sabato 30 giugno 2018

Maddaloni, simboli e curiosità sulla scheda

Dopo una dovuta pausa per il viaggio nei comuni "sotto i mille", riprendiamo l'itinerario tra quelli sopra i 15mila abitanti che sono riusciti a eleggere un sindaco al primo turno. Questa volta tocca a Maddaloni, in provincia di Caserta, che è tornata alle urne pur avendo votato solo l'anno scorso: il sindaco eletto, Andrea De Filippo, si era infatti dimesso dopo un mese perché, pur avendo vinto al ballottaggio, non aveva ottenuto la maggioranza in consiglio, visto che la coalizione più votata (oltre il 50%) non era stato il suo centrodestra ma la compagine del suo principale avversario di centrosinistra, Giuseppe Razzano. Dopo un anno di commissariamento, il nuovo voto ha dato una maggioranza schiacciante a De Filippo, che consolidando ulteriormente le forze a suo sostegno ha raggiunto il 59,71% (la coalizione addirittura il 60,88%).

Andrea De Filippo

14) Maddaloni nel cuore

Proprio come l'anno scorso, la lista più votata all'interno della coalizione che ha sostenuto Andrea De Filippo è stata Maddaloni nel cuore, il progetto civico che probabilmente meglio rappresenta il sindaco rieletto: lo dimostra il 16,54% raccolto quest'anno, migliore dell'11,25% del 2017 (con la rappresentanza in consiglio passata da 3 a 5 eletti, ma questo è merito soprattutto dell'attribuzione del premio di maggioranza). Il simbolo è rimasto identico, con il cuore che contiene il profilo di Maddaloni - e l'andamento curvilineo e un po' deformato del cuore si trasmette anche alla silhouette - e una fascia arancione che lo cinge: un simbolo ben fatto e pulito.

9) Con De Filippo sindaco

Per trovare la seconda lista più votata della coalizione, occorre scendere di qualche punto: Con De Filippo sindaco, che si potrebbe definire "lista personale" del candidato sindaco anche se è difficile negare questo titolo anche a Maddaloni nel cuore, ha ottenuto infatti l'8,42% (e due consiglieri). Il simbolo è una new entry rispetto allo scorso anno; molto semplice, essenziale e pulito anch'esso, si pone in linea con le scelte cromatiche dell'emblema visto prima (anche se i colori scelti non fanno parte dello stemma o del gonfalone cittadino, per cui si sarebbe tentati di pensare che il candidato sia tifoso della Roma (cosa piuttosto improbabile...).

7) Cambiamo insieme

Al terzo posto, all'interno della compagine a sostegno di De Filippo, si è collocata la lista civica Cambiamo insieme. Quella formazione si era già vista alle elezioni dell'anno scorso, ma aveva scelto di sostenere la candidatura a sindaco di Luigi Bove: allora aveva ottenuto 5,92% e aveva eletto un consigliere. Questa volta, in appoggio a De Filippo, c'è stata una leggera flessione (5,8%), ma lo schieramento in maggioranza ha portato gli eletti a due; il simbolo non è cambiato, essendo rimasto il globo azzurro con una fascia arancione intorno e tre figure verdi che vi camminano sopra (emblema del "Patto per Maddaloni". Unica aggiunta, il riferimento al candidato sindaco poi vincitore.

6) Forza Italia

Il sorteggio l'aveva collocata per prima all'interno della coalizione, ma questa volta Forza Italia non è riuscita nemmeno a difendere la seconda posizione ottenuta l'anno scorso, con il 6,62%. Questa volta è arrivato il 5,68% e solo l'assegnazione del premio di maggioranza ha permesso a Fi di conservare i due consiglieri comunali conquistati giusto un anno prima. Sul piano grafico, se come di consueto il contrassegno è mutuato da quello utilizzato alle ultime elezioni politiche, decisamente da bocciare è l'uso di tre font diverse per il simbolo: Helvetica Black Condensed per "Berlusconi", Arial Black per "per" e Bastion - probabilmente - per "Maddaloni".

8) Unione di centro

Al quinto posto si trova la lista dell'Unione di centro, che c'era anche nel 2017 ma allora aveva sostenuto il candidato del centrosinistra; questa volta, invece, ha rinforzato la compagine a sostegno di De Filippo. Non è dato sapere se la collocazione sia stata leggermente dannosa, sta di fatto che la quota di voti è calata dal 6,74% al 5,36% e la rappresentanza si è dimezzata da due consiglieri a uno solo (benché in entrambi i casi la lista abbia goduto del premio di maggioranza). La lista si è presentata con lo stesso simbolo dell'anno scorso, cioè quello ufficiale nazionale, senza alcuna caratterizzazione territoriale o senza riferimenti al candidato sindaco.

12) Riscossa di Maddaloni

A ridotta distanza dall'Udc c'è la lista civica Riscossa di Maddaloni, simbolo invece che non era presente alle elezioni dell'anno scorso. L'emblema è piuttosto semplice, con il nome riportato su un tricolore a fasce orizzontali - al punto tale che, se non ci fosse una lista ufficiale di Forza Italia, si sarebbe tentati di pensare che si tratti di un gruppo di forzisti senza emblema - e con il concetto di "riscossa" in primo piano. Il conteggio finale ha consegnato alla lista una quota di voti pari al 5,14%, sufficiente a far entrare in consiglio - grazie ovviamente al premio di maggioranza - il candidato più votato, per cercare di dare corpo alla riscossa tanto ricercata.

11) Orienti-Amo Maddaloni

E' riuscita a entrare in consiglio comunale anche la lista civica Orienti-Amo Maddaloni, che per il nome ha scelto un verbo che consenta il già noto "gioco dell'amore", evidenziando - preferibilmente in rosso - il concetto di "amo" al suo interno (qui, tra l'altro, si poteva leggere addirittura "ti-amo", quindi l'effetto era moltiplicato). Il concetto di orientare era in qualche modo suggerito dal cerchio giallo tangente a una delle tre circonferenze, come in un tentativo di centrare un obiettivo; il legame territoriale era dato dal profilo in filigrana della Torre Artus del castello di Maddaloni. Con il 4,88%, la lista si è assicurata l'ingresso in consiglio con un eletto.

