sabato 11 gennaio 2025

M5S, alle origini del primo simbolo, tra idee, visioni e soluzioni grafiche: intervista a Maurizio Benzi (Casaleggio Associati)

Nelle scorse settimane si è parlato molto del dibattito interno al MoVimento 5 Stelle, legato soprattutto alla modifica dello statuto e alla ripetizione del voto chiesta da Beppe Grillo. Dopo che la nuova consultazione ha visto di fatto una conferma degli esiti del primo voto, per giorni si è parlato della possibilità che Grillo si opponesse - direttamente o tramite l'associazione fondata nel 2012 e presieduta da lui  - all'uso di quella grafica da parte dell'associazione M5S del 2017 presieduta da Giuseppe Conte: si è discusso di depositi (e rigetti) di domande di marchio, di associazioni e di un'emersa scrittura privata in base alla quale lo stesso Grillo sarebbe stato sollevato da responsabilità legate a eventuali contenziosi sul M5S in cambio della rinuncia a contestare al MoVimento del 2017 l'uso del nome e del simbolo
Mentre si scrive non risulta - al netto di errori o di azioni intraprese e non rese note - che Grillo o l'associazione M5S di cui è presidente abbiano deciso di rivendicare il nome e il simbolo originari e di contestarne la titolarità e l'uso al MoVimento guidato da Conte. Che questo accada o no, sembra opportuno cogliere l'occasione di capire meglio come nacque quel simbolo approdato nei consigli regionali di Piemonte ed Emilia-Romagna nel 2010 e in Parlamento nel 2013. Se già all'inizio del 2007 sul sito BeppeGrillo.it si era parlato di "Comuni a 5 stelle" identificando le stelle in altrettanti valori (energia, connettività, acqua, raccolta rifiuti, servizi sociali, in seguito riconfigurati in "acqua, ambiente, trasporti, energia, sviluppo", sostituendo poi l'energia con la connettività), solo alla fine del 2008 comparve - sullo stesso sito - il primo simbolo pensato per contraddistinguere ogni Lista CiVica a 5 Stelle e che sarebbe stato la base per i successivi emblemi del M5S, operante dal 2009. 
A dare forma al primo emblema nel 2008, traducendo in grafica le indicazioni di Gianroberto Casaleggio, è stato Maurizio Benzi: oggi lui è Head of Digital Strategy Consulting della Casaleggio Associati (di cui ora è CEO e partner Davide Casaleggio), ma tra il 2008 e il 2009 si occupava di diverse attività all'interno della società, tra cui alcuni aspetti del Blog di Beppe Grillo (in passato è stato indicato come creatore del primo Meetup "Grilli Milano", il 10 giugno 2005). Finora, che si sappia, la sola fonte diffusa in cui Benzi era indicato come autore del primo fregio "a 5 Stelle" era il libro Supernova di Nicola Biondo e Stefano Canestrari, pubblicato da Ponte alle Grazie nel 2018; contattato da questo sito, Benzi ha confermato di avere creato il simbolo sulla base delle indicazioni fornite da Casaleggio senior e ha accettato di rispondere via e-mail ad alcune domande sulla sua genesi. 
Ecco dunque le domande formulate e le risposte fornite da Benzi (che ringrazio per la disponibilità dimostrata e per avere mostrato per la prima volta alcune delle immagini alla base dello studio del simbolo della Lista CiVica a 5 Stelle). Le risposte e le immagini, a dispetto del tempo trascorso, sono utili per ricostruire meglio la storia grafico-politica del simbolo del M5S e anche per valutare l'opportunità di utilizzarlo ancora.

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L'origine del MoVimento va ricercata nelle cosiddette "Liste CiViche a 5 Stelle", annunciate sul sito Beppegrillo.it il 3 dicembre 2008, con tanto di simbolo associato: lo stesso simbolo depositato come marchio europeo il 14 novembre 2008. 
Mesi prima, alle amministrative di quell'anno, erano apparse alcune liste denominate "Amici di Beppe Grillo", ognuna con contrassegno diverso. Benzi, in base ai suoi ricordi, quale periodo si è iniziato a capire che sarebbe stato opportuno un simbolo di riferimento, in un primo tempo modificabile e adattabile e poi uguale per tutti?
È passato molto tempo e non sono disponibili molti archivi digitali che all'epoca venivano utilizzati. In generale penso sia utile precisare che Gianroberto Casaleggio aveva una visione di lungo periodo, ma sceglieva di procedere nel breve in funzione dei riscontri e dei risultati raggiunti, oltre che naturalmente del confronto con Beppe Grillo. Dunque era partito dall'idea di un simbolo delle Liste CiViche, utilizzabile e personalizzabile dal basso; nei mesi successivi ha deciso che sarebbe stato più efficace un simbolo univoco, maggiormente riconoscibile e utilizzabile in diversi contesti. Il periodo, per questo secondo passaggio, è sicuramente il 2009, ma non saprei essere più preciso. 

Immagini fornite da Maurizio Benzi, mostrate per la prima volta
Lei stesso ha parlato di indicazioni di Gianroberto Casaleggio per la preparazione del simbolo (e il figlio ricordava che il logo fu "disegnato sulla scrivania di mio padre"): ricorda queste indicazioni? Si trattò di un simbolo "buona la prima" o ci furono aggiustamenti progressivi, con varie versioni? 
È andata così. Premetto che ho seguito la creazione solo del primo simbolo "Liste CiViche". Partendo da un brief di Gianroberto, ho realizzato 3 versioni di base, ognuna con diverse varianti. Complessivamente ne erano state presentate almeno 10 differenti versioni, con variazioni nei font, posizionamenti e uso dei colori. Gianroberto era sempre molto esigente da questo punto di vista e, una volta scelta la versione su cui era maggiormente convinto, è entrato nel merito per chiedere ulteriori modifiche di dettaglio. Riguardo alle differenti versioni, ad accomunarle erano gli elementi di base richiesti come la "V" e le stelle in diverse forme. 

La "V carattere di fantasia" ispirata a V for Vendetta e già usata per il V-Day - non so se ha creato sempre lei quelle grafiche - com'è nata? 
L'ispirazione era dal film uscito in quegli anni, che era vicino ad alcuni concetti alla base del Blog di Beppe Grillo. Possiamo considerare il simbolo come un'espressione visiva di temi "underground" importanti per i cittadini, ma totalmente ignorati dai media mainstream. Fino al giorno dopo il primo V-Day i media nazionali non avevano mai dato alcuno spazio al blog, ai suoi contenuti, le "battaglie" e le migliaia di commenti che ogni giorno gli utenti scrivevano. L'idea di essere diversi e di uscire dagli schemi, anche per il simbolo, era alla base del pensiero di Casaleggio e Grillo. Gianroberto era uno studioso e analizzava scrupolosamente tutto quello che riteneva di valore: Questo significava ad esempio fare benchmark dell'esistente e individuare best practices. Tuttavia l'idea che mi sono fatto è che per il simbolo, come per molti altri aspetti, per lui era meglio partire da qualcosa di completamente diverso, piuttosto che da quello che non aveva nulla di valore per lui (i partiti dell'epoca). 

La scelta della forma delle stelle è stata casuale o rispondeva a qualche logica particolare?
La scelta delle stelle è stata fatta da Gianroberto, rispetto alle differenti proposte che citavo prima, secondo la versione che meglio rappresentava l'idea che aveva in mente. Dal punto di vista simbolico, ricordavano invece 5 punti cardine su cui si ritrovava la comunità che dal blog si indirizzava verso la politica.

È vero che il sito Beppegrillo.it (e in seguito gli altri indirizzi che l'hanno sostituito) era stato disposto ad arco per ricordare un sorriso? 
Devo dire che questo è un aspetto che non mi risulta.

Le varie versioni del simbolo a livello locale create nel 2009 (sono state molte: mi pare che solo a Reggio Emilia sia stato utilizzato il marchio ufficiale "liscio", senza ritocchi) erano elaborate in autonomia o ricevevano una sorta di "visto" o di assistenza a livello centrale?
È qualcosa che non ho mai seguito, ma ricordo che all'inizio c'era un'ampia libertà con una centralizzazione minima. Poi, vista la quantità di liste e di variazioni di ogni tipo, si è scelto di dare delle regole di utilizzo e una validazione, per evitare usi impropri. 

Il successivo simbolo del MoVimento risulta depositato il 30 settembre 2009, pochi giorni prima della nascita del M5S a Milano. Il ritocco in quella fase fu minimo ("MoVimento" al posto di "Lista CiVica" e un piccolo riequilibrio degli elementi nel cerchio): era l'unica soluzione considerata o si erano immaginati mutamenti più profondi?
Non ne sono al corrente, perché non me ne occupavo. L'idea di un cambiamento costante era comunque qualcosa alla base e c'era grande vivacità. Dunque non escludo che si fossero pensate anche altre strade.

Secondo le regole dei marchi, quello del MoVimento 5 Stelle è un segno "debole" alla nascita, perché - a parte la V di fantasia - gli altri elementi sono generici e si tutelerebbe solo la loro combinazione: più generica della parola "Movimento" in politica è solo la parola "Partito" e non può essere rivendicata da nessuno; le stelle sono "segni di uso comune" e 5 indicano un particolare livello di qualità. Di fatto però quel simbolo, nella sua parte sostanziale, si è conservato fino ad ora e fin dal 2013 ha ricevuto tutela contro chi voleva imitarlo. Secondo lei, come si è potuto rafforzare via via quel segno?
Su questo tema non ho un parere specifico.

Oltre 15 anni dopo, secondo lei, il simbolo conserva la sua forza o sarebbe utile/opportuno qualche cambiamento più o meno incisivo?
Dal mio punto di vista il simbolo rappresenta qualcosa che non esiste più. Il M5S oggi è un partito completamente diverso dal movimento nato dal blog di Grillo e dalle Liste CiViche. Trovo sbagliato e fuorviante continuare ad usare lo stesso simbolo (e lo stesso nome), quando sono radicalmente cambiati le idee, i valori e le pratiche che ne erano alla base. 

martedì 31 dicembre 2024

Il 2024 finisce, la gratitudine no!

