martedì 22 ottobre 2019

Dialogo con Giovanni Sasso (Proforma): "Così Italia Viva ha spiegato le ali"

Occorre riconoscerlo: nessun varo di simbolo di un nascente partito politico ha ricevuto tanta attenzione mediatica quanta ne ha ottenuta quello di Italia Viva. La presentazione "monumentale" sabato durante la Leopolda10 da parte di Matteo Renzi, preceduta dal voto online di una settimana su tre proposte scelte da Renzi con il nucleo fondante della nuova forza politica, ha tenuto banco per giorni, tra cronache, commenti e sberleffi di varia natura. 
Ora che la selezione è completata e il simbolo è ufficiale, è il caso di capire meglio come si è arrivati a quell'emblema: al momento non è dato sapere chi ha realizzato le due grafiche che non si sono aggiudicate il contest (la prima a fondo fucsia e la terza basata solo sul lettering), ma si sa che la grafica vincitrice è stata elaborata da Proforma, l'agenzia di comunicazione barese che nel corso degli anni si è occupata di molte campagne di comunicazione politica a livello nazionale e locale (oltre che per Renzi e per il Pd, per Michele Emiliano, Nichi Vendola, Mario Monti, Antonio Decaro, Raffaella Paita, per i Ds, Rifondazione comunista, Sel e tanti altri), oltre che per altri soggetti istituzionali, produttivi e associativi. Della genesi del simbolo di Italia Viva parliamo con Giovanni Sasso, direttore creativo di Proforma; l'occasione è ghiotta anche per ricordare il precedente di Scelta civica, il simbolo concepito da Proforma per l'avventura elettorale del 2013 di Mario Monti (anche in quel caso ci fu molta attesa per la presentazione, anche se nel giro di un anno gli esiti non furono esaltanti) e di altri emblemi di cui l'agenzia si è occupata nel corso degli anni. Perché disegnare simboli, anche ora che realizzarli è molto più facile, è sempre una questione delicata, da maneggiare con cura.


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Giovanni Sasso, ormai possiamo dire che Proforma ha al suo attivo non più un solo simbolo di partito nazionale, ma due.
Esatto, dopo gli esiti del contest sul simbolo di Italia Viva, possiamo dire che i brand nazionali da noi curati sono due. 
Quando siete stati contattati per realizzarlo, se è andata così?
In effetti le cose non sono andate proprio così. Il rapporto con Matteo Renzi dura dal 2013, da quando abbiamo concepito e realizzato per lui la campagna Cambia verso per le "primarie" per la segreteria del Partito democratico. Da allora il rapporto è proseguito, anche se non è stato sempre formalizzato: alcune volte abbiamo espressamente lavorato a campagne del Pd o sue personali, altre volte il tutto si è svolto in modo più informale, in ogni caso siamo sempre rimasti in contatto. In questo caso non c'è stata una vera commessa e lo stesso vale per gli altri due emblemi che erano stati inseriti nella terna di proposte da votare nel contest: abbiamo fatto una proposta in nome del rapporto cordiale e consolidato con Renzi e questa è stata selezionata per partecipare al contest
Questo è un modo per confermare che solo la proposta numero 2 era stata elaborata da Proforma, non anche le altre, giusto?
Assolutamente sì, questo è certo (sorride), ma è anche un modo per dire che non c'è stato un vero brief, non ci si è mai incontrati con un ipotetico committente per chiarire cosa volesse e su cosa si volesse puntare, anche magari in gara con altri soggetti. Diciamo che il brief lo abbiamo ricavato dalle parole d'ordine del nuovo partito, che per noi erano abbastanza chiare.
Già che ci siamo, mi confermi anche che il nome "Italia Viva" era già stato fissato prima? Ricordo di aver visto un tuo status di Facebook non proprio entusiasta... 