10) Maddaloni futura

E' ben possibile che, guardando questo simbolo, si abbia l'impressione di averlo già visto da qualche parte. E non vale semplicemente dire che l'emblema in effetti era già stato schierato l'anno scorso, sempre da Andrea De Filippo (allora aveva preso il 2,49%, senza ottenere rappresentanza in consiglio). Il fatto è che Maddaloni futura, voluta da Vincenzo Lerro, ricalca nell'idea della "f" in posizione di esponente il vecchio logo - per il resto diverso - di Italia futura di Luca Cordero di Montezemolo; erano originali invece il fondo a sfumature di blu e il tricolore a tracce di gesso. Con il 3,62% e il premio di maggioranza, in ogni caso, stavolta il seggio è arrivato.

13) ScegliAmo Maddaloni

Il "gioco dell'amore" è ritornato anche guardando il simbolo della lista civica ScegliAmo Maddaloni (quella, tra l'altro, dell'assessora uscente Maria Elena Trovato), con la particella "Amo" in puntuale - e rossa - evidenza rispetto al resto del nome e con l'amore e la scelta che sul piano elettorale sembrano un matrimonio inevitabile. Nell'emblema, sopra a un territorio tinto di un tricolore sfumato, appaiono le torri del Castello di Maddaloni, come segno territoriale ben riconoscibile. Il 2,96%, pur non essendo una percentuale particolarmente elevata, ha permesso alla lista di eleggere un proprio rappresentante in consiglio, essendo a tutti gli effetti parte della maggioranza.

15) Uniti per Maddaloni

L'unica formazione, tra quelle che hanno sostenuto la corsa di Andrea De Filippo, rimasta fuori dal consiglio comunale risulta essere Uniti per Maddaloni. Si tratta, almeno sul piano visivo, del simbolo più old style tra quelli in competizione: il disegno della veduta di Maddaloni, con la Torre ben in vista, sembra fatto a china, mentre è particolarmente spoglio e naif il gesto della stretta di mano posto nella parte inferiore del cerchio. L'anno scorso la lista aveva ottenuto il 2,79% e faceva parte della coalizione di centrosinistra; questa volta è andata a irrobustire il gruppo di De Filippo, ma ha apportato solo il 2,44%, dunque non ha eletto nessuno.

Bruno Cortese

5) Città di idee

Il secondo candidato più votato a Maddaloni, con il 20,49%, è risultato essere Bruno Cortese, la cui coalizione era decisamente più ristretta: non 10 liste come De Filippo, ma soltanto 4. Quella che ha riscosso maggiori consensi è stata la civica Città di idee, che giù aveva partecipato l'anno scorso in appoggio al candidato del centrosinistra Giuseppe Razzano e, con il 7,31% (e il premio di maggioranza), si era vista assegnare due consiglieri; la rappresentanza è rimasta intatta, anche se paradossalmente la percentuale si è alzata all'8,11%. Il simbolo è stato leggermente ritoccato (soprattutto sul piano cromatico, con il rosso che è diventato vermiglio), ma è rimasto il concetto della lampadina come sinonimo delle idee da mettere in campo.

4) Movimento Maddaloni green

Al secondo posto, all'interno della coalizione che ha sostenuto Cortese, si è posizionata la formazione Movimento Maddaloni green. L'associazione omonima - che ha in Cortese proprio uno dei suoi personaggi più rilevanti - è nata nel 2013 per "rendere partecipe e mobilitare la comunità intorno a progetti e idee di sviluppo attraverso un efficace piano di azione per fare di Maddaloni una città smart"; l'emblema con la superficie verde a pieghe, con tanto di ombre, sembra davvero ben fatto ed equilibrato sul piano grafico. Il 6,79% ottenuto, al di là della mancata vittoria, rappresenta un buon risultato e ha permesso la conquista di due seggi.

3) Maddaloni positiva

La terza lista - o penultima - in ordine di voti è la civica Maddaloni positiva. L'emblema non passa inosservato per avere in qualche modo rotto il "dogma" del cerchio, nel senso che il tricolore che si sovrappone al fondo sembra davvero avvolgere lo spazio del contrassegno (ma non è contro la legge, perché in ogni caso la grafica è stata ritagliata con forma circolare); quello stesso elemento tricolore, tra l'altro, ricorda da lontano quella sorta di deltaplano/aquilone immaginato da Cesare Priori per sostituire la bandierina di Forza Italia; del tutto originale, invece, il "+" che con due tratti sfumati dà l'idea della positività. Il 4,56% ha consentito alla lista di entrare in consiglio con un eletto.

2) Maddaloni è... civica

Nessun consigliere eletto, invece, per l'ultima lista rimasta del gruppo, Maddaloni è... civica: si tratta visibilmente di una "bicicletta" (anche se le due "pulci" con il nome posto "a sorriso" in basso sembrano piuttosto richiamare un'emoticon sorridente, per quanto da sorridere ci sia ben poco). A destra c'è il simbolo di Maddaloni è, che l'anno scorso aveva sostenuto Razzano ottenendo oltre il 3% (e un consigliere); a sinistra - sogno o son destro - è stato riesumato in parte il nastrino tricolore di Scelta civica per la miniatura grafica di Centro civico Campania, realtà che ha cercato di sostenere varie esperienze politiche a livello locale. Anche se la percentuale si è leggermente alzata (3,18%), l'appartenenza a una coalizione sconfitta non ha consentito l'elezione di consiglieri.

Concetta Santo

18) MoVimento 5 Stelle

Dopo due coalizioni più o meno ampie, Concetta Santo è la prima aspirante sindaca a essersi presentata sostenuta da una sola lista, quella del MoVimento 5 Stelle. L'anno scorso il M5S con il suo candidato alla guida del comune Giulio Carfora era arrivato ultimo (lui aveva ottenuto l'8,13%, la lista il 5,57%); questa volta Santo è arrivata terza pur ottenendo un po' meno (7,46%, mentre è cresciuto un po' il M5S: 6,47%) e, come l'anno scorso Carfora, lei è stata eletta in consiglio. Rispetto allo scorso anno, ovviamente, nel simbolo è cambiato soltanto l'elemento testuale inferiore: allora era Movimento5stelle.it, ora è quello visto a gennaio al Viminale, Ilblogdellestelle.it.