Si chiude dunque anche il 2024, anno elettorale di tutt'altro che infima categoria, innanzitutto grazie allo svolgimento delle elezioni europee: si è seguito ovviamente - per la terza volta consecutiva, la quinta considerando anche le elezioni politiche - il deposito dei simboli al Viminale, come pure i passaggi che l'hanno preceduto (pensando soprattutto al simbolo superaffollato di Libertà legato a Cateno De Luca - da record anche per la descrizione - e al contenzioso relativo all'uso dell'espressione "Stati Uniti d'Europa"). Non si sono però trascurate tutte le questioni legate alla presentazione delle liste, in particolare alla raccolta delle firme e all'esonero dalla stessa, soprattutto dopo l'emersione dell'emendamento "strozzaesenzioni" di Fdi, alleggerito e poi approvato dal Parlamento, ma significativamente depotenziato dall'Ufficio elettorale nazionale per il Parlamento europeo (sia pure una tantum e in modo non del tutto piano, pur se inquadrabile come "giustizia sostanziale"), senza dimenticare la questione legata all'espressione della preferenza con il solo nome ("scrivete Giorgia") che ha tenuto banco per giorni.
Quest'anno, però, è stato elettoralmente rilevante non solo grazie anche al turno più consistente delle elezioni amministrative, che peraltro hanno visto il rinnovo di pochi comuni di reale peso (soprattutto Cagliari, Bari e Firenze). Non si può certo infatti trascurare che quest'anno si sono svolte importanti elezioni regionali: se le prime hanno riguardato la Sardegna, il voto ha poi interessato anche l'Abruzzo, la Basilicata, il Piemonte e, in autunno, la Liguria, l'Emilia-Romagna e l'Umbria. Non è mancato, infine, il tradizionale viaggio nei comuni "sotto i mille" proposto da Massimo Bosso, articolato in due puntate (Nord e Centro-Sud). 
Prescindendo dalle elezioni, è stato utile soffermarsi tra l'altro su questioni relative al MoVimento 5 Stelle (prima per l'invalidazione tardivissima dei regolamenti del "vecchio" MoVimento, poi per le questioni relative all'uso del simbolo nell'ambito della trasformazione subita dal M5S negli ultimi mesi dell'anno) e a Fratelli d'Italia (sull'annoso tema della fiamma da conservare o eliminare). 
Concluso nelle prime settimane del 2024 il podcast Scudo (in)crociato sulle vicende che hanno connotato e seguito la fine politica (non giuridica) della Democrazia cristiana, un altro progetto ha interessato chi scrive: la curatela (con tanto di prefazione) del libro La chiameremo Operazione Botticelli. Silvio Berlusconi e la nascita di Forza Italia, per rendere di nuovo disponibile il libro-testimonianza di Ezio Cartotto (grazie all'autopubblicazione e alla disponibilità della figlia Elena Cartotto, autrice della postfazione) nel trentennale della nascita del partito fondato da Berlusconi.
Di certo questo progetto, insieme al lavoro di ogni giorno, ha sottratto molto tempo all'aggiornamento di queste pagine. Mi scuso, per questo, con chi ha fornito spunti, indicazioni e materiali senza vederli tradotti in articoli a tempo debito, come pure con chi è passato da questo spazio - una o più volte - senza trovare aggiornamenti, credendo che tutto fosse stato abbandonato. Così non è, ma la speranza di recuperare le puntate perse non viene meno, così come di riprendere una gestione più ordinata e costante. Nel frattempo, però, il rito dei ringraziamenti continua, perché senza gratitudine quasi nulla di questi contenuti sarebbe stata, sarebbe e sarà possibile: grazie a chi passa di qui, propone, suggerisce, corregge. E a chi non perde l'idea di farlo.
 
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Grazie a Martino Abbracciavento, Paolo Abete, Ignazio Abrignani, Leonardo Accardi, Giovanni Acquarulo, Mario Adinolfi, Stefano Aggravi, Guglielmo Agolino, Tiziana Aicardi, Luca Al Sabbagh, Tiziana Albasi, Mauro Alboresi, Alberto Alessi, Francesca Alibrandi, Alfonso Alfano, David Allegranti, Angela Allegria, Antonio Amico, Marzia Amico, Antonio Angeli, Daniele Arghittu, Massimo Arlechino, Leoluca Armigero, Nicola Aronne, Antonio Atte, Luigi Augussori, Mauro Aurigi, Imma Baccelliere, Luca Bagatin, Olivrer Balch, Cristina Baldassini, Laura Banti, Marcello Baraghini, Daniele Barale, Lucio Barani, Amedeo Barbagallo, Paolo Barbi, Mario Bargi, Enzo Barnabà, Giovanni Barranco, Alessandro M. Baroni, Chiara Maria Bascapè, Maruzza Battaglia, Americo Bazzoffia, Giovanni Bellanti, Fabio Belli, Pierpaolo Bellucci, Marco Beltrandi, Francesco Benaglia, Giulia Benaglia, Valentina Bendicenti, Matteo Benetton, Pierangelo Berlinguer, Roberto Bernardelli, Rita Bernardini, Luca Bertazzoni, Enrico Bertelli, Giuseppe Berto, Niccolò Bertorelle, Alberto Bevilacqua, Diego "Zoro" Bianchi, Leonardo Bianchi, Giuliano Bianucci, Laura Bignami, Davide Bionaz, Raffaella Bisceglia, Mauro Biuzzi, Luca Bizzarri, Fabio Blasigh, Paolo Bonacchi, Enzo Bonaiuto, Ettore Bonalberti, Paola Bonesu, Andrea Boni, Mauro Bondì, Fabio Bordignon, Salvatore Borghese, Michele Borghi, Lorenzo Borré, Renzo Bortolot, Massimo Bosso, Francesco Bragagni, Carlo Branzaglia, Antonio Bravetti, Giancarlo Brioschi, Franco Bruno, Andrea Bucci, Giampiero Buonomo, Antonio Burton Cerrato, Mario Cabeddu, Massimiliano Cacciotti, Giovanni Cadioli, Luca Calcagno, Giuseppe Calderisi, Mauro Caldini, Stefano Caldoro, Stefano Camatarri, Antonio Campaniello, Francesco Campopiano, Elisabetta Campus, Aurelio Candido, Maria Antonietta Cannizzaro, Matteo Cantamessa, Augusto Cantelmi, Roberto Capizzi, Monica Cappelletti, Luca Capriello, Giovanni Capuano, Jacopo Capurri, Giuseppe Carboni, Vito Cardaci, Francesco Cardinali, Mauro Carmagnola, Nicola Carnovale, Damiano Cosimo Cartellino, Elena Cartotto, Francesco Casciano, Elena Caroselli, Robert Carrara, Cosimo Damiano Cartelli, Roberto Casciotta, Michele Casolaro, Pierluigi Castagnetti, Marco Castaldo, Vincenzo Castellano, Luciano Castro, Stefano Ceccanti, Filippo Ceccarelli, Luigi Ceccarini, Mirella Cece, Anna Celeste, Luciano Chiappa, Vincenzo Chiusolo, Angelo Ciardullo, Valentina Cinelli, Mauro Cinquetti, Giuseppe Cirillo, Massimo Cirri, Giulia Civiletti, Roman Henry Clarke, Daniele Coduti, Paolo Colantoni, Luigi Colapietro, Antonia Colasante, Emanuele Colazzo, Manlio Collino, Emiliano Colomasi, Ettore Maria Colombo, Fabrizio Comencini, Daniele Vittorio Comero, Francesco Condorelli Caff, Marco Confalonieri, Nicola Consiglio, Andrea Consonni, Carmelo Conte, Antonio Conti, Pietro Conti, Francesco Corradini, Carlo Correr, Antonio Corvasce, Silvia Costa, Cristina Costantini, Andrea Covotta, Graziano Crepaldi, Vito Crimi, Luca Cristini, Francesco Crocensi, Stefano Croletto, Mattia Crucioli, Natale Cuccurese, Emilio Cugliari, Francesco Cundari, Johnathan Curci, Salvatore Curreri, Francesco Curridori, Domenico Cutrona, Sara D'Agnillo, Francesco D'Agostino, Nicola D'Amelio, Gabriele D'Amico, Michele D'Andrea, Roberto D'Angeli, Dario D'Angelo, Renato D'Emmanuele, Serafino D'Onofrio, Ferdinando D'Uva Cifelli, Alessandro Da Rold, Pierluca Dal Canto, Roberto Dal Pan, Paolo Dallasta, Marco "Makkox" Dambrosio, Lorenzo De Cinque, Fabrizio De Feo, Gianluca De Filio, Filippo De Jorio, Francesco De Leo, Pietro De Leo, Davide Maria De Luca, Stefano De Luca, Pino De Michele, Carlo De Micheli, Antonio De Petro, Mario De Pizzo, Giancarlo De Salvo, Roberto De Santis, Donato De Sena, Franco De Simoni, Mauro Del Bue, David Del Bufalo, Alessandro Del Monaco, Paola Dell'Aira, Maurizio Dell'Unto, Benedetto Della Vedova, Riccardo DeLussu, Matteo Di Cocco, Alfio Di Costa, Dario Di Francesco, Roberto Di Giovan Paolo, Matteo Di Grande, Simone Di Gregorio, Alberto Di Majo, Luca Di Majo, Alfio Di Marco, Marco Di Nunzio, Simone Di Stefano, Alessandro Di Tizio, Antonino Di Trapani, Giovanni Diamanti, Ilvo Diamanti,  Antonino Distefano, Raffaele Dobellini, Federico Dolce, Alessandro Duce, Filippo Duretto, Daniele Errera, Sabatino Esposito, Tullia Fabiani, Andrea Fabozzi, Filippo Facci, Leonardo Facco, Piercamillo Falasca, Giuseppe Alberto Falci, Alessio Falconio, Arturo Famiglietti, Annalisa Fantilli, Marco Fars, Luigi Fasce, Gianni Fava, Giovanni Favia, Francesca Federici, Stefano Feltri, Paolo Ferrara, Michele Ferrari, Jacopo Maria Ferri, Emilia Ferrò, Antonio Fierro, Giulia Fioravanti, Roberto Fiore, Daniele FIori, Francesca Fiorletta, Luciano Fissore, Antonio Floridia, Antonio Folchetti, Gianni Fontana, Cinzia Forgione, Gianluca Forieri, Ciro Formicola, Riccardo Forni, Sara Franchino, Gabriella Frezet, Iztok Furlanič, Massimo Galdi, Vincenzo Galizia, Vincino Gallo, Elisa Gambardella, Alessandro Gamberi, Riccardo Gandini, Federico Gandolfi, Uberto Gandolfi, Luciano Garatti, Carlo Gariglio, Paolo Garofalo, Francesco Gasbarri, Francesco Gasbarro, Marcello Gelardini, Chiara Geloni, Alessandro Genovesi, Tommaso Gentili, Luciano Ghelfi, Mattia Giacometti, Alessio "Pinuccio" Giannone, Alessandro Gigliotti, Marco Giordani, Michele Giovine, Andrea Gisoldi, Carlo Gustavo Giuliana, Tommaso Michea Giuntella, Adriano Gizzi, Bruno Goi, Federico Gonzato, Renato Grassi, Roberto Gremmo, Lorenzo Grossi, Antonio Guidetti, Massimo Gusso, Giovanni Guzzetta, Vincenzo Iacovino, Vincenzo Iacovissi, Emanuele Iacusso, Orlando Iannotti, Antonino Ingrosso, Mauro Incerti, Paolo Inno, Matteo Iotti, Tobias Jones, Roberto Jonghi Lavarini, Luca Josi, Tommaso Labate, Piero Lamberti, Orione Lambri, Giacomo Landolfi, Piero Lanera, Calogero Laneri, Alessandro Lanni, Lisa Lanzone, Angelo Larussa, Michele Lembo, Marco Lensi, Davide Leo, Pellegrino Leo, Raffaella Leonardi, Luca Leone, Ferdinando Leonzio, Raffaele Lisi, Giovanni Litt, Antonio Marzio Liuzzi, Maria Rosaria Lo Muzio, Valentina Lo Valvo, Max Loda, Pippo LombardoDario Lucano, Andrea Lucatello, Nino Luciani, Maurizio Lupi (il Verde-Verde), Bruno Luverà, Chiara Macina, Angela Maenza, Cesare Maffi (chiunque sia), Paolo Maggioni, Mimmo Magistro, Paolo Oronzo Magli, Francesco Magnani, Alex Magni, Francesco Magni, Bruno Magno, Marco E. Malaguti, Lucio Malan, Francesco Maltoni, Marcello Mamini, Enzo Mancini, Pietro Manduca, Renato Mannheimer, Silvja Manzi, Andrea Maori, Gian Paolo Mara, Enzo Maraio, Roberto Marchi, Federico Marenco, Gherardo Marenghi, Marco Margrita, Luca Mariani, Giulia Marrazzo, Marco Marsili, Carlo Marsilli, Leonardo Martinelli, Dario Martini, Antonio Massoni, Riccardo Mastrolillo, Mataran (tutta la banda), Angela Mauro, Angelo Mauro, Federico Mauro, Andrea Mazziotti Di Celso, Paola Meinardi, Angelo Orlando Meloni, Elisa Meloni, Marcello Menni, Stefano Mentana, Giovanni Merante, Filippo Merli, Giorgio Merlo, Amalia Micali, Vincenzo Miggiano, Luca Misculin, Antonio Modaffari, Marco Monni, Marco Montecchi, Rosanna Montecchi, Nicolò Monti, Roberto Morandi, Raffaello Morelli, Matteo Moretto, Fabio Morgano, Francesco Morganti, Mara Morini, Francesco Mortellaro, Claretta Muci, Martina Mugnaini, Paolo Mulas, Pietro Murgia, Paola Murru, Alessandro Murtas, Tomaso Murzi, Antonio Murzio, Cristiana Muscardini, Alessandro Mustillo, Paolo Naccarato, Giorgio Nadalini, Francesco Napoli, Donato Natuzzi, Ippolito Negri, Claudio Negrini, Fabio Massimo Nicosia, Davide Nitrosi, Gianluca Noccetti, Edoardo Novelli, Marzia Novellini, Angelo Novellino, Vincenzo Carmine Noviello, Riccardo Olago, Enrico Olivieri, Matteo Olivieri, Federica Olivo, Oradistelle, Fabrizio Orano, Claudio Ossani, Nino Pace, Laura Pacelli, Mario Pacelli, Gabriele Paci, Alessandro Pacifico, Libera Ester Padova, Andrea Paganella, Roberto Pagano, Giancarlo Pagliarini, Pierluigi Pagliughi, Enea Paladino, Lanfranco Palazzolo, Paolo Palleschi, Carmelo Palma, Giovanni Ciro Palmieri, Enzo Palumbo, Massimiliano Panarari, Tiziana Panella, Max Panero, Filippo Panseca, Giulia Pantaleo, Margherita Paoletti, Federico Paolone, Giovanni Pappalardo, Fabio Pariani, Massimo Parecchini, Dario Parrini, Gustavo Pasquali, Ottavio Pasqualucci, Gianluca Passarelli, Oreste Pastorelli, Alan Patarga, Ivan Pavesi, Lorenzo Pavoncello, Angela Pederiva, Elena Pepponi, Marco Peretti, Stefano Perini, Andrea Perillo, Massimo Percossi, Marco Perduca, Paola Pescarolo, Giacomo Peterlana, Rinaldo Pezzoli, Antonio Piarulli, Elisa Piazza, Tomaso Picchioni, Marco Piccinelli, Daniele Piccinin, Flavia Piccoli Nardelli, Fabrizio Pignalberi, Francesco Pilieci, Gianluca Pini, Marco Pini, Marco Piraino, Stefania Piras, Enrico Pirondini, Piero Pirovano, Andrea Maria Pirro, Irma Liliana Pittau, Candida Pittoritto, Elisa Pizzi, Matteo Pizzonia, Marina Placidi, Vladimiro Poggi, Paolo Poggio, Carlandrea Poli, Elena G. 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In chiusura, un ringraziamento vanche a chi ha creato il simbolo della lista civica Ceva in Comune, base per il simbolo-logo di quest'anno.

