Anche sul fronte del No al referendum costituzionale la struttura è simile a quella già vista per il Sì. C'è innanzitutto un comitato nazionale civico (i fondatori sono quasi tutti giuristi o membri della società civile), legato al Coordinamento per la democrazia costituzionale: il Comitato per il NO nel referendum sulle modifiche della Costituzione è presieduto da Alessandro Pace - il presidente d'onore è Gustavo Zagrebelsky - ed è quello che si era incaricato di raccogliere le firme (obiettivo peraltro non centrato) per chiedere l'indizione del referendum, così da poter accedere tra l'altro ai fondi destinati dalla legge ai promotori. La grafica è basata ovviamente sul tricolore, scelta pressoché obbligata per un comitato che vuole includere tutte le sensibilità di chi è contrario alla riforma, al di là di ogni appartenenza politica. Non viene riportato il nome per intero, ma viene messo in evidenza il No, con la O resa da un cerchio rosso con la silhouette bianca di una mano aperta: praticamente un cartello, un modo netto per dare la sensazione dello "stop", della necessità di fermarsi e di respingere le proposte di modifica.
Accanto al comitato civico, è nato presto un comitato dichiaratamente politico, costituito dai massimi esponenti di Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d'Italia (ma con tanti altri partiti più piccoli a sostegno dell'iniziativa). L'ente, denominato Comitato per il no alla riforma costituzionale, è peraltro presieduto da un tecnico, l'ex presidente della Corte costituzionale Annibale Marini. Il No ovviamente la fa da padrone, scritto ben chiaro in font bastone black al centro di due cerchi, sovrapposto a una fascia tricolore, che fa tanto nazionale e tanto centrodestra: una grafica essenziale e piuttosto pulita, adatta agli adesivi e più legata a una concezione classica della politica (vista la forma rotonda, che rimanda alle competizioni elettorali).
Oltre a questi due comitati, nel fronte del No - molto variegato e disomogeneo politicamente, come è noto - si registra un gran numero di altre realtà, ciascuna con un proprio emblema: molte realtà, infatti, hanno avvertito l'esigenza di distinguersi, di marcare la propria presenza, magari connotando il loro emblema con un proprio segno politico, anche variando quanto basta l'emblema del comitato politico nazionale. E' il caso, ad esempio, del Comitato per il No - Sovranità popolare, lanciato da Azione nazionale, associazione vicina a Gianni Alemanno. La struttura è molto simile al logo del comitato Marini, anche se cambia la scritta in basso e il tricolore diventa la cifra dell'emblema, spuntando un po' dappertutto: gli archi della circonferenza esterna diventano tricolori, nel cerchio centrale c'è una fascia in filigrana e, soprattutto, in basso appare la fascia "sfrangiata a N" che caratterizza il simbolo di Azione nazionale.
Si può riconoscere la medesima composizione del simbolo, anche se con una certa (e ben visibile) variazione sul tema nell'emblema del Comitato per il No alla riforma costituzionale nella versione offerta dal Fronte nazionale di Adriano Tilgher. Si mantiene il cerchio interno con la fascia tricolore verticale, ma all'interno del No centrale si incastona il simbolo del Fn e tutte le scritte esterne al cerchio sono proposte in una font decisamente marcata e "pesante", quasi a voler ricordare certe grafiche molto "di destra", che però hanno l'effetto grafico di rendere assai poco gradevole l'immagine.
Molto più fedele alla struttura del segno distintivo del comitato "politico" per il No appare l'emblema dei Riformisti per il No - Noi della grande riforma, comitato presieduto dall'ex Pd Mario Barbi e che, tra i promotori, annovera Stefania Craxi e Stefano Caldoro. Che l'estrazione di questo gruppo sia socialista - anche se la parola non è presente nel nome, ma si preferisce indicare "riformisti" anche forse in ossequio ai Riformisti italiani di Stefania Craxi - è reso del tutto palese dal garofano piazzato in primo piano: si tratta, per i fanatici del dettaglio, dello stesso fiore disegnato all'inizio del 2006, quando il Nuovo Psi (in piena lotta giudiziaria tra i sostenitori di Bobo Craxi e quelli di Gianni De Michelis) presentò liste condivise con la Dca di Rotondi, fiore poi passato al Nuovo Psi di Caldoro dopo l'ennesima scissione nel partito.
Restando per un attimo in casa socialista (un ambito politico in cui, tanto nel passato quanto oggi, le divisioni non sono certo mancate), va notato che i comitati che si richiamano a quell'area sono vari: se ne contano almeno altri due. Convergenza socialista, formazione guidata da Manuel Santoro, mette addirittura il simbolo - sia pure in miniatura, al posto di una delle "o" di "Comitato - nel logo del Comitato per il No di Convergenza socialista: a dominare la grafica - piuttosto spartana e, bisogna ammetterlo, non troppo curata - è un inequivoco segnale ottagonale di stop, riprendendo nella sostanza il messaggio veicolato dal logo del comitato presieduto da Pace.