Angelo Campolattano

17) Partito democratico

Fa una certa impressione - bisogna ammetterlo - trovare solo al quarto posto tra i candidati quello sostenuto dal Partito democratico. Il fatto è che, in questo caso, Angelo Campolattano è stato sostenuto esclusivamente dalla lista del Pd, senza contare sull'appoggio di alcuna altra forza politica o amministrativa. Stupisce un po' meno allora che lui sia arrivato solo al 7,09%, ma non può non colpire il fatto che la lista dem si sia fermata al 6,11%, meno della metà del 15,52 ottenuto solo l'anno scorso. E il crollo non ha certo motivi grafici: tanto nel 2017 quanto quest'anno, infatti, si è impiegato soltanto il simbolo nazionale del partito (che passa dai 5 consiglieri del 2017 al solo candidato sindaco eletto). 

Mario Nicola D'Addiego

16) Progetto Maddaloni 2.0

Penultimo tra gli aspiranti alla carica di sindaco si è posizionato Mario Nicola D'Addiego, sostenuto solo dal suo movimento politico Progetto Maddaloni 2.0. Si tratta di una realtà nata vari anni fa, che ha cercato di mostrarsi molto attiva nel corso del tempo e senza farsi incasellare nelle categorie come "destra" o "sinistra". L'emblema era caratterizzato da una fascia/nastro tricolore (lo stesso presente nel simbolo dei Forconi di Calvani) in campo blu e, in basso, dalla consueta stilizzazione di famiglia, con le persone che si tengono per mano (e non a caso sotto è riportato l'hashtag #insiemesipuò, ma ci sono gli spazi di troppo). Il 4,39% raccolto da D'Addiego, però, non ha permesso al gruppo di entrare in consiglio.

Pasquale Giordano

1) Maddaloni con Giordano

In ultima posizione come candidato meno votato, benché il sorteggio gli avesse riservato la prima posizione, in alto a sinistra sulla scheda, è risultato essere Pasquale Giordano, sostenuto unicamente dalla propria lista Maddaloni con Giordano e considerato da più parti come "voce fuori dal coro", se non addirittura una "mina vagante" di questa competizione elettorale. Il carattere combattivo emerge anche dall'immagine scelta per il simbolo, un cavaliere che uccide un serpente (probabile reintepretazione dell'arcangelo Michele, patrono di Maddaloni). Lo 0,83% ottenuto, però, è lontanissimo dalla quota in grado di consentire l'elezione di un consigliere.   

venerdì 29 giugno 2018

Sotto i mille (2018): Molise e dintorni, terra di meraviglie (di Massimo Bosso e Gabriele Maestri)

Il manifesto di Salcito, comune top scorer: 650 elettori, 442 votanti, 11 liste
Il viaggio tra i comuni "sotto i mille" finora ha già portato alla luce un discreto numero di casi notevoli, tra orrori grafici, liste più o meno nazionali che tentano di acchiappare consiglieri sul territorio, formazioni nate giusto per evitare il commissariamento per mancato raggiungimento del quorum e simboli fotocopia presentati in più luoghi con una resa vicina allo zero. 
Eppure, anche questo mondo di piccole località in cui per presentare le liste non servono firme, un mondo sparso per tutta l'Italia e concentrato in certe zone, ha la sua wonderland: una vera "terra di meraviglie" in cui questo fenomeno sembra concentrato all'ennesima potenza, un paradiso per i drogati di politica a caccia di casi strani e particolari (un po' meno per i cultori della grafica politica, come si vedrà). Il centro di questa terra è rappresentato dal Molise e (in misura minore) dall'Abruzzo, ma i suoi confini si estendono anche in Lazio, Campania e Puglia, con qualche enclave persino in Calabria, a volerla cercare bene. 
In quei comuni, infatti, spesso si presentano molte liste formalmente civiche, in quantità ben superiore a quello che il numero di abitanti farebbe immaginare; i dati dello scrutinio che attribuiscono a quelle formazioni zero voti (o, quando va bene, giusto una manciatina, di solito meno consistente della lunghezza della lista) fa capire con una certa chiarezza che a presentarle sono stati candidati in gran parte estranei al paese al voto. L'impegno messo per partecipare alle elezioni sembra compensato da uno sforzo men che minimo sul piano grafico: i simboli più gettonati sono quelli con una generica e anonima scritta nera su fondo bianco (o, con un sommo sforzo creativo, giallo, azzurro o verde), ma per fortuna qua e là spuntano gradevoli eccezioni.