giovedì 26 dicembre 2024

"La chiameremo Operazione Botticelli": 30 anni dopo la nascita di Forza Italia, torna la testimonianza di Ezio Cartotto

Il 18 gennaio 1994 nacque ufficialmente in via Santa Maria dell'Anima, davanti al notaio Francesco Colistra, il movimento politico denominato Forza Italia - anzi, "Forza Italia!", come si poteva leggere sull'atto costitutivo - che da lì in avanti avrebbe connotato gran parte della vita politica italiana (fatto salvo il periodo 2008-2013, in cui il partito rimase "in sonno", mentre era attivo il Popolo della libertà), legando indissolubilmente la propria esistenza al nome del suo fondatore, Silvio Berlusconi, anche dopo la morte di colui che, nato imprenditore dai multiformi interessi, nel 1994 si trasformò in uno dei politici più votati e discussi della storia repubblicana d'Italia, in grado di calamitare ammirazione incondizionata e odio viscerale, l'attenzione della stampa, degli osservatori e della magistratura.
Su Berlusconi si è scritto di tutto e pressoché il suo contrario, potendosi riempire diversi ripiani di biblioteca con i libri, gli articoli, i dossier, i documentari, i film e ogni altro materiale autoriale che si sia occupato di uno o più aspetti di quella "vita troppo", come l'ha definita Filippo Ceccarelli nel suo ultimo libro-menhir uscito quest'anno per Feltrinelli (intitolato appunto B. Una vita troppo e presentato con l'autore, insieme al menhir politico precedente Invano, sulla pagina Facebook legata a questo sito). Proprio quel libro contiene una ricchissima bibliografia - davvero utile, per chi volesse approfondire - di cui fa parte anche un libro-testimonianza singolare, "Operazione Botticelli". Berlusconi e la terza marcia su Roma, scritto da Ezio Cartotto, che dell'imprenditore poi "disceso in campo" fu collaboratore (e anche amico) per un periodo rilevante, dopo essere stato a lungo al fianco di Giovanni Marcora e di altre figure nella Democrazia cristiana. Un libro che - dopo un'assenza di vari anni e dopo la morte del suo stesso autore - torna disponibile, in autopubblicazione con Amazon, con il nuovo titolo La chiameremo Operazione Botticelli. Silvio Berlusconi e l'origine di Forza Italia (Euro 17,68), curato da Elena Cartotto (la figlia) e da Gabriele Maestri, amministratore di questo sito.

Nella sua posizione di collaboratore di Berlusconi (e di Publitalia '80), Ezio Cartotto assistette - un po' come consulente, un po' (suo malgrado) come osservatore non partecipante - alla nascita di Forza Italia, in un 1993 di piena rivoluzione per la politica italiana, tra inchieste, referendum, riforme elettorali e voti locali dall'esito impensabile fino a poco tempo prima. Per mesi Cartotto lavorò sodo, impegnandosi in attività di formazione, creazione di contatti, tenuta di relazioni, convinto dell'opportunità di concorrere a costruire un Partito-Società, collocabile al centro dello schieramento politico e sociale, in grado di contendere la vittoria ai partiti di sinistra risparmiati dal ciclone del 1992-1993 e che Achille Occhetto aveva federato nella "gioiosa macchina da guerra" dei Progressisti. Vide che invece si era imboccata sempre di più la via del Partito-Azienda, basato su altri valori e altri metodi; soprattutto, si trovò escluso da ogni ruolo riconosciuto e riconoscibile in quel passaggio politico, in cui peraltro ormai faticava decisamente a riconoscersi. 
Proprio da quei fatti, collocabili tra il 1993 e il 1995, Cartotto trasse il libro "Operazione Botticelli", che però avrebbe visto la luce - dopo traversie di ogni tipo - solo nel 2008, pubblicato da Sapere 2000 di Angelo Ruggieri. Nel frattempo, il non ancora autore Cartotto aveva già ottenuto una non ricercata - e piuttosto subita, con danni alla salute e non solo - notorietà presso alcuni uffici giudiziari (quelli che si sono occupati di alcune vicende legate alle attività di Berlusconi) e perfino presso il grande pubblico, dopo che alcune sue testimonianze in sede processuale erano state citate da Marco Travaglio nel libro L'odore dei soldi e nella famosa intervista con Daniele Luttazzi che causò la sospensione del programma Satyricon.
Chi scrive, pur avendo assistito a quella puntata nella notte della sua messa in onda (14 marzo 2001) e pur ricordando il nome di Ezio Cartotto, per anni ha ignorato l'esistenza del libro citato; non sapeva che dovevano essersi ispirati anche a quelle pagine i creatori delle serie televisive 1992, 1993 e 1994, per delineare parte del personaggio (assai più sfrontato) di Leonardo Notte, interpretato da Stefano Accorsi, così come non sapeva che nel 2021 Cartotto era morto, in piena epoca Covid-19. Circa a metà del 2023, poi, dopo aver scoperto la pubblicazione, sorse la curiosità di recuperarne una copia, anche per sapere se il racconto avesse potuto riguardare anche il simbolo di Forza Italia (in modo da avere materiali da valorizzare per il trentennale del partito). La curiosità si fece via via crescente, perché l'opera risultava da tempo non disponibile e meno di dieci biblioteche risultavano possederla (l'unica copia della sua provincia, in più, pur figurando in catalogo si rivelò dispersa). Il solo modo per avere quella copia sarebbe stato ricorrere ai circuiti del libro usato, nei quali in effetti il libro si poteva ancora trovare; quegli esemplari del volume, tuttavia, erano venduti a prezzi piuttosto alti, non di rado superiori - anche di molto - a 50 euro. L'idea della ricerca stava sfumando, quando - l'8 agosto 2023 - su Subito.it non spuntò lo stesso libro venduto a soli 10 euro, inclusa la spedizione: "Finalmente un prezzo umano!", si trovò a pensare chi scrive, chiedendo subito informazioni alla venditrice. Un rapido scambio elettronico di battute fece emergere che a mettere a disposizione praticamente al prezzo di copertina le ultime copie rimaste era la figlia dell'autore, Elena Cartotto. 
Recuperata la copia e compiuta la lettura, restava l'impressione che quella testimonianza - presa per quello che era, cioè il racconto di chi aveva assistito a determinate vicende e alla loro evoluzione, sempre con la sensazione di essere "un clandestino a bordo" - meritasse una circolazione maggiore, magari facendo lo sforzo di calare meglio quella narrazione nelle vicende accadute trent'anni prima, con un corredo di note e riferimenti adeguato e utile. Elena era d'accordo, tanto più che l'editore originario era scomparso e la sua attività era terminata, ma c'era qualche problema pratico e tecnico da risolvere per sperare di dare nuova vita al libro. Il caso - ammesso che esista - sbloccò almeno uno di questi problemi il 4 aprile di quest'anno, facendo riemergere da una cassaforte giocattolo un curioso tesoro: chiavette Usb di vari anni prima, una delle quali conteneva il dattiloscritto del libro uscito nel 2008. Dopo quel ritrovamento, era più facile riproporre il libro: la figlia dell'autore contattò lo studioso di simboli, gli diede la lieta notizia, espose il suo progetto di ripubblicazione attraverso Amazon e, soprattutto, gli propose di curare l'introduzione del libro. Da acquirente fortunoso a prefatore: un passaggio tutt'altro che scontato, per il quale la gratitudine verso Elena Cartotto è profonda.
Da quel momento, l'idea di restituire vita al libro sull'Operazione Botticelli ha preso sempre più corpo. Il testo riproposto è in gran parte identico all’originale: si sono solo apportati alcuni limitati interventi, quando sono parsi opportuni per armonizzare la narrazione o correggere qualche errore involontario commesso in fase di scrittura. Erano però pur sempre passati 16 anni dall'uscita del libro, pubblicato la prima volta una quindicina d'anni dopo i fatti narrati: chi scrive, dunque, ha creduto opportuno dotare i capitoli di varie note (oltre a quelle inserite in origine dall’autore), ogni volta che i riferimenti a fatti accaduti o a notizie riportate rischiavano di non essere più comprensibili; in altri casi si è pensato di inserire citazioni precise di libri o articoli citati, come pure di eventi di cui è disponibile la registrazione (principalmente grazie a ricerche svolte nell'archivio sterminato di Radio Radicale). Completano il prodotto editoriale - il libro insomma - la prefazione dello scrivente, che cerca di dare a chi legge (si tratti di una persona curiosa o di un appartenente alla schiera dei #drogatidipolitica) gli elementi essenziali per inquadrare meglio le vicende narrate e il ruolo del narratore (in grado di tenere insieme, tra le sue passioni, la Rivoluzione francese e Paperino), e la postfazione di Elena Cartotto, che fornisce un punto di vista indubbiamente personale sulla figura del padre e sul suo operato.
La chiameremo Operazione Botticelli non è un libro su Silvio Berlusconi (che pure è citato quasi in ogni pagina), ma il contenitore di un punto di vista unico sulla genesi di un partito – Forza Italia – fondato trent’anni fa e che oggettivamente ha mutato nel profondo lo scenario politico italiano, sia per chi ne ha condiviso le posizioni (per poco tempo o per tutto il percorso), sia per chi considera quell’esperienza in modo del tutto negativo. Ogni lettrice, ogni lettore potrà fare ciò che riterrà opportuno del racconto del "clandestino a bordo", tranne che ignorarlo, nel tentativo di ricostruire quegli anni nel modo più completo possibile. 

