martedì 24 giugno 2025

Pli, congresso "sdoppiato" e scontri in tribunale. E il simbolo?

L'estate è ormai ufficialmente iniziata (anche se il caldo, in effetti, è già arrivato da un pezzo): storicamente questa è stata la stagione delle feste di partito, anche se i tempi sono inesorabilmente cambiati rispetto al passato. C'è chi, in compenso, invece che festeggiare, si ritrova per celebrare congressi, nonostante il citato caldo imperante: vale per il neonato Partito Liberal democratico (che il 28 e il 29 giugno si riunirà a Bologna a San Lazzaro di Savena) e vale per il Partito liberale italiano. Scorrendo le notizie circolanti in Rete, peraltro, si apprende che il congresso del Pli si dovrebbe tenere il 27/28 giugno, come pure il 4 luglio. Un doppio congresso? Un'illusione ottica di sdoppiamento, un miraggio magari causato dal suddetto caldo estivo? 
Di congresso, in realtà, ce ne sarebbe solo uno mentre l'altro sarebbe convocato illegittimamente, a sentire ciascuna delle due parti in disputa. Una disputa che prosegue almeno dalla fine di luglio del 2022, cioè da quando - in vista delle elezioni politiche anticipate fissate per il 25 settembre - si tenne un consiglio nazionale autoconvocato d'urgenza, nel quale fu votata una delibera per dare pieno ed esclusivo mandato all'allora co-segretario Roberto Sorcinelli di rappresentare il partito per stipulare alleanze innanzitutto col centrodestra, presentare liste e depositare il simbolo; passò pure una mozione di "sfiducia/decadenza" dalle loro cariche dell'allora presidente Stefano De Luca e dell'allora co-segretario Nicola Fortuna (accusati, all'interno della stessa mozione, di gravi violazioni statutarie), in seguito dichiarati decaduti dall'iscrizione al Pli per la loro scelta di non riconoscere validità a quelle deliberazioni e di procedere a convocare direttamente gli organi del partito. De Luca e Fortuna contestarono tanto le accuse tanto quelle decisioni, ritenendole illegittime (con riferimento al consiglio nazionale del 30 luglio 2022, per difetto del quorum di autoconvocazione e del quorum costitutivo, per preavviso troppo ridotto, carenza di ordine del giorno, omessa convocazione di tutti gli aventi diritto, difetto di forma nella stesura del verbale e conferimento di poteri in contrasto con lo statuto); al pari, era stato contestato anche il congresso celebrato il 23 settembre 2022, con la conferma di Sorcinelli alla segreteria politica e di Francesco Pasquali alla presidenza del partito (incarico già svolto ad interim).
Una semplice visitina sul web può dare le dimensioni della querelle. Il 7 giugno, sul sito www.partitoliberaleitaliano.org, è apparso il seguente annuncio:

Cari amici, mentre si stanno svolgendo i Congressi Provinciali per l'elezione dei delegati, secondo quanto previsto dallo Statuto (un delegato ogni tre iscritti), desidero informarvi che il Congresso Nazionale si terrà, come deliberato dagli organi statutari competenti, nei giorni 27 e 28 Giugno 2025 presso Salaria Sport Village (Via S. Gaggio, 5, 00138 Roma RM) 
I lavori avranno inizio il giorno 27 alle ore 17 per l’apertura dei lavori, l’elezione del Consiglio di Presidenza del Congresso e della Commissione Verifica Poteri. Il successivo giorno 28 i lavori congressuali riprenderanno con la Redazione del Segretario, il dibattito politico, la presentazione delle mozioni e si concluderanno con l’elezione dei nuovi Organi Statutari (Garante, Presidente, Segretario Nazionale, Tesoriere, Probi Viri e Consiglio Nazionale). Quest'ultimo si riunirà immediatamente dopo per eleggere la Direzione.

Grazio Trufolo - Segretario Nazionale

Dal 10 giugno, sulla pagina Facebook del partito, oltre all'annuncio del congresso per il 27-28 giugno, sono tuttavia apparse anche altre comunicazioni, dalle quali si evinceva che, a valle di un provvedimento giudiziario, la stessa pagina Fb era tornata nella disponibilità del gruppo legato a Stefano De Luca, tuttora indicato come presidente nazionale, e a Trufolo (indicato come segretario). Sulla stessa pagina, ancora gestita per conto della segreteria Sorcinelli, il 6 maggio, si era indicato il 4 luglio come data per il nuovo congresso (indicato come XXXIII, in continuità con quelli del Pli "storico", anche se in effetti risulta che il partito attuale sia stato rifondato anche giuridicamente nel 1997 come Partito liberale, poi rinominato Pli nel 2004). La notizia era apparsa anche sul sito www.partitoliberale.it, tuttora amministrato dal gruppo dirigente guidato da Sorcinelli e Pasquali e proprio lì, il 16 giugno, in risposta ai post apparsi su Fb, è stato pubblicato il seguente "comunicato ufficiale" (riportato per intero, per mera completezza, come i testi sopra indicati).

In questi giorni i sottoscritti, Segretario e Presidente del PLI, sono oggetto di insulti personali, post diffamatori conditi da false accuse calunniose da parte dell’ex presidente del PLI Stefano De Luca, di un suo seguace e un parente di quest’ultimo. Costoro hanno messo in campo una vera e propria azione coordinata di carattere diffamatorio e calunnioso - di cui risponderanno in sede penale - nei confronti nostri e di tutti i dirigenti e gli iscritti del PLI. Dopo che il De Luca si è impossessato della pagina Facebook del partito, lui e i suoi due seguaci stanno falsamente affermando che vi sarebbero “numerose ordinanze collegiali del tribunale di Roma tutte ovviamente favorevoli ai legittimi rappresentanti del Partito” che nel loro immaginario sarebbero loro stessi.  
Occorre quindi dare conto della complessa e lunga vicenda, giudiziaria e non, che vede contrapposti gli attuali legittimi rappresentanti del PLI, ovvero i sottoscritti, l’ex cosegretario nazionale Claudio Gentile e il presidente del Consiglio nazionale Diego Di Pierro tutti da una parte e, dall’altra, Stefano De Luca, l’anziano ex presidente destituito da ogni carica il 30 luglio 2022 e poi espulso dal Partito il 2 agosto 2022. Diciamo subito che, non avendo impugnato la sua espulsione nel termine perentorio di sei mesi come prescritto dall’art. 24 del codice civile, egli è irrimediabilmente, volente o nolente, un soggetto ESTRANEO al Partito Liberale Italiano. Men che meno, dunque, può affermare di esserne il legale rappresentante. 
La vicenda ha origine nel luglio 2022 quando l’allora Consiglio nazionale del PLI (massima assemblea che elegge le cariche e così le può revocare), riunitosi in auto convocazione come previsto dallo statuto, approvò una mozione di sfiducia politica nei confronti del De Luca, destituendolo dalla carica di Presidente. Ciò in quanto si andava verso l’ennesimo congresso gestito in maniera assai poco trasparente (per essere generosi…) dal De Luca, che pretendeva di sostituirsi alla segreteria nazionale nella formazione dell'elenco degli iscritti. Questo, peraltro, avvenne dopo circa 25 anni di ininterrotta tirannia da parte dello stesso sul partito. Anni in cui il PLI, per soddisfare gli interessi di pochi, ha finito col perdere ogni rappresentatività politica nel Paese. Stufi di questa situazione ormai incancrenita, i consiglieri nazionali del 2022 fecero un atto di straordinario coraggio, destituendo il "tiranno". 
Questi ovviamente non si diede per vinto e cercò di ribaltare la legittima deliberazione del consiglio nazionale infischiandosene delle regole statutarie e creando, di fatto, un’organizzazione parallela. Per questo motivo, il 2 agosto 2022 venne espulso e, a seguire, vennero espulsi quei pochi altri che tentarono di seguirlo in quest’azione contro il Partito. Successivamente, tentò di depositare il simbolo del PLI - attraverso una sua delegata - alle elezioni politiche del 2022. Ma tale tentativo venne clamorosamente bocciato prima dal Ministero dell'Interno e poi, in sede di reclamo, dalla Suprema CORTE DI CASSAZIONE, che statuì IN VIA DEFINITIVA che il De Luca o altri soggetti a lui riferibili non avevano alcun diritto a qualificarsi quali rappresentanti legali del PLI né, tantomeno, ad utilizzarne il nome ed il simbolo. Diritto che spettava, viceversa, esclusivamente ai sottoscritti. Grazie a quella decisione definitiva del massimo organo giudiziario del Paese, abbiamo mantenuto e tuttora manteniamo il pieno diritto di rappresentare il PLI, checché ne dica il De Luca o i suoi sodali. 
Da allora il De Luca ha promosso una miriade di azioni - ordinarie e cautelari, un vero e proprio stalking giudiziario - contro i sottoscritti e il PLI, bramando unicamente la sua rivalsa personale, essendo chiaro e pacifico che tutti gli iscritti del PLI non abbiano alcuna intenzione di essere rappresentati da lui. Di recente, ha chiesto al tribunale che ordinasse ai sottoscritti di consegnargli il sito web del PLI e le pagine social, e tutto ciò che appartiene al PLI, nonché che pronunciasse un’ordinanza inibitoria nei nostri confronti. Le sue domande sono state RESPINTE E RIGETTATE dal tribunale collegiale, peraltro con un'ordinanza firmata (anche quale estensore) direttamente dal presidente della Sezione Imprese del tribunale. 
Non pago di ciò, il De Luca ha riproposto le medesime domande che gli sono state ancora rigettate dal giudice monocratico ed ora si trovano pendenti in sede di reclamo. In questa complessa situazione, è riuscito a farsi attribuire (provvisoriamente) la pagina Facebook del PLI, utilizzandola immediatamente per spargere notizie false e diffamatorie nei confronti nostri e di tutti i legittimi organi del PLI, spargendo altresì la falsa notizia che il congresso nazionale si terrà il 27 e 28 giugno invece che il 4 luglio (come è effettivamente). Per far ciò, peraltro, ha utilizzato il medesimo evento Facebook da noi creato, modificando le date. Chi aveva ricevuto l’invito per il congresso del 4 luglio ora vedrà la data erronea del 27/28 giugno e, cosa ancora più grave, risulterà invitato dai sottoscritti o da altri iscritti legittimi del PLI (in quanto avevamo effettivamente inviato loro l’invito corretto).
Si tratta, in tutta evidenza, di un espediente diretto a trarre in inganno i delegati eletti ai congressi provinciali per spingerli a partecipare al suo evento al fine di trarne l’indebito vantaggio di risultarne legittimato. Sinora abbiamo preferito - per il bene e l’immagine del Partito, unica nostra preoccupazione - evitare di dar risalto pubblico alla vicenda. Ma le recenti vicende ci hanno costretto a dover prendere pubblicamente posizione. Ora ci auguriamo che il tribunale di Roma metta uno stop definitivo alle brame di un soggetto che ormai non rappresenta altri che sé stesso e a cui non importa nulla di ricostruire l’immagine di un partito glorioso che lui stesso ha devastato. 
Il 4 luglio a Roma si terrà il congresso nazionale del PLI. Congresso al quale, peraltro, avevamo consentito anche a lui di partecipare e di confrontarsi democraticamente (previa presentazione di nuova domanda di iscrizione, essendo egli un soggetto oggi estraneo al PLI). Il De Luca NON ha presentato domanda di iscrizione, evidentemente non avendo intenzione di sottoporsi democraticamente al giudizio degli iscritti. Dunque, De Luca era e rimane un soggetto estraneo al PLI. Ma, suo malgrado, il partito appartiene solo e soltanto agli iscritti. Non a lui, certamente. Ma neppure a noi e nessun altro: i rappresentanti di un partito sono e devono essere sempre pro tempore. Se il 4 luglio la nostra mozione prevarrà, saremo ancora - come lo siamo ora - il Segretario Nazionale e il Presidente del PLI. Per ulteriori due anni. Poi si vedrà.