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Senza andare subito al cuore del fenomeno, partiamo con calma e andiamo per gradi. La prima tappa è in Lazio, precisamente a Campodimele in provincia di Latina: nella puntata precedente si è già detto che tra le cinque liste presentate due erano certamente legate a candidati locali, mentre erano simboli fotocopia quelli di Progetto popolare e L'Altra italia. A completare il quadro della scheda elettorale c'era anche un'alta lista civica, Federazione per le politiche del territorio: il nome fa almeno riflettere e il simbolo presenta qualche spunto visivamente interessante (a dispetto della grafica 0.0, con l'uso di una font che sembrava riservata ai progetti di architetti e ingegneri), con l'accostamento delle bandiere italiana ed europea; non deve avere convinto affatto gli elettori, in compenso, visto che nell'urna non ha raccolto nemmeno un voto.
Va leggermente meglio, ma proprio leggermente, alla terza e ultima lista presentata a Barete, in provincia dell'Aquila - e così siamo già in Abruzzo - che di voti ne ha ricevuti due. Qui, naturalmente, l'anomalia non è rappresentata dal numero delle liste (tre su 598 elettori non sono poche, in realtà, ma volendo ci possono stare), ma dal fatto che sia stata presentata una formazione quasi certamente sradicata dal territorio: difficile, obiettivamente, essere del posto e non andare oltre i due consensi. Già qui sono visibili gli effetti della politica di minimo sforzo grafico: il colore giallo dello sfondo è l'unico guizzo di creatività per un emblema il cui nome non è nemmeno centrato nel cerchio. 
Le liste ai nastri di partenza erano tre anche a Fallo, in provincia di Chieti. Anche qui la lista terza classificata, Siamo Fallo, è arrivata a una certa distanza dalle altre due, ma qui minimo di grafica c'era (il nome del gruppo sopra a una veduta del paese) e forse questo ha aiutato a conquistare se non altro 6 voti, pari al 6,38%. Posto che il quorum del 50% degli elettori non è stato superato (ci si è fermati a un'affluenza del 41,35%) questa terza lista non sarebbe comunque servita a evitare il commissariamento, visto che c'erano già altri due aspiranti sindaci a sfidarsi. Un briciolo di attenzione la merita anche la formazione vincente, quella del sindaco uscente (e riconfermato) Alfredo Pierpaolo Salerno: ha chiamato la sua lista Fallo in movimento e si sarebbe tentati di aggiungere "per lo meno da cartellino giallo", proprio come il fondo del suo cerchio (e la scritta è in rosso, si sa mai che fosse anche da ultimo uomo).
Spostandoci a Pietranico, nel pescarese, qui le liste erano quattro, ma evidentemente una sola era costituita da residenti o comunque da persone note in paese, per cui ha ottenuto il 91,03% (284 voti su 312 validi). Le altre tre liste hanno proposto simboli che definire minimal è fare un complimento: una delle formazioni, La nuova svolta, è comunque riuscita ad accaparrarsi i 28 voti restanti (l'8,97%) e si è aggiudicata i tre consiglieri di minoranza, mentre le altre due - Pietranico futuro e Voliamo tutti insieme, quest'ultima a fondo color carta da zucchero - sono rimaste inchiodate allo zero (come a dire che di futuro ce n'è poco e, per dirla con Gaber, "anche per oggi non si vola", né insieme né da soli).
Sembra fatto dallo stesso "grafico" che ha elaborato La nuova svolta il simbolo usato da La nuova realtà a Roccamorice, sempre in provincia di Pescara. Stessa scritta nera in Arial Bold sullo stesso fondo bianco: poca fantasia e ancor meno voti (5, lo 0,9%): è vero che non si è superato il quorum (ha votato solo il 29,08% degli aventi diritto), ma c'era un'altra lista oltre alla vincitrice, quindi la corsa verso la nuova realtà non aveva nemmeno quello scopo. Era sicuramente più elaborato e più gradevole di tutti quelli visti finora il simbolo della lista Sviluppo ambiente lavoro presentata a Turrivalignani, ancora nel pescarese: il sole che sorge (nessuna connotazione socialista o socialdemocratica qui) si fa guardare, ma non ha trovato molta fortuna nelle urne, avendo raccolto solo 4 voti (lo 0,69%) ed essendosi classificato terzo, a una distanza tale dalla lista seconda classificata da non riuscire a strappare nemmeno un seggio.