In effetti (ride)... Ti confermo che il nome non è farina del nostro sacco. Quanto al mio post, era molto sincero nel senso che, sì, il nome non mi entusiasmava, ma faccio fatica a pensare che potesse esserci un nome davvero entusiasmante. Ma lo direi di qualunque nome o marchio: è difficile che entusiasmi, è una categoria poco professionale, diciamo... "Italia Viva" è comunque facile da ricordare e mostra una certa coerenza con ciò che il fondatore dice e fa, quindi ci può stare. Se dovessi sforzarmi per trovare un nome alternativo "entusiasmante", ora non ci riuscirei; al massimo si sarebbe potuto osare un po' di più togliendo "Italia", lasciando solo "Viva"...
Però già da circa sei mesi esisteva èViva di Francesco Laforgia e Luca Pastorino, che tra l'altro si era sempre rivolta alla Rete per la scelta del simbolo, quindi la convivenza sarebbe stata molto problematica, sotto vari punti di vista... 
Lo immagino. Comunque, dicevo, si sarebbe forse potuto osare di più e qualcuno altrove l'ha fatto. Per farti un esempio, quando sulla scena politica spagnola è apparso Podemos, è probabile che ci sia stato qualche mugugno: oggettivamente è complicato vedere un partito politico il cui nome è un verbo alla prima persona plurale; poi alla fine la scelta è apparsa adeguata, il brand ha preso piede e si è rafforzato, anche se molto dipende naturalmente dai contenuti con cui lo si riempie. Di certo all'inizio scelte simili possono spaventare; diciamo che comunque, per il tipo di progetto che Matteo ha in mente, alla fine Italia Viva ci sta.  
In ogni caso, si può dire che a Renzi avete fatto una proposta grafica "secca", senza vostre alternative?
Sì, esatto, abbiamo fatto questa proposta "secca" e lui pochi giorni prima di lanciare il contest ci aveva fatto capire che l'idea era di suo gradimento e sarebbe entrata nella terna di quelle su cui si sarebbe votato.
Quando avete fatto la proposta?
Una ventina di giorni prima che si aprisse ufficialmente il contest per la scelta del simbolo.
Per arrivare alla proposta che avete presentato, da quali punti fermi, da quali concetti chiave siete partiti? 
Il primo, essenziale punto di forza, inutile negarlo, doveva essere la discontinuità: mi pare evidente che questo progetto di Matteo Renzi voglia caratterizzarsi innanzitutto come cesura rispetto al passato, che sia quello del Pd o, più in generale, della politica italiana, vista come tradizionale e ideologica. Per questo, il marchio doveva essere in qualche modo "di rottura": da qui è venuta anche la scelta dei colori da utilizzare.
Di questo parleremo tra poco: diciamo che è un "cambia verso" in altra forma...
Esatto, un "cambia verso" grafico. E quel claim di quella campagna, di cui vado molto orgoglioso, era proprio nostro.
Oltre alla discontinuità, su cosa avete lavorato?
Beh, il nome stesso "Italia Viva" suggeriva la necessità di un simbolo vivace, nel segno e nei colori. Volevamo poi tenere insieme la concretezza e gli ideali e abbiamo cercato di farlo con l'elemento grafico più riconoscibile del simbolo: quella "spunta" che emerge su fondo bianco e "vola alto" vuole simboleggiare un partito riesce a mantenere un riferimento ideale e valoriale "alto" ma, contemporaneamente, riesce a "fare", a decidere, a cambiare le sorti della vita reale delle persone. Certo dire tutto questo è facile, magari in una campagna, mentre è molto più complicato lavorare su un simbolo, proprio per l'estremo lavoro di sintesi che occorre fare: si chiede a un segno di sintetizzare molte cose, quindi il prodotto è inevitabilmente sottoposto a critiche.
Chi ha lavorato materialmente ai simboli?
Abbiamo sostanzialmente lavorato in tre: io, come direttore creativo di Proforma, e due designer della mia azienda, Daniele Guido e Miki De Benedictis.
Il tricolore non è mai entrato in ballo?
