - che comparirà all'ottavo posto sul bollettino predisposto per Palazzo Madama - schiera l'albero della vita personificato e tricolore su fondo carta da zucchero a fianco del nome di Larisa Bargan.
   

9) Pour l'
Autonomie

Ultimo emblema sulla scheda valdostana del Senato - non presentato anche per Montecitorio - risulta essere quello di Pour l'Autonomie - Per l'autonomia, formazione presentatasi per la prima volta alle elezioni regionali del 2020, cofondata dall'ex presidente della regione Augusto Rollandin: proprio lui (peraltro già senatore nella legislatura tra il 2001 e il 2006) si presenta in questa competizione per Palazzo Madama, utilizzando lo stesso simbolo - con la sagoma nera e rossa della regione su fondo azzurro sfumato - già visto nel 2020 (e con cui il soggetto politico è inserito nel Registro dei partiti politici dal 2021).

lunedì 22 agosto 2022

Simboli, l'Ufficio elettorale nazionale rigetta tutte le opposizioni

La Corte di Cassazione ha reso note le decisioni con cui l'Ufficio elettorale centrale nazionale si è pronunciato sulle opposizioni presentate da coloro che hanno rifiutato l'invito del Ministero dell'interno a sostituire il proprio contrassegno o hanno contestato l'ammissione di altri emblemi - ritenuti confondibili - da parte del Viminale in vista delle elezioni politiche del 25 settembre 2022. In tutti e sette i casi, il collegio di giudici ha respinto le opposizioni o le ha dichiarate inammissibili, confermando di fatto il quadro dei 75 contrassegni ammessi dal Viminale (70 in prima battuta e altri 5 dopo un "ritocco" alla grafica o l'integrazione dei documenti presentati). Leggere il contenuto delle decisioni è utile, oltre che per comprendere il percorso che ha portato i giudici a quelle scelte, anche per capire meglio e chiarire in modo definito gli aspetti critici rilevati dal Ministero dell'interno al momento della non ammissione del singolo contrassegno.

La prima opposizione di cui si è occupato l'Ufficio elettorale centrale nazionale ha riguardato il Partito pensionati al centro, il cui emblema era stato depositato - con il numero 14 - da Michele Cremona, indicato quale segretario della forza politica. Il Viminale, tuttavia, aveva chiesto di modificare l'emblema perché conteneva la parola "Pensionati" scritta nel modo che per molti anni ha caratterizzato le partecipazioni elettorali del Partito pensionati fondato e guidato da Carlo Fatuzzo. Cremona ha però eccepito che il simbolo ufficiale del Partito pensionati - soggetto politico peraltro non iscritto al registro dei partiti e che non ha formalmente depositato il contrassegno in quest'occasione - descritto dallo statuto sarebbe un altro (con "un cerchio con scritta Pensionati e due figure umane di anziani che si sostengono") e che in ogni caso altri partiti con la parola "pensionati" nel nome sarebbero stati ammessi nel corso degli anni (a partire da Pensionati e invalidi di Luigina Staunovo Polacco); in questo caso, anzi, Cremona ha rivendicato il consenso prestato da Giacinto Boldrini (indicato come presidente del Partito pensionati e già senatore tra il 2012 e il 2013, candidato in quota Pensionati nel Pdl e subentrato nell'ultimo anno della XVI legislatura) alla presentazione del contrassegno con la dicitura "Partito pensionati al centro" (tutte queste affermazioni, peraltro, farebbero concludere che per lo stesso Cremona, in effetti, il suo Partito pensionati al centro sarebbe un soggetto giuridico diverso rispetto ai Pensionati di Fatuzzo, a dispetto di quanto si è scritto il giorno del deposito del contrassegno).
Per i giudici, però, non conta il fatto che lo statuto del Partito pensionati tuttora descriva un simbolo diverso da quello effettivamente depositato e impiegato per le elezioni (Cremona dice il vero, ma questa storia merita un racconto a parte): il controllo di confondibilità va fatto pure con gli emblemi concretamente utilizzati in modo tradizionale, anche qualora - come in questo caso - il partito non depositi il suo emblema consueto. Di più, il problema non è dato dall'uso della parola "Pensionati", ma il fatto che sia scritta con quel carattere, con quel colore e in posizione centrale creerebbe confondibilità, senza che siano in grado di evitarla le scritte aggiunte, "di dimensioni ridottissime [...], difficilmente leggibili nella versione del contrassegno di 3 cm, quale è quella utilizzata nella scheda di votazione" (il richiamo espresso al colore, poi, sembra voler distinguere il caso in questione da quello dei Pensionati e invalidi, che impiega in effetti la parola nella stessa posizione e scritta con identico carattere, ma la tinge di nero e la colloca in un altro contesto cromatico). Quanto alla "legittimazione" all'uso del simbolo rivendicata da Cremona, per i giudici sarebbe servito un mandato da parte del segretario Carlo Fatuzzo, non bastando la nota dell'ex senatore Boldrini (che "si qualifica presidente del Partito pensionati, ma non fornisce alcuna documentazione a supporto della sua legittimazione"). Un dettaglio è rilevante: per il collegio la tutela dei contrassegni tradizionali vale a prescindere dall'iscrizione di un partito nel relativo Registro, che peraltro sarebbe previsto "esclusivamente per specifiche finalità connesse ad agevolazioni fiscali"; l'osservazione, oltre a porre in dubbio il valore di "patente di democrazia interna" che si era voluto conferire all'iscrizione al registro con il d.l. n. 149/2013, fa pensare che l'Ufficio elettorale centrale nazionale non voglia legare a tale iscrizione effetti diversi, inclusa forse l'esenzione dalla raccolta firme (si vedrà se il tema arriverà all'attenzione del collegio).
 