martedì 3 dicembre 2024

Ancora sul M5S, tra scritture private sul simbolo e "Figli delle Stelle"

Dopodomani si riaprirà il voto sui quesiti posti alle iscritte e agli iscritti al MoVimento 5 Stelle, dopo che Beppe Grillo, esercitando il suo potere da garante, ha chiesto di ripetere l'assemblea e la consultazione. Si guarderà con attenzione all'esito del voto sui quesiti che propongono di modificare lo statuto (specie quelli relativi all'eventualità di sopprimere il ruolo del garante o di ridimensionarne molto i poteri), ma prima ancora si guarderà alla percentuale dei votanti, visto che - sempre in base allo statuto - quando il garante chiede di ripetere il voto occorre che partecipi alla consultazione almeno la maggioranza assoluta degli aventi diritto (senza poter escludere nuove polemiche sull'ampiezza di quella platea elettorale). 
La sera dell'8 dicembre si apprenderà se saranno prevalse le posizioni del presidente Giuseppe Conte o quelle di Grillo. Proprio lui oggi ha conquistato l'attenzione dei media per il suo discorso a bordo di un carro funebre, annunciato per le 11 e 03 (orario che rievocava l'11 marzo 2022, data di entrata in vigore dello statuto vigente) : ha sostenuto che i "grandi valori del MoVimento 5 Stelle [...] sono scomparsi in questi tre anni", anzi, sarebbero stati "traditi" ("siete diventati un partito che segue un "[mago di] Oz" - cioè Conte - un partito di gente che non riconosco più"), precisando che le sue proposte di progetto non avrebbero mai ricevuto risposte da Conte, che non si sarebbe fatto "mai trovare"; ha voluto correlare la proposta di eliminare il garante con la modifica al limite dei due mandati ("Io scompaio proprio in funzione dei due mandati; [...] 20 domande per coprirne tre", cioè quella sul garante, quella sui due mandati e la situazione del presidente); ha manifestato il suo disagio nel "vedere questo MoVimento, questo simbolo che ha rappresentato sudore, cuore, coraggio per milioni di persone, rappresentato da queste persone". Ha invitato di nuovo i vertici del M5S ad abbandonare le insegne di una storia in cui non potrebbero più identificarsi ("Coraggio: fatevi un altro simbolo, andate avanti e fate le vostre cose. Il MoVimento è morto, stramorto, però è compostabile: l'humus che c'è dentro non è morto"), per poi concludere: "Questo MoVimento avrà un altro decorso meraviglioso, che ci siate voi o no".  
Quale sia il decorso di cui parla Grillo non è dato sapere. E se il riferimento al simbolo da cambiare potrebbe far pensare di nuovo alla possibilità che il fondatore (con Gianroberto Casaleggio) della "non associazione" M5S nel 2009 e (con il nipote Enrico e il commercialista Enrico Maria Nadasi) dell'associazione M5S nel 2012 revochi l'uso del simbolo a suo tempo da lui registrato come marchio, da alcuni giorni quello scenario sembra diventato meno attuale dopo che Adnkronos - con un articolo di nuovo a firma di Antonio Atte - il 29 novembre ha svelato parte del contenuto di una scrittura privata intercorsa proprio tra "Giuseppe Piero Grillo" e l'associazione MoVimento 5 Stelle fondata nel 2017 e attualmente guidata da Giuseppe Conte. Che quel documento esistesse era già stato anticipato, oltre che da Conte, da Alfonso Colucci, notaio e deputato del MoVimento - lo si è già ricordato nell'articolo di pochi giorni fa - ma solo ora si può ragionare su parte del contenuto; occorre premettere che il documento integrale non è stato reso disponibile, quindi si riflette unicamente su quanto è stato diffuso dall'agenzia.
In mancanza di una data visibile (il testo dell'agenzia precisa che era coperta da omissis), si può comunque intuire che la scrittura privata risale al 2021, visto che vi si parla della sede nazionale in via Campo Marzio, che risulta tale a partire dallo statuto approvato appunto nel 2021. Oggetto dell'accordo sarebbe, a quanto si apprende, la cosiddetta "manleva", cioè l'impegno del M5S a esonerare Beppe Grillo da ogni responsabilità patrimoniale in caso di azioni giudiziarie relative all'attività del MoVimento stesso; a quell'impegno, tuttavia, sarebbero corrisposte varie contropartite. Tra queste, il lancio di agenzia citava l'impegno dello stesso Grillo "a non formulare in proprio e quale legale rappresentante" tanto del M5S-1 (la "non associazione" del 2009) quanto del M5S-2 (l'associazione del 2012) "alcuna contestazione" verso il M5S-3 (fondato nel 2017 da Davide Casaleggio e Luigi Di Maio, poi sostituito come capo politico da Vito Crimi e - col diverso ruolo di presidente - da Giuseppe Conte) "con riguardo all'utilizzo del nome Movimento 5 Stelle e/o del simbolo": in particolare, non si sarebbe dovuto contestare né il simbolo registrato dal M5S-3 come marchio (quello con il sito Ilblogdellestelle.it), né il simbolo "come finora modificato e in futuro modificabile, in tutto o in parte", inclusa dunque la versione attuale col riferimento al 2050, inclusa anch'essa nello statuto. 
Tra gli impegni presi da Grillo rientrerebbe anche una sorta di "divieto di concorrenza": il fondatore del M5S, in particolare, non dovrebbe "prestare collaborazione funzionale e/o strutturale ad altre associazioni che hanno quale finalità quella di svolgere attività in contrapposizione e/o concorrenziale" col M5S. Nel commentare questa disposizione, Antonio Atte nota che "qualora dovesse verificarsi una scissione o dovesse nascere una nuova forza politica filo-grillina antitetica al Movimento di Conte, Beppe Grillo non potrebbe lavorare con o per questa nuova formazione"; in effetti, è probabile che l'impegno sia anche più gravoso, nel senso che Grillo in teoria non potrebbe prestare - ammesso che voglia davvero farlo - la sua collaborazione con alcun partito, visto che ogni altra forza politica di fatto si porrebbe in concorrenza, se non addirittura in contrapposizione col M5S-3. 
Sempre nella scrittura privata si leggerebbe che l'accordo lì contenuto "è senza termine di durata", essendone prevista la risoluzione (dunque il venir meno) "solo con lo scioglimento dell'Associazione Movimento 5 Stelle" e in quel caso Grillo potrebbe beneficiare dell'esonero dalla responsabilità solo per "i contenziosi radicati entro 5 anni decorrenti dalla data di scioglimento" del M5S-3 (ma lo stesso documento fa salvi gli effetti "della manleva 2018", con riferimento al precedente accordo con cui, alla vigilia delle elezioni politiche del 2018, era stata concessa un'analoga copertura legale).
Secondo chi ha commentato per primo il contenuto della scrittura privata divulgato da Adnkronos, quell'accordo renderebbe impossibile qualunque azione di Beppe Grillo legata al simbolo, di cui pure l'associazione da lui presieduta (quella del 2012) è titolare. Sicuramente contestazioni "simboliche" sono scoraggiate, ma non è affatto detto che siano escluse. Non è dato sapere se l'accordo contenuto nella scrittura privata preveda anche delle penali nell'eventualità in cui una delle parti venga meno al patto; qualora non ci fossero penali, tuttavia, resterebbe aperta per Grillo la possibilità di rinunciare al proprio vantaggio (la manleva) per poter riacquisire la facoltà di revocare al M5S-3 l'uso del simbolo concesso all'atto della sua fondazione e, dunque, di contestare l'uso dei simboli attuali. 
Questa scelta, ovviamente, potrebbe generare contenziosi e, in ogni caso, potrebbe non essere risolutiva in sede elettorale, visto che - come si è ricordato pochi giorni fa - le norme in vigore da decenni tutelano con priorità le forze politiche presenti in Parlamento, incluso il M5S. In sede civile, tuttavia, un'eventuale decisione di un giudice che - anche solo in via cautelare - inibisse l'uso del nome e del simbolo al M5S-3 potrebbe avere effetti assai rilevanti, potenzialmente simili a quelli dell'ordinanza del tribunale di Napoli che, all'inizio del 2022, sospese cautelarmente le modifiche statutarie e dell'elezione di Giuseppe Conte alla presidenza, di fatto paralizzando temporaneamente il MoVimento; ciò, naturalmente, ammesso che un giudice sia disposto a ritenere corrette le ragioni alla base delle eventuali pretese di Grillo.
Certo, alla base resta sempre il problema non secondario della registrazione di un simbolo come marchio, di per sé poco compatibile con il mondo dei partiti e con quello delle elezioni: "La tendenza a registrare i simboli dei partiti come marchi è contrastata a livello giurisprudenziale, dove si ritiene che il diritto di proprietà individuale sul marchio non può sacrificare integralmente il diritto al suo da parte di un soggetto collettivo come un partito politico", ha dichiarato il costituzionalista Salvatore Curreri a Emilia Patta del Sole 24 Ore, in un articolo pubblicato oggi. Lui cita pure una vecchia ordinanza del tribunale di Palermo - sezione impresa e proprietà industriale (del 4 marzo 2015), emessa con riguardo all'associazione Dim, cioè Democrazia in Movimento e già analizzata a suo tempo su queste pagine: al suo interno si legge che "La specifica funzionalità del marchio, destinato ad individuare un prodotto o una attività commerciale, delimita l’ambito di tutela accordata, che mira proprio ad evitare il rischio di confusione tra i consumatori, sia per assicurare il diritto di esclusiva al suo titolare, sia per salvaguardare la buona fede dei soggetti contraenti. Il segno distintivo, così come il nome del partito politico, pare invece inquadrabile nella disciplina del nome di cui all’art. 7 c.c., quale strumento di individuazione del soggetto, e tutelato quale espressione dell’identità personale del gruppo di individui associati che si riunisce sotto l’ombrello di una determinata idea politica". 
Per Curreri, ciò significa che "il simbolo di un partito appartiene non ad un soggetto ma alla comunità politica che in esso si riconosce e che in tal senso può agire in sua tutela secondo l’art. 7 del codice civile". In teoria questa dovrebbe essere la norma e se ne può condividere lo spirito; non si può però ignorare come tanto il M5S-2 (nel 2013), quanto il M5S-3 (nel 2018) abbiano di fatto partecipato alle elezioni con uno statuto in cui si diceva espressamente che il contrassegno impiegato era stato concesso in uso da un diverso soggetto, che di quell'emblema era "unico titolare". Non si è trattato in effetti dell'unico, né del primo caso di "simbolo in concessione": nel 2006, per dire, lo statuto dell'associazione La Rosa nel Pugno - Laici liberali socialisti radicali conteneva la specificazione in base alla quale il simbolo della rosa nel pugno veniva concesso in uso esclusivo al nuovo soggetto giuridico fino al 2011 dal Partito radicale; dal 2014 fino al 2018, poi, lo statuto di Fratelli d'Italia conteneva il riferimento alla delibera del cda della Fondazione An che aveva concesso l'uso del simbolo di Alleanza nazionale. Certo, un conto è la concessione da parte di un soggetto collettivo, un altro conto è la concessione da parte di una singola persona (Beppe Grillo). Occorre dire che lo statuto originario del M5S-3 non è mai stato sottoposto - che si sappia - alla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e controllo dei rendiconti dei partiti politici: non è quindi dato sapere se il passaggio in cui si parlava espressamente della concessione in uso del simbolo da parte del M5S-2 sarebbe stato oggetto di rilievi (formali o informali) di qualche natura. Il decreto-legge n. 149/2013 (che detta un minimo di regole sulla "democrazia interna" dei partiti) si limita a rilevare - all'art. 3, comma 1 - che il simbolo "costituisce elemento essenziale di riconoscimento del partito politico", che nello statuto dev'essere descritto (potendo "anche essere allegato in forma grafica) e che nome, sigla e simbolo "devono essere chiaramente distinguibili da quelli di qualsiasi altro partito politico esistente", senza che sia esclusa la possibilità di un simbolo "in concessione".
Nel frattempo, attraverso la rete si è diffusa la notizia della nascita (già il 27 novembre scorso) di un'associazione del terzo settore denominata Figli delle Stelle Odv: questa, nata sulla scorta di un documento presentato in vista dell'assemblea M5S, si propone di "rendere onore ai temi e ai principi che ci hanno accomunato e guidato nel corso di questi mesi", al fine di "garantire impegno sociale al servizio dei territori, per sostenere cultura socio-politica e volontariato civico nel solco del pensiero di Gianroberto Casaleggio", promuovendo "la partecipazione alla vita democratica e culturale del Paese in particolare tra i giovani" e garantendo "la sopravvivenza e la diffusione dei valori del vero MoVimento". A costituire l'associazione, guidata da Alessia De Caroli, sono stati soprattutto attiVisti che hanno contestato l'assemblea costituente di novembre (ritenendola poco trasparente) e intendono essere punto di riferimento per chi sente traditi i principi originari del M5S. Per l'occasione il gruppo - che ha precisato di non essere in contatto con Grillo - si è dato un fregio, nel quale emergono evidenti su fondo bianco cinque stelle (di forma e colore diversi rispetto a quelle del simbolo) e una persona con megafono (che ricorda un po' il megafono da cui escono le stelle del sito Ilblogdellestelle.it, un po' l'omino del Fatto Quotidiano). Difficile, molto difficile che - nonostante la forma circolare - quel simbolo sia stato pensato con un occhio alle schede elettorali; più probabile è che serva da aggregatore in vista di futuri sviluppi, all'interno del MoVimento ma magari non solo.