In effetti era stata una delle prime idee che avevamo valutato: quella V a metà tra la spunta e il volatile, che all'inizio non aveva l'idea di tridimensionalità che si vede nel risultato finale, in una prima versione iniziava verde e finiva rossa in campo bianco. Ho però scartato quasi subito quella soluzione, proprio per il discorso di prima sulla discontinuità: nonostante tutto il mio affetto per la bandiera, nel nome c'era già la parola "Italia" e non mi pareva il caso di sfornare l'ennesimo simbolo partitico con il tricolore all'interno.
Rimanendo all'aspetto cromatico, mi pare innegabile che il simbolo richiami direttamente Instagram, per lo meno in buona parte.
In effetti manca l'azzurro, che però è nel nome. Si tratta di una scelta voluta, anche se non è una copiatura: l'idea originaria era di usare colori vivaci in sfumatura, richiamando un linguaggio cromatico nuovo. Qualcosa di simile si trova anche, per esempio, nel nuovo marchio di Sky, anche se la palette che abbiamo impiegato è più simile a quella di Instagram, La stessa scelta cromatica, tra l'altro, come qualcuno ha notato, si vede nel logo della Leopolda10, che abbiamo fatto sempre noi.
Ecco, questa scelta sembrerebbe quasi un self-spoiler, come se si fosse voluto rivelare in anticipo l'esito della votazione sul simbolo, come Makkox e io avevamo ipotizzato a Propaganda Live...
In realtà no, perché noi non sapevamo che la nostra grafica avrebbe vinto il contest del simbolo. Sì, la nostra proposta ha avuto il 63% dei voti, ma quando abbiamo avuto da Renzi l'incarico di realizzare il logo della Leopolda, i risultati non si conoscevano ancora: ovviamente, per il logo della manifestazione, abbiamo usato la stessa palette cromatica.
Quindi parlare di self-spoiler è sbagliato, perché è semplicemente stata la stessa mano a produrre la proposta vincente e la grafica per la Leopolda.
Esatto, la stessa mano che ha pensato "se il nostro simbolo vincesse, sarebbe carino che nel brand della Leopolda ci fosse la stessa nuance di colori", però onestamente non eravamo affatto sicuri di vincere. Certamente credevamo nel nostro lavoro, in quello che avevamo fatto, ma non immaginavo che avrebbero votato circa 40mila persone e che la nostra proposta ottenesse circa 24mila voti, quindi la sorpresa è stata positiva; potevamo al massimo notare che, tra i commenti al post che annunciava il contest, quelli favorevoli alla nostra proposta erano più o meno nella stessa proporzione poi segnalata dal voto online, assieme ovviamente ai tanti che preferivano altre opzioni e a quelli che le bocciavano tutte senza appello. Ma siamo abituatissimi a questi verdetti, fanno parte del gioco. 
Torniamo un attimo alla "spunta", cioè al segno del tick che contrassegna le cose già fatte o quelle positive. Eppure lo stesso comunicato ufficiale di Italia Viva, a quanto si legge sul sito, parla di un "gabbiano in volo": avevate pensato qualcosa di simile?
Ah, parla di un gabbiano? Renzi nel suo discorso finale ha notato: "Qualcuno dice che è un gabbiano, ma io ci vedo una spunta, come quella di Whatsapp, o anche un'ala, un invito a non restare ancorati ai chiacchiericci". Cosa che corrisponde a quello che abbiamo detto a Renzi quando gli abbiamo illustrato la nostra proposta.
Allora diamo l'interpretazione autentica di Proforma di quel segno.
L'interpretazione ruota intorno a tre idee. Si parte dalla "spunta", quindi da un segno di concretezza, che indica le cose fatte, dunque l'idea di voler decidere e fare; c'è poi l'idea del volo, anche se io ho lavorato sull'idea delle ali per dare il concetto di ideale che vola alto, senza che questo avesse le forme di un uccello in particolare. Tieni conto che quel logo non era nato rinchiuso in un cerchio, era nato come brand con qualche ambizione in più delle forme imposte dalle leggi elettorali: nelle applicazioni di merchandising che avevamo proposto per presentare la nostra opzione, infatti, si sfuggiva quasi sempre dalla dimensione circolare. Quando, in ogni caso, abbiamo dovuto fare i conti con il cerchio, abbiamo deciso di aggiungere quel segmento colorato in basso, per dare ancora di più l'impressione dello spazio del volo, come se fosse un pezzo di pianeta stilizzato che facesse risaltare ancora di più il volo in alto dell'uccello. La terza idea, ovviamente, è quella della V di "Viva": c'è chi vede la tridimensionalità della lettera, c'è chi non la vede, ma si tratta comunque di evidenziare la parola fondamentale del nome.