La decisione numero 3 riguarda il contrassegno del Movimento politico Libertas, che come si sa era stato presentato in doppio esemplare, dunque si era immaginato che uno dei due sarebbe stato ricusato. Come si è scritto, il primo - col n. 5 - presentato dall'ex candidato sindaco a Roma Paolo Oronzo Magli era stato ricusato, mentre quello presentato dal presidente Antonio Fierro - che aveva dichiarato di non aver delegato Magli a presentare - era stato considerato non in grado di consentire la presentazione di liste (non essendo state presentate le circoscrizioni per il deposito). La decisione dell'Ufficio elettorale centrale nazionale ora consente di sapere che in realtà il Ministero non ha contestato il doppio deposito del contrassegno, ma l'uso della parola Libertas all'interno di uno scudo, ritenuto confondibile con quello fatto dall'Udc all'interno del contrassegno ultracomposito di Noi moderati. Magli non ha accettato di modificare il proprio fregio, ricordando che il partito sarebbe stato presente in Parlamento nella XVII legislatura, attraverso il senatore Bartolomeo Pepe, e che lo stesso contrassegno ha partecipato indisturbato a varie competizioni amministrative (inclusa appunto quella di Roma nel 2021).
Questi argomenti, però, non sono stati ritenuti pregiati dai membri del collegio: per loro, infatti, "lo scudo e soprattutto la parola Libertas costituiscono [...] elementi identificativi del simbolo tradizionalmente usato dall'Udc" e il loro uso da parte del Mpl sarebbe fonte di confondibilità che potrebbe indurre in errore gli elettori; i giudici hanno poi richiamato la tutela accordata ai partiti rappresentati in Parlamento (come è da anni l'Udc). Quanto alla rappresentanza parlamentare nella XVII legislatura, i giudici non l'hanno negata (pur rilevando che Pepe era stato eletto in Senato col Movimento 5 Stelle nel 2013 e aveva poi aderito al gruppo Gal, facendo inserire nella denominazione completa del gruppo anche il riferimento al Movimento politico Libertas dal 16 febbraio 2016 al 4 ottobre 2017), ma hanno concordato col Ministero nel rilevare che il Mpl non ha mai concorso alle elezioni politiche o europee né ha avuto propri eletti, così non scatta la tutela concessa ai simboli usati tradizionalmente da chi è presente in Parlamento (occorre quindi almeno la partecipazione alle elezioni nazionali con quel simbolo, senza per forza aver ottenuto eletti, ma non basta una presenza limitata nel tempo - e, si suppone, in consistenza numerica - in Parlamento). Non si è ritenuto valido neanche l'argomento della partecipazione indisturbata al voto amministrativo: posto che, per i giudici, Magli non l'ha documentata (e sarebbe bastato - ci si permette di dire - produrre il manifesto delle candidature alle ultime comunali romane), per il collegio tali partecipazioni non rilevano "trattandosi di elezioni diverse da quelle politiche", regolate da altre norme. Se in passato - specie con riguardo al Msi-Saya - all'argomento della partecipazione a precedenti elezioni amministrative si era opposto che quelle erano "competizioni particolarmente circoscritte" (cosa che era forse più difficile da dire per il comune di Roma), stavolta si è fatta prevalere la questione delle norme diverse che regolano l'ammissione dei contrassegni.
 
La decisione numero 6 riguarda la vicenda delicata del Partito liberale italiano, il cui simbolo - come si ricorderà - era comparso due volte, identico, nelle bacheche del Viminale. Si è già ricordato come il Ministero dell'interno abbia ammesso l'emblema n. 41, depositato per conto del segretario Roberto Sorcinelli, chiedendo invece la sostituzione del contrassegno n. 1, presentato per conto di Nicola Fortuna, anch'egli qualificatosi come segretario del Pli. Le premesse della decisione dell'Ufficio elettorale nazionale rivelano che, insieme al simbolo e agli altri documenti richiesti dalla legge, il depositante dell'emblema n. 41 avrebbe presentato anche copia del verbale del consiglio nazionale del 30 luglio in cui si era deciso un profondo mutamento nella guida e nella linea del partito (con l'indicazione di Sorcinelli come segretario con mandato pieno) e degli atti successivi con cui si sarebbe dichiarata la decadenza immediata dell'iscrizione al Pli di Fortuna, del presidente Stefano De Luca e di Giulia Pantaleo (a capo della Gioventù liberale italiana, nonché futura depositante del contrassegno n. 1), diffidando loro dall'uso di nomi o simboli riconducibili al Pli. Fortuna si era opposto alla richiesta di sostituire l'emblema, ritenendosi legittimato come segretario (fin dal 1° marzo 2020, insieme a Sorcinelli e Claudio Gentile) e negando invece la legittimità della convocazione del consiglio nazionale del 30 luglio, per cui si sarebbe dovuto ammettere il simbolo n. 1 ed escludere il n. 41.
Il collegio, come in passato ha fatto per altre vicende simili, ha precisato che non è di sua competenza l'esame delle vicende interne al partito: toccherà al giudice civile occuparsene, nel momento in cui gli atti della cui validità si discute dovessero essere impugnati (il che non appare affatto improbabile). Secondo i giudici - che nella decisione hanno precisato come questo caso, ben più degli altri, sia stato preceduto da una "ampia discussione orale" - conta soprattutto il fatto che il verbale del consiglio nazionale del 30 luglio, "redatto ed autenticato da notaio, non risulta ad oggi impugnato, né è stata preannunciata impugnazione alcuna, né comunque risulta che ne sia stata sospesa l'efficacia": poiché proprio sulla base di quel verbale - senza bisogno di considerare i singoli atti di caducazione delle iscrizioni - il Viminale ha dedotto la legittimazione di Roberto Sorcinelli come segretario e l'efficacia degli atti di "destituzione" di Fortuna (specie quale delegante al deposito del simbolo) e De Luca, mancherebbero i presupposti per l'opposizione (e per la richiesta di escludere il contrassegno in effetti ammesso), per cui il gravame è stato dichiarato inammissibile.