mercoledì 27 novembre 2024

MoVimento 5 Stelle: riflessioni tra statuto in evoluzione, voti da ripetere e dubbi sul simbolo

"L'amore della degenerazione [...] prelud[e] a un capovolgimento. [...] Il capovolgimento, che è fatale, e spesso avviene per una progressione quasi insensibile, produce l’avanguardia, conclusione di un romanticismo che abbia esaurito le sue carte." Non è dato sapere se Beppe Grillo o Giuseppe Conte - e, per estensione, le persone che li seguono - conoscano questa frase del filosofo Elémire Zolla (tanto caro a Filippo Ceccarelli, che lo ha citato spesso); certo è che i concetti di "degenerazione", da una parte, e di "progressione" e "avanguardia", dall'altra sembrano riassumere proprio la visione che il fondatore e (abrogando) garante del MoVimento 5 Stelle e il suo attuale presidente hanno di questo soggetto politico nella condizione attuale.
Se considerazioni teoriche e filosofiche, non interessano a un pubblico particolarmente ampio, magari per l'idea che in fondo abbiano poche ricadute pratiche, potrebbe dirsi lo stesso con riguardo alle dispute giuridiche: discutere di codici, statuti, articoli, commi e via controvertendo, dopo tutto, può sembrare ancora più arido rispetto ai discorsi sulla teoria. In questo caso, però, gli effetti pratici ci sono eccome: il messaggio di posta elettronica certificata con cui Grillo, quale garante ex art. 12 dello statuto del M5S (fondato nel 2017), ha chiesto di ripetere le votazioni sulle modificazioni statutarie effettuate tra il 21 e il 24 novembre scorsi (in base a quanto previsto dall'art. 10, lett. i dello stesso statuto) costituiscono un modo plastico di rappresentare il dissenso sul destino politico e organizzativo di quel soggetto/progetto politico.
Prima ancora che il nuovo voto - previsto tra il 5 e l'8 dicembre prossimi - abbia luogo, peraltro, si sono già fatte strada alcune ipotesi di scenario in caso di nuovo esito favorevole alle modifiche proposte dal gruppo dirigente del M5S e sfavorevoli alla posizione di Beppe Grillo. Inclusa la possibilità che Grillo rivendichi in qualche modo la titolarità del simbolo originario del MoVimento, così da rendere potenzialmente più difficile - ma non necessariamente impossibile - l'uso del fregio politico da parte dell'associazione-partito che ha Giuseppe Conte come presidente e legale rappresentante.
Si tratta di questioni tanto delicate quanto complesse, che meritano di essere analizzate con attenzione, per lo meno nei loro aspetti principali. E la questione del simbolo, certo da non trascurare, dev'essere considerata solo in seconda battuta.
 

Le modifiche allo statuto proposte

Occorre partire, infatti, dalle proposte di modifica dello statuto sottoposte alle iscritte e agli iscritti del MoVimento 5 Stelle nei giorni scorsi e che saranno nuovamente offerte loro a dicembre, vista la richiesta di Beppe Grillo di ripetere le prime votazioni.
In effetti, la consultazione online ha riguardato innanzitutto alcune proposte tematiche, con più domande relative a vari soggetti (Riforma del Sistema sanitario e tutela della persona; Crescita economica inclusiva e lavoro dignitoso; Contrasto all’evasione fiscale ed etica nell’impresa; Politica di pace ed Europa; La centralità della giustizia nella politica del M5S; Transizione ecologica e patrimonio naturale per un'ecologia integrale; Informazione libera e sovvenzioni alla cultura; Riforma della scuola primaria e secondaria; Riforme per un maggior equilibrio territoriale; Università e ricerca scientifica). Si tratta senza dubbio di questioni politicamente rilevanti: la discussione su proposte per decidere la linea di un soggetto politico dovrebbe essere sempre benvenuta. Bisogna ammettere però che l'attenzione dei media (e non solo la loro) si è appuntata soprattutto sui quesiti di natura organizzativa e, in particolare, su quelli riguardanti la "democrazia interna" del MoVimento.
Pure in questa sede, infatti, ci si concentra sui quesiti in grado di modificare lo statuto del M5S, non prima di avere ricordato che, in base all'art. 10, lett. b., punto 6 dello statuto vigente la modifica dello statuto spetta all'assemblea (cui partecipano tutti coloro che sono iscritti da almeno sei mesi, al di fuori di chi è sospeso o escluso dall'associazione), con votazioni indette con un preavviso di almeno 8 giorni; a differenza degli altri quesiti, di natura organizzativa, per le proposte di modifica dello statuto è l'art. 10, lett. e a precisare che il voto è valido in prima istanza purché partecipi almeno la maggioranza assoluta degli aventi diritto (non essendoci alcun quorum costitutivo per la seconda votazione). Sembra opportuno ricordare anche che alcune questioni sottoposte al voto delle persone iscritte, pur cruciali, non sono contenute nello statuto (come quella relativa al limite al numero di mandati elettivi che possono essere svolti, regolata invece dal codice etico); allo stesso modo, altre proposte non meno rilevanti non sono state formulate, almeno per ora, in termini di modifiche statutarie dirette (come per esempio la previsione dell'assenza di iscrizioni ad altri partiti politici nei dieci anni precedenti come requisito per la candidatura a presidente - accolta nel primo voto - o l'incompatibilità tra la carica di presidente e quelle di ministro, Presidente del Consiglio, della Camera o del Senato - invece non accolta).
Ciò detto, alcune proposte riguardano la composizione e i poteri del consiglio nazionale, pensato nello statuto del 2021-2022 come organo volto a coadiuvare il presidente "nella determinazione e nell'attuazione della linea politica del MoVimento" (art. 13, lett. a). Una punta ad aumentare da 4 a 8 "il numero dei componenti del Consiglio nazionale eletti direttamente dagli iscritti in rappresentanza delle Circoscrizioni territoriali" (per cui le iscritte e gli iscritti del Nord, del Centro, del Sud e delle Isole eleggerebbero due persone per circoscrizione, con necessario rispetto della parità di genere). Un'altra proposta mira a sottoporre la designazione e la revoca dei coordinatori territoriali - di spettanza del presidente - all'approvazione del consiglio nazionale, "previa consultazione dei rappresentanti dei Gruppi territoriali": questo per creare un sistema "più rispondente al principio di sussidiarietà". Lo stesso consiglio nazionale otterrebbe un peso maggiore in caso di approvazione della modifica volta a trasferire dal presidente all'organo collegiale l'autorizzazione di "eventuali alleanze politiche locali con partiti o movimenti politici" (il testo dei quesiti precisa che quest'autorizzazione dev'essere concessa anche - e forse soprattutto - se sui territori i candidati del M5S intendono allearsi con "partiti o movimenti politici non coalizzati, non federati o non alleati con il MoVimento 5 Stelle a livello nazionale").
Il punto più delicato e che ha ricevuto più attenzione da parte dei media è senz'altro quello relativo all'eliminazione o trasformazione del ruolo del garante, cui oggi l'art. 12 dello statuto affida il compito di "custode dei Valori fondamentali dell'azione politica del MoVimento 5 Stelle" (esercitando "con imparzialità, indipendenza e autorevolezza" i poteri indicati dallo statuto) e di interprete autentico e "non sindacabile" delle disposizioni statutarie. Iscritte e iscritti possono optare per l'eliminazione di quel ruolo (opzione scelta, secondo i risultati del primo voto diffusi sul sito del M5S, da 34438 votanti) o per la sua conservazione; in caso di eliminazione, si può scegliere se affidare le sue funzioni a "un organo collegiale appositamente eletto" (così hanno preferito 21293 persone), all'esistente comitato di garanzia (eventualità scelta da 20401 votanti) o non riassegnarle più (l'opzione meno scelta, da sole 8068 persone). Pure in caso di mantenimento del ruolo del garante, tuttavia, questo potrebbe essere depotenziato, eliminando il potere d'interpretazione autentica dello statuto, introducendo una durata definita del mandato (4 anni rinnovabili una sola volta consecutivamente) o trasformando la carica in chiave meramente consultiva e onorifica (privando le esternazioni del garante di ogni effetto pratico); va detto che il primo voto, pur favorevole - come si è visto - all'abrogazione del ruolo del garante, ha mostrato una spiccata tendenza a limitarne comunque i poteri in caso di conservazione (tutti e tre i quesiti in tal senso hanno visto prevalere il sì, con un margine minore per lo "svuotamento" del ruolo). Nello stesso senso può leggersi la proposta volta a eliminare la possibilità, per il garante, di chiedere la ripetizione delle votazioni in materia di modifica dello statuto (abrogando l'art. 10, lett. i poi fatto valere da Grillo).
Con riguardo al collegio dei probiviri e al comitato di garanzia - quindi gli organi collegiali di primo e secondo grado in materia di provvedimenti disciplinari per iscritte e iscritti - vengono sottoposte al voto modifiche illustrate come volte a rafforzare per quei collegi "l'indipendenza e l'efficacia dell'azione": se una delle proposte prevede l'aumento del numero dei probiviri da 3 a 5 (con la rosa degli eleggibili che passerebbe da 6 a 10), un'altra toglierebbe al garante - qualora fosse mantenuto - il potere di proporre la lista dei nomi delle persone tra cui scegliere i membri dei due collegi disciplinari, affidando la compilazione della rosa al consiglio nazionale.
Una modifica statutaria riguarderebbe anche la procedura di modifica del simbolo: la possibilità di modificarlo - con riguardo a entrambi i contrassegni descritti dallo statuto e a questo allegati - spetterebbe ancora al consiglio nazionale, ma la proposta potrebbe arrivare indifferentemente dal presidente o dal garante (se mantenuto: non ci sarebbe più, dunque, l'obbligo di concerto tra presidente e garante); di più, l'eventuale modifica dello statuto che accogliesse la modifica dovrebbe essere sottoposta all'assemblea degli iscritti. Il presidente, dunque, vedrebbe rafforzato il suo potere di proposta, ma si preciserebbe la necessità di ottenere l'avallo della base, chiamata a esprimersi sull'eventuale cambio di simbolo tradotto in modifica statutaria.
Come si è detto prima, Beppe Grillo ha chiesto di ripetere la votazione in base all'art. 10, lett. i (entro i 5 giorni previsti dallo statuto): ciò comporta soprattutto la previsione di un quorum strutturale per tutte le votazioni - anche per quelle non relative allo statuto - essendo richiesta la partecipazione al voto di almeno la metà degli aventi diritto: ecco perché non sono mancati appelli al non voto da parte di chi era contrario alla linea proposta da Conte e risultata prevalente nella prima consultazione.