Con cui non a caso c'è la maggiore somiglianza cromatica. Tornando al gabbiano, certamente quello del simbolo non lo è, ma a chi ricorda impieghi precedenti di volatili in politica, viene in mente essenzialmente il simbolo dell'Italia dei valori che all'interno aveva proprio un gabbiano, per giunta a colori sfumati. Tant'è che il suo segretario, Ignazio Messina, sul suo profilo aveva segnalato la somiglianza (anche per l'acronimo Iv simile a Idv), persino l'area è sempre quella dei libdem...
In effetti è vero che l'Italia dei valori aveva usato un uccello ad ali spiegate, ma quello era tinto dei colori dell'arcobaleno, dunque erano diversi; quello dell'Idv era proprio conformato proprio come un gabbiano. Ognuno ovviamente può vedere in quelle ali stilizzate quello che vuole: c'è persino chi ha voluto vedere in quel segno la V del Vagisil... (sorride)
Beh, al di là della forma, quest'accostamento può essere stato facilitato dal fatto che il nome "Italia Viva" è scritto con colori molto simili, che possono facilmente rimandare alle tavolozze cromatiche da "igiene intima"... Ennesima dimostrazione che, come abbiamo detto a Propaganda Live, il nuovo non esiste, nemmeno nella grafica.
In effetti (ride)... Ma non escludo che ci possa essere da qualche parte un emblema ancora più simile a quello che abbiamo prodotto noi. Pensa che mi è capitato in più di un caso di imbattermi addirittura in campagne identiche o quasi. Un giorno avevamo fatto una campagna multisoggetto per gli Internazionali di Tennis, con vari spot diversi; dopo un paio d'anni ho trovato uno spot precedente spagnolo che aveva quasi lo stesso concept nostro di uno dei nostri soggetti, tra l'altro anche abbastanza complesso... c'era una similitudine tra le strisce del parcheggio di un auto con le strisce di un campo da tennis, l'auto parcheggiava fuori dalle strisce e un giudice di linea rilevava che la ruota era fuori, come se fosse stata una pallina da tennis. Se io avessi detto a qualcuno che io non avevo visto quello spot precedente, non ci avrebbe creduto nessuno e avrebbero pensato che avevamo copiato: sono quindi abbastanza fatalista su questo. Del resto, se si digita su Google "logo V", "logo B" o qualunque altra lettera, esce una marea di marchi in tema: una stilizzazione della lettera simile a quella che si ha in testa la si trova sicuramente... 
Scartata l'igiene intima (e anche il tricolore), la scelta di quelle tinte per il nome del partito da dove è venuta?
Avevamo scelto quei colori perché ci siamo fatti influenzare da quest'idea diarchica più volte ripetuta da Matteo, per cui ogni ruolo sarà ricoperto da un uomo e da una donna. Azzurro e rosa dunque si abbinano per questo; in più l'azzurro è anche colore nazionale, senza bisogno di citare il tricolore.
Al di là dell'abbandono immediato del tricolore, ci sono state altre trasformazioni dell'emblema che hanno portato alla sua forma definitiva?