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Dopo l'antipasto di Lazio e Abruzzo, siamo finalmente pronti per la parte più ricca del viaggio, quello in Molisela regione meno popolosa d'Italia dopo la Valle d'Aosta, infatti, vede storicamente la presenza di moltissime liste esterne. E oltre a quelle in qualche modo riconducibili ad una regia comune, viste nell'articolo precedente, ci sono liste civiche davvero per tutti i gusti: facile ipotizzare che siano state presentate con fini diversi dalla ricerca di visibilità politica o dal desiderio di amministrare (e anche dall'evitare il commissariamento dei rispettivi comuni, visto che raramente i simboli sulla scheda sono solo due).
Dunque - in perfetto stile revival di Giochi senza frontiereAttention, prêts? Si parte da Campochiaro, in provincia di Campobasso: 666 elettori potevano scegliere tra otto liste (nel 2016, al precedente appuntamento elettorale, erano "solo" 5). Se tre formazioni erano riconducibili a candidati residenti e si sono effettivamente divise i dieci seggi in palio, sulla scheda gli abitanti hanno trovato anche Orgoglio Tricolore (un voto), Stella Popolare (neanche quello) ed altre tre civiche, tutte rimaste a zero: Voliamo insieme e Vivere insieme (con un minimo di impegno grafico per entrambe, ma almeno la prima si era già vista), nonché Voto libero (sforzo ridotto davvero a zero, con il nome in Times New Roman Bold Italic su fondo bianco).
Si è già detto qualcosa nel capitolo precedente di Macchia Valfortore, uno dei comuni in cui si sono presentati in combinata Orgoglio tricolore e Stella popolare, che qui peraltro non hanno raccattato nemmeno un voto. A Macchia ha votato solo il 43,57% degli aventi diritto e la presenza di quattro liste esterne, oltre a quella vincitrice (che ha raccolto il 95,53% dei voti), ha certo evitato il commissariamento, ma ne sarebbe bastata una: se, come detto, Stella popolare e Orgoglio tricolore sono rimaste a bocca asciutta, i voti restanti e i seggi di minoranza se li sono divisi le altre due liste "non autoctone", Insieme per il paese (grafica gemella di Voto libero a Campochiaro, 11 voti e 2 seggi) e Vivere insieme (stesso simbolo utilizzato a Campochiaro,  4 voti e 1 seggio).
Il quorum non è stato raggiunto nemmeno a Montorio nei Frentani, dove ha votato solo un elettore su tre, ma anche qui le liste sulla scheda erano cinque, quindi non si è posto alcun problema. Anche qui la "strana coppia" Orgoglio tricolore e Stella popolare ha fatto il vuoto, senza raccogliere il favore di un solo elettore, ma è andata male anche alla lista Ancora insieme (caratterizzata dal più tradizionale dei simboli locali, la stretta di mano, sia pure "nobilitata" dal polsino coi gemelli), che invece cinque anni fa a suo modo era stata determinante: nel 2013, infatti, se aveva vinto per la prima volta Pellegrino Nino Ponte (allora con Paese nuovo, ora confermato sindaco con Paese nostro), il candidato di Ancora Insieme Enzo Cirella con 19 voti (6,40%) aveva conquistato un posto in consiglio, mentre stavolta ne ha presi solo 2 (lo 0,65%) ed è rimasto fuori.
La scheda era un po' più piena a Ripabottoni, 863 elettori, 361 votanti e sei liste, che spazzano via ogni preoccupazione sul quorum (puntualmente non raggiunto). Tanto per cambiare, anche qui gli elettori si sono trovati tra le scelte possibili Orgoglio tricolore e Stella popolare, ma non le hanno degnate della minima attenzione, lasciandole a zero voti. Lo stesso destino è toccato a Insieme per... il futuro (stesso, identico simbolo già visto a Cesara, in provincia di Vebano-Cusio-Ossola), mentre è andata appena appena meglio a Verso un mondo migliore, che almeno un voto è riuscito ad acchiapparlo; se non altro, però, questi ultimi due emblemi dimostrano un minimo di cura grafica o di impegno nella realizzazione.
Tutti questi comuni, in ogni caso, non sono nulla rispetto alla località dei record, Salcito: i suoi 650 elettori si sono trovati sulla scheda 11-diconsi-undici simboli con relative liste ed erano relativamente allenati, visto che cinque anni prima i candidati alla poltrona di sindaco erano comunque stati sei. Orgoglio Tricolore e Stella popolare sono tornati per l'ennesima volta (ma solo l'Orgoglio prende un voto), c'erano come detto i Forconi, ma si sono riviste anche le Lista Alfa e Lista Beta, "sperimentate" per la prima volta a Roccavivara nel 2015 e che però stavolta non sembrano nemmeno parenti graficamente. 
A completare il quadro, accanto alle due formazioni realmente autoctone, hanno provveduto altre quattro liste: L'Alternativa, Crescere insieme, Nuova era, Finalmente Noi: volendo, solo L'Alternativa si è sforzata di produrre un simbolo con qualche elemento grafico, le altre liste si sono accontentate di posare una scritta nera - al massimo con una certa varietà di font - su sfondo bianco, a parte Beta che adotta (com'era già accaduto nel 2016) uno sfondo verde. A conti fatti, alle nove liste esterne - compresi i Forconi - sono andati tre voti in tutto: uno a testa a Orgoglio tricolore, ai Forconi e a L'Alternativa; le restanti sei, loro malgrado, come se gli elettori non le avessero nemmeno viste (e così, in effetti, è successo).
Il numero di concorrenti cala un po' a Castelpizzuto (questa volta in provincia di Isernia), dove peraltro si era votato l'anno scorso ma l'amministrazione è stata scioglia a fine 2017 per le dimissioni di 6 consiglieri di maggioranza: non è scemata tuttavia la voglia di elezioni, visto che le liste in corsa erano 6, proprio come l'anno scorso. Sono rimaste a bocca asciutta, come quasi sempre, Orgoglio tricolore e Stella popolare, ma anche Progetto popolare; prende solo due voti la lista Alternativa, che non riesce a confermare il seggio ottenuto nel 2017 (in compenso la grafica è stata sostanzialmente clonata da un'altra lista, Rinascita, che aveva però il nome più in evidenza e ha ottenuto 21 voti, pari al 19,09%).
Il viaggio in regione si conclude a Sessano del Molise, che di liste ne ha schierate ben 8 (nel 2013 erano state "solo" 5): ha votato circa il 41% degli aventi diritto, ma per evitare il commissariamento non c'era forse bisogno addirittura di 6 liste esterne: oltre alle arcinote Orgoglio tricolore (zero voti), Stella Popolare e Progetto popolare (un voto a testa), sulla scheda erano arrivate Sessano (con cinque stelle disposte "a sorriso" nel simbolo), la Lista Gamma (poteva mancare dopo Alfa e Beta e dopo essere stata sperimentata sempre nel 2015 a Roccavivara?) e Alternativa (con un simbolo rispetto a quello usato a Castelpizzuto). Di questi tre emblemi dalla grafica decisamente minimal,  solo la lista Sessano ha ottenuto tre voti, le altre sono rimaste a secco.