Ben tre delle sette opposizioni, tuttavia, riguardavano l'esclusione di simboli legati a forze politiche denominate Democrazia cristiana. Si erano rivolti all'Uecn tanto Vittorio Adelfi quale depositante della Dc presieduta da Francesco Petrino e coordinata da Francesco Mortellaro (simbolo n. 18, decisione n. 4), quanto Nino Luciani (simbolo n. 50, decisione n. 7), che si dichiara segretario della Dc, e Sabatino Esposito (simbolo n. 58, decisione n. 5), che del partito presiederebbe la commissione di garanzia dello statuto (unico organo rimasto in piedi, prima di riprendere un'attività più ampia): per tutti i loro contrassegni era stata rilevata la somiglianza foriera di confondibilità con riguardo al simbolo - per l'uso crociato impiegato dall'Udc - e anche al nome - riconosciuto alla Democrazia cristiana depositata da Mauro Carmagnola in nome e per conto di Renato Grassi; alla Dc-Esposito e alla Dc-Luciani (si usano queste etichette solo per identificare meglio i progetti politici) era stata anche contestata la mancanza della dichiarazione di trasparenza, per cui se alla Dc-Mortellaro era stata chiesta la sostituzione dell'emblema, dei contrassegni depositati da Luciani e da Esposito si era detto che non avrebbero consentito la presentazione di liste. Tutte e tre le Democrazie cristiane si erano opposte ai provvedimenti del Ministero dell'interno, rivendicando il proprio diritto all'uso esclusivo dello simbolo e del nome della Dc (addirittura Adelfi aveva chiesto l'esclusione della Dc-Grassi e che lo scudo crociato sparisse dal contrassegno di Noi moderati); quanto alle contestazioni sulla mancata dichiarazione di trasparenza, tanto Luciani quanto Esposito l'hanno consegnata oltre i termini (il secondo ha precisato di avere provveduto solo nel pomeriggio del 16 agosto per l'irreperibilità "di un notaio su tutto il territorio nazionale") pur ritenendo di avere adempiuto all'obbligo di trasparenza con il deposito dello statuto.
L'Ufficio elettorale centrale nazionale, però, ha respinto tutte le opposizioni. A proposito della dichiarazione di trasparenza, questa - con sottoscrizione del legale rappresentante regolarmente autenticata da notaio - è stata ritenuta obbligatoria per tutte le formazioni non iscritte al Registro dei partiti politici, non bastando il deposito di uno statuto in precedenza non riconosciuto conforme alla legge dall'apposita Commissione (e non potendosi invocare alcuno slittamento dei termini del procedimento elettorale - per esempio applicando norme dettate per i processi - visto che quelle "rigide scansioni temporali [...] garantiscono la trasparente e corretta competizione e, dunque, la democraticità delle elezioni"). Con espresso riguardo allo scudo crociato, i giudici hanno ricordato ancora una volta che "le vicende relative all'uso dello storico simbolo della Democrazia cristiana sono irrilevanti", come pure ogni questione "attinente all'individuazione del legittimo titolare del simbolo", dovendosi applicare solo le norme dettate per le elezioni, volte "a garantire l'affidamento identitario da parte dell'elettore": l'uso dello scudo crociato da parte dell'Udc - partito da tempo presente in Parlamento - viene tutelato dalla legge anche se il fregio è inserito in un contrassegno ben più complesso (quanto alla Dc-Grassi, di cui Vittorio Adelfi aveva chiesto l'esclusione, il collegio ha precisato che il suo contrassegno non è "tale da risultare confondibile con le denominazioni contenute in altri contrassegni ammessi").     
 
Il quadro delle decisioni dell'Ufficio elettorale centrale nazionale si completa con la seconda pronuncia, relativa all'opposizione presentata da Dino Giarrusso contro l'ammissione del contrassegno Sud chiama Nord presentato per conto di Cateno De Luca (si tratta dell'emblema in cui è però più evidente la dicitura De Luca sindaco d'Italia). Come si ricorderà, il Viminale aveva chiesto la sostituzione del fregio elettorale depositato da Giarrusso - quello originale di Sud chiama Nord, senza il riferimento a De Luca, al n. 13 - e Giarrusso aveva scelto addirittura di ritirarlo; dalla decisione, però, si apprende che contestualmente l'europarlamentare si era opposto all'ammissione del contrassegno presentato per conto di De Luca (al n. 10), rivendicando - come già anticipato a I simboli della discordia - per sé il titolo a decidere sull'uso del nome del soggetto politico da lui fondato il 25 giugno, aggiungendo di aver depositato il simbolo come marchio d'impresa il 5 agosto. L'opposizione, tuttavia, è stata giudicata inammissibile dal collegio dell'Ufficio elettorale presso la Cassazione: avendo Giarrusso ritirato il proprio emblema, non sarebbe stato più titolato a opporsi (anche se la decisione stessa sembra contraddirsi: prima scrive che il ritiro si è concretizzato alle 14 e 49 del 16 agosto e che alle 14 e 40 era stata presentata l'opposizione, poi si legge che Giarrusso avrebbe rinunciato alla presentazione "già prima della formulazione dell'opposizione: sono stati forse scambiati gli orari?).
Chiusa definitivamente la partita dei contrassegni - a meno che qualcuno tenti di rivolgersi al giudice civile: ora è possibile, ma la strada resta complessa e dagli esiti incerti - resta quella delle candidature, di cui ora si completa l'esame. Sicuramente alcuni profili meriteranno attenzione e saranno approfonditi più in là.