Il dilemma del simbolo

Fissate le date per la ripetizione del voto, dunque con una nuova convocazione dell'assemblea online con votazione aperta per quattro giorni, c'è chi immagina già cosa potrebbe accadere qualora il quorum strutturale sia raggiunto (dunque ove esprimano un voto oltre la metà più uno degli aventi diritto) e il nuovo esito confermi l'eliminazione della figura del garante, dunque in sostanza estrometta Beppe Grillo da ogni decisione relativa al M5S. 
In questo senso, non è passata inosservata una dichiarazione rilasciata dall'ex ministro e deputato Danilo Toninelli all'interno del programma di Radio Cusano Campus Controinformazione, nella puntata del 25 novembre. Toninelli, oltre a esprimere dubbi sulla correttezza del voto (lamentando riduzioni sensibili degli aventi diritto in grado di influire sul quorum e la formulazione di alcuni quesiti - a quanto si può intuire dalle sue parole - in modo gradito a chi li ha posti), ha anticipato la scelta di chiedere il nuovo voto, ma ha pure annunciato che il leone ferito (Grillo) ha ancora "molte, molte altre zampate da dare". E tra le zampate potrebbe essercene una tanto "simbolica" quanto concreta: "Il proprietario del simbolo - ha detto Toninelli - è Beppe Grillo. Punto. Quindi Beppe quasi certamente (non penso che sia talmente stonato, scoraggiato da non farlo) impugnerà, farà un'azione legale, verrà sospeso tutto quanto e di conseguenza Conte sarà costretto finalmente a fare anche, diciamo, come nome, il suo partito [...] e quindi potrà seppellire in maniera dignitosa una storia gloriosa che invece è stata infangata dall'infamia umana".
Sulla gloria e sull'infamia, com'è giusto e quasi scontato, non ci si esprime. Seppellire i morti è, per chi si proclama cattolico, una delle opere di misericordia corporale (parce sepulto, si potrebbe dire in aggiunta), ma - come si è accennato prima - qui a mancare è soprattutto l'accordo sull'accertamento della morte: quella valutazione, peraltro, richiede necessariamente un giudizio di natura politica che, ancora una volta, non può essere dato su queste pagine. Sul punto si tornerà comunque più tardi (per un profilo non irrilevante da queste parti), ma la questione del simbolo è, ovviamente, tutt'altro che secondaria. Così com'è tutt'altro che pacifica e - ti pareva! - non controversa. 
Lo scorso 23 agosto, per dire, il deputato M5S e notaio Alfonso Colucci, ha dichiarato ad Adnkronos: "Sia il nome, sia il simbolo risultano intestati all’Associazione attuale. E Beppe Grillo in forza di specifici obblighi contrattuali - coperti da riservatezza [...] - ha espressamente rinunciato a ogni contestazione relativa all’utilizzo sia del nome e sia del simbolo del M5S, come modificati o modificabili in futuro dall'Associazione medesima". Quelle parole erano una risposta per nulla indiretta a un'intervista rilasciata a Guido Ucciero dall'avvocato Lorenzo Borrè (avvocato di molti attiVisti che hanno contestato decisioni prese dal M5S - anzi, dai vari M5S che si sono succeduti - nel corso degli anni) e pubblicata quel giorno stesso dalla Repubblica: "Il simbolo originario è di Grillo, che è anche l'unico titolare del diritto di utilizzo del nome 'Movimento 5 Stelle': lo dice una sentenza della Corte d’appello di Genova del 2021. Il logo attuale appartiene all’associazione dell'ex premier, ma è una derivazione diretta di quello di Beppe". Colucci ha poi aggiunto che quella sentenza genovese - di cui si è già parlato e si dovrà riparlare - non era stata resa nei confronti del M5S guidato da Conte, ma di quella guidata da Grillo.

Non un MoVimento, ma tre 

Già, perché occorre sempre ricordare che non c'è un solo MoVimento 5 Stelle, ma ben tre. Il primo (per comodità M5S-1) fu di fatto costituito nel 2009, si qualificava come "non-associazione" retta da un "non-statuto", in cui si indicava la natura di "piattaforma" e "veicolo di confronto e di consultazione" avente origine ed epicentro nel blog www.beppegrillo.it, individuato anche come sede del MoVimento. Quel M5S prevedeva l'adesione senza richiedere "formalità maggiori rispetto alla registrazione ad un normale sito Internet", ma poco si conciliava con gli adempimenti tendenzialmente richiesti per partecipare alle elezioni (per cui esistono documenti da presentare, spese da rendicontare e, prima di tutto, occorre dimostrare di "esistere" e di rappresentare correttamente un soggetto collettivo). 
Se in vista delle elezioni locali (soprattutto regionali) erano spesso state costituite associazioni apposite, l'avvicinarsi del voto politico nazionale del 2013 doveva avere consigliato di muoversi con ulteriore prudenza. Fu così che il 14 dicembre 2012, a Genova, davanti al notaio Filippo D'Amore si trovarono Beppe Grillo, il nipote Enrico Grillo e il commercialista Enrico Maria Nadasi, costituendo l'associazione Movimento 5 Stelle (M5S-2): l'atto costitutivo e lo statuto precisavano che la nuova associazione, nel condividere di fatto gli obiettivi del M5S-1, si sarebbe occupata "dello svolgimento degli adempimenti tecnico-burocratici necessari a consentire la presentazione alle elezioni politiche delle liste di candidati scelti in Rete dagli aderenti al Movimento 5 Stelle". Il MoVimento del 2012 (di cui Grillo risulta tuttora presidente), dunque, era nato come "strumento di servizio" per garantire l'operatività elettorale - e non solo - del MoVimento del 2009. Com'è noto, tanto il M5S-1 (nel 2014 e nel 2016) quanto il M5S-2 (nel 2015, col cambio di denominazione da Movimento a MoVimento) hanno con il tempo cambiato le loro regole interne, rimanendo sempre distinti tra loro. Nel frattempo, tuttavia, sono iniziate - vari anni dopo le prime polemiche legate alle espulsioni dal M5S, concretizzatesi con il ritiro dell'uso del simbolo - anche le azioni legali avviate da vari attiVisti (per contestare la loro espulsione, l'annullamento di consultazioni locali che li avevano visti prevalere o la loro esclusione da queste, oppure ancora le modifiche delle norme interne avvenute - secondo chi ha intentato le cause - senza il rispetto delle disposizioni del codice civile applicabili alle associazioni). Non pochi procedimenti si sono conclusi con ordinanze o sentenze favorevoli agli attori/ricorrenti e, decisione dopo decisione, doveva essersi concretizzato il pensiero che la costruzione originaria (e originale) del M5S del 2009, con le sue integrazioni successive, avesse più di qualche falla giuridica e fosse più opportuno ripartire da zero, trasferendo tutti gli iscritti in un soggetto giuridico nuovo.
Così in effetti è avvenuto, alla vigilia della presentazione delle candidature per le elezioni politiche del 2018: il 20 dicembre 2017, nello studio del notaio Valerio Tacchini, Luigi Di Maio e Davide Casaleggio hanno costituito un'ulteriore associazione denominata MoVimento 5 Stelle (M5S-3), che ha agito da allora in avanti sul piano politico, elettorale e burocratico. E sempre la stessa associazione (dopo le dimissioni di Di Maio da capo politico e la guida ad interim da parte di Vito Crimi), tra luglio e agosto del 2021, ha subito una metamorfosi politica e statutaria notevole, con la presidenza di Giuseppe Conte. Pure in questo caso sono state intentate cause, che in un primo tempo avevano visto sospendere le modifiche statutarie e la stessa nomina di Conte, poi - dopo un nuovo voto - non avevano ottenuto la sospensione o l'invalidazione delle nuove norme statutarie, tuttora in vigore. Tutto ciò senza che il M5S-1 (2009) o il M5S-2 (2012) possano considerarsi non più esistenti.