Roberto Sorcinelli (Segretario Nazionale PLI) - Francesco Pasquali (Presidente Nazionale PLI)

Lo scambio non poteva certo fermarsi qui. Infatti sul sito amministrato in nome e per conto di De Luca e Trufolo è stata pubblicata una "relazione sullo stato dei contenziosi relativi al Pli, redatta dai legali di fiducia, la quale smentisce puntualmente le esternazioni di Sorcinelli e Pasquali apparse sul sito storicamente appartenente al Pli di cui ancora indebitamente fanno uso". Quella relazione (che a questo link si può leggere integralmente), firmata dagli avvocati Nicola De Luca (che aveva già riassunto in video, sulla pagina Fb del Pli, la medesima situazione giudiziaria) e Giuseppe Ardone, ripercorre le tappe successive alla ricusazione da parte del Viminale (confermata dall'Ufficio elettorale centrale nazionale, non esattamente dalla Cassazione, benché l'Uecn sia costituito presso la sede della Suprema Corte) del contrassegno del Pli, depositato il 12 agosto 2022 in nome e per conto di Nicola Fortuna (tappe di cui questo sito si è occupato nel dettaglio allora).
La relazione degli avvocati De Luca e Ardone fa riferimento a una vicenda giuridica e giudiziaria complessa, dipanatasi nel corso di circa due anni e mezzo senza ricevere troppa notorietà, al di là - salvo errore - delle note con cui lo studio legale D'Aiello e De Luca - lo stesso che si era occupato del contenzioso tra Pli e Partito dei liberali europei, con vittoria del primo nel giudizio cautelare (anche in sede di reclamo) - aveva reso note due ordinanze tra quelle emesse (nel 2023 e nel 2024) e del "botta e risposta" sul sito del quotidiano L'Opinione delle Libertà, risalente al 2023 e tuttora leggibile. Vale forse la pena riassumere - in base a quanto risulta a chi scrive, senza pretesa di completezza - la situazione del contenzioso, essendo pronti a integrare il racconto con le ulteriori puntate della vicenda. Proprio la complessità di questa, peraltro, suggerisce di limitarsi a riportare il contenuto delle decisioni, evitando il più possibile di commentarlo vista la delicatezza della situazione (tuttora connotata da un alto tasso di litigiosità); per mero scrupolo, si precisa - anche se dovrebbe essere ovvio - che quanto si scriverà di seguito si basa esclusivamente sul contenuto delle ordinanze, senza attingere a documenti di parte (fatte salve le loro parti eventualmente citate nelle decisioni).

* * *

1) Verso la fine di ottobre del 2022, dunque un mese dopo le elezioni politiche e dopo il congresso di settembre, il Partito liberale italiano rappresentato da Sorcinelli e Pasquali aveva presentato un ricorso ex art. 700 c.p.c. presso il tribunale civile di Roma contro De Luca e Fortuna, chiedendo in via cautelare che fosse ordinato loro "di cessare immediatamente ogni uso del nome, del contrassegno e di ogni altro segno identificativo del Partito Liberale Italiano": ciò sulla base del fatto che né De Luca né Fortuna avrebbero impugnato la delibera circa la loro decadenza dalla qualità di iscritti (e dalle loro cariche) e, nonostante ciò, avrebbero proseguito "nel tentativo di danneggiare il Pli" (si cita dall'ordinanza) ottenendo il blocco del conto corrente del partito e utilizzandone il simbolo per manifestazioni. Per De Luca e Fortuna, invece, il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile o comunque infondato, ritenendo che la delibera del consiglio nazionale del 30 luglio 2022 che li aveva "destituiti" fosse "affetta da plurimi connotati di illegittimità" (si legge sempre nell'ordinanza), mentre sarebbero state regolari la direzione nazionale del 1° agosto e il consiglio nazionale del 5 agosto che avrebbe deciso di "revocare ogni deliberazione assunta" il 30 luglio (delibera che sarebbe stata comunque impugnata in altra sede, alla pari degli atti congressuali del settembre 2022), dunque Sorcinelli e Pasquali non sarebbero stati legittimati a rappresentare il partito. 
Il 25-26 febbraio 2023 la giudice Cristina Pigozzo (XVI sez. civ. imprese) aveva accolto il ricorso del Pli rappresentato da Sorcinelli e Pasquali, disponendo che De Luca e Fortuna - non potendosi qualificare come presidente e segretario del partito - dovessero cessare l'uso "illegittimo del nome, del simbolo e di ogni altro segno distintivo del Partito Liberale Italiano. Per il tribunale la delibera del consiglio nazionale del 30 luglio 2022 era "ancora efficace e non sospesa" (pur essendo stata impugnata da un'altra associata, senza che però fosse stata disposta la sospensione), era stata redatta nella forma dell'atto pubblico e il notaio avrebbe accertato la rispondenza alle norme statutarie vigenti dell'(auto)convocazione del consiglio (da parte di 15 membri sui 63 allora previsti), mentre i vizi contestati da De Luca e Fortuna non ne mettevano in discussione l'esistenza giuridica. Quanto alla revoca della delibera da parte del consiglio nazionale del 5 agosto 2022, per la giudice era stata disposta da un organo convocato "dall'asserita Segreteria Nazionale e dal Presidente già dichiarato destituito e, quindi, allo stato, non [poteva] ritenersi promanare dal Pli"; di più, il verbale della direzione nazionale del 1° agosto che aveva poi convocato il consiglio del 5 agosto non sarebbe stato redatto con atto pubblico e il notaio "non avrebbe potuto attestare la legittimità della costituzione dell'organo" (poiché la delibera di decadenza di De Luca dalla presidenza del partito non era stata sospesa). Sarebbe mancata, dunque, la convocazione "prima facie in modo legittimo" del consiglio nazionale del 5 agosto che avrebbe revocato le delibere precedenti. 