Non avevamo vagliato all'inizio altre proposte grafiche, molto distanti da quella finale, quindi le trasformazioni hanno riguardato gli elementi che si possono vedere anche nella versione definitiva. Penso soprattutto alla forma della V: all'inizio, come accennavo, non aveva quest'idea di tridimensionalità, quindi con lo spazio bianco "vuoto" che c'è ora e dà maggiormente quell'impressione. I due tratti della V inizialmente erano attaccati, con giusto un po' di ombra, un po' come il nuovo logo di Netflix; in seguito abbiamo cominciato a ragionare su una tridimensionalità ricavata dagli spazi negativi, dunque con il bianco, passando da un iniziale rosa - in omaggio alla professione di femminismo del nuovo partito di Renzi - a uno sfumato che comunque tenesse il rosa come dominante, mentre le ali si sono modificate via via, acquistando slancio e dinamismo. Poi, come dicevo, si è pensato di aggiungere il pianeta nel momento in cui ci si è dovuti adattare alla dimensione del cerchio: si è trattato, di fatto, dell'ultima correzione. Prima la V era tutta spostata a destra sul nome "Viva", per dare slancio al logo e per sottolineare la parola più importante, mentre nella riduzione in cerchio non era più possibile tenere lì l'elemento grafico, perché si sarebbero dovute ridurre troppo le dimensioni. 
Ammetto che non avevo percepito quel segmento colorato come un pianeta: mi era parso solo un modo per non avere troppo bianco nel simbolo, cosa che negli ultimi anni sembra diventata una vera ossessione...
Pensa che invece a me il bianco di fondo piace, ne lasciamo spesso anche nelle presentazioni dei nostri marchi. In effetti, in questo caso, senza quell'elemento forse il simbolo sarebbe risultato un po' sbilanciato, quindi il pianeta di fatto fa da contrappeso: non disturba e "funziona". In altre applicazioni, invece, non c'è e il logo è ugualmente efficace: prendi ad esempio il sito di Italia Viva: nella testata il logo è riprodotto "in negativo", in bianco su fondo sfumato, senza i limiti del cerchio e senza pianeta, ma si regge senza problemi. Può essere curioso che già il sito si apra con una versione diversa da quella ufficiale: è segno, per noi, della versatilità del logo e pensiamo possa essere abbastanza forte per essere ricordato anche se riprodotto in altre versioni.
Pur in assenza di una commessa e di un brief prima della realizzazione dell'emblema, puoi confermarmi che quello di cui Renzi aveva bisogno era un simbolo di partito e non un contrassegno elettorale?
Diciamo che dalla comunicazione fatta da Renzi su questo nuovo soggetto abbiamo dedotto che cercasse proprio un simbolo, così abbiamo lavorato su un brand trasversale, che potesse parlare un po' a tutti e fosse declinabile ovunque. Certo, è fatto anche per finire sulla scheda elettorale, si spera tra molto tempo (sorride), ma nel frattempo ci sarà stato modo di familiarizzare con l'emblema in molte altre occasioni. 
Te l'ho chiesto perché ho avuto l'impressione che invece, quando realizzaste l'emblema di Scelta civica - Con Monti per l'Italia, vi fosse stato chiesto proprio di realizzare un contrassegno elettorale, non un simbolo di partito...

Diciamo che quella fu una gestazione piuttosto complicata, in cui fin dall'inizio - confermo - dovemmo misurarci con la forma circolare e ci fu chiesto di lavorare anche sul nome. Facemmo le nostre proposte, inizialmente molto libere sul nome e sul marchio; in seguito però ci è stato chiesto di realizzare un simbolo che puntasse verso l'alto, che contenesse il tricolore, il nome della lista e il riferimento ben visibile a Mario Monti, con molto spazio da dedicare al lettering. A quel punto, di margini per la creatività ne rimanevano pochi e proprio l'essere obbligati dall'inizio a rispettare le forme richieste dalla leggere elettorale non ci rese la vita facile.   
Se non sbaglio, la commessa arrivò attraverso Lelio Alfonso, giornalista e con una grande esperienza nella comunicazione a vari livelli.
Sì, esatto: con lui c'è un rapporto straordinario, anche se lui ovviamente doveva poi fare da tramite per le richieste che arrivavano dal vertice di quel gruppo. 
Hai parlato di iniziale libertà anche sul nome: ricordi qualche opzione?
Ricordo che a un certo punto lavorammo su "Futura", nome che ci sembrava adatto, e il logo giocava sull'idea del fast forward, sui due triangoli per far avanzare velocemente una traccia audio o video. Era una soluzione stilizzata e poco ingombrante, all'inizio sembrava piacere ma alla fine fu accantonata e le richieste diventarono piuttosto stringenti. 
