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Libri simbolici (o, più in generale, da #drogatidipolitica)

I creativi raccontano

mercoledì 20 novembre 2013

Il "padre grafico" di Forza Italia: intervista a Cesare Priori

Una volta sentivi un tale che diceva «Forza Italia» e pensavi alla Nazionale di calcio, da vedere allo stadio o alla Tv. Da vent’anni a questa parte, senti «Forza Italia», anche (ma non solo) in televisione e pensi a Silvio Berlusconi. Anche se magari non lo voti e non hai nessuna intenzione di votarlo.
Se però la creatura politica del Cavaliere è riuscita a penetrare così a fondo in tutti gli italiani, lo si deve anche a una piccola bandiera tricolore che ha materializzato sul piano grafico i sogni e gli incubi politici di milioni di elettori. A dare forma al simbolo di Forza Italia, in pieno 1993, è stato Cesare Priori, creativo di talento. Lavora con Silvio Berlusconi dal 1979: il primo disegno del biscione di Canale 5, per dire, è suo.
Da una decina di anni Priori ha lasciato il gruppo, ma del recupero dell’antico emblema (e di eventuali varianti che però non ci sono state) si è occupato ancora lui. Tocca allora a Priori raccontarci la storia del marchio politico più efficace (nel bene e nel male) degli ultimi vent’anni esatti. Un marchio che, forse, uscirà di scena assieme alla persona per cui è stato inventato.
 
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Priori, quando Silvio Berlusconi le aveva chiesto di disegnare il simbolo di Forza Italia, le aveva commissionato un simbolo di partito o un marchio generico?
Diciamo che all’inizio si parlava di un movimento, non mi era stata ancora comunicata l’idea di un partito. Sul come fare, conoscendo il personaggio, doveva essere una cosa molto semplice, immediata, non dovevano esserci fronzoli, simboli strani… doveva essere una cosa che si vedesse subito e parlasse da sola.

sabato 16 novembre 2013

Per Mauro e Casini pronti i Popolari per l’Europa?

Mentre la maggior parte degli occhi è puntata sul consiglio nazionale del Pdl all’indomani dello strappo di Alfano e soci, non si sottovaluta nemmeno l’atmosfera elettrica all’interno di Scelta civica. Le scene viste al primo giorno dell’assemblea ieri, con i “popolari” di Mario Mauro, Andrea Olivero e Lorenzo Dellai che hanno lasciato la sala in segno di protesta danno conto della tensione nel partito che, secondo qualcuno, è già morto. Anche se oggi si è dato un nuovo inizio con la presidenza di Bombassei.
PPE2Che una parte del partito sia particolarmente vicina all’Udc e possa essere interessata a un contenitore politico più ampio rispetto alla formazione di Lorenzo Cesa e Pierferdinando Casini è cosa nota. Che ci si stia muovendo in questa direzione è probabile; volendo ci sarebbe anche un simbolo già pronto. Anzi, due. Già, perché all’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno di Alicante – quello presso cui sono depositate e valutate le richieste di registrazione come marchio comunitario – risultano due segni distintivi a nome di Salvatore Ruggeri, successore di Giuseppe Naro alla segreteria amministrativa dell’Udc. Entrambi sono nominati “Popolari per l’Europa” e in tutti e due, sul fondo azzurro, è in evidenza lo scudo crociato.
PPE1
La sigla di Popolari per l’Europa, guarda caso, è Ppe. E arriva dopo che per settimane l’Udc ha detto di voler costruire il Partito popolare europeo in Italia. Il primo emblema ha il pregio di avere la sigla all’interno del contrassegno, chiudendo il cerchio tracciato dal nome del partito e dalle stelle d’Europa. Il secondo, invece, ha una declinazione più nazionale, sostituendo alla sigla la scritta “Italia” e ponendo al di sotto una striscia tricolore, con tanto di pieghe come fosse una fascia; ha però il pregio di poter essere riportato in breve come Ppe-Italia (anche se in passato qualcuno aveva già provato, senza successo, a presentare un simbolo con quel nome).
Salvatore Ruggeri
E’ possibile che il deposito degli emblemi – avvenuto l’8 ottobre scorso – sia stato a puro scopo di precauzione, per dare una prima tutela (in Italia non risulta nessun deposito simile), ma certamente qualcuno ha visto lungo, cercando di preparare un futuro politico. Allargando l’orizzonte rispetto all’Udc e anche al vecchio nome della Democrazia cristiana (la sigla cambia completamente), ma senza rinunciare all’emblema più tradizionale di quella storia, lo scudo crociato che a quanto pare Casini e Cesa non vogliono più mettere in un cassetto, magari col rischio di farselo soffiare (anche se la legge, elettoralmente, li tutela).
Non è dato sapere se sarà questo l’eventuale emblema del progetto politico che potrebbe vedere uniti gli aderenti all’Udc e i “popolari” transfughi di Scelta civica. Non è detto che loro vogliano farsi rappresentare da uno scudo crociato o che non preferiscano soluzioni diverse. Intanto, però, il simbolo se serve c’è.