2) De Luca e Fortuna, tuttavia, impugnarono l'ordinanza della giudice Pigozzo, proponendo reclamo (Fortuna in seguito ha rinunciato e il giudizio cautelare nei suoi confronti si è estinto). Il collegio della XVI sezione civile del tribunale di Roma - presieduto da Giuseppe Di Salvo (lo stesso giudice che nel 2002 e nel 2004 dovette esprimersi sull'azione iniziata dal Cdu contro Alessandro Duce per bloccare il suo tentativo di "risvegliare" la Democrazia cristiana) e avente come relatrice la giudice Flora Mazzaro - il 16 maggio - 12 giugno 2023 ribaltò la prima decisione, accogliendo il reclamo di Stefano De Luca. La decisione - la prima citata nella relazione De Luca - Ardone - venne motivata dal collegio con la "insussistenza del fumus boni iuris" (cioè della possibilità che il diritto rivendicato, alla base della richiesta di tutela cautelare, esista e sia accertato in sede di merito). Per i giudici era "pacifico tra le parti" (cioè incontestato) che si fossero susseguite due delibere del consiglio nazionale - quella del 30 luglio con cui si era rimosso De Luca dalla presidenza e quella del 5 agosto con cui si era revocata la decisione precedente - "alla presenza o comunque, con la partecipazione, in entrambi i casi, di taluno dei suoi membri", mentre si contestava reciprocamente - e in modo quasi speculare - la legittimità delle stesse per violazioni di legge o dello statuto. 
Per i membri del collegio, lo spazio per ritenere/dichiarare inesistente la delibera di un organo - dopo la riforma del diritto societario disposta col d.lgs. n. 6/2003 e secondo la giurisprudenza della Cassazione civile (v. la sentenza n. 26199/2021), applicabile anche alle associazioni - sarebbe ridotto rispetto al passato ("se [...] una norma sanziona un determinato fatto con una conseguenza giuridica negativa in quanto esso venga ad esistenza con i connotati essenziali della fattispecie da essa descritta, ne consegue che una delibera nulla o annullabile in base alle legge non possa che essere considerata esistente, seppur viziata"): volendo tutelare la "stabilità degli atti sociali" e la "certezza delle situazioni giuridiche conseguenti", di fatto non si sfugge alla regola per cui un atto ritenuto viziato dev'essere impugnato entro un termine più o meno ristretto. Di fatto il ricorso del Pli di Sorcinelli e Pasquali non avrebbe chiesto di "impugnare, ai sensi dell'art. 23 c.c." la delibera del consiglio nazionale 5 agosto 2022 per farla dichiarare nulla o per ottenerne l'annullamento (e, intanto, la sospensione): anche quella delibera, dunque, fino a un'eventuale decisione che l'avesse invalidata doveva essere considerata esistente ed efficace, quindi gli atti del 30 luglio 2022 - inclusa la decadenza dalla presidenza di De Luca - dovevano considerarsi revocati. Si sarebbe potuto parlare di inesistenza se l'atto "incriminato" non fosse stato in alcun modo imputabile al partito, ma per i giudici la partecipazione di almeno un iscritto al consiglio nazionale del 5 agosto (come a quello del 30 luglio) avrebbe escluso alla radice quest'ipotesi. Sarebbe bastato questo a non far ritenere "provata la titolarità dei poteri di rappresentanza" del Pli in capo a Sorcinelli e Pasquali, mentre verosimilmente De Luca avrebbe auto diritto, quale presidente del partito, "a rappresentare l’associazione Pli e a spenderne il nome, il simbolo e altri segni distintivi".

3) Un nuovo ricorso era stato presentato da Roberto Sorcinelli e Francesco Pasquali a nome del Pli contro Stefano De Luca, con nuova richiesta di tutela cautelare dopo l'ordinanza di reclamo appena vista. Il nuovo procedimento era iniziato sia per contestare che il 5 agosto 2022 si fosse mai svolta alcuna riunione del consiglio nazionale, sia soprattutto per far valere - come fatto nuovo - che proprio il consiglio nazionale del Pli, il 23 giugno 2023, dopo l'ordinanza di reclamo dello stesso tribunale di Roma, era stato convocato dal nuovo presidente dell'organo, Diego Di Pierro (intervenuto a favore del Pli) e aveva "esplicitamente disconosciuto l'asserita riunione tenuta dal sig. De Luca e la conseguente delibera del 5 agosto 2022", negando che fosse "in alcun modo riferibile al Partito Liberale Italiano" e revocandola - al pari di ogni atto compiuto da De Luca nel ruolo da lui rivendicato - per ogni evenienza, oltre a prendere atto "della definitività della espulsione irrogata al Sig. De Luca per omessa impugnazione nel termine di cui all’art. 24 c.c.". Non volendo riconoscere a De Luca "qualsivoglia rappresentanza o funzione" e volendo reagire alle azioni (ritenute "di disturbo") dello stesso, Sorcinelli e Pasquali avevano chiesto di nuovo al tribunale di Roma di ordinare a De Luca di smettere di usare il nome e il simbolo del Pli e di "cessare immediatamente qualsivoglia pubblicazione, informativa e/o comunicazione inveritiera, capziosa e tendenziosa con la quale tenti [...] di accreditarsi quale iscritto e/o titolare di cariche o financo 'presidente' del Partito liberale italiano";
Il giudice Maurizio Manzi (della XVI sezione civile del tribunale di Roma) il 12 luglio 2023 aveva accolto il ricorso del Pli, pur sottolineando che - come eccepito da De Luca nella sua difesa - non si poteva chiedere nuova tutela cautelare "a fronte di un quadro fattuale sostanzialmente immutato" (essendo necessario l'emergere di fatti nuovi per rivalutare la situazione) e ritenendo che al tempo della precedente ordinanza la delibera del consiglio del 5 agosto fosse valida ed efficace. Il magistrato aveva infatti rilevato che la delibera del 23 giugno 2023 - con cui lo stesso organo aveva disconosciuto la "revoca" del 5 agosto 2022 - doveva considerarsi un fatto nuovo sopravvenuto, sufficiente non a far dichiarare decaduto ed espulso De Luca, ma almeno a fondare il fumus boni iuris del Pli guidato da Sorcinelli e Pasquali (e a far ritenere che, in un clima molto più litigioso e in potenziale peggioramento, il diritto rivendicato dovesse essere protetto subito in via cautelare per non rischiare di comprometterlo del tutto, a tutela "degli interessi patrimoniali del partito nonché a presidio del tessuto ideologico e di credibilità dello stesso").

4) Insoddisfatto dell'esito dell'ordinanza, Stefano De Luca presentò di nuovo reclamo, ritenendo che il primo giudice avesse commesso errori di valutazione. Il collegio della XVI sezione civile (specializzata in materia d'impresa) del tribunale di Roma, presieduto dalla giudice Mazzaro - che aveva già steso l'ordinanza di maggio-giugno - e avente come estensore Guido Romano (lo stesso che aveva dichiarato il "consiglio nazionale" della Democrazia cristiana del 30 marzo 2012 e che nel 2016 aveva disposto la convocazione dell'assemblea degli iscritti della Dc su richiesta del preteso 10% degli iscritti), il 25 settembre 2023 (con pubblicazione il 15 gennaio 2024) accolse il reclamo (si tratta della seconda ordinanza citata nella nota degli avvocati De Luca e Ardone). Ritenendo corretto applicare anche in quel giudizio cautelare ciò che era già stato indicato nell'ordinanza di reclamo precedente circa l'inesistenza della deliberazione di un organo di un'associazione (sostenendo che vi fosse spazio qualora quella deliberazione non fosse stata in alcun modo imputabile al partito), il collegio osservò che - come evidenziato da De Luca in sede di reclamo - alla riunione del 12 giugno 2023 del consiglio nazionale non avrebbe "partecipato alcun soggetto riconducibile al Partito liberale, in quanto tutti i soggetti che compaiono nel relativo verbale erano stati precedentemente espulsi o comunque non più iscritti all'associazione".
Ciò non sarebbe bastato a far dichiarare inesistente la delibera di revoca delle decisioni del 5 agosto 2022, ma per i giudici era sufficiente a far ritenere, incidentalmente e in sede cautelare, che quella delibera non potesse "essere idonea a regolare i rapporti all’interno dell’associazione" e comunque non fosse un "fatto nuovo" per fondare il potenziale diritto del Pli rappresentato da Sorcinelli e Pasquali a ottenere l'inibitoria nei confronti di De Luca. Questi, tra l'altro, non sarebbe stato convocato alla riunione del 12 giugno 2023 e ciò per i giudici, oltre che motivo di potenziale illegittimità della delibera, era "ancora più grave se si pone mente al fatto che il predetto sarebbe stato espulso proprio attraverso l'adozione di tale deliberazione". Tra le conseguenze di queste riflessioni, per il collegio c'era il fatto che De Luca - sia pure con rilievo probabilmente da riferire al giudizio cautelare - rivestiva "ancora la carica di Presidente del'Associazione" e non gli si poteva "vietare di comportarsi come legale rappresentante del Partito Liberale" (anche se i precedenti non univoci della disputa giuridica relativa al Pli hanno indotto i giudici a compensare le spese). 

