Quelli che il 6 marzo si affronteranno alle primarie per individuare il candidato a sindaco di Roma per il centrosinistra, a quanto pare, non hanno fatto granché per non finire bersaglio di critiche e sfottò. Un caro amico membro dell'eletta schiera dei drogati di politica, ha dipinto le primarie come "un evento tragicomico" che vede affrontarsi "un fedelissimo del presidente del consiglio [...] così certo della vittoria da permettersi il lusso di non presentare nemmeno il programma", "uno della vecchia guardia candidato su spinta di quel che resta della 'ditta', ma ancora indeciso sul da farsi", "uno che sta facendo campagna elettorale portandosi dietro un orso di peluche, che sarà il suo assistente personale una volta eletto al Campidoglio", "un ex generale che da qualche anno ha scoperto il piacere di fare politica, sempre attraverso incarichi ben retribuiti [e che] ha scelto come simbolo della campagna elettorale i suoi baffi" e, da ultimo, "un evergreen della politica".
Ora, se è facile riconoscere nei primi quattro profili, nell'ordine, le figure di Roberto Giachetti, Roberto Morassut, Gianfranco Mascia e Domenico Rossi, sull'ultimo si potrebbe anche andare per esclusione, essendo rimasto fuori soltanto Stefano Pedica. La descrizione, tuttavia, continua, visto che dell'evergreen in questione si dice che "è approdato al Pd dopo aver militato nei seguenti partiti: Dc, Ccd, Udr, Upr, De, Udeur, Patto Segni, Dca, Idv, Cd. A quando il prossimo salto?". La fila di sigle, alcune delle quali pressoché incomprensibili a chi non è parte dei politics addicted, fa probabilmente capire come mai Pedica si sia attirato le critiche e gli affondi più duri da parte dei detrattori della "vecchia politica" e del trasformismo.
Lui, a dire il vero, non la pensa così. Quando lo intervistai per Termometro Politico e sciorinai quel rosario di sigle, rispose così: "Fa piacere sentire che ho passato tutti questi partiti: a me personalmente non risulta, avendolo vissuto... vengo da un centrosinistra che inizia con Francesco Cossiga presidente del Consiglio, centrosinistra di demitiana memoria; poi ho seguito come segretario particolare Francesco D'Onofrio [nel Ccd, ndb], poi sono tornato con Cossiga nell'Udr e poi sono tornato nel centrosinistra. Sono rimasto fedele al progetto iniziale della mia storia politica, che si chiama Francesco Cossiga: il tutto è politicamente più semplice di tutte queste "transumanze" che mi attribuiscono. Quando ero in Parlamento sono stato in un solo partito, l'Italia dei valori; venuta meno l'Idv, sono entrato nel centrosinistra, area in cui mi rappresento da sempre e in cui è rimasto solo il Pd". Lo fece passando per Centro democratico: "Quando ce ne andammo dall'Idv, con Massimo Donadi e altri, abbiamo fondato l'associazione Diritti e libertà. Ci fu però l'imposizione da parte di Bersani e del Pd, affinché ci si unisse ad altri partiti minori in un progetto che stesse nella coalizione di centrosinistra. Così Donadi ha fatto l'accordo con Cd, il partito di Tabacci: il nostro, però, era solo un accordo elettorale, poi ognuno se ne tornava a casa sua".
Potremmo anche prendere per buone quelle parole, per carità, però... c'è un fatto (che persino nella sfilza partitica del mio amico sembra mancare). Le banche dati di alcune agenzie sono tuttora consultabili e - guarda caso - un lancio dell'Agi datato 21 febbraio 2000 ricorda che giusto in quel giorno vedeva la luce un nuovo movimento, i Cristiano democratici europei, formazione "che si presenterà alle Regionali con candidati indipendenti all'interno delle liste dell'Udeur di Mastella e alle comunali con il proprio simbolo (un cerchio con all'interno la bandiera dell'UE e la sigla CDE)". Obiettivo del partito? "Riaggregare i moderati che non si riconoscono negli attuali due schieramenti politici" e agire, tra l'altro attraverso la Rete. La rappresentanza parlamentare era assicurata da Alessandro Meluzzi (nato comusocialista, eletto in Parlamento con Forza Italia e poi emigrato con Pedica nell'Udr), il legame con la vecchia Dc era Nino Cristofori (vicinissimo per anni ad Andreotti), mentre Pedica era il coordinatore nazionale.