sabato 20 agosto 2022

Elezioni regionali in Sicilia 2022, i simboli uno per uno

Com'è noto, il 25 settembre si voterà, oltre che per le elezioni politiche, anche per le elezioni regionali in Sicilia: ciò per scelta del presidente Nello Musumeci che, sciogliendo prima l'Assemblea regionale siciliana, ha anticipato i tempi del voto. Questo, nelle precedenti due tornate (2012 e 2017), è arrivato qualche mese prima rispetto alle elezioni nazionali, suggerendo così l'idea che la Sicilia potesse essere un laboratorio per formule e alleanze da testare in vista delle consultazioni su tutto il territorio italiano; stavolta, invece, lo svolgersi contemporaneo delle elezioni ha finito in sostanza per ripetere buona parte delle formule politiche, pur se con un'importante peculiarità tutta isolana (di cui si parlerà all'inizio dell'analisi).
Le elezioni regionali siciliane si distinguono per la previsione di un deposito dei contrassegni separato e precedente rispetto alla presentazione delle liste e dei loro documenti, nonché obbligatorio: i simboli sono stati depositati presso la sede dell’Assessorato regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica - Dipartimento delle Autonomie Locali tra le ore 9 del 13 agosto e le ore 16 del 14 agosto (il 43° e il 42° giorno prima del voto, in coincidenza con le ultime due giornate di deposito per le elezioni politiche). La disciplina elettorale per la Sicilia - dettata con legge regionale n. 29/1951, modificata dalla legge regionale n. 7/2005 - prevede il divieto di presentare contrassegni "identici o facilmente confondibili con altri notoriamente usati da partiti o raggruppamenti politici o già legittimamente depositati"; le Istruzioni per il deposito dei contrassegni di lista e la presentazione delle liste dei candidati, peraltro, precisano - senza che la legge regionale indichi nulla in proposto - che per il concetto di confondibilità "è utile richiamare l'art. 14 del T.U. 30 marzo 1957, n. 361", dunque il testo unico per l'elezione della Camera, che cita - oltre che i criteri per valutare la confondibilità - anche il divieto dell'uso di immagini o soggetti religiosi o di presentare emblemi al solo scopo di precluderne surrettiziamente l'uso a chi ne ha diritto. Le stesse Istruzioni precisano che, se un contrassegno contiene nomi di persone, occorre presentare "la dichiarazione di consenso da parte degli interessati, debitamente autenticata da uno dei soggetti indicati dall’art. 14 della legge n. 53/1990" (nel suo testo vigente).
Altre particolarità riguardano il procedimento legato al deposito e alla valutazione dei simboli. Posto che la persona incaricata del deposito deve indicare un domicilio palermitano (oltre che fornire e-mail e numero di telefono), tra il 41° al 40° giorno prima del voto - quindi il 15 e il 16 agosto - i contrassegni sono rimasti visibili per i rappresentanti delle forze politiche, che potevano "segnalare eventuali identità o confondibilità" con i loro emblemi, mentre entro il giorno successivo - il 17 agosto - l'Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica - Dipartimento delle Autonomie Locali ha esaminato gli emblemi (evidentemente tenendo conto anche delle segnalazioni dei partiti), invitando i depositanti dei contrassegni ritenuti identici o facilmente confondibili a sostituirli entro 48 ore o informando le rispettive forze politiche di eventuali difetti sanabili o meno dei documenti presentati. Dopo l'affissione - ieri - dei contrassegni ammessi, entro oggi i partiti i cui simboli sono stati esclusi (o quelli che ritengono indebitamente ammessi emblemi confondibili) possono fare ricorso all'Ufficio Centrale regionale presso la Corte di Appello di Palermo, che deciderà entro un giorno e con un'unica decisione. Entro il 24 agosto i simboli saranno trasmessi a ogni ufficio elettorale interessato e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana.
Un particolare che colpisce del procedimento di deposito - specie dopo la scelta di consentire per legge il deposito in formato informatico dei contrassegni - riguarda la necessità di consegnare presso l'assessorato il simbolo (nel doppio formato di 10 e 3 centimetri di diametro) in "tanti esemplari" - evidentemente cartacei - "quanti sono i collegi elettorali" nei quali la forza politica intende concorrere, "oltre a due esemplari per la Presidenza della Regione ed uno per l'Ufficio elettorale centrale regionale" e, per giunta, tutte le copie del simbolo devono essere sottoscritte "dai rappresentanti del partito o gruppo, mediante firma autenticata": considerando che le province e i relativi collegi sono 9, i doppi esemplari di contrassegno da depositare, con firma autenticata del presidente/segretario del partito o del coordinatore regionale, devono essere ben 12. Il mancato rispetto di questa formalità richiesta dalla legge regionale può portare alla ricusazione del contrassegno e dunque all'impossibilità di presentare liste: una disposizione che non ha eguali in nessun altro procedimento elettorale preparatorio (nemmeno, come si sa, in quello delle elezioni politiche) e che sembra francamente anacronistica ed eccessiva, nell'anno di scarsa grazia 2022. 
Ricordato tutto ciò, si può dire che i contrassegni depositati per le elezioni regionali siciliane sono stati 38, inclusi vari doppioni (voluti) e alcuni che probabilmente non verranno seguiti dalla presentazione di liste: di seguito vengono passati in rassegna, stavolta in ordine corretto di presentazione (visto che l'analisi è fatta ex post e non occorre aggiornare la pagina come per le elezioni politiche). 

* * *

1) De Luca sindaco di Sicilia - Sud chiama Nord

La prima batteria di contrassegni depositati corrisponde alla coalizione che sosterrà la candidatura alla presidenza di Cateno De Luca, già sindaco di Messina e candidato allo stesso tempo - per quanto se ne sa - al Parlamento italiano. Il primo simbolo depositato è quasi identico a quello finito nelle bacheche del Viminale già venerdì mattina: De Luca sindaco di Sicilia (invece che "sindaco d'Italia", in ogni caso con l'esportazione del ruolo di sindaco - che De Luca ha svolto a Fiumedinisi, Santa Teresa di Riva e Messina - su una scala territoriale più ampia), con la stessa struttura grafica adottata per i simboli che hanno portato alla vittoria Federico Basile a Messina. Sotto la parte gialla che contiene il nome della lista - che è un movimento guidato da Ismaele La Vardera - è riportato anche il nome del progetto politico Sud chiama Nord, che questa volta è comparso solo su questo emblema elettorale. Sarà questo il simbolo anche della lista regionale?
 

2) Sicilia vera - Verso una economia regionale autonoma

Subito dopo quello di De Luca sindaco di Sicilia è stato depositato il simbolo di Sicilia Vera, vero e proprio partito - da aprile infatti figura nel Registro dei partiti politici - nato come associazione una decina di anni fa e presieduto da Giuseppe Lombardo. Il simbolo è costituito da un cerchio blu-azzurro sfumato, con la riproduzione rossa della Sicilia (con sopra l'immagine - non facile da vedere - della Trinacria) e il nome giallo scritto coi caratteri Arial Black e Brush Script; non sfugge, nella parte inferiore del cerchio, la dicitura "Verso una economia regionale autonoma", con l'ultima parola in maggiore rilievo (del resto Vera è proprio l'acronimo di quell'espressione, intendendo che l'economia regionale autonoma è parte essenziale per raggiungere l'autonomia politica). In un primo tempo era previsto che il contrassegno contenesse anche un riferimento a Rinascimento e a Vittorio Sgarbi, ma poi questo non si è concretizzato.
  