5) A luglio del 2023, in compenso, Stefano De Luca aveva agito a sua volta contro il Pli, basandosi sulla prima ordinanza collegiale ricordata (quella che aveva respinto il ricorso del Pli rappresentato da Sorcinelli e Pasquali ritenendo non inesistente e tuttora efficace il deliberato del consiglio nazionale del 5 agosto 2022). Rivendicando su tale base la permanenza nel proprio ruolo di presidente nonché la validità del Congresso del 7-9 ottobre 2022 da lui indetto (e da cui sarebbe uscito confermato presidente), De Luca aveva chiesto innanzitutto la nomina di un curatore speciale per il Pli (nominato effettivamente dal giudice Manzi dopo la seconda ordinanza collegiale appena ripercorsa, nella persona dell'avvocato Luigi Amerigo Bottai), per poi domandare che la delibera del 23 giugno 2023 fosse dichiarata inesistente perché non riferibile al Pli o fosse sospesa per la sua sospetta nullità; aveva chiesto anche di dichiarare che "l'unica persona con ruoli e poteri di rappresentanza del Pli" era lui stesso, non invece Sorcinelli e Pasquali. 
Il 21 aprile 2024, tuttavia, il giudice Manzi ha dichiarato inammissibile la richiesta di dichiarare inesistente o sospendere la delibera del 23 giugno 2023: dopo la seconda ordinanza collegiale (prima richiamata), "avrebbe dovuto attendersi la decisione" di primo grado del tribunale sul punto, senza chiedere altre tutele cautelari; in più, per il giudice non era mutato "il quadro fattuale rispetto a quello" valutato nella stessa ordinanza collegiale pubblicata a gennaio, quindi non c'era motivo di prendere altri provvedimenti cautelari (il giudice peraltro ha considerato "irrituale" anche la richiesta del curatore speciale del Pli di far dichiarare il difetto di poteri di De Luca per la mancata impugnazione della sua esclusione dal partito entro sei mesi, perché questo avrebbe ampliato l'oggetto della decisione del procedimento).

6) Stefano De Luca ha scelto di opporre reclamo contro l'ordinanza appena commentata, richiedendo ancora una volta l'intervento di un collegio di giudici: come presidente è stato indicato di nuovo Di Salvo (presidente di sezione), Flora Mazzaro era di nuovo membro della triade, mentre l'estensore era Paolo Goggi (autore a sua volta - nel 2022 - di un paio di pronunce in materia di Democrazia cristiana e scudo crociato). Questo nuovo collegio di seconde cure ha accolto il reclamo di De Luca, in un'ordinanza del 24 luglio 2024 (pubblicata il successivo 5 agosto, stessa data del consiglio nazionale difeso da De Luca), terzo provvedimento indicato nella nota degli avvocati De Luca e Ardone.
L'ordinanza collegiale ha richiamato il provvedimento con cui - ai fini di quel procedimento e della valutazione della concessione di misure cautelari - il 15 gennaio 2024 si era ritenuta probabilmente inesistente o invalida la deliberazione del 23 giugno 2023; ha però ricordato che quella stessa pronuncia era legata a un procedimento precedente (avviato da Sorcinelli e Pasquali in nome del Pli) e che i principi giuridici richiamati in quel contesto dovevano "essere applicati anche nel caso di specie al fine di valutare, questa volta in via diretta e non meramente incidentale, l’esistenza e la validità della delibera in oggetto". Se dunque la precedente ordinanza collegiale aveva espresso dubbi sull'esistenza della riunione/delibera del consiglio nazionale  del 23 giugno 2023 solo per ritenere non fondata la richiesta del Pli di adottare provvedimenti cautelari nei confronti di De Luca, in questo caso i giudici hanno ritenuto - sulla base della stessa previsione di inesistenza o invalidità - che la richiesta di tutela cautelare di De Luca dovesse essere "accolta integralmente", "con conseguente accertamento della inesistenza della deliberazione del Consiglio Nazionale del Partito Liberale Italiano del 23.06.2023".
 
7) In quello stesso procedimento originato dal reclamo e proprio sulla base dell'ordinanza collegiale appena ripercorsa, in pendenza del giudizio di merito De Luca aveva chiesto allo stesso tribunale di ordinare a Sorcinelli e Pasquali di astenersi dal qualificarsi come rappresentanti del Pli, "cessando qualunque comportamento pubblico o privato possa ingenerare nei terzi, e in particolare negli aderenti al Pli, il convincimento che i medesimi sono i legittimi rappresentanti del Pli" [nel frattempo, tra l'altro, si erano celebrate varie elezioni, comprese quelle regionali sarde, in cui il partito aveva presentato proprio liste, anche con altre forze politiche, ndb], di fornire tutte le informazioni sulla tesoreria (e di provvedere al rendiconto della gestione) e di trasferire allo stesso De Luca le credenziali dei canali social e del sito del partito, ritenute necessarie per poter diffondere pubblicamente le proprie posizioni politiche a nome del Pli; lo stesso ordine veniva richiesto nei confronti delle società fornitrici dei relativi servizi internet.
Il collegio, presieduto sempre da Di Salvo e di nuovo con Goggi relatore, l'11 dicembre 2024 ha rigettato le richieste di De Luca. La decisione sembra fondarsi su una questione molto tecnica, cioà sulla possibilità di applicare il procedimento d'attuazione di un provvedimento cautelare (regolata dall'art. 669-duodecies del codice di procedura civile, per cui "[...] l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare avviene sotto il controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare il quale ne determina anche le modalità di attuazione e, ove sorgano difficoltà o contestazioni, dà con ordinanza i provvedimenti opportuni, sentite le parti. Ogni altra questione va proposta nel giudizio di merito") anche ai provvedimenti d'urgenza che hanno sospeso la deliberazione di un organo associativo e, in particolare, al caso concreto. Per i giudici quel procedimento in astratto sarebbe stato applicabile, ma occorreva considerare che la sospensione della delibera del consiglio nazionale (23 giugno 2023) ritenuta probabilmente inesistente aveva già prodotto "una situazione giuridica nuova, sostanzialmente analoga a quella precedente" (perché quella delibera, pur esistente e ancora valida, è stata privata temporaneamente dei suoi effetti) e che in sede cautelare il giudice poteva solo determinare le "modalità di attuazione sulla base del dictum cautelare, senza alcun potere integrativo": in concreto, gli ordini richiesti da De Luca con il suo ricorso non sono stati ritenuti "direttamente desumibili dal provvedimento cautelare di sospensione, che di fatto verrebbe ad essere integrato e non meramente attuato" (per cui il ricorrente, se quegli ordini fossero stati disposti, avrebbe potuto ottenere qualcosa di "non previsto dal provvedimento cautelare di sospensione e non ottenibile neanche all’esito del giudizio di merito", volto solo a far dichiarare inesistente o invalida la delibera del 23 giugno 2023). Di più, per il collegio il tribunale nemmeno alla fine di quel giudizio di merito avrebbe potuto obbligare Sorcinelli e Pasquali "all'esecuzione di un facere infungibile" (nel senso che occorrerebbe comunque la collaborazione dei soggetti per ottenere quel risultato) non previsto dal provvedimento cautelare di cui si chiedeva l'attuazione.
 
8) Da ultimo, Stefano De Luca nel mese di gennaio si è rivolto di nuovo al tribunale civile di Roma, con un nuovo ricorso ex art. 700 c.p.c. contro Sorcinelli e Pasquali, riformulando in sostanza buona parte delle domande - astensione dal vantare le qualità di segretario e presidente del Pli, trasferimento delle informazioni di tesoreria e rendiconto, con sanzioni in caso di inadempimento - già presentate in sede di attuazione del provvedimento cautelare dell'agosto 2024 (e respinte con l'ordinanza richiamata subito sopra); il ricorso era però anche rivolto alle società Meta e Aruba, perché il tribunale potesse ordinare loro di "resettare le credenziali di tutti i canali di comunicazione" web del partito, fornendone di nuove a De Luca, "data l'acclarata indisponibilità di Sorcinelli e Pasquali" (così si legge nell'ordinanza) a trasferire al ricorrente l'accesso. Sorcinelli e Pasquali avevano chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile (per l'intervenuta "destituzione" dalla carica di presidente ed espulsione di De Luca) o comunque infondato (anche per il fatto che la questione era già stata affrontata in altre sedi).
Sulle domande si è espresso di nuovo il giudice Maurizio Manzi, con un'ordinanza composita (). Da un lato egli ha respinto le richieste di inibitoria nei confronti di Sorcinelli e Pasquali, ribadendo quanto già deciso dall'ordinanza di dicembre 2024 (la delibera del 23 giugno 2023, sospesa provvisoriamente, già non produceva più effetti e non si poteva invocare "l'adozione di un pronunciamento cautelare parallelo di natura anticipatoria - a mezzo della richiesta di specificare chi sia l’unico legale rappresentante dell’organizzazione di partito - nelle more dell'adozione delle pronuncia di merito". Il provider Aruba aveva già provato di non avere più rapporti con il Pli (non essendo più né il registrar del dominio del sito www.partitoliberale.it, né il fornitore del servizio di hosting del sito stesso), dunque anche nei suoi confronti il ricorso è stato respinto. Quanto alla società Meta Platforms (fornitrice, tra l'altro, delle piattaforme social Facebook e Instagram), aveva chiesto di essere estromessa dal procedimento, dichiarandosi disponibile a ottemperare "alla ordinanza che fosse stata emessa": su tale base, il giudice le ha ordinato "di apportare le modificazioni richieste (ponendo in essere le condotte volte a tener conto dei mutati assetti nella direzione del partito) nell'arco temporale intercorrente fra la proposizione della istanza cautelare sino alla adozione della pronuncia di merito in prime cure (salva la valutazione, per l’arco temporale successivo, delle statuizioni adottande in sede di giudizio di cognizione ordinaria di primo grado)". Sulla base di quest'ordine può spiegarsi il "passaggio di mano" - dal 10 giugno - dell'amministrazione della pagina Facebook del Pli (mentre chi si riconosce nella presidenza di De Luca ha costituito un diverso sito - www.partitoliberaleitaliano.org - non potendo accedere a quello sotto il dominio storico www.partitoliberale.it, attivo almeno dal 2001, tuttora amministrato da chi si riconosce nella leadership di Sorcinelli e Pasquali); risulta peraltro che l'ordinanza sia oggetto di reclamo, del quale ancora non si conosce l'esito.
 