Scartabellando tra le domande di marchio

Se la situazione dal punto di vista dei soggetti giuridici denominati MoVimento 5 Stelle può apparire complicata, non è da meno il panorama "simbolico". E non solo o non tanto per le modifiche che questo ha subito nel corso del tempo (operazioni che non sono certo un'eccezione), quanto piuttosto per una delicata e potenzialmente problematica confusione tra i livelli normativi dei segni d'identificazione (nomi e simboli), dei segni distintivi (marchi) e dei contrassegni elettorali. Una confusione che non permette di rispondere con facilità alla domanda "Ma, insomma, di chi è il simbolo del M5S?".
Già, perché il simbolo del MoVimento 5 Stelle nasce come marchio, per l'esattezza come marchio europeo. Scartabellando nella banca dati dell'Ufficio della proprietà intellettuale dell'Unione europea, infatti, si trova il primo simbolo del M5S (in bianco e nero, con l'indirizzo del sito Beppegrillo.it), depositato per conto dello stesso Beppe Grillo il 30 settembre 2009 e registrato il 26 luglio 2010; risale a un tempo ancora precedente - il 14 novembre 2008, con registrazione effettiva il 21 luglio 2009 - il deposito del fregio che nel 2009 venne messo a disposizione delle Liste civiche a 5 stelle (e che in quell'occasione presentarono diverse varianti grafiche). Entrambi quei marchi, in ogni caso, sono scaduti e non risultano rinnovati. 
Il simbolo del M5S è stato depositato come marchio anche in Italia, esattamente il 20 marzo 2012: il richiedente era di nuovo Beppe Grillo, la mandataria era Margherita Raimondi, dello stesso studio di consulenza tecnica e legale per marchi e brevetti di colui che aveva curato i depositi come marchio europeo, Alfredo Raimondi. Pure qui il deposito era stato effettuato senza rivendicazioni sul colore, ma in questo caso mancava il riferimento al sito/blog di Grillo, essendo presenti soltanto - oltre alla circonferenza esterna - gli elementi che di fatto costituivano e costituiscono la rappresentazione grafica del nome del M5S.
Il database dei marchi europei contiene anche altre due domande di marchio, in realtà riferite allo stesso simbolo, nella duplice versione bianco/nero e (per la prima volta) a colori. Sul piano grafico, l'unica differenza rispetto ai fregi precedenti era la sostituzione del sito Beppegrillo.it con il nuovo indirizzo Movimento5stelle.it. Entrambe risultano depositate il 18 novembre 2015 (vale a dire il giorno dopo rispetto alle votazioni sul sito del M5S con cui si sarebbe dovuto scegliere tra inserire il nuovo indirizzo o lasciare lo spazio vuoto), stavolta non su mandato di Grillo, ma dell'associazione MoVimento 5 Stelle: l'indirizzo indicato sulla banca dati - Via Roccatagliata Ceccardi, 1/14, a Genova - fa capire che si tratta dell'associazione fondata alla fine del 2012 (M5S-2). La procedura di deposito, curata sempre da Alfredo Raimondi, si è conclusa con la registrazione il 21 luglio 2016. Da ciò scaturiscono due riflessioni: innanzitutto, se la registrazione è andata a buon fine a dispetto dell'esistenza del marchio precedente, si deve presumere che in qualche modo Grillo abbia consentito alla registrazione stessa (o, per lo meno, non vi si sia opposto), non potendosi escludere che abbia ceduto il marchio all'associazione da lui stesso presieduta; secondariamente, vista la data di deposito, il marchio sarà valido fino al 18 novembre 2025, dunque la protezione è tuttora efficace.
Non risultano altri marchi rilevanti nel database europeo, mentre ce ne sono altri due in quello italiano. Il primo porta come data di presentazione il 19 gennaio 2018 (vale a dire il giorno in cui il simbolo è stato depositato come contrassegno elettorale per le elezioni politiche) e di deposito il 22 gennaio, mentre la registrazione è avvenuta il 30 novembre dello stesso anno: la tutela del segno distintivo, dunque, scadrà nel 2028. Il sito riportato nel fregio, questa volta, è Ilblogdellestelle.it, nuovo indirizzo impiegato dal MoVimento 5 Stelle fondato nel 2017 (e gestito dalla Casaleggio associati) per diffondere notizie. In effetti a richiedere la registrazione è stato proprio il M5S-3 e come rappresentante è indicato il nome di Andrea Ciannavei, che era stato avvocato del M5S in alcune cause (e presso il cui studio era stata inizialmente fissata la sede del M5S-3 del 2017), anche se era domiciliato presso l'indirizzo dell'allora capo politico Luigi Di Maio. 
L'ultima domanda da considerare risale al 19 luglio 2021 e riguarda il simbolo attualmente impiegato dal M5S-3 (e presente nello statuto al pari di quello appena citato), cioè con il riferimento al 2050 come anno della neutralità climatica: pure in questo caso il soggetto richiedente è proprio l'associazione fondata nel 2017, pur essendosi profondamente trasformata nel frattempo (non a caso, la data di deposito segue di due giorni la diffusione del nuovo statuto). Diversamente da quella precedente, tuttavia, questa domanda è stata rifiutata. Ne aveva dato notizia ex post l'11 novembre un lancio dell'agenzia Adnkronos (firmato, come quasi sempre accade in materia di M5S, da Antonio Atte), spiegando che il 1° agosto 2023 l'Ufficio italiano brevetti e marchi avrebbe respinto la domanda di marchio, fondandosi su un parere richiesto al ministero dell'interno e risultato di segno negativo. 
Quella descritta ora è però una situazione già trattata su queste pagine per altri marchi politici: per l'art. 8, comma 3 del codice della proprietà industriale, "Se notori, possono essere registrati o usati come marchio solo dall'avente diritto, o con il consenso di questi [...] i segni usati in campo [...] politico", ma è altrettanto vero che, secondo l'art. 10, comma 2, "Trattandosi di marchio contenente parole, figure o segni con significazione politica [...], l'Ufficio italiano brevetti e marchi, prima della registrazione, invia l'esemplare del marchio [...] alle amministrazioni pubbliche interessate, o competenti, per sentirne l'avviso" e, per il comma 4, in caso di avviso contrario, la domanda va respinta. Quando il ministero dell'interno ha emesso il parere richiesto, questo è stato negativo: lo scopo è "evitare che lo strumento giuridico del marchio di impresa si trasformi in una modalità per eludere le disposizioni speciali di carattere elettorale contenute in vari atti normativi che disciplinano i vari tipi di consultazioni e [...] gli adempimenti preliminari puntuali da perfezionare per mezzo di una documentazione sottoposta a tempi e forme ben precise", vagliata da uffici fissati dalle norme elettorali e con la previsione di speciali forme di ricorso. Il Viminale teme che un marchio identico o molto simile a un contrassegno elettorale possa confondere gli elettori, poiché l'ammissibilità di un marchio si valuta sulla base di criteri diversi rispetto a quelli previsti per le elezioni (quanto alla parte nominale e a quella grafica, al soggetto titolato a usare quel segno o alle persone legittimate a impiegare il fregio per conto del relativo partito). In più per il ministero è molto delicato il tema della propaganda elettorale, per il quale sono previsti limiti precisi: si vuole evitare, per esempio, che nei trenta giorni che precedono il voto qualcuno eluda il divieto di "propaganda elettorale luminosa o figurativa, a carattere fisso in luogo pubblico", giustificandosi dicendo che non espone un contrassegno elettorale, ma un marchio registrato. Per questo, il Viminale ha giudicato non registrabili marchi politici di forma circolare ("la quale, da decenni, è una caratteristica particolare dei contrassegni delle formazioni politiche") e che riproducano "troppo fedelmente i simboli di partiti e altri soggetti politici"; gli stessi segni notori sarebbero registrabili "a condizione che essi non possano essere caratterizzati, tecnicamente, come contrassegni i quali [...] sono contraddistinti dalla caratteristica forma circolare". Riesce difficile capire come mai siano stati registrati come marchio i segni depositati nel 2012 e nel 2018 e non quello presentato nel 2021, ma si prende semplicemente atto della situazione.