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Dopo la scorpacciata molisana, conviene tenere l'ultima parte del viaggio più leggera, con una breve escursione in Campania, pur senza allontanarsi troppo dal Molise. San Lupo, in effetti, essendo parte della provincia di Benevento, politicamente appartiene alla Campania, ma è senza dubbio più affine al Sannio: forse per questo troviamo in questo comune di 820 abitanti (ma con 1029 elettori) ben 5 liste. Accanto alle due di residenti e a quelle già viste nell'articolo precedente (Partito delle Buone Maniere e L'Altra Italia) sbuca Stanchi dei soliti, che propone un simbolo con un minimo di ricerca grafica, riciclando peraltro quello già visto lo scorso anno a Gallo Matese (e anche allora c'era scritto Continua...). Alla fine però, proprio come a Gallo, alla lista arriva un solo voto: evidentemente i soliti non hanno stancato più di tanto.
Nella stessa provincia merita un piccolo sguardo anche il voto ad Arpaise: lì, alle due liste che si sono realmente contese il comune, se n'è affiancata una terza, Progetto futuro, con un emblema decisamente minimal (solita scritta nera, stavolta su fondo giallo, ma se non altro piuttosto centrata nel cerchio). Al di là del giudizio estetico-cromatico, alla portata di tutti prima ancora che si aprissero le urne, i risultati delle elezioni si sono incaricati di certificare la totale estraneità della lista al paese: a conti fatti, dei 568 voti espressi, solo uno è stato destinato a Progetto futuro, segno evidente che il futuro i cittadini di Arpaise l'hanno cercato e visto altrove...
Spostandoci in provincia di Caserta, si sono trovate ben otto liste a contendersi il comune di Letino, paese con 921 elettori e che ha visto presentarsi ai seggi 515 votanti (quindi il quorum era stato comunque superato). Solo Stella popolare si è aggiudicata un voto (comunque insufficiente per ottenere seggi, anche se le è valso il terzo posto), mentre sono rimasti a secco i simboli fotocopia di Orgoglio tricolore e Progetto popolare (nel 2013 c'era il Movimento sociale italico), come pure il Partito delle Buone Maniere e anche due civiche viste solo qui, Uniti per Letino (grafica semplice semplice, simil Fratelli d'Italia, con tanto di bilancia da giustizia) e L'Alternativa (nome molto gettonato, ma con un simbolo ancora diverso da quelli visti fin qui).
La Wonderland delle liste "straniere in patria" sarebbe finita, ma qualche sua enclave si può trovare anche altrove. A Faeto, piccolo comune pugliese della provincia di Foggia (632 abitanti, ma gli elettori sono 1082), ha votato il 40,38%, ma non ci sarebbero stati problemi di quorum vista la presenza di due liste di residenti; per qualcuno però non dev'essere stato sufficiente, visto che in tutto se ne sono presentate 8. Al di là dell'inguardabile simbolo del Movimento giovani alleati (già visto e di cui la matrice è ben riconoscibile), le altre cinque formazioni propongono grafiche con un minimo di creatività (non senza riciclo: Il bene in comune si è già visto altrove), ma in tutto raccolgono 10 voti: Amore per Faeto fa parte del leone con 5, Movimento italiano popolare e Mga 2 voti, la mongolfiera di Liberi di volare si stacca pochissimo da terra con un voto, ma è sempre meglio dello zero tondo totalizzato da Uniti per Faeto e Il bene in comune.
Due enclave sui generis, per concludere, si trovano un po' più in là, addirittura in Calabria. La prima può essere identificata in Malito, piccolo centro della provincia di Cosenza: lì ha votato poco più del 44% degli aventi diritto. Non è dato sapere se sia stato in previsione del mancato raggiungimento del quorum che qualcuno ha scelto di presentare (anche) la lista La Torre: tutti i voti e tutti i consiglieri, però, se li sono divisi le altre due liste, mentre per La Torre (che, per giunta, nella versione presente sul simbolo non sembra molto somigliante a nessun monumento presente a Malito) non era rimasto disponibile nemmeno un voto.
L'altro caso che merita un minimo di attenzione è quello di Candidoni, comune della provincia di Reggio Calabria in cui si conclude il nostro viaggio. Lì le liste presentate erano solo due, ma per una volta la mossa si spiega facilmente: la quota di elettori votanti raggiunta, infatti, è stata del 22,98%, ben lontana dal quorum previsto dalla legge nel caso in cui concorra una sola lista. Qualcuno doveva averlo previsto, per questo dev'essere sorta l'idea di far correre anche la Lista Civica per Candidoni, con il testo tricolore sovrapposto alle palme marittime. Alla fine, il suo presunto dovere la lista lo ha fatto: il commissariamento è stato evitato e con soli 6 voti (pari al 4,54%) le palme hanno fatto eleggere tre consiglieri comunali.

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Sulla via del ritorno, dopo una carrellata di simboli nuovi e già visti (e che magari l'occhio non vorrebbe rivedere), specialità territoriali ed emblemi presentati in serie, si è seriamente tentati di dividere in tre gruppi le liste incontrate fin qui, tutte o quasi presentate da soggetti estranei al singolo comune sotto i mille andato al voto.
La prima categoria è rappresentata dalle liste espressione di partiti o movimenti politici più o meno organizzati, che sfruttano - più al Nord che al Centro-Sud - la possibilità di presentare liste senza firme per ottenere un minimo di visibilità e cercare di entrare in qualche amministrazione locale e, magari, radicare la propria presenza in un territorio.
La seconda classe di liste, relative a casi numericamente limitati ma diffusi su tutto il territorio nazionale (e, a volte, anche nei comuni sopra i mille abitanti qui non analizzati), raccoglie le formazioni presentate, probabilmente in accordo più o meno tacito con il candidato sindaco della lista "principale", per evitare che alle elezioni corra una sola lista e scatti l'obbligo per i votanti di superare la metà degli elettori (pena il commissariamento).
Se la prima categoria ha alla base ragioni politiche e la seconda questioni soprattutto tecniche, si presenta più misterioso - e, volendo, di innegabile fascino per i veri drogati di politica - il terzo raggruppamento di liste, quello che spopola in Molise e dintorni (ma nessuno è ancora riuscito a spiegare perché proprio lì e non altrove...): pare proprio che dietro la scelta di presentare tante liste non autoctone ci sia la ricerca di qualche beneficio collaterale da parte dei candidati. Magari legato a quanto prevede l'art. 81, comma 3 della legge n. 121/1981 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza), per il quale "Gli appartenenti alle forze di polizia candidati ad elezioni politiche o amministrative sono posti in aspettativa speciale con assegni dal momento della accettazione della candidatura per la durata della campagna elettorale e possono svolgere attività politica e di propaganda, al di fuori dell'ambito dei rispettivi uffici e in abito civile".
Se gli appassionati compulsivi di elezioni inevitabilmente gradiscono il fenomeno nella sua interezza per poterlo studiare, gran parte della gente comune potrebbe esserne infastidita, specie quando raggiunge dimensioni notevoli (come le 11 liste presentate a Salcito o le 6 liste che nel 2016 corsero a Carapelle Calvisio a fronte di 67 elettori). Alla luce di tutto questo, potrebbe avere un senso richiedere una quota di sottoscrizioni anche per i comuni sotto i mille abitanti, sia pure in forma minima: fino al 1993 - anno in cui si è introdotta l'esenzione - ne servivano 10 sotto i 2mila abitanti, ora se ne potrebbero chiedere di nuovo 10 per una popolazione tra 500 e 1000 abitanti e scendere a 5 sotto i 500. Si tratterebbe, com'è facile capire, di una mera formalità non solo per gli aspiranti amministratori effettivamente del luogo, ma anche per chi con il comune avesse qualche tipo di rapporto (chi lavora lì, chi vi è nato o magari ne frequenta anche solo il bar e sappia chi è residente o no, giusto per evitare di farsi dare la firma da chi non ha titolo di sostenere la lista).
Un ulteriore correttivo, poi, potrebbe riguardare l'assegnazione dei seggi, magari prevedendo una soglia di sbarramento o comunque un meccanismo di assegnazione più rispettoso della percentuale effettiva riportata dalla lista: l'idea che 3 seggi su 10 possano essere assegnati a chi ha ottenuto solo il 5%, magari quando le liste in campo sono soltanto due, per qualcuno è difficile da accettare. Eppure pare già di sentirli, i lamenti dei drogati di politica: la vita è già dura, non toglieteci anche questo divertimento, sennò dove diavolo ci portate, nei prossimi viaggi "sotto i mille"?