3) Orgoglio siculo con Cateno

Anche il terzo simbolo depositato, quello di Orgoglio siculo con Cateno, ricorda gli emblemi usati dal "deluchiano" Federico Basile alle ultime comunali messinesi, ma anche quelli schierati direttamente da De Luca alle precedenti elezioni del 2018, vinte da lui stesso al ballottaggio (la sfumatura grigia a fasce però è nuova). Questa lista, come la precedente, fa riferimento alla sicilianità come caratteristica e come "mondo", ma anche come orizzonte di orgoglio da recuperare proprio grazie alla candidatura di De Luca, indicato nel simbolo soltanto con il suo nome.
  

4) Impresa Sicilia

Le liste presentate a sostegno di Cateno De Luca saranno di certo almeno tre (i "pilastri" della coalizione); fin dall'inizio della pre-campagna elettorale, però, l'ex sindaco di Messina aveva annunciato la presenza di altre sei liste "di testimonianza", definite come "di impegno personale di semplici cittadini liberi e qualificati". Una di quelle quasi certe di finire sulle schede è Impresa Sicilia, con il nome riportato accanto a una "I" maiuscola gigante, il tutto su fondo carminio bordato di blu. Le persone candidate qui sono evidentemente quelle più legate al mondo imprenditoriale locale che cercano di portare il loro contributo alla corsa di De Luca a presidente regionale.
 

5) Terra d'amuri

Non è dato sapere se i simboli dal numero 5 al numero 9 finiranno sulle schede: lo stesso De Luca in un suo post ha spiegato che forse le liste di testimonianza saranno meno di sei perché "il voto è stato anticipato, ma lasceremo la possibilità fino all’ultimo a chiunque voglia aiutarci di essere inserito" (anche se viene da domandarsi come sia possibile, visto che le firme dovrebbero essere raccolte sull'elenco già  formato dei candidati). Tra i contrassegni che potrebbero finire sulle schede c'è quello di Terra d'amuri, che non è solo una dichiarazione d'amore storica per la Sicilia: è anche l'inno della campagna elettorale di De Luca, composto da lui stesso nella musica e nel testo (controllare nell'archivio Siae per credere). Il nome è collocato su uno sfondo marrone chiaro, con la lettera iniziale "T" riportata al centro in tono più scuro.
  

6) Basta mafie

Appare ancora più sobrio rispetto ai due ultimi simboli visti - e con una linea grafica differente - il contrassegno della possibile lista Basta mafie, con il nome indicato semplicemente in rosso su fondo bianco. Si è voluto indicare nel modo più diretto il riferimento alla battaglia contro le mafie, qualunque forma abbiano o assumano nel corso del tempo (e per De Luca tra queste rientra anche "che decide cosa la gente ha il diritto di sapere e cosa no", ritenendo che la propria campagna elettorale sia stata oggetto di poca attenzione da parte di alcuni media).
  

7) Lavoro in Sicilia

Le altre tre liste delle quali è stato presentato il contrassegno riprendono lo stile visto per le prime due formazioni "di testimonianza": il nome con l'iniziale principale riportata sullo sfondo. Vale, per esempio, per Lavoro in Sicilia, emblema che certamente mette al centro una delle esigenze più sentite in Sicilia ormai da molti anni, l'esigenza di creare posti di lavoro per le persone abitanti sull'isola, senza che debbano essere costrette a emigrare. Il nome della lista è scritto in marrone scuro, a fianco della lettera "L" scritta nello stesso colore su fondo bianco.
 

8) Giovani siciliani

Una struttura molto simile, pur con scelte cromatiche diverse, ha il contrassegno della possibile lista di testimonianza Giovani siciliani, con il testo scritto maiuscolo con una font stile "stencil" su fondo verde chiaro bordato di nero, mentre la "g" (stavolta minuscola) è riportata con il medesimo carattere tinto di verde scuro. Il progetto punta a valorizzare le candidature di persone giovani dell'isola, normalmente tra i soggetti che hanno meno possibilità (e, come si diceva sopra, sono costrette a cercare lavoro altrove e a emigrare per migliorare il loro futuro).
 

9) Autonomia siciliana

La struttura dell'ultimo contrassegno presentato per la coalizione di Cateno De Luca è simile a quelli già visti, ma questa volta le lettere riportate nel simbolo sono due: il concetto scelto come nome della lista, infatti, è Autonomia siciliana e le parole sono entrambe importanti, per molti siciliani e per il progetto dello stesso De Luca. Si tratta probabilmente del contrassegno più elegante, con il carattere graziato a stampa bianco su fondo blu, con le iniziali maiuscole "A" e "S" tinte di blu scuro e leggermente debordanti rispetto al cerchio blu di fondo (ma pur sempre contenute nel bordo esterno del contrassegno).
  

10) Movimento italiano C21

Esauriti i simboli della coalizione di Cateno De Luca, al numero 10 si trova il contrassegno del Movimento italiano C21, più esattamente Movimento italiano Partite Iva C21, che candida alla presidenza della regione Maurizio Francesco Loritto, a lungo impegnato - oltre che come assistente parlamentare europeo - in sport motoristici e in attività manageriali (con attenzione all'internazionalizzazione delle imprese). Proprio entrambe le attività sono alla base del progetto politico, rivolto innanzitutto alle partite Iva locali (scritte, come "Movimento italiano", in un curioso carattere Cooper Black), contrassegnato dallo scudetto tricolore che evoca vittorie sportive, con l'ulteriore riferimento C21 (chiaro a chi ha la passione dei motori), il tutto collocato su fondo azzurro e con bordo tricolore.  

11) Pensiero e azione - PPA

Anche alle elezioni siciliane è stato depositato il simbolo del Movimento Pensiero e Azione - PPA, comprensivo della dicitura "Popolo partite Iva" e della miniatura del simbolo "La Politica dei Giovani", che pure è sparito in seconda battuta dal fregio elettorale depositato presso il Viminale, per la riscontrata mancata delega all'uso  Anche nel 2012 il Ppa aveva presentato il proprio contrassegno, nonché proprie liste (allora a sostegno della candidatura di Gianfranco Miccichè); questa volta sostiene come aspirante presidente della Regione Piera Maria Loiacono.
  