La confusione tra associazioni, simboli, marchi ed elezioni

Ricapitolando, esistono due marchi scaduti (uno europeo e uno italiano) registrati da Beppe Grillo, uno europeo efficace a nome del M5S-2 (presieduto da Grillo) e uno italiano efficace a nome del M5S-3 (presieduto da Conte). Questo quadro dev'essere necessariamente unito a quello dei tre diversi MoVimenti esistenti, da considerare insieme alle loro regole interne. 
In particolare, il "non statuto" del MoVimento sorto nel 2009 (M5S-1), all'art. 3, prevedeva che il nome del M5S fosse "abbinato a un contrassegno registrato a nome di Beppe Grillo, unico titolare dei diritti d'uso dello stesso": il marchio registrato era depositato nel 2009 a livello europeo. L'atto costitutivo e lo statuto del M5S fondato nel 2012 ribadivano che titolare esclusivo di quel contrassegno era Grillo, che lo metteva a disposizione - insieme alla pagina web - dell'associazione (M5S-2) pur spettando a lui "titolarità, gestione e tutela del contrassegno"; nel 2015, con la modifica dello statuto di quest'associazione, quel documento contiene la descrizione del marchio europeo del 2015 e precisa che la titolarità esclusiva di quel simbolo spetta al M5S-2 (presieduto da Grillo, che appunto come presidente ha tra i suoi compiti l'adozione di iniziative a tutela dell'associazione, del suo sito e del suo simbolo). Nel 2017, con la fondazione del M5S-3, lo statuto precisa all'art. 1, lett. b che "Alla denominazione del 'MoVimento 5 Stelle' potrà essere abbinato il simbolo, di proprietà dell'omonima associazione 'MoVimento 5 Stelle' con sede in Genova, concesso in uso dalla medesima": l'associazione del 2012 ha dunque "concesso in uso" il proprio simbolo a quella omonima del 2017, che poco dopo la nascita ne ha usato una parte per il suo nuovo emblema (sostituendo l'indirizzo web riportato nella parte inferiore, senza però modificare lo statuto). Nel 2021, dopo la rivoluzione statutaria del MoVimento, nello statuto sono stati indicati come "utilizzabili autonomamente" i due simboli depositati come marchi dal M5S-3 (quello presentato nel 2018, registrato, e quello depositato nel 2021, la cui domanda è stata rigettata), senza più alcun riferimento formale al simbolo concesso dall'associazione del 2012 (M5S-2). 
Già con quello che si è detto fin qui potrebbe sorgere facilmente almeno un principio di emicrania, tra marchi scaduti e rifiutati, marchi validi decisamente simili tra loro (uno per il M5S-2 guidato da Grillo e uno per il M5S-3 guidato da Conte) e statuti in cui la "concessione in uso" del simbolo appare e scompare. Emerge un'indubbia confusione dei piani tra segni d'identificazione di un soggetto collettivo (il simbolo) e segni distintivi (il marchio), due realtà che hanno scopi alla radice molto differenti: in una delle prime ordinanze emesse nell'intricata vicenda relativa ai tentativi di far tornare in campo una Democrazia cristiana (per l'esattezza quella guidata da Flaminio Piccoli, nel 1999) si legge che "Gli scopi che il legislatore si è prefisso al momento di dettare le norme destinate a regolare i rapporti tra gli imprenditori in funzione di un più rigoglioso sviluppo dell'economia nazionale non sono coerenti con la natura giuridica dei partiti politici così come delineata dalla Carta costituzionale". Se non ci si vuole occupare della Dc, si può ripescare una sentenza della Cassazione civile del 1997, sui rapporti tra sigla e marchio, un passaggio della quale merita di essere ripreso (anche se era riferito ad altre disposizioni in vigore in materia di marchi, ma il successivo codice della proprietà industriale non ha cambiato particolarmente le norme): 
la sigla, quando è l'equivalente del nome dell'individuo o della società, gode della stessa tutela del nome, diversa da quella accordata alla ditta ed al marchio in quanto segni commerciali. La contiguità delle tutele in questione dipende dal fatto che tutte riguardano segni di identificazione comunque risalenti ad un soggetto [...]. Nondimeno la distinzione di ambito tra le medesime è evidente. Il nome della persona, fisica e giuridica, equiparandosi a quest'ultima l'associazione non riconosciuta, rientra nella previsione generale dell'art. 7 c.c. che individua nel nome il segno di identificazione del soggetto in quanto tale, indipendentemente dalla natura del soggetto e dunque dalla eventuale posizione del soggetto in un mercato, ma in virtù del solo principium individuationis. Le norme della legge speciale quindi, in coerenza con quella codicistica, ma in vista delle ulteriori e distinte esigenze dell'uso corretto del segno commerciale, vietano che questo possa avere come proprio contenuto il logo che individua un soggetto in quanto tale: il nome, appunto, oppure il suo equivalente. Tale divieto è stato completato con la previsione della irrilevanza, al fine di superarlo, della sua inclusione in un marchio. La legge dunque, dentro il corpus delle norme di diritto industriale, laddove ha delimitato il confine esterno del marchio, e dunque prima di stabilire i criteri di soluzione dei conflitti tra marchi, ha escluso che esso possa avere come proprio contenuto il nome altrui. Pertanto, non è possibile superare questa proibizione allegando proprio una inclusione della sigla nel marchio e la brevettazione del medesimo.
Già queste riflessioni sconsiglierebbero di sovrapporre i piani del simbolo e del marchio, ma ovviamente occorre prendere atto che tale sovrapposizione è avvenuta e avviene ormai da tempo, vista la tendenza - esecrabile, ma esistente - a chiedere la registrazione come marchio dei simboli politici e il fatto incontrovertibile dell'accoglimento di alcune di quelle domande di marchio. Naturalmente, nel caso che ci occupa, è più difficile parlare di un marchio che abbia "come proprio contenuto il nome altrui", visto che nella successione di atti emerge come il nome e il simbolo dell'associazione M5S-2012 siano stati messi a disposizione dell'associazione M5S-2017 che ne ha fruito e ne fruisce, in tutto (nome) o in parte (simbolo): da un certo punto di vista può dirsi che, se confusione c'è, è stata voluta - o per lo meno non evitata o non ritenuta da evitare - dalle parti in campo.
In qualche modo sembra confermare ciò anche la citata sentenza n. 1178/2021 emessa dalla corte d'appello di Genova a conclusione del processo di secondo grado sulla titolarità del nome e del simbolo del M5S, dopo che - sorto il M5S-3 alla fine del 2017 - il tribunale di Genova aveva accolto la richiesta di nominare un curatore speciale per il M5S-1 (la "non associazione" del 2009) per ovviare al conflitto dei ruoli di Beppe Grillo nei tre soggetti giuridici e questo curatore speciale aveva deciso di agire a tutela dei propri segni identificativi e dell'operatività della "non associazione" (ottenendo dai giudici, in sede di reclamo e di sentenza di primo grado, la consegna dei dati degli iscritti); per l'esattezza, occorrerebbe leggere insieme la sentenza di primo grado e quella d'appello. In entrambe le decisioni si dice che il M5S-1 (in persona del suo curatore speciale) non aveva dimostrato di avere "l'esclusività dell'utilizzo del nome e del simbolo descritto nel proprio 'non statuto', non essendo mai stato contestato dalle controparti il suo diritto all'uso". Per i giudici di seconde cure era fondamentale la lettura del "non statuto" (almeno della sua prima versione), nella parte in cui si parlava di Grillo come "unico titolare dei diritti d'uso" del contrassegno/marchio (e, di fatto, anche del nome, non potendosi secondo i giudici scindere gli usi dei due segni di identificazione), come sarebbe stato dimostrato anche - secondo la giudice di prime cure - dalle procedure di concessione o ritiro dell'uso del simbolo alle persone candidate o elette con il M5S. Si è detto sopra che il marchio - europeo e italiano - registrato da Grillo è scaduto; è invece ancora efficace il marchio europeo registrato dal MoVimento 5 Stelle del 2012 (evidentemente con il consenso di Grillo, visto che i due simboli erano pressoché identici), marchio concesso in uso prima al M5S-1, poi al M5S-3. Tanto più che nell'ultimo rendiconto - quello del 2023 - presentato a giugno dal M5S-2 alla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici, nella relazione al rendiconto stesso si legge (alla voce "Evoluzione prevedibile della gestione") che "si prevede la continuità della presente Associazione detentrice dei simboli MoVimento 5 Stelle, e dei domini www.beppegrillo.it e www.movimento5stelle.it".
Vero è che, come si è visto, il M5S-3 nel 2018 ha ottenuto la registrazione di un proprio marchio (con Ilblogdellestelle.it) e dal 2021 impiega un secondo segno (con 2050, la cui registrazione come marchio è stata rifiutata). Vero è anche, tuttavia, che entrambi i fregi sono pressoché identici, nella loro parte identificativa ("Movimento", V di fantasia e le cinque stelle), tanto al simbolo registrato come marchio da Grillo, quanto all'emblema registrato come marchio europeo dal M5S-2 nel 2015: in qualche misura anche la registrazione del marchio del 2018 da parte del M5S-3  dev'essere stata possibile con il consenso dell'associazione M5S-2 e, a monte, anche col consenso di Grillo (in fondo nel 2018 i "suoi" due marchi non erano ancora scaduti). Sarebbe dunque corretto chiedersi cosa accadrebbe se, a differenza di quanto accaduto finora, il MoVimento 5 Stelle fondato nel 2012 e presieduto da Beppe Grillo decidesse di revocare l'uso del proprio simbolo registrato come marchio (non ancora scaduto) al MoVimento 5 Stelle fondato nel 2017 e attualmente presieduto da Giuseppe Conte, che usa una grafica in gran parte sovrapponibile, Il problema non sarebbe di poco conto, anche perché - come ormai accade sempre più spesso - il simbolo non è più rappresentato da un pittogramma o da un'immagine ben identificabile, ma è costituito essenzialmente dalla resa visiva del nome del soggetto politico, quindi ritirare l'uso del simbolo significherebbe teoricamente pregiudicare anche l'uso del nome, vale a dire uno scenario molto problematico (che metterebbe in seria difficoltà un giudice che dovesse decidere su una simile domanda).
Si è potuto sperimentare, del resto, che persone che nel M5S avevano un certo seguito o almeno una notorietà non trascurabile (anche solo a livello locale), dopo la loro fuoriuscita dal MoVimento - per espulsione o per abbandono - candidandosi sotto simboli diversi quasi sempre hanno ottenuto assai meno successo rispetto a chi era rimasto nel M5S: ciò spiega perché, al di là della convinzione di essere dalla parte della ragione (quale titolare di nome e simbolo), il MoVimento 5 Stelle guidato da Giuseppe Conte potrebbe non voler rinunciare a un fregio che oggi raccoglie meno voti rispetto a qualche tempo fa, ma ha spesso dimostrato di ottenere consensi tutt'altro che irrilevanti, a volte perfino a prescindere dalle persone candidate. 
Beppe Grillo, del resto, non sembra avere interesse a revocare l'uso del simbolo per impiegarlo a sua volta per rimettere in campo il MoVimento 5 Stelle presieduto da lui. Il 26 ottobre, per dire, in un video ha dichiarato: "da creatore del MoVimento, rivendico il mio diritto all'estinzione del MoVimento. [...] Lo sappiamo tutti, il MoVimento non c'è più: è evaporato, però [...] poi magari quest'evaporazione si trasforma in un ciclone, una tromba d'aria, non so..." Finora in politica era noto il concetto di "biodegradabilità" dei soggetti politico/elettorali e dei loro simboli, perseguito dai radicali, per cui la partecipazione a una consultazione elettorale con una lista e il suo contrassegno era vista soprattutto come strumento di lotta e battaglia sui temi, per poi esaurire il suo compito una volta terminato lo spoglio, spettando agli eventuali eletti continuare quelle battaglie in aula e fuori, insieme ai militanti. Beppe Grillo preferisce il concetto di "compostabilità", spiegandolo nello stesso video: "Non è biodegradabile il MoVimento, è compostabile: contiene ancora l'humus, gli zuccheri, le proteine, ci sono ancora dentro, è molto moderno [...] ci sono ancora idee meravigliose, anche su come ripensare il mondo".
Compostabilità a parte, c'è anche un altro motivo per cui difficilmente Grillo potrebbe voler rivendicare il simbolo del M5S per usarlo legato a proprie liste: un motivo che sta nelle leggi elettorali. Già, perché se il piano dei simboli come segni di identificazione e quello dei marchi sono diversi, un livello ancora diverso è rappresentato dai contrassegni elettorali le cui norme regolatrici, come "legge speciale", finiscono per prevalere. Non si può assolutamente trascurare, infatti, che tutte le leggi elettorali non ammettono "la presentazione da parte di altri partiti o gruppi politici di contrassegni riproducenti simboli o elementi caratterizzanti simboli che per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l'elettore". Non si può certo negare che tra il 2013 e il 2018 alla Camera e al Senato era presente il M5S-2 (fondato nel 2012), ma è comunque innegabile che dal 2018 fino a ora è il M5S-3 (fondato nel 2017) ad avere mandato in Parlamento i suoi esponenti - in parte già eletti con il M5S-2 - e dunque sarebbe l'associazione guidata da Conte a essere tutelata in sede elettorale, anche a danno del M5S-2 guidato da Grillo che decidesse di presentare liste. 
In un quadro simile, in cui ciascuna delle due parti ha qualche elemento a proprio favore (anche se gli elementi non sembrano avere lo stesso peso) senza avere la certezza assoluta di poter ottenere ragione dai giudici, probabilmente la soluzione migliore è cercare un accordo: un accomodamento, quindi, che permetta a chi sente di avere ragioni più forti di sentirsi vincitore senza stravincere e a chi fa il passo indietro più marcato di vivere la rinuncia senza sentirsi umiliato. Forse è questo il modo per scrivere una nuova pagina politica (scegliendo se chiudere la storia o farla solo evolvere) in maniera dignitosa.