(Articolo pubblicato su www.termometropolitico.it)

mercoledì 13 novembre 2013

Il simbolo di un’Alleanza nazionale in Movimento

alleanza nazionale storace
Acque agitate a dritta. O a tribordo. Insomma, a destra, per farla breve. E non perché qualcuno abbia voglia di spaccare qualche partito (il livello di frammentazione è già notevole), ma perché piuttosto nelle profondità c’è chi sta lavorando per rimettere insieme i cocci, o almeno ci prova. In realtà i tentativi sono almeno due: se ha aperto per prima l’Officina Italia voluta da Fratelli d’Italia, in questi giorni ha avuto più risonanza il progetto di ridare vita ad Alleanza nazionale.
I timori di chi aveva paura di assistere alla nascita di un nuovo partito che annullasse (subito) le differenze delle varie forze in campo per ora sono stati messi da parte, per cercare di rendere concreto il progetto messo in campo soprattutto da Francesco Storace della Destra e da Adriana Poli Bortone di Io Sud. La formula scelta è quella della “Federazione di persone, movimenti e partiti”, dunque salvaguardando l’autonomia pur nella comunione di intenti.


Il nome scelto per questa federazione è “Movimento per l’Alleanza nazionale“: oltre a La Destra e Io Sud, hanno firmato l’atto costitutivo Fli con il suo coordinatore Roberto Menia, Nuova Alleanza che in Sicilia rispolvera la coccinella (simbolo fugace di una convention aennina) e vede il ritorno alla ribalta di Domenico Nania, l’associazione Nazione sovrana (rappresentata da Oreste Tofani), il quotidiano Il Giornale d’Italia (rappresentato da Roberto Buonasorte), Il popolo della vita – Trifoglio di Antonio Buonfiglio. Spicca su tutte la firma di Luca Romagnoli, segretario del Movimento sociale Fiamma tricolore, che non solo di An non ha mai fatto parte, ma che ha lasciato il vecchio Msi proprio nel momento in cui si trasformava in Alleanza nazionale, seguendo Pino Rauti nella costituzione di un nuovo soggetto politico in continuità ideologica con l’esperienza precedente. 

martedì 5 novembre 2013

Se Tassone vuole risvegliare il Cdu

A volte ritornano. Qui non si parla tanto dei politici (che, in realtà, ritornano quasi sempre), ma dei partiti. Operano per poco o molto tempo, poi confluiscono in nuovi soggetti e nessuno ne sa più nulla. Sembrano morti, invece sono solo messi “in ghiaccio”, pronti per essere scongelati se serve. Il caso più noto è quello di Forza Italia, ora forse si parla di Alleanza nazionale, ma l’11 maggio a Roma hanno iniziato a svegliarsi dal letargo anche i Cristiani democratici uniti, su impulso di uno dei loro dirigenti, Mario Tassone. E il Cdu vuole riprendere il cammino.
Il partito che fu creato da Rocco Buttiglione dopo la crisi all’interno del Partito popolare italiano nel 1995 avrà dunque una nuova vita? Ce lo facciamo spiegare direttamente da Tassone: a sentire lui, la sua battaglia è di ideali, che ora nell’Udc rischiano di perdersi (anche se ciò gli è costato, a quanto si apprende in rete, una richiesta di espulsione dal partito, che lui ha subito contestato). Una battaglia che però potrebbe portare con sé lo scudo crociato, anche se “il simbolo è importante, ma non indispensabile”.

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Tassone, ormai ha deciso di rispolverare il Cdu: come le è venuto in mente?

Mi è venuto in mente subito dopo che l’Udc ha scelto praticamente di “diluirsi” in Scelta civica, facendo di Monti il riferimento principale del nuovo centro. Pensavo che, cosi facendo, si sarebbe dispersa un’esperienza rappresentata dall’Udc, che si era costituita nel 2002 anche grazie all’apporto del Cdu, che aveva conferito tra l’altro il simbolo.

A studiare i partiti italiani si impara una cosa: scioglierne uno è quasi impossibile, perché ci sono sempre debiti da pagare, crediti da riscuotere, cause ancora in piedi…

Beh, noi nel 2002 dicemmo chiaramente che, anche con la costituzione dell’Udc, il Cdu sarebbe rimasto come associazione. Ora stiamo facendo vivere proprio quella, attraverso un confronto politico e culturale.