Ora, se è facile riconoscere nei primi quattro profili, nell'ordine, le figure di Roberto Giachetti, Roberto Morassut, Gianfranco Mascia e Domenico Rossi, sull'ultimo si potrebbe anche andare per esclusione, essendo rimasto fuori soltanto Stefano Pedica. La descrizione, tuttavia, continua, visto che dell'evergreen in questione si dice che "è approdato al Pd dopo aver militato nei seguenti partiti: Dc, Ccd, Udr, Upr, De, Udeur, Patto Segni, Dca, Idv, Cd. A quando il prossimo salto?". La fila di sigle, alcune delle quali pressoché incomprensibili a chi non è parte dei politics addicted, fa probabilmente capire come mai Pedica si sia attirato le critiche e gli affondi più duri da parte dei detrattori della "vecchia politica" e del trasformismo.
Lui, a dire il vero, non la pensa così. Quando lo intervistai per Termometro Politico e sciorinai quel rosario di sigle, rispose così: "Fa piacere sentire che ho passato tutti questi partiti: a me personalmente non risulta, avendolo vissuto... vengo da un centrosinistra che inizia con Francesco Cossiga presidente del Consiglio, centrosinistra di demitiana memoria; poi ho seguito come segretario particolare Francesco D'Onofrio [nel Ccd, ndb], poi sono tornato con Cossiga nell'Udr e poi sono tornato nel centrosinistra. Sono rimasto fedele al progetto iniziale della mia storia politica, che si chiama Francesco Cossiga: il tutto è politicamente più semplice di tutte queste "transumanze" che mi attribuiscono. Quando ero in Parlamento sono stato in un solo partito, l'Italia dei valori; venuta meno l'Idv, sono entrato nel centrosinistra, area in cui mi rappresento da sempre e in cui è rimasto solo il Pd". Lo fece passando per Centro democratico: "Quando ce ne andammo dall'Idv, con Massimo Donadi e altri, abbiamo fondato l'associazione Diritti e libertà. Ci fu però l'imposizione da parte di Bersani e del Pd, affinché ci si unisse ad altri partiti minori in un progetto che stesse nella coalizione di centrosinistra. Così Donadi ha fatto l'accordo con Cd, il partito di Tabacci: il nostro, però, era solo un accordo elettorale, poi ognuno se ne tornava a casa sua".
Potremmo anche prendere per buone quelle parole, per carità, però... c'è un fatto (che persino nella sfilza partitica del mio amico sembra mancare). Le banche dati di alcune agenzie sono tuttora consultabili e - guarda caso - un lancio dell'Agi datato 21 febbraio 2000 ricorda che giusto in quel giorno vedeva la luce un nuovo movimento, i Cristiano democratici europei, formazione "che si presenterà alle Regionali con candidati indipendenti all'interno delle liste dell'Udeur di Mastella e alle comunali con il proprio simbolo (un cerchio con all'interno la bandiera dell'UE e la sigla CDE)". Obiettivo del partito? "Riaggregare i moderati che non si riconoscono negli attuali due schieramenti politici" e agire, tra l'altro attraverso la Rete. La rappresentanza parlamentare era assicurata da Alessandro Meluzzi (nato comusocialista, eletto in Parlamento con Forza Italia e poi emigrato con Pedica nell'Udr), il legame con la vecchia Dc era Nino Cristofori (vicinissimo per anni ad Andreotti), mentre Pedica era il coordinatore nazionale.