Ricostruito - si spera nel modo meno incompleto possibile - il quadro delle ordinanze emesse finora, ci si limita a poche osservazioni (senza entrare in commenti). Da un lato, si è di fronte a otto decisioni - se non è sfuggito qualcosa - tutte di natura cautelare e, come tali, provvisorie e transitorie: le sentenze di primo grado dei rispettivi giudizi di merito, ove si arrivasse alla loro emissione, potranno quindi decidere in modo diverso a seguito di una cognizione piena e non "a prima vista". Dall'altro lato, è altrettanto vero che quelle stesse ordinanze (in particolare le tre collegiali di reclamo, indicate ai punti nn. 2, 4 e 6, nonché le decisioni più recenti ai punti nn. 7 e 8) esistono, producono effetti e, fino al loro eventuale superamento, occorre tenerne conto.
Va inserita in questo contesto la "doppia convocazione" del XXXIII congresso del Pli, che assai probabilmente genererà nuovi contenziosi. Questi, come quelli già avviati (e tuttora pendenti con riguardo al merito), finiranno per riguardare anche l'uso del nome e del simbolo del partito: non tanto la titolarità di quei segni di identificazione, quanto la legittimazione a utilizzarli. L'art. 25 dello statuto precisa che "[i]l Presidente e il Segretario Nazionale hanno disgiuntamente la rappresentanza legale del Partito nei confronti dei terzi ed in giudizio, e sono i custodi ed i responsabili del logo e del simbolo del Partito" e gli stessi "esercitano la facoltà di concedere le deleghe per l’utilizzo del logo e del simbolo, su richiesta degli organi territoriali del Partito per uso elettorale e/o propagandistico ed in ogni altra occasione". Chi dunque si ritiene legittimamente segretario o presidente rivendica per sé l'uso legittimo del simbolo, negando che altri soggetti possano essere titolati. Si resta dunque in attesa degli sviluppi della questione politica e - soprattutto - giuridica, per poterne dare conto e aiutare la comprensione.

venerdì 13 giugno 2025

Più Uno, se il progetto di Ruffini richiama subito l'Ulivo

L'effetto del passato che si riaffaccia, o almeno l'impressione che sia così, in francese ha il suono morbido - pure se contratto - del déjà vu. Meno morbida e meno poetica, ma sempre più diffusa è la sensazione di "già visto" in campo politico. Sarà che spesso riappare chi - anche solo per poco tempo - ha fatto parte delle cronache, dei commenti e persino dei "retroscena", sarà che le proposte di programma su vari temi raramente sono originali (ammesso che ciò sia possibile e, soprattutto, ragionevole) e che persino i nomi e le grafiche con cui ci si dovrebbe distinguere finiscono spesso per somigliarsi; sta di fatto che molte persone credono sovente di trovarsi di fronte all'ennesimo politico o partito fotocopia. Quel giudizio, ovviamente, può essere  tanto ingeneroso quanto devastante, potendo minare dall'inizio la strada di un progetto politico. 
In certi casi però la memoria dei #drogatidipolitica si attiva immediatamente ed è difficile lasciare da parte il pensiero che quell'attivazione sia stata espressamente voluta da chi ne ha creato le condizioni. Difficile pensare a qualcosa di diverso, in particolare, guardando la grafica, diffusa solo qualche manciata di ore fa, per il progetto politico legato al nome di Ernesto Maria Ruffini, sino alla fine dello scorso anno direttore dell'Agenzia delle entrate, dimessosi  senza risparmiare polemiche verso chi dipingeva la scelta di combattere l’evasione come "una scelta di parte e addirittura qualcosa di cui vergognarsi". Già prima delle dimissioni si era iniziato a parlare di Ruffini come persona potenzialmente in grado di "riorganizzare un centro, dare forza a un centro del centrosinistra, diventare l'atteso 'federatore' del campo largo" (così aveva scritto Marco Iasevoli su Avvenire). Dopo le smentite, è arrivato un atto concreto: il 1° marzo è stata costituita l'associazione Più Uno, con sede a Roma in viale Carso, avente tra i suoi scopi, come si legge all'art. 3 dello statuto, "attivare, convogliare e catalizzare lo straordinario potenziale civico esistente nel nostro paese e mettere in rete esperienze di impegno civile, impegno che è necessario per dare una prospettiva condivisa alle sorti del nostro sistema democratico", nonché "favorire l'impegno sociale e far riscoprire i legami e le responsabilità verso la comunità, quali fondamento di libertà e orizzonti in grado di superare i confini e destini dei singoli", sostenere "la costruzione di una società improntata al bene comune e al benessere collettivo, impegnandosi fin da subito a creare spazi di confronto e proporre nuove idee" per migliorare la qualità del dibattito politico, riavvicinare i cittadini al confronto civile e alla partecipazione. Tutto ciò vedendo nell'integrazione europea "l'unico percorso perseguibile di pace e benessere del popolo europeo, [...] in cui l'Italia deve tornare ad essere protagonista ai capofila ispirandosi ai principi fondamentali alla base della nostra costituzione" e volendo valorizzare "lo straordinario lavoro di organizzazioni no-profit che ogni giorno sostengono le crepe sociali e le fragilità umane nelle periferie delle città e affrontano anche le problematiche che attraversano i centri della città".
Fin qui e nei molti altri propositi non è difficile ritrovare le caratteristiche di un progetto politico (nel senso più ampio e, volendo, più nobile del termine) di matrice cristiana e democratica: ciò non stupirebbe nemmeno troppo, anche considerando che il padre di Ruffini, Attilio, era stato a lungo deputato della Democrazia cristiana e che uno dei fratelli, Paolo, come giornalista ha avuto una lunga esperienza alla guida - oltre che di Rai3 - di Tv2000 e del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede. Poi però lo sguardo cade sulla grafica che è stata scelta per il nome dell'associazione: appena si vedono quelle sei lettere in carattere bastoni blu e con l'accento rosso, è quasi impossibile non ripensare subito all'Ulivo concepito visivamente per Romano Prodi da Andrea Rauch nel 1995 (la genesi è stata raccontata a questo sito dallo stesso autore con dovizia di particolari). 
Ancora di più, riesce quasi impossibile credere che quel rimando non sia stato scientemente voluto. Innanzitutto la costituzione dell'associazione Più Uno va di pari passo con la pubblicazione del libro omonimo, edito da Feltrinelli, dal contenuto chiaramente politico. Il carattere impiegato in copertina (New Century Schoolbook), tuttavia, è coerente con quelli impiegati dall'editore per tanti altri suoi volumi; è invece ben diverso dal Futura Black usato ora per comporre il logotipo dell'associazione e anche i colori che tingono il testo somigliano davvero moltissimo al blu e al Rosso senti da Rauch nel 1995. A onor del vero, il sito più.uno riporta una grafica simile a quella della copertina, con i cerchi colorati che si sovrappongono (a qualche drogatodipolitica incallito potrebbe tornare in mente anche il varo grafico di Italia unica di Corrado Passera, ma l'esito un poco felice ne sconsiglierebbe il richiamo).
La sensazione che il rimando alla stagione rivista sia tutt'altro che casuale aumenta considerando le parole pronunciate da Ruffini alla sua ultima partecipazione a DiMartedì, il 10 giugno, intervistato da Giovanni Floris: "Son cresciuto con i comitati per l'Ulivo: sono stati una stagione straordinaria, senza nulla togliere ai partiti". Lo stesso strumento immaginato "per riportare le persone a partecipare, a sentirsi coinvolte, ad essere in qualche modo partecipi di un sogno futuro", vale a dire i Comitati "Più Uno", che Ruffini vorrebbe far nascere in ciascuna delle province italiane per essere promotori "di partecipazione politica, di discussione e di voto consapevole", non possono che ricordare i Comitati per l'Italia che vogliamo alla base dell'esperienza prodiana citati dallo stesso ex direttore dell'Agenzia delle entrate.
Chi conosce e ricorda bene le vicende della politica italiana successiva nel 1994, del resto, sa bene che le parentele grafiche con l'Ulivo non costituiscono certo una novità. Nel 1999, infatti, pochi mesi dopo la caduta per un voto del suo (primo) governo, Romano Prodi si convinse a costituire un proprio partito in tempo per partecipare con una lista alle elezioni europee, un po' per andare alla conta (a dispetto dei piani altrui) e un po' per preparare il futuro. Alla fine si decise - probabilmente su indicazione di Arturo Parisi - di utilizzare l'asinello come simbolo per il nuovo partito-lista e di usare il nome "i Democratici", senza alcun riferimento esplicito all'Ulivo (da ricostruire con il tempo); nonostante questo, all'agenzia Advcreativi di Ancona che fu incaricata di dare forma al simbolo fu abbastanza chiaro fin dall'inizio - come ha dichiarato a questo sito il suo fondatore, Francesco Cardinali - "che il lettering del simbolo doveva restare lo stesso dell'Ulivo".
L'Ulivo fu comunque recuperato nel 2001 per contrassegnare la coalizione guidata da Francesco Rutelli (che non ebbe però la stessa fortuna del 1996) e nel 2004 con una leggera variante - Uniti nell'Ulivo, con il ridisegno del simbolo affidato a Bruno Magno - per distinguere alle europee la lista unitaria di Ds, Margherita, Sdi e Repubblicani europei. Nel 2005, però, nell'ultimo anno della legislatura, si iniziarono a scaldare i motori per le regionali dello stesso anno e guardando soprattutto alle politiche dell'anno successivo: si iniziò quindi a preparare una coalizione larga, anzi larghissima, che potesse contenere tanto Fausto Bertinotti quanto Clemente Mastella. La leadership di Prodi sarebbe stata confermata in autunno con le primarie della coalizione, ma già il 10 febbraio fu presentato pubblicamente il simbolo dell'Unione, con l'emiciclo parlamentare tinto dei colori dell'arcobaleno e il nome scritto con lo stesso carattere dell'Ulivo, ma stavolta colorato di verde (ma sempre con un apostrofo rosso, tutto obliquo stavolta).
E se alla scelta del nome pare abbia lavorato Annamaria Testa a Milano, a dare forma al simbolo era stata ancora una volta la Advcreativi di Cardinali, che sull'Unità dell'11 febbraio 2005 (il giorno dopo la presentazione del nuovo emblema) aveva concorso a spiegare la genesi della grafica. Grafica arcobaleno che paradossalmente finì sulle schede delle elezioni regionali del 2005, ma non su quelle delle elezioni politiche del 2006 (tranne che in Alto Adige e nella circoscrizione Estero), visto che la nuova legge elettorale consigliava di colpire in coalizioni multiliste.
Dopo quell'evento elettorale - e il naufragio del secondo governo Prodi - rimase solo il rametto dell'Ulivo, inserito obtorto collo nel simbolo del Partito democratico da Nicola Storto (e mantenuto fino a oggi contro la volontà di colui che lo disegnò, cioè Rauch). Ora che il Pd non è più quello di Matteo Renzi ma continua a essere oggetto di critiche, soprattutto da parte dei moderati, sembra pronto a partire qualcuno che spera di intercettare - come federatore o ricostruttore - varie sensibilità dell'area progressista, magari rievocando lo spirito del 1995-96 anche grazie ai colori. Chissà se Più Uno diventerà partito e se i colori dell'Ulivo conviveranno con quel che resta del rametto in due simboli diversi...