12) Prima l'Italia - Lega Salvini premier

Il centrodestra si presenta sparso all'appuntamento del deposito dei contrassegni. La prima delle formazioni ad avere consegnato il proprio contrassegno è stata Prima l'Italia - Lega Salvini premier, che in Sicilia ha come figura principale Nino Minardo. Il contrassegno - che potrebbe sostenere la candidatura di Renato Schifani ma non è ancora detto - inserisce all'interno del fregio elettorale schierato dalla Lega in occasione delle ultime elezioni amministrative al Centro-Sud la pulce della stessa Lega Salvini premier: del resto il gruppo all'Assemblea regionale siciliana ha come denominazione la stessa indicata per questa lista.
 

13) Pci - Partito comunista italiano

L'unico simbolo contenente la storica coppia di falce e martello depositato in occasione di queste elezioni è quello presentato dal Partito comunista italiano, che si affaccia per la prima volta in questa forma al voto regionale siciliano. Il simbolo è quello ufficiale, con la doppia bandiera dalle aste blu e la sigla riscritta e senza punti. Non è ancora chiaro se il Pci riuscirà a presentarsi, in ogni caso se lo farà correrà autonomamente, come intende fare a livello nazionale, senza aderire ad alcuna coalizione e cercando di riaffermare la propria presenza sul territorio.
 

14) MoVimento 5 Stelle

Tra i simboli depositati c'è ovviamente quello del MoVimento 5 Stelle, nell'ultima versione conosciuta - dopo le riforme statutarie del 2021 - che ha sostituito ogni riferimento a siti web con la citazione del 2050 come anno della neutralità climatica. Finora non è stata smentita l'alleanza con il Pd per sostenere la candidatura di Caterina Chinnici, ma non mancano le tensioni (anche di natura "simbolica", come si vedrà) e di certo non è priva di peso la situazione differente che si vive alle elezioni politiche, in cui le strade di Pd e M5S si sono separate fin dalle ultime battute del governo Draghi e della legislatura.
  

15) Fratelli d'Italia - Giorgia Meloni

Secondo simbolo del centrodestra è quello di Fratelli d'Italia, che alle elezioni regionali sosterrà la candidatura di Renato Schifani, dopo aver sostenuto un possibile bis del presidente uscente Nello Musumeci e aver invece negato il proprio appoggio alla candidatura di Stefania Prestigiacomo. Il simbolo è lo stesso adottato alle politiche del 2018 (non alle regionali del 2017, quando il simbolo di Fdi-An era inserito accanto a Noi con Salvini) e all'interno sono confluiti anche i candidati di Diventerà bellissima, progetto politico di Musumeci lanciato nel 2017. 
  

16) Siciliani liberi

Torna nelle bacheche della Regione Siciliana e si prepara a finire di nuovo sulle schede anche il contrassegno di Siciliani liberi, soggetto politico che nel 2017 e nel 2022 aveva candidato a sindaco di Palermo Ciro Lomonte, mentre alle regionali del 2017 aveva proposto come presidente regionale Roberto La Rosa, mentre stavolta l'aspirante presidente è Eliana Esposito. Il simbolo è lo stesso di allora, in cui il movimento sovranista - che vuol costituire uno Stato di Sicilia "dotato di piena indipendenza e sovranità, per una libera nazione che dovrà riacquistare il posto che le spetta tra i popoli liberi, crocevia nel Mediterraneo tra popoli e culture" - si fa rappresentare da una stilizzazione della Sicilia (tre linee blu non collegate) con "una fascia orizzontale ondeggiante e sfumante alle estremità" rossa e gialla, con due aquile d'oro ad ali spiegate.
 

17) Partito liberale italiano

Tra i contrassegni depositati per le elezioni regionali siciliane figura anche quello del Partito liberale italiano, identico a quello visto nelle bacheche del Viminale per due volte quest'anno (dunque con la sigla blu e la bandiera stilizzata, con il nome integrale riportato a fianco). A quanto si apprende, l'emblema è stato depositato da Grazio Trufolo e, visto quanto pubblicato sulla pagina dello stesso, dovrebbe essere stato delegato a ciò dalla parte di Pli riconducibile a Stefano De Luca (dunque quella che al momento si è vista chiedere la sostituzione del contrassegno alle elezioni politiche).
 

18) Unione di centro

Tornando nella coalizione ufficiale del centrodestra in appoggio a Schifani, è stato depositato il simbolo ufficiale dell'Unione di centro, che anche in passato ha puntualmente partecipato alle elezioni regionali, di solito nel centrodestra (ma dieci anni fa era nella coalizione che elesse Rosario Crocetta, di centrosinistra). Questo emblema, dunque, è quello che contiene lo scudo crociato in primo piano (sopra le vele di Democrazia europea e del Ccd) e, nel segmento rosso superiore, il riferimento all'Italia, presente da oltre dieci anni nell'emblema ufficiale. Più avanti, però, si incontrerà una diversa versione del simbolo.
 

19) Identità siciliana

Il secondo simbolo contenente l'immagine della Trinacria è quello del soggetto politico denominato Identità siciliana, nato nel 2020 puntando sull’autodeterminazione democratica dei popoli e sul rispetto delle identità (a partire da quella siciliana), nella centralità politica del Mediterraneo per la crescita della Sicilia, del Sud come di tutta l'Italia e dell'Europa, ritenendo fondamentali il "valore pattizio dei rapporti tra lo Stato e la Regione Siciliana e nella urgenza della piena attuazione dello Statuto Speciale unita a quella di un suo aggiornamento che ne aumenti le aree di intervento con la identificazione di adeguati strumenti di garanzia, compreso quello del referendum istituzionale", volendo anche adeguare le infrastrutture e i servizi per una comune crescita per giungere alla coesione tra i popoli. Il simbolo contiene nella parte inferiore il nome e la Trinacria su fondo rosso e giallo sfumato, mentre nella parte superiore c'è un elmo con cimiero di profilo.
 

20) Fiamma tricolore

In Sicilia al Movimento sociale Fiamma tricolore è riuscito il deposito del contrassegno per le elezioni regionali, dopo che nel 2017 aveva presentato - pur senza poi presentare liste in seguito - il contrassegno Fronte dei Siciliani insieme a Forza Nuova. Questa volta il fregio elettorale - depositato dal coordinatore regionale del partito Daniele Mammino - non è stato presentato in condominio ed è semplicemente riproposto l'emblema con "acronimo di goccia tricolore" con bordi seghettati, vale a dire il simbolo impiegato da quasi vent'anni dal partito fondato nel 1995 da Pino Rauti contemporaneamente alla "svolta di Fiuggi".
 