giovedì 28 giugno 2018

Simboli sotto i mille (2018): il Centro-Sud (di Massimo Bosso)

Nel nostro viaggio tra i microcomuni (sotto i mille abitanti) delle regioni del Nord Italia abbiamo trovato spesso liste di partiti nazionali o di formazioni che in qualche modo avevano partecipato anche alle ultime elezioni politiche (in molti casi senza grosso successo, ma si sono incontrati anche simboli presenti in parlamento, dalla Lega a Fratelli d'Italia). Non era fuori luogo pensare, in quei casi, a strategie politiche di vario tipo, volte in ogni caso a ottenere visibilità e magari qualche eletto sul territorio: l'operazione è stata condotta per anni e questa volta è riuscita, per esempio, al Partito valore umano, al Popolo della Famiglia e a CasaPound.
Andando nel Centro-Sud questo fenomeno sparisce completamente: si entra in un mondo completamente diverso in cui sbucano liste di movimenti semisconosciuti - ce ne scusino gli interessati, anche se in fondo lo sanno pure loro - almeno per l'elettorato nazionale. E' vero che presentare una lista in vista di elezioni politiche, regionali o anche solo in comuni superiori comporta dispendio e necessità di un minimo di struttura ed organizzazione; è altrettanto vero, però, che depositare un simbolo presso il Ministero degli Interni in occasione di elezioni nazionali, anche solo per far conoscere o ricordare al mondo la propria esistenza, non è poi un adempimento cosi arduo, specialmente per chi opera in regioni limitrofe alla capitale. Compreso il Molise, ma questo merita un discorso a parte.