lunedì 9 giugno 2025

Nuoro, simboli e curiosità sulla scheda


Dei sei comuni della Sardegna chiamati al voto tra ieri e oggi, il solo comune superiore è anche capoluogo di provincia: Nuoro. Si è tornati alle urne dopo le dimissioni, poco più di un anno fa, del sindaco Andrea Soddu, eletto per la prima volta nel 2015 e sostenuto in entrambi i casi da una coalizione civica (anche se nel 2019 era stato candidato alle europee per il Partito democratico e lo scorso anno si è presentato alle regionali a sostegno della candidatura di Renato Soru). A contendersi, dopo un anno di amministrazione commissariale, il ruolo di sindaco saranno quattro candidati, sostenuti in tutto da 15 liste. Si tratta di una contrazione rilevante rispetto alle elezioni del 2020 che avevano visto sfidarsi sette aspiranti sindaci e 23 simboli di lista.
 
* * *
 

Lisetta Bidoni

1) Progetto per Nuoro

Per quanto possa sembrare incredibile, il sorteggio ha collocato in prima posizione la stessa aspirante sindaca indicata per prima cinque anni fa. Si tratta di Lisetta Bidoni, ex dirigente scolastica e sindacalista. Se nel 2020 aveva potuto contare sul sostegno di tre liste, questa volta - falliti i tentativi di far rientrare quella proposta all'interno del centrosinistra - Bidoni si ripresenta all'elettorato nuorese appoggiata da un'unica formazione civica, Progetto per Nuoro. Il simbolo è esattamente identico a quello schierato sulle schede 5 anni fa: un sole nasce da una stretta di mano (antico segno di sinistra o comunque della cooperazione per il sociale), con l'arcobaleno a completare la grafica. Si segnala l'uso dell'appellativo "sindaca", correttamente declinato al femminile.
 

Domenico Mele (noto Pannella)

2) Democrazia sovrana popolare

In seconda posizione si ritrova la candidatura di Domenico Mele, detto "Domenicheddu", ma sulle schede si ritrova addirittura l'espressione "noto Pannella". Mele, idraulico e già "schiaffeggiatore" del ministro Giulio Tremonti ai tempi del programma di Sky Uno "Gli sgommati", a dispetto della sua lunga militanza nel Psd'az, è sostenuto da una sola lista, presentata da Democrazia sovrana popolare. Il partito, guidato a livello nazionale da Marco Rizzo e Francesco Toscano, sta cercando di essere presente nel maggior numero possibile di competizioni e non stupisce di trovarlo anche a Nuoro; nel contrassegno, sotto alle tracce tricolori, il nome sembra meno spaziato per fare posto a una bandiera sarda sventolante e al nome del comune, scritto in verde e blu (i colori dello stemma) e con un curioso carattere "childish". Da segnalare la presenza, come capolista, di Maria Rosaria Randaccio, già candidata con Sardegna Zona Franca alle regionali del 2014 ed esclusa alle regionali nel 2024 per la bocciatura della lista Forza del Popolo
 

Giuseppe Luigi Salvatore Cucca

3) Nuoro. A capo - Cucca sindaco

La terza candidatura in ordine di sorteggio è quella di Giuseppe Cucca, avvocato, già segretario regionale Pd, poi senatore di Italia viva e attualmente segretario regionale di Azione. Dopo una prima dichiarazione di indisponibilità a candidarsi, si presenta sostenuto dalla coalizione "Solo Nuoro", di cui fanno parte 6 liste. La prima, Nuoro. A capo - Cucca sindaco, è la sola a contenere nel simbolo un riferimento al candidato. I colori dominanti sono sempre verde e azzurro (che peraltro ricordano almeno in parte quelli di Azione) e tingono in sfumatura anche i raggi di una sorta di sole stilizzato. Sotto al nome del candidato e al nome della lista compare anche la dicitura "Un'Altra Sardegna" (il gruppo di Roberto Capelli, ex senatore Cd ed ex consigliere regionale), mentre in basso c'è un accenno di fascia tricolore leggermente ondulata. 
 

4) Partito sardo d'azione

L'unico simbolo di partito che appare all'interno delle liste della coalizione che sostiene Cucca è quello del Partito sardo d'azione, che come a livello regionale si mostra vicino a un candidato scelto anche dal centrodestra (i cui partiti tuttavia hanno scelto di non apparire in modo diretto, come si vedrà). Il contrassegno utilizzato, ovviamente, contiene il fregio della bandiera dei Quattro Mori che da sempre caratterizza il Psd'az, senza che stavolta sia presente alcun riferimento testuale o locale, com'è accaduto in altre competizioni elettorali.  
 

5) Forza Nuoro al centro

Terza lista delle coalizione su cui può contare Cucca è Forza Nuoro al centro, che è stata presentata - a quanto si apprende - da Forza Italia (come poteva intendersi in parte dal nome scelto) e dall'Udc. Nessuno dei due simboli di partito compare nel contrassegno di lista, vista la scelta di proporsi essenzialmente in chiave civica. Come grafica è stato scelto il profilo della Sardegna, colorato di blu scuro, con una stella concava che brilla dal centro dell'isola, collocata su fondo azzurro chiaro; in alto c'è un accenno di tricolore, mentre sotto è collocato il nome della lista (scritto in Arial Black).  
 

6) SiAmo Nuoro

Come quarta lista della coalizione in appoggio a Cucca è stata sorteggiata SiAmo Nuoro, che all'interno del contrassegno è definita come "la lista civica di chi ama Nuoro": si tratterebbe, a quanto si sa, della formazione promossa dall'ex assessore regionale in quota Lega Pierluigi Saiu. Il simbolo declina in tutti i modi possibili il concetto di "SiAmo", inserendo tra la "i" e la "a" del nome un piccolo cuore bianco, collocato peraltro "all'incrocio" di un cuore blu sfumato, posto su un fondo verde (dunque anche qui si è fatto uso dei colori ufficiali cittadini). 
 