21) Noi con l'Italia

Tornando alla coalizione di centrodestra, ha scelto di depositare il simbolo - partecipando per la prima volta alle elezioni regionali - anche Noi con l'Italia, formazione guidata da Maurizio Lupi ma di cui è vicepresidente nazionale Francesco Saverio Romano, già a capo dei Popolari di Italia domani e poi di Cantiere popolare. Il contrassegno è quello ufficiale nazionale, con il nome in evidenza su fondo color carta da zucchero sopra una pennellata tricolore; più avanti, tuttavia, si incontrerà anche per Noi con l'Italia una variante, anche nominale.
 

22) Partito democratico

Tra le liste che sostengono la candidatura di Caterina Chinnici c'è anche quella del Partito democratico, benché lei prima di essere eletta - nel 2014 - europarlamentare con i dem fosse stata assessora dal 2009 al 2012 della giunta formata da Raffaele Lombardo. Il contrassegno riduce di dimensioni il simbolo del Pd per lasciare spazio, nel segmento rosso inferiore, alla dicitura "Chinnici presidente": proprio questo è stato motivo di attrito con il MoVimento 5 Stelle, che aveva chiesto ai dem di non indicare il nome nel simbolo per configurare una candidatura super partes. Come si vede è andata diversamente e le tensioni - già presenti per le diverse scelte di posizionamento a livello nazionale - si sono acuite.
 

23) Caterina Chinnici presidente

Subito dopo la lista del Pd in bacheca si può notare il simbolo molto semplice, senza alcuna connotazione di natura politica (anche solo cromatica), della lista Caterina Chinnici presidente. La presenza dell'espressione "lista civica" farebbe pensare di essere di fronte a una "lista della presidente" (in cui far confluire soprattutto Psi e +Europa), dunque di diretta espressione della persona candidata; l'aspetto molto sobrio e quasi anonimo (fondo blu azzurro e cerchio tangente interno azzurrino, con il nome e il cognome non particolarmente marcati) fa però pensare che si tratti piuttosto della lista regionale, solitamente poco appariscente come simbolo per evitare di sottrarre voti alle liste provinciali di partito.
 

24) 
Autonomia siciliana trasporti

Di tutti i simboli presentati, non può passare inosservato quello di Autonomia siciliana trasporti, una forza politica guidata da Tania Andreoli e Giuseppe Neri che - come recita il "sottotitolo", propone "Soluzioni per le sfide del trasporto" ed è nato poche settimane fa per difendere "l'autotrasporto siciliano", che invece sarebbe "al collasso e necessita di pronte risposte", per cui occorrerebbe dialogare con istituzioni e imprese. Il simbolo - che contiene un Tir, una stilizzazione dell'Etna e la Trinacria - ha però la forma di un ellisse e non si è nemmeno fatto il tentativo di stringerlo per ridurlo alle dimensioni regolari di un cerchio.
 

25) Cento passi per la Sicilia

Va ricondotta all'alleanza di centrosinistra "ampio", a sostegno di Caterina Chinnici, anche la lista Cento passi per la Sicilia, ripresentata da Claudio Fava dopo l'esperienza con lo stesso nome condotta nel 2017, in quell'occasione come candidatura autonoma a sostegno dello stesso Fava come aspirante presidente. Sopra al nome di Fava, nella parte rossa del contrassegno (l'unica a essere mutata), sono indicati gli aggettivi "progressistǝ", "ecologistǝ" e "civicǝ": si tratta probabilmente del primo contrassegno elettorale di una competizione almeno regionale a contenere la schwa.
 

26) Democrazia cristiana

Anche in Sicilia è stato depositato senza problemi il simbolo della Democrazia cristiana, legato al partito guidato da Renato Grassi e che nell'isola ha come coordinatore Salvatore Cuffaro; del resto, il simbolo con la bandiera/vela crociata è stato "varato" proprio da lui alle amministrative siciliane in passato - pur somigliando a quello presentato dalla Dc-Fontana nel 2018 alle politiche in seconda battuta - ed è stato visto anche pochi mesi fa a Messina e altrove. La scelta di Totò Cuffaro di sostenere Schifani, tuttavia, ha creato malumori nel partito, che in parte intende sostenere piuttosto Gaetano Armao.

27) Insieme

Ha scelto di depositare il proprio simbolo con la catena blu e rossa e con le stelle d'Europa anche in Sicilia il partito Insieme, probabilmente sia per farsi conoscere anche lì, sia per cercare pure in quel caso di tutelare il proprio nome, come il partito di Giancarlo Infante ha inteso fare con la presentazione al Viminale del simbolo dopo la scelta di Luigi Di Maio di denominare i propri gruppi parlamentari "Insieme per il futuro". A proposito, nella bacheca siciliana non si è visto l'emblema di Impegno civico, che dunque i siciliani potranno votare solo sulle schede delle elezioni politiche.
 

28) Democrazia liberale

Dopo avere depositato il proprio simbolo al Ministero dell'interno, Democrazia liberale è presente anche nelle bacheche della Regione Siciliana (dove in fondo la forza politica ha iniziato a svilupparsi, sotto la presidenza di Enzo Palumbo; proprio lui, del resto, nel 2017 aveva fatto depositare l'emblema di LiberaItalia, soggetto politico di cui era stato tra i fondatori). Il simbolo a fondo blu, con le dodici stelle d'Europa e una striscetta tricolore leggermente ondulata probabilmente non finirà sulle schede, ma ha marcato la presenza tanto a livello nazionale quanto a livello regionale.
 

29) Popolari e autonomisti

Tra le formazioni certamente a sostegno della candidatura di Renato Schifani alla presidenza della Sicilia c'è la lista Popolari e autonomisti, che schiera una colomba bianca su una sorta di bandiera gialla e rossa. Si tratta, per chi ha buon occhio e come lo stesso nome di fatto suggerisce, della crasi dei simboli del Movimento per l'autonomia di Raffaele Lombardo e di Cantiere popolare di Saverio Romano (la bandiera ora gialla e rossa era tricolore). La lista, peraltro, dovrebbe contenere anche candidati del Movimento Via e di Ora Sicilia.
  