L'idea del nastrino tricolore invece era un'idea vostra?
Sì, nel senso che ci era stato chiesto un segno che interpretasse prima una fase di discesa e poi una risalita: noi, sempre con l'impegno grafico di Daniele Guido, dovendo anche citare il tricolore, pensammo di unire le due cose così, in un segno che tra l'altro non doveva essere particolarmente estroso nel tratto.
Anche in quel nastrino, tra l'altro, c'era una sorta di piega. E pensare che anche la "spunta", in fondo, è una discesa e una risalita. E l'evoluzione di Scelta civica, Cittadini per l'Italia, usò proprio una "spunta", sia pure in una casella...
Pensa un po' (sorride). Al di là di questo, posso dire che con Italia Viva non abbiamo mai pensato a un segno che rappresentasse la risalita dopo la discesa, ma a quelle tre idee che ho ricordato prima. Tornando all'emblema per Monti, anche quel segno probabilmente in una prima fase "respirava" di più, del resto in una prima fase si era valutata anche l'ipotesi di non inserire il cognome del Presidente del Consiglio uscente o che avesse dimensioni più ridotte, cosa che poi non è stata. Quell'impresa fu interessante e stimolante per noi, proprio perché si doveva cercare di riassumere nell'emblema il progetto del capo del governo in carica; ho solo il rammarico di non aver avuto più libertà creativa in quell'occasione.
In effetti il compito era reso più complesso anche dal fatto che lo stesso contrassegno alla Camera conteneva il nome di Scelta civica, che allora era solo una lista e non un partito, mentre al Senato quel nome non c'era perché l'emblema di fatto era comune per montiani, Udc e Futuro e libertà, per cui era difficile dire se ci fosse un simbolo più pieno e l'altro più vuoto o uno più completo e l'altro incompleto. Ti aspettavi che durasse così poco? In fondo la partenza non lo lasciava pensare.
Dovrei riportarmi a quell'epoca, anche se le mie capacità predittive sulla politica non sono grandiose, del resto negli ultimi anni molte previsioni sono state disattese nel giro di pochi mesi; ammetto però che allora il progetto mi era parso molto più solido di quello che poi si è rivelato. Non mi aspettavo quell'esito, con una perdita di consenso nel giro di un anno o poco più, un modello che peraltro altre figure avrebbero interpretato in seguito.
Al di là delle esperienze con le forze politiche nazionali, Proforma ha curato spesso le campagne elettorali per candidati a vari livelli, dai Comuni alle Regioni. Non è ovviamente detto che, curando la campagna, vi siate dovuti occupare anche dei simboli legati ai candidati, soprattutto se le liste erano espressione dei partiti. Vi è capitato però qualche caso interessante sul piano simbolico?
Penso soprattutto al caso di Michele Emiliano quando si candidò per la prima volta come sindaco di Bari: fu tra l'altro la nostra prima campagna elettorale, nel 2004 eravamo davvero dei neofiti e lo era anche Emiliano, al suo esordio politico. Allora fummo piuttosto coraggiosi a mettere manifesti 6x3 in vari punti della città: erano per il 90% bianchi, con sopra soltanto quello che sarebbe poi diventato il simbolo della lista civica a sostegno di Emiliano, ma senza il limite del cerchio. Si trattava di una "e" rossa, come se fosse anche qui un nastro, ma senza pieghe; c'erano le sfumature alle estremità perché, interpretando la "e" non tanto come iniziale di Emiliano ma come congiunzione, volevamo dare l'idea che unisse e ricucisse tutte le parti della città, per cui non ne mostravamo né l'inizio né la fine; sotto alla "e" c'era la scritta "Emiliano sindaco.", con il punto, e una piccola onda blu in basso. 
Voleva rappresentare il mare?