7) Cambiamo Nuoro ora!

Anche la quinta lista della coalizione che sostiene Cucca si presenta come civica: si tratta di Cambiamo Nuoro ora! Attraverso i media si apprende che la lista sarebbe stata organizzata da Fratelli d'Italia: concentrando lo sguardo sul contrassegno si può notare che il colore di fondo (tipo carta da zucchero) è praticamente identico a quello utilizzato da Fdi per il suo simbolo e lo stesso può dirsi probabilmente per il giallino che tinge le prime due parole del nome (scritto con un Helvetica Inserat e con le lettere leggermente sfalsate). Completa la grafica una striscetta tricolore un po' sfumata collocata tra la seconda e la terza parola della denominazione della lista. 
 

8) Riformiamo Nuoro

L'ultima lista della coalizione in appoggio a Cucca, che pure si presenta evidenziando una natura civica, è forse la più riconoscibile di tutti, guardando tanto al nome quanto al simbolo: Riformiamo Nuoro, infatti, è stata presentata dai Riformatori sardi, formazione quasi sempre presente alle elezioni locali in Sardegna. In particolare, il nome della lista somiglia molto a quello del partito; quanto al simbolo scelto, conserva l'arco tricolore a tre conci (pur molto più sottile rispetto al solito), il fondo blu scuro inventato a suo tempo da Giuliano Bianucci per il Patto Segni e anche le sei stelle, collocate come sempre nella parte inferiore.
 

Emiliano Fenu

9) MoVimento 5 Stelle

Quarto e ultimo candidato alle elezioni comunali nuoresi è Emiliano Fenu, parlamentare in carica del MoVimento 5 Stelle (ora deputato, senatore nella scorsa legislatura), sostenuto dal centrosinistra allargato al M5S. Ed è proprio quella del MoVimento la prima delle sette liste sul cui appoggio Fenu potrà contare. L'ultima versione del simbolo del M5S (con il riferimento al 2050 come anno della neutralità climatica) è stata inserita in un cerchio di colore blu scuro: all'interno della corona circolare trovano posto in alto il riferimento al candidato, in basso la dicitura "Ripartiamo insieme".  
 

10) Partito socialista italiano - Avanti Nuoro

La seconda lista estratta, all'interno della coalizione - denominata Ripartiamo insieme - presentata in appoggio a Fenu, è quella espressione del Partito socialista italiano, che ha inserito il suo simbolo ufficiale in una struttura più complessa, che inserisce in un segmento rosso l'espressione "Avanti Nuoro" (si tratta della grafica pensata per le liste allargate, ma senza l'immagine del garofano). Nel cerchio più grande rosso è ospitata anche la dicitura "Socialisti nuoresi", che però si ritroverà anche più avanti; in lista - oltre ad alcuni esponenti di Fortza Paris - c'è anche Monica Carta, segretaria provinciale Psi. 
 

11) Lista civica Uniti

Può facilmente qualificarsi come "lista del candidato sindaco" la formazione denominata Lista civica Uniti, che si tratteggia come "progetto nato dal basso, fatto di persone che credono nella partecipazione, nella giustizia sociale, nella tutela del territorio e nella forza delle comunità. Per una Nuoro che ascolta, che include, che riparte". Il simbolo è piuttosto semplice, con un cerchio bicolore azzurro (in alto) e rosso (in basso) racchiuso da un contorno bianco e rosso; nella parte azzurra è ricompreso il nome della lista, mentre in quella rossa sta il riferimento al candidato sindaco. In lista c'è pure Francesco Marco Guccini, già candidato sindaco nel 2020 per Nuoro Noi, Liberu e Città in azione. 
 

12) Sinistra futura

Torna sulle schede elettorali la lista Sinistra futura, già vista alle regionali come associazione di cultura politica costituita da ex esponenti di Articolo Uno e Sinistra italiana nel tentativo di proporre un percorso unitario per la sinistra sarda. Sotto al nome rosso torna dunque l'albero il cui tronco è in realtà un avambraccio con una mano aperta (per simboleggiare i lavori, l'accoglienza, l'armonia tra uomo e natura, nonché tra lavoro e ambiente); tra le foglie compare anche una stella rossa, che richiamare i valori della Costituzione repubblicana e antifascista. Sotto l'albero, nella terra stilizzata che contiene il riferimento alla candidatura di Fenu.
 

13) Alleanza Verdi e Sinistra - Socialisti nuoresi - Sinistra sarda

Ha presentato una sua lista anche Alleanza Verdi e Sinistra, espressione di forze che nel 2020 non erano formalmente presenti sulla scheda elettorale. Il simbolo è quello ben noto, ma va segnalato che al posto dell'espressione "Reti civiche" è stato inserito il riferimento ai Socialisti nuoresi (legati a Tonino Frogheri: come si vede la stessa dicitura è stata inserita nel contrassegno del Psi ed entrambe sono state ritenute ammissibili), mentre è stato aggiunto quello alla Sinistra sarda.  
 

14) Progressisti - Liberu

La sesta lista della coalizione che appoggia Fenu di fatto è una "bicicletta", che unisce i simboli dei Progressisti di Massimo Zedda e Liberu, che cinque anni fa aveva appoggiato la corsa elettorale di Guccini. La "bicicletta" è riprodotta anche sul piano grafico, con il logo dei Progressisti - la "P" con una freccia nella pancia - a sinistra (con l'aggiunta del riferimento alla città) e l'ideogramma - sullo stile dei graffiti rupestri presenti in Sardegna - di Liberu a sinistra, accompagnato come in passato dal nome integrale "Liberos Rispetados Uguales".   
 

15) Riformisti per Nuoro e Partito democratico

Chiude la coalizione presentata a sostegno di Fenu e la stessa scheda elettorale il contrassrgno composito che unisce i Riformisti per Nuoro e il Partito democratico. La prima formazione è stata promossa in vista di queste elezioni soprattutto da ex amministratori (Giampiero Barbagli, Ivo Carboni e Leonardo Moro), contrari al corso delle amministrazioni Soddu. Il cerchio interno contiene in alto il riferimento ai Riformisti (testo blu, fondo azzurro), in basso quello al Pd, con una "e commerciale" (&) a legare le due parti; la corona color amaranto contiene il riferimento al candidato Fenu. 