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A parziale smentita di quanto scritto sopra, vale la pena iniziare con le poche liste che hanno un collegamento a soggetti nazionali, se non altro perché hanno particolarità che meritano di essere evidenziate. A Romagnano al Monte, in provincia di Salerno, si è per esempio presentata una lista denominata Italia agli italiani; il simbolo, però, è diverso da quello usato dal cartello Forza Nuova - Fiamma Tricolore alle ultime politiche (è diversa la font del nome, qui interamente in Arial Bold molto schiacciato in orizzontale, il tricolore occupa tutta la parte superiore mentre il fondo è nero sfumato). La matrice dell'iniziativa, in compenso, è inequivocabile: sulla copertina della pagina Facebook del candidato sindaco, Daniele Gioia, compare tuttora tra l'altro il simbolo di Forza Nuova. La lista ha però ottenuto solo 3 voti, pari all'1,08%, e nessun seggio; a dispetto del cattivo risultato, la presentazione non è priva di senso (come si è detto in qualche caso analizzato nel pezzo sul Nord), visto che nel 2013 agli elettori si era presentata una sola lista.
A Greci, nell'avellinese, è comparsa invece una lista Democrazia Cristiana – Udc, con tanto di scudo crociato mutuato dalla "vecchia" Dc-Pizza cui è stata sovrapposta la sigla Udc. Nelle urne il simbolo ha ottenuto solo 10 voti - in pratica il 2,11% - ma era l'unico altro finito sulla scheda oltre a quello della lista vincente (Greci guarda al futuro), dunque tanto è bastato ad assicurare alla lista i tre seggi di minoranza. La cosa più difficile, casomai, è capire con certezza quali gruppi della diaspora democristiana si possano ricondurre a questo emblema in particolare: visto che lo stesso simbolo è comparso ad Avellino, il sospetto è che ci sia lo zampino di Gianfranco Rotondi, convinto di poter unire senza problemi il nome Democrazia cristiana (che lui sostiene di avere in uso) alla sigla dell'Udc (apportata da Cesa, che a questo giro non protesterebbe nemmeno per lo scudo crociato).
L'elenco dei simboli con una certa notorietà si conclude con due emblemi che non si possono definire come legati a partiti nazionali, ma sono noti ai veri drogati di politica per essere comparsi nelle bacheche del Viminale. E' il caso del Partito delle Buone Maniere dell'imprescindibile Giuseppe Cirillo (che peraltro nelle scorse settimane si aggirava tra i palazzi romani della politica con un vistoso completo tricolore). Stavolta, accanto alla mano che offre il fiore, al posto del riferimento ai "dispositivi anti-molestie" compare una banda irregolare a fasce bianche e nere: non si tratta di un tentativo di acchiappare voti da tifosi juventini - improbabile, visto che le liste sono presentate solo in Campania - ma del riferimento alle "strisce pedonali portatili" inventate da Cirillo per diffondere il verbo delle Buone Maniere e dell'Educazione civica. Fini certamente nobili, ma i risultati lasciano a desiderare: le due liste presentate a San Lupo (nel beneventano) e a Letino (in provincia di Caserta, in cui le formazioni in corsa erano addirittura 8, per 921 elettori e 515 votanti) in tutto hanno raccolto solo un voto, a San Lupo dove il candidato sindaco era proprio Cirillo. Tutto questo ai più può sembrare un inutile ed incomprensibile dispendio di energie, ma si parla pur sempre del "Dr. Seduction", che non si risparmia mai…
Sulle schede si è visto anche anche il simbolo di Italia dei dirittimovimento nato nel 2006 e legato al giornalista romano Antonello De Pierro, che aveva depositato al Viminale il simbolo nel 2014 e anche a gennaio: il suo partito, a differenza di altre formazioni anonime, ha un sito web piuttosto ben fatto ed aggiornato. Italia dei diritti si presenta in soli due comuni in provincia di Roma, Cervara e Roccagiovine: nel primo sono arrivati solo 2 voti, nel secondo - dove era candidato a sindaco proprio De Pierro - ben 12 (6,93%). Questi hanno surclassato i 3 voti ottenuti dalla terza lista presentata (Progetto popolare, se ne riparlerà) e hanno assegnato a Italia dei diritti i tre seggi riservati all'opposizione in questo comune di 263 abitanti.
Iniziando il viaggio tra le liste assai meno conosciute, si comincia da L'Altra Italia, il cui emblema è stato avvistato in Lazio e in alcune regioni vicine. Sulla pagina Facebook della formazione non c'è molto, ma sulla collocazione a destra del gruppo non ci sono dubbi: la grafica, semplice ma diretta e a suo modo originale, è dominata da un'aquila tricolore, ricavata - l'occhio non mente - dalle lingue della fiamma tricolore del Msi, adattate con una certa cura. L'Altra Italia si è presentata a Gagliole (nel maceratese), Campodimele (in provincia di Latina), Varco Sabino (nel reatino) e nella beneventana San Lupo. Di queste quattro liste spalmate in tre regioni, quella di Varco Sabino ha pescato il jolly: i 155 votanti si sono trovati solo due liste sulla scheda e a L'Altra Italia sono bastati 9 voti (il 7,25%) per mandare in consiglio il leader nazionale, Cosimo Damiano Cartelli, ed altri due candidati; negli altri comuni, invece, non si è andati oltre lo 0,57%...
Altra formazione di destra è Progetto Popolare, anche se per i lettori di questo sito non è certo una novità, avendo quel gruppo già presentato liste nel Centro-Sud, in particolare in Molise. Quest'anno, però, avendo un po' più di tempo a disposizione per ricerche accurate e approfondite, è emersa una continuità con il Movimento sociale italico, formazione che aveva partecipato a diverse tornate elettorali, anche in comuni superiori (ad esempio a Colleferro nel 2011, quando aderì alla coalizione di centrodestra, risultata poi vincitrice, ottenendo un dignitoso 1,73%). Visitando il loro sito internet non si nota solo che la casella di posta elettronica è la stessa del MS italico: alcuni nomi proposti in passato nelle liste del Msit, infatti, sono presenti anche nelle nove liste presentate nel 2018. Quest'anno la lista compare a Filettino (nel frusinate), nella citata Campodimele, nei comuni reatini di Belmonte e Rocca Sinibalda, nelle citate Cervara e Roccagiovine in provincia di Roma, a Letino in provincia di Caserta (già vista per il Partito delle Buone Maniere) e, nel meraviglioso mondo del Molise, a Sessano e Castelpizzuto in provincia di Isernia. A dispetto delle varie corse elettorali, nessuna ha dato risultati significativi: in 5 comuni Progetto popolare ha ottenuto zero voti, in due uno solo, a Cervara ben 2 ed a Roccagiovine addirittura 4 (il 2,31%), ma come si è visto i tre seggi dell'opposizione se li è presi l'Italia dei Diritti (con 12 voti). Bottino finale di 9 liste, 8 voti: un dispendio di energie francamente incomprensibile, almeno elettoralmente parlando.
Eppure, in quanto si è visto fin qui, un minimo di logica e strategia politica, forse - si ripete, forse - la si trova: altrove è praticamente impossibile vederne anche solo un briciolo. Per esempio, se nel 2016 e 2017 in combinata con Progetto Popolare trovavamo quasi sempre Lega Molise e Basta Privilegi politici, nel 2018 sono scomparse… in compenso è sbucata una misteriosa formazione Stella Popolare, con tanto di stella rossa come simbolo: si è detto "misteriosa" perché anche mettendosi a cercare informazioni in Rete non se ne trova alcuna traccia, né su Facebook (eppure è molto più facile aprire una pagina, rispetto a un intero sito) né sul web in generale. 
Ad aumentare l'alone di mistero (o, più semplicemente, di improbabilità dell'operazione), c'è il fatto che questa lista appare rivolta a un elettorato di sinistra, ma in ogni comune in cui si presenta sulla scheda compare anche il simbolo di Orgoglio Tricolore, che invece dal nome sembra collocarsi piuttosto a destra: anche di Orgoglio Tricolore, peraltro, non sappiamo molto, se non che il contrassegno proposto è completamente diverso da quello utilizzato dalla omonima lista per le comunali di Fiumicino.
Le due liste sono presenti ovviamente in vari comuni molisani (Macchia Valfortore, Montorio, Ripabottoni, Sessano, Castelpizzuto, Campochiaro, Salcito) e anche in Campania, nella sola Letino: tutti nomi già visti o destinati a essere citati di nuovo proprio per l'inconsueto numero di liste presentate. Solo a Salcito, in provincia di Campobasso, per dire, sulla scheda ne sono finite 11 (diconsi undici...).
Questo sforzo immane, alla fine dei conti, spesso non produce alcun risultato o, nella migliore delle ipotesi, raccoglie pochissimi voti (anche solo uno o due): evidentemente, una volta presentata la lista, non si procede a nessuna azione di propaganda elettorale. Viene allora da pensare che lo scopo di quelle liste non sia prendere voti o comunque fare attività politica, ma tutt'altro: sull'argomento, però, sarà il caso di tornare a breve.
Tutto questo, ovviamente, non prima di aver notato che tra i simboli finiti sulle schede a giugno quest'anno si è visto anche un Movimento Forconi - La Voce del Popolo: il simbolo è diverso da quello a fondo nero depositato a gennaio al Viminale, ma il nome è lo stesso e dovrebbe trattarsi - anche con spighe e tricolore - del medesimo soggetto politico. Dove poteva spuntare questa lista, se non a Salcito? Mettetevi per un attimo, vi prego, nei panni di un elettore di un comune di 667 abitanti che si trova ben 11 – un-di-ci! – simboli sulla scheda, nove dei quali del tutto estranei al paese: e meno male che i salcitesi erano allenati, visto che nel 2013 di liste ne erano state presentate sette. Allora i Forconi non c'erano, stavolta sì, ma forse gli elettori non lo sapevano: anzi, uno solo, l'unico che li ha votati.