30) Forza Italia

Si arriva così a Forza Italia, il partito in cui per molti anni ha militato Renato Schifani (arrivato poi a ricoprire la presidenza del Senato da membro del Popolo della libertà, salvo poi passare per due anni e mezzo tra le file del Nuovo centrodestra con Angelino Alfano, prima di tornare tra i forzisti). Il partito di Silvio Berlusconi ha scelto di depositare addirittura tre contrassegni, tutte "variazioni sul tema". La prima, in ordine di tempo, contiene la bandierina che in parte fuoriesce dal cerchio, con il cognome di Berlusconi al di sotto (si trattava di una delle versioni "ufficiali" per le elezioni amministrative).
 

31) Schifani - Forza Italia - Berlusconi

La seconda versione depositata del contrassegno di Forza Italia è più simile all'emblema impiegato nel 2017 a sostegno di Nello Musumeci, sempre con il cognome di Berlusconi al di sotto (ma in questo caso un po' più stretto rispetto alla bandiera, qui tutta contenuta nel cerchio elettorale), ma stavolta con anche il riferimento al candidato presidente, disposto ad arco nella parte superiore del tondo, tra il bordo blu del simbolo e la bandiera, a costo di sembrare almeno in parte "incastrato" in quella posizione (dando, in generale, un'impressione di "precarietà"). 
 

32) Forza Italia - Berlusconi per Schifani

Quanto alla terza versione del contrassegno di Forza Italia, segue anch'essa uno dei modelli impiegati dal 2018 per le elezioni amministrative, con la bandierina in alto con i vertici superiori al di fuori del cerchio, il cognome di Berlusconi in grande evidenza al di sotto e il riferimento "per Schifani" al di sotto. Non è dato sapere come sia riuscito il partito a depositare addirittura tre emblemi, se li abbia depositati la stessa persona (cosa che non sarebbe consentita) o se si tratti di varianti ammessi nella prassi regionale (per cui si dovrebbe rinumerarle in 30, 30 a e 30 b). In ogni caso, se ne prende atto.

33) Italia sovrana e popolare

Non è oggetto di alcuna variante, essendo stata depositata in una sola versione, il contrassegno di Italia sovrana e popolare, unico emblema della cosiddetta "area del dissenso" a essere finito nelle bacheche delle elezioni regionali siciliane (nessuna traccia, in particolare, di Alternativa per l'Italia, di Vita, di ItalExit). Il simbolo è identico a quello visto al Viminale, senza nessuna variante locale: c'è dunque il nome scritto su campo bianco (con "e popolare" quasi manoscritto), la stellina rossa sulla seconda "I" di "Italia" e uno scorcio di bandiera italiana nella parte inferiore.
 

34) Azione - Italia viva - Calenda

Il nome della forza politica che ha depositato il contrassegno numero 34 (il quintultimo, a conti fatti) è ufficialmente Azione - Italia viva - Calenda e la struttura è identica al simbolo visto nelle bacheche del Ministero dell'interno, ma in realtà il nome di Calenda è stato inserito nel tondo che ospita il simbolo integrale di Azione; nella parte inferiore del cerchio grande, invece, c'è il cognome di Gaetano Armao, vicepresidente della Regione Siciliana ma candidato alla presidenza per il "terzo polo", pur provenendo da Forza Italia (che invece ufficialmente sostiene il suo candidato Schifani).
 

35) Noi con Schifani presidente

Si è già visto prima il contrassegno depositato da Noi con l'Italia; l'emblema presentato con il numero 35, Noi con Schifani presidente ne è un'evidente variante, probabilmente non realizzata nel migliore dei modi (sarebbe stato meglio forse usare lo stesso carattere Impact impiegato per scrivere "Noi", piuttosto che un Twentieth Century, "bastoni" sì ma visibilmente diverso). Non sembra impossibile che il partito si sia riservato fino all'ultimo di scegliere quale dei due emblemi usare per contrassegnare le proprie liste. Lo stesso ragionamento di Forza Italia e non solo.
 

36) Coraggio Italia

Anche Coraggio Italia, il partito guidato da Luigi Brugnaro, ha scelto di depositare il proprio simbolo in vista delle elezioni regionali della Sicilia. Sembra in effetti improbabile che la forza politica presenti liste (non bisogna dimenticare che la legge elettorale siciliana impone a ciascuna lista di superare la soglia del 5% a livello regionale per poter partecipare alla ripartizione dei seggi); è però significativo che il partito di Brugnaro abbia comunque voluto prendere parte a questo momento iniziale del procedimento elettorale regionale, depositando il proprio simbolo in solitaria (mentre a livello nazionale, come è noto, concorrerà nella lista Noi Moderati con Noi con l'Italia, Italia al Centro e Udc).
 

37) Presidente Renato Schifani

Al numero 37, penultimo tra i contrassegni depositati, si trova l'emblema di una lista denominata Presidente Renato Schifani: il simbolo non è altro che il nome stesso della lista, con la parola "Presidente" arancione e il nome del candidato di colore bianco su fondo nero (mentre il segmento inferiore del cerchio è tinto anch'esso di arancione). Si è sostenuto che questo emblema potrebbe contrassegnare una lista "del presidente"; più facilmente potrebbe identificare la lista regionale a sostegno di Schifani, sapendo che l'emblema non ha particolare appeal, valendo lo stesso discorso fatto per la lista Chinnici. 
 

38) Unione di centro - Schifani presidente

Chiude l'elenco dei contrassegni depositati, con il numero 38, una nuova versione del simbolo dell'Unione di centro. Rispetto a quella vista prima, l'unica differenza è la sostituzione della parola "Italia" nel segmento rosso con l'espressione "Schifani presidente", proposta con lo stesso carattere Arial Black. Tre partiti del centrodestra, insomma, hanno voluto tenere pronti i simboli con e senza nome del candidato, tenendosi liberi fino alla presentazione delle liste con la relativa descrizione e riproduzione del contrassegno ufficiale. Il dubbio non riguarda Fratelli d'Italia e Lega, che il nome di Schifani non l'hanno proprio inserito.