Sì, anche se noi la chiamammo "onda Emiliano", soprattutto quando lui in campagna elettorale girava molto nei mercati cittadini - una cosa che allora non era consueta e ora invece fanno quasi tutti - e noi per ogni visita realizzammo un video da diffondere sul sito. Sorrido ora al pensare che quello, per l'uso del rosso e del blu, forse per la forma dell'onda che ricordava la bandiera di Forza Italia, fu accusato di essere un logo berlusconiano o comunque di destra: chissà poi perché...
L'idea della "e" fu ripresa anche nel 2015, quando Emiliano si candidò alla presidenza della regione Puglia tanto alle primarie quanto alle elezioni vere e proprie: in quel caso la lettera - che accompagnò le due campagne di Emiliano, fino alla "lista del presidente" - si ingrandì, divenne più regolare, acquisì un po' di ombra diventando tridimensionale e si sfrangiò a sinistra in un tricolore, forse per ricordare l'esperienza del sindaco (e non a caso il claim era "sindaco di Puglia"). Ammetto che però la grafica, quando la analizzai a prima vista prima del voto, a me ricordò piuttosto un marchio da supermercato, stile Auchan...
Non ci avevo pensato (sorride)... L'onda di Emiliano, tra l'altro, nel 2014 era passata al suo successore, Antonio Decaro, ma in quell'occasione facemmo anche un'altra lista che come simbolo aveva un hashtag, che allora andava molto di moda, persino con vari eccessi: durante la campagna elettorale ne usammo diversi, anche ironici, proprio per prendere in giro questa mania. Al momento di elaborare un segno visivo per la campagna e anche per la lista Decaro sindaco, trasformammo il "cancelletto" in una sorta di mappa della metropolitana, con i colori delle linee della metro di Bari e finte stazioni ricavate qua e là.  
Non esiste la ricetta per fare un buon simbolo, possibilmente duraturo; c'è però il modo di evitare che sia un flop?
La mia idea è che, più che una ricetta sul piano del design, sia necessario seguire una ricetta di coerenza, che è un po' quello che si chiede alla politica: un simbolo perde forza quando chi lo utilizza perde credibilità. Più un simbolo è coerente con la persona che deve interpretare e, viceversa, più la persona da interpretare riesce a essere credibile e coerente con gli obiettivi che si è prefissata, più quel simbolo dura. Nessuno si sarebbe sognato o si sognerebbe di dare giudizi grafici sulla falce e martello, sullo scudo crociato o anche sulla bandierina di Forza Italia: magari c'è un simbolo che al primo sguardo fa sorridere, ma se sa interpretare il sentire di una parte di elettori per un tempo lungo diventa vincente a prescindere dalla resa grafica dei suoi elementi.
In un'epoca in cui i valori nei partiti sono sempre meno e ormai i simboli politici sono sostituiti dai loghi e dai marchi (come voi stessi li chiamate, il che è significativo), il compito di chi deve disegnarli è più facile o più difficile?
Diciamo che realizzarli è più facile, farli durare e far affezionare le persone è molto più difficile, per un fatto di frammentazione politica, ma soprattutto dei messaggi. Oggi non so a quanti messaggi visivi sono sottoposto in una giornata media, probabilmente mille volte in più rispetto a quelli che riceveva mio padre quarant'anni fa: qualunque progetto di comunicazione oggi ha un grado di obsolescenza molto più elevato. 
Dunque creare per un partito è un lavoraccio? E ne vale la pena?
Vale la pena perché è necessario; il fatto che magari un simbolo muoia dopo pochi mesi lascia l'amaro in bocca ma il lavoro mi piace molto perché amo riuscire a fare sintesi, a patto che rispetti la verità e il valore delle cose, se banalizza non mi interessa. Tutto ciò che riesce a fare sintesi per chi fa comunicazione è sempre divertente ed entusiasmante.
Questione anche di fortuna?
A volte sì, come pure di abilità di chi utilizza il frutto di ciò che fai. 

Grazie a Giovanni Sasso, oltre che per la disponibilità all'intervista, per aver fornito le immagini di lavorazione di Italia Viva (le due relative all'immagine coordinata provengono dal sito di Proforma). Grazie anche a Lelio Alfonso per aver autorizzato la pubblicazione del simbolo intermedio della Futura Scelta civica.

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