venerdì 6 giugno 2025

Socialismo XXI, da associazione a partito con un simbolo rinnovato

Il simbolo attuale
Il 14 giugno a Roma accadrà "qualcosa di socialista", nel senso che prenderà ufficialmente il via con un evento fondativo - battezzato come "congresso" - un nuovo partito di quell'area politica, anche se il suo percorso di fatto è iniziato vari anni fa in altre forme. Il luogo scelto per il varo di Socialismo XXI - così si chiama il partito nascente - è a suo modo storico: si tratta della sezione Libero De Angelis, alla Garbatella (via Edgardo Ferrati, 12), "uno dei non molti spazi legati alla militanza socialista a essere rimasti in mano a socialisti".
A parlare è Vincenzo Lorè, responsabile della comunicazione dell'associazione che si accinge a trasformarsi in partito e il cui attuale presidente è Luigi Ferro, avvocato penalista napoletano. Ci facciamo spiegare proprio da Lorè il percorso che ha condotto a questo nuovo inizio e di cui, in parte, questo sito si era già occupato in passato. "In effetti Socialismo XXI prende le mosse da un percorso iniziato nel 2016, attraverso il tam tam della rete, grazie ad alcuni contatti principali con cui scambiai opinioni e con cui, negli ultimi mesi dell'anno, si arrivò a concretizzare l'idea. Allora eravamo nel pieno della campagna che precedette il referendum costituzionale sulla 'riforma Renzi-Boschi' e io collaboravo con il costituzionalista Felice Besostri, cosa che ho fatto per ben quindici anni, curandogli anche il sito web. In quel periodo ci venne un'idea, che condivisi soprattutto con il compagno torinese Dario Allamano, purtroppo scomparso nel 2021, e Aldo Potenza, molto attivo in Umbria: perché non far sottoscrivere a tutti i membri delle varie associazioni e organizzazioni che si proclamavano socialiste un documento a favore del 'No' alla riforma e anche delle battaglie che Besostri e altri giuristi stavano conducendo contro l'Italicum, cioè la legge elettorale approvata nel 2015?"
Posto che in quel periodo, tra coloro che erano contrari alla riforma, si era creato un Comitato socialista per il No (presieduto da Bobo Craxi), l'idea di ottenere consenso su quel documento in area socialista era tutt'altro che scontata, considerando che il Psi figurava tra le forze politiche che avevano sostenuto tanto la riforma costituzionale quanto quella elettorale (pur con vari distinguo); in quel periodo, tra l'altro, il Partito socialista italiano attraversava una fase delicata, a causa di un congresso - celebrato a Salerno nel mese di aprile del 2016, con Riccardo Nencini confermato segretario - i cui effetti erano però stati sospesi dal Tribunale di Roma a settembre (e il reclamo di Nencini sarebbe stato respinto alla fine di dicembre) e Potenza era tra i dirigenti che avevano agito per invalidare gli atti di quel congresso (che poi sarebbe stato ripetuto in forma straordinaria a marzo del 2017). Non tutti coloro che si dichiaravano socialisti, in ogni caso, erano rimasti nel Psi: "La mia famiglia, della provincia di Taranto, è storicamente socialista - ricorda Lorè -. Ricordo quando, all'età di quattro anni, andavo a trovare mio padre in sezione e, sul televisore in bianco e nero posto molto in alto perché tutti potessero vederlo, attraverso un'aria satura di fumo vedevo Pietro Nenni con il basco. Io stesso sono stato iscritto alle varie formazioni socialiste di centrosinistra, poi non ho rinnovato l'iscrizione durante la segreteria di Riccardo Nencini. Ho così continuato a operare all'esterno del partito, insieme a persone che non condividevano per nulla il cammino impostato dallo stesso segretario".  
Una delle prime grafiche
Quanto accaduto nel 2016, inclusa la vittoria dei "No" al referendum costituzionale, indusse vari esponenti socialisti a immaginare di costruire qualcosa, innanzitutto conoscendosi e rimanendo in contatto (anche grazie al sito www.socialismoitaliano1892.it, diventato poi spazio web di riferimento di Socialismo XXI): "Tutto il 2017 - spiega Lorè - può considerarsi la fase embrionale di Socialismo XXI: in quell'anno di fatto ponemmo le basi per organizzare, attraverso la stessa rete creata nel 2016, l'assemblea generale che tenemmo il 24 marzo 2018 a Livorno, una città simbolica perché è vero che la storia non si ripete, ma il valore dei luoghi resta. Non eravamo certo dei big della politica e di fatto non ci conosceva nessuno, ma attraverso il nostro appello riuscimmo a portare in quella città simbolo quasi 300 persone da tutta l'Italia: cercammo di conoscerci meglio, per capire se potessero esserci le condizioni per avviare un percorso fondativo". Da quella giornata - intitolata significativamente Livorno 1921, aveva ragione Turati, - uscì un Comitato di garanti (composto da Potenza - indicato come coordinatore - Allamano, Lorè, Massimo Bianchi, Nicola Cariglia, Marzia Casiraghi, Segio Labonia, Bruno LoDuca, Turi Lombardo e Giampaolo Mercanzin) che iniziò a lavorare avendo come motto "Sempre Avanti verso il Socialismo del XXI secolo", per cercare di costruire e organizzare un Movimento per un Partito Socialista del e nel XXI secolo.
Protosimbolo provvisorio (feb 2019)
Il confronto sulle forme del percorso proseguì l'anno successivo, in una conferenza programmatica che si tenne, dopo alcuni incontri in varie città, dall'8 al 10 febbraio 2019 a Rimini, altro luogo simbolo e ricorrente nella storia del Psi. "In quell'appuntamento - ricorda Lorè - cercammo di gettare le basi di un socialismo adeguato ai tempi del XXI secolo. Proprio a margine di quella conferenza venne costituita Socialismo XXI come associazione: il nome completo era 'Rete di Circoli ed Associazioni per il Socialismo nel XXI secolo in Italia' e Potenza fu scelto come presidente. L'idea era di trasformarci, attraverso il contatto con altre associazioni, movimenti, gruppi, club e spezzoni di partito, in un soggetto politico nuovo, secondo quella che chiamammo, anche su mia proposta, l'Epinay italiana, avendo in mente il modello seguito appunto dai socialisti francesi alcuni decenni prima e che richiese vari anni per dare risultati tangibili, ma con la piena consapevolezza che il contesto del 1971 era profondamente diverso da quello che ci trovavamo ad affrontare".
La rete di contatti era giunta a contare oltre quaranta associazioni, anche se molte con il tempo si sono rivelate poco consistenti o espressione sostanzialmente di singoli soggetti. L'avvento della pandemia da SARS-CoV-2 di fatto ha bloccato tutto per molto tempo (soprattutto l'auspicato evento dell'Epinay italiana, immaginato a Genova nel 2020); solo nel 2023 i rappresentanti di una quindicina di gruppi sono finalmente riusciti a incontrarsi di nuovo in presenza a Roma. Ne è sorto un tavolo di concertazione, al quale hanno partecipato tra l'altro Socialdemocrazia-Sd, il Domani Socialista, Associazione Rinnovamento della sinistra, Area verso il Partito del lavoro e la stessa Socialismo XXI: l'idea - dopo l'esperienza del Comitato per l'unità socialista avviato nel 2020 - era di "costruire un nuovo soggetto politico di ispirazione socialista", attraverso "incontri, dibattiti, iniziative pubbliche, finalizzati alla nascita di un grande partito della sinistra in Italia", visto come realtà "aperta e inclusiva, che racchiuda in un'unica prospettiva lavoro, giustizia sociale, ecologia". "Abbiamo registrato vari segni di interesse, ma abbiamo anche preso atto della diversa intenzione da parte del Psi, che pure aveva partecipato al tavolo attraverso suoi rappresentanti; nonostante questo, confrontandoci con i nostri coordinatori regionali, abbiamo ritenuto opportuno compiere il passo successivo, cioè avviare la trasformazione dell'associazione in un vero e proprio partito, non piu precario ma stabile".
Il simbolo fino a ottobre 2024
Le ragioni di quella trasformazione si trovano, tra l'altro, in una lettera inviata dal presidente Ferro - eletto nel 2022 - agli aderenti a Socialismo XXI lo scorso 4 ottobre 2024: "Nelle diverse fasi politiche, sovente abbiamo registrato verso la nostra azione politica diffidenza, insofferenza, o meglio, una superficialità derivante anche dalla nostra attuale personalità giuridica. Superficialità manifestata da coloro che si definiscono socialisti. Da quando si è stabilito di partecipare alle campagne elettorali, non è stato semplice trovare un nostro spazio politico perchè i nostri alleati spesso ci rimproveravamo di essere una associazione ed in quanto tale priva di quei titoli necessari per partecipare agli incontri politici di carattere decisionale". Nel frattempo, peraltro, si sarebbero registrate difficoltà anche con riguardo alla partecipazione elettorale: in vista delle elezioni comunali del 2024, infatti, alcune articolazioni locali del Psi avrebbero minacciato contestazioni o azioni legali qualora Socialismo XXI avesse avuto intenzione di utilizzare il proprio simbolo sulle schede elettorali. Anche per questo, l'associazione ha concorso ad altre liste solo con il proprio nome (a Prato e Montemurlo) o comunque rinunciando al proprio fregio del garofano di Ettore Vitale stretto nel pugno (mutuato dal vecchio Psoe spagnolo e dall'Internazionale socialista), come sembra essere accaduto a Perugia nella lista Pensa Perugia (con riguardo al gruppo Socialisti per Perugia, che ha sostituito il garofano nel pugno con la Marianna).   
Il Partido Socialista argentino
Quei fatti, in ogni caso, hanno suggerito di intervenire sul simbolo, che nel mese di ottobre è stato modificato in modo che la nuova grafica non potesse finire oggetto di contestazioni o azioni legali: tanto il simbolo precedente quanto quello attuale, in ogni caso, sono stati depositati presso altrettanti notai. Il nuovo simbolo ha una struttura simile a quello precedente, in particolare la doppia corona rossa che ricorda inevitabilmente l'emblema disegnato da Filippo Panseca alla fine del 1983 e che era stata adottata nel mese di maggio del 2019. "Quella corona racchiude una rosa rossa con la foglia, che ricorda molto il fregio del Partido Socialista argentino, nonché un fascio di onde: in quest'ultimo elemento qualcuno potrebbe leggere un riferimento indiretto all'onda lunga di craxiana memoria, in realtà mi fa pensare soprattutto al concetto di rete o un mare mosso da cui la rosa sorge come se fosse un sole, un'idea di rinascita che introduce anche qualcosa di socialdemocratico in questa immagine".
Dopo il nuovo simbolo, è arrivato dunque il tempo di trasformare l'associazione in partito: "Non abbiamo sicuramente la velleità di rappresentare l'unico partito dell'area socialista in Italia - precisa Lorè - anche se naturalmente auspichiamo che si possa arrivare, con il tempo e i passaggi necessari, a intraprendere un cammino che porti una soluzione unitaria: noi non ci siamo mai tirati indietro e non abbiamo mai cambiato idea, sono altri casomai che hanno fatto sì che non si sia ancora arrivati a questo". Lo scenario politico italiano ormai non può più dirsi bipolare da tempo, ma la semplificazione "o di qua o di là" ha ancora qualche significato: in un tempo in cui i socialisti che si collocano dichiaratamente nel centrodestra - o, per lo meno, collaborano stabilmente con i maggiori partiti di quello schieramento - sono meno rispetto a qualche anno fa, come si pone Socialismo XXI? "Mi sento di dire, e credo che il mio pensiero sia condiviso tra chi ha scelto di intraprendere questo percorso, che Socialismo XXI è nato anche per fare definitivamente chiarezza sul fatto che la parte politica dei socialisti è una sola; anzi, forse qualcuno si è dimenticato che i socialisti sono la sinistra, e non certo in senso geometrico". Si vedrà, dunque, a cosa porterà questo nuovo inizio, sotto il segno della rosa e delle onde.