Più visibile, invece, è il garofano del Comitato socialista per il No, presieduto da Bobo Craxi (e con Rino Formica presidente onorario). La corolla e il calice del fiore - in un disegno realistico che sembra nuovo, rispetto a quelli che hanno caratterizzato la storia socialista dal 1978 in poi - si stagliano sul cerchio rosso che sostituisce la "O" di "No" (e ci è voluto un pur sottile contorno bianco per far emergere meglio il garofano, con un risultato che comunque è gradevole e d'impatto). La nascita di questo comitato si spiega agevolmente con la scelta del gruppo vicino a Craxi jr. di non sposare la linea del Psi, decisamente votata al Sì, ed è in linea con l'apertura di un contenzioso sull'ultimo congresso del partito (i cui atti sono al momento sospesi da un'ordinanza del tribunale di Roma).
Tornando ai promotori del comitato presieduto da Annibale Marini, va detto che più di un partito (pur figurando all'interno di quell'aggregazione politica nazionale) ha scelto comunque di fondare il proprio gruppo di sostenitori del No, anche qui per marcare la presenza in quel fronte così disomogeneo e - inutile negarlo - anche per far valere il proprio peso numerico: queste, in fondo, sono sempre occasioni per "contarsi". Lo ha fatto, per esempio, Fratelli d'Italia creando il Comitato No grazie, voluto dalla presidente del partito, Giorgia Meloni: nessun riferimento politico nella grafica, solo un "No" grande come una casa all'interno di un "fumetto" blu, lo stesso colore (più o meno) del fondo del simbolo e che era stato usato da An, giusto per far capire che questo No viene da destra.
Anche la Lega Nord, per parte sua, ha scelto di creare un proprio comitato, dal nome Donne e uomini liberi votano No. I colori utilizzati per il logo sono quelli tradizionali della Lega (il blu tendente al viola di Alberto da Giussano e il verde del "Sole delle Alpi"), il No emerge con una certa imponenza, ma colpisce come per la prima volta la realizzazione grafica oggettivamente non brilli per efficacia: da una parte, il No appare schiacciato e non troppo gradevole all'occhio; dall'altra, nel segmento blu inferiore si è voluto concentrare troppo testo, per cui l'indicazione - pure importante - che lega il No "alla riforma truffa di Renzi" praticamente non si vede, quasi inghiottita dal resto dell'immagine.
Tra i promotori del comitato "civico" Pace-Zagrebelsky, figura anche Antonio Pileggi, presidente del consiglio nazionale del Pli di Gianfranco Morandi e Stefano De Luca. Tutti e tre sono parte anche del comitato Per le libertà No al peggio, coordinato dall'ex ministro e giudice costituzionale Luigi Mazzella (che ha come vice Cinzia Dato e Cinzia Bonfrisco); al gruppo aderisce anche la Federazione dei Liberali di Raffaello Morelli. Il loro segno di riconoscimento, lungi dall'essere tondo, si basa sul testo in font Helvetica Inserat, salvo proprio il gigantesco No centrale, che - in un curioso color senape - ripropone l'affermazione in modo geometrico, decisamente di altri tempi.
L'area liberale, peraltro, non si esaurisce completamente nel comitato appena visto. Bisogna ricordare almeno i Liberali X il No, di cui risultano promotori Beatrice Rangoni Machiavelli, Giuseppe Bozzi ed Enzo Palumbo, gli ultimi due essendo non solo i patrocinatori di un gruppo di cittadini elettori (compreso lo stesso Palumbo) del giudizio di legittimità costituzionale sull'Italicum instaurato dal tribunale di Messina, ma anche coloro che avevano concepito il primo ricorso al Tar del Lazio contro il quesito referendario. L'emblema, tuttavia, è piuttosto infelice sul piano grafico, anche per la scritta piazzata lì quasi per caso (come posizione e come colori): va solo rimarcato che il disegno bianco su fondo azzurro richiama il bird of liberty dei liberaldemocratici, in particolare il vecchio simbolo europeo dell'Eldr.
Si riconduce al centrodestra anche il comitato Questa volta No! - Una scelta consapevole, anche se a occhio non è facile collocarlo nello scacchiere politico (l'impressione ictu oculi è a mezza via tra la canzone di Gino Paoli cantata da Ornella Vanoni e una pubblicità sul controllo delle nascite...). Cercando in rete si scopre invece che il comitato è stato voluto e fondato dai Conservatori e riformisti di Raffaele Fitto (con il contributo determinante, sul piano della consulenza giuridica, del costituzionalista Alfonso Celotto) per diffondere e difendere le ragioni di un No tecnico e politico insieme. La consapevolezza della scelta emerge con chiarezza nell'emblema, che si presenta semplice e sobrio.
Un po' meno sobrio si presenta l'emblema del Comitato famiglie per il No al referendum, legato al Comitato Difendiamo i nostri figli, di cui è portavoce Massimo Gandolfini e che ha promosso l'ultimo Family Day. Il disegno nella parte superiore (a fondo fucsia, come il colossale No che sta nella parte inferiore bianca) rappresenta il logo di Difendiamo i nostri figli: è l'immagine di una famigliola tradizionale e decentemente numerosa (quattro figli): per fortuna il tratto bianco ci risparmia la coloritura sessista dei maschietti in azzurro e delle femminucce in rosa. Viene in mente il simbolo dell'adinolfiano Popolo della famiglia, ma lo stesso Gandolfini aveva precisato che le liste di Adinolfi non erano loro diretta emanazione.
Nel novero del centrodestra si può ritrovare anche un singolare Comitato Alto Adige – Südtiroler Komitee per il no alle riforme costituzionali, che era nato già a maggio, con la prima adesione del consigliere regionale Alessandro Urzì (già firmatario della "mozione dei quarantenni" alla Fondazione An). Senza bisogno di grafiche particolari, nell'emblema spicca il messaggio bilingue "No - Nein", scritto a caratteri cubitali. Se anche l'emblema è stato deciso in primavera, la scelta della doppia lingua acquista ancora maggiore significato dopo la polemica scatenatasi a settembre sul progetto di cancellazione di gran parte della toponomastica altoatesina in italiano (lasciando solo la denominazione tedesca): era stato Urzì a denunciare un presunto accordo tra governo italiano e Svp per aggirare il bilinguismo, immaginando in cambio il sostegno della Svp al Sì al referendum.
Ha scelto invece una forma rettangolare, da etichetta (ma nel sito ufficiale è presente anche la versione circolare, con la grafica più "allargata" il Comitato popolare per il No, presieduto dall'ex europarlamentare e politico di lungo corso Giuseppe Gargani e avente tra i promotori Mario Mauro, Carlo Giovanardi e altri nomi storici come Potito Salatto (già Dc, ultimamente con i Popolari per l'Italia di Mauro) e i Cdu Mario Tassone e Maurizio Eufemi.
Il messaggio centrale è ovviamente offerto dall'affermazione netta "Noi no" e rafforzato dallo slogan sottostante ("Rottamiamo la riforma, non la Costituzione"): una vera dichiarazione d'intenti, resa graficamente in modo semplice e con abbondante uso di tutti i colori nazionali, anche se in fondo il risultato grafico non è disprezzabile e ha il pregio indubbio della chiarezza.
Lasciando il campo del centrodestra, anche a sinistra si può verificare l'esistenza di varie aggregazioni tenute insieme dal comune intento del No. Il gruppo di cui si è maggiormente parlato è sicuramente quello del Comitato Scelgo No, presieduto da Guido Calvi, avvocato, docente di filosofia del diritto e già senatore Pds-Ds; coordinatore è invece Stefano Schwarz, collaboratore di Child Frontiers (società legata all'Unicef); tra i nomi notevoli, oltre ovviamente a Massimo D'Alema, anche l'ex parlamentare Pds Pietro Folena. L'uso dei colori si discosta abbastanza da quelli visti in tanti altri loghi (e niente rosso, come ci si potrebbe aspettare): l'impressione grafica che si ricava dall'immagine è quella di uno stencil, di una riproduzione a tampone, che metta in risalto, oltre al No, anche il concetto della scelta.
Meritano attenzione però anche i Democratici per il No, riuniti poche settimane fa da Stefano Di Traglia, ex portavoce di Bersani: lui stesso ha precisato che questi "non sono un comitato, se si intende un negozio con una scritta, ma un gruppo, forse una rete di militanti che promuoveranno il confronto dentro il Pd". Comitato o no, non stupisce che - in antitesi al messaggio lanciato dal partito, chiaramente a favore del Sì - il No sia sottolineato non una, ma due volte, con un carattere black che più spesso non si può, sempre utilizzando il verde e il rosso come colori nazionali e democratici.
Ci sarebbe poi un'altra declinazione di Noi no, stavolta non in salsa centrista, anche se qui non si sarebbe di fronte a un vero e proprio comitato: "Noi No!", infatti, è una campagna lanciata da Sinistra italiana, con la precisa indicazione sul sito che il tutto è "a disposizione e sostegno del Comitato per il no nel referendum costituzionale e del Comitato per il referendum contro l'Italicum". Vale comunque la pena segnalare la frase bianco-gialla su fondo rosso, tra l'imponente e il lezioso (basta guardare come è scritto "Noi") con tanto di quadrato obliquo per meglio caratterizzarla, se non altro perché in qualche immagine di telegiornale ha fatto capolino su casacche e pettorine indossate dai volontari.
Da tutti i simboli visti finora si distanzia quello del Comitato per la Costituzione e le riforme: l'associazione, che si dice ispirata "a principi della solidarietà, di trasparenza e di democrazia", rileva soprattutto perché uno dei due fondatori è Ciriaco De Mita (tra gli aderenti, anche l'Udc di Lorenzo Cesa e l'ex ministro per le riforme Gaetano Quagliariello). L'emblema si distingue per non contenere alcun riferimento al No: anzi, in rosso e in verde propone "due elementi stilizzati che - si legge nell'atto costitutivo - rappresentano un profilo numismatico appartenente a divinità romana ed un libro aperto rispondente alla costituzione", mentre le due linee curve "rimandano alla C della Costituzione". Dimostrazione, questa che si può dire No anche senza scriverlo.