lunedì 9 giugno 2014

Sinistra unita: come spegnere l'entusiasmo simbolico (di Calogero Laneri)

Per il post di oggi lascio volentieri spazio all'amico Calogero Laneri, che racconta di un progetto simbolico subito abortito, assieme all'idea di un progetto a sinistra finalmente unitario. L'idea di parlarne è venuta da lui, per cui il racconto non può che essere il suo.
Leggenda vuole che, quando due persone di sinistra si incontrano, finiscano per fondare tre partiti. Eppure, con la nascita della “Lista Tsipras”, i promotori del progetto legato alla figura del leader greco, avevano tentato di smontare quel vecchio adagio, anteponendo l'unità della lista alle piccole beghe della sinistra radicale.
Nonostante le mille difficoltà, il superamento della fatale soglia di sbarramento sembrava avere posto le basi per la costruzione di una casa comune di chi, a sinistra, non si ritrova nel Partito Democratico di Matteo Renzi. L'entusiasmo di un popolo che dopo anni appare unito nel condividere un progetto comune e una piccola grande vittoria, si è spinto oltre, sino a proporre addirittura un logo per il tanto atteso soggetto unitario della sinistra. Ad ingegnarsi nell'arduo compito, decine di militanti che hanno inviato le bozze di un ipotetico simbolo alla redazione di
Esseblog.it, comunità politica da cui nasce la rivista La Costituente.
Archiviato in fretta l'asettico simbolo della lista (che pure era figlio di un improbabile referendum online), con questa iniziativa gli autori hanno tentato di riappropriarsi di quei colori e quei simboli, rimpiazzati negli anni in nome della poliedricità degli esperimenti elettorali accomunati dai risultati tragici.
Dai più allegri colori della pace, alla più tradizionale stella gialla su sfondo rosso, fino al riferimento esplicito alla dimensione europea (con l'uso del simbolo della Sinistra europea o della dicitura "Sinistra unita" che richiama gli spagnoli di Izquierda Unida), il popolo della sinistra radicale si dimostra pronto a rinunciare ai propri recinti - si noti la totale assenza della coppia classica di falce e martello - in nome della nascita di uno progetto più ampio.
Che siano accompagnate da una stella, da un tricolore o dai colori dell'arcobaleno, le diciture "Sinistra italiana" e "Sinistra unita", non lasciano spazio a dubbi e, dall'alto della loro sinteticità, sfidano la storia degli ultimi anni e l'atavica inconciliabilità tra le parole "sinistra" e "unità", ampiamente sperimentata in terra italica. Infine, in controtendenza rispetto a chi aveva deciso di omettere la parola “sinistra” dal logo della Lista Tsipras, l'essenzialità delle singole proposte sembra voler combattere l'esaltazione acritica del nuovo, male assoluto della politica; al di là di scelte grafiche più o meno discutibili, lo scopo appare quello di riprendere in mano la propria storia, tentando di rilanciarla.
"Il processo non si arresta, avanti tutti insieme!", commenta la redazione di EsseBlog pubblicando i simboli, ma probabilmente il cambio di rotta di Barbara Spinelli – che, accettando il seggio da eurodeputato, ha contraddetto la promessa fatta in campagna elettorale – pone un nuovo freno a un processo che ora deve fare i conti con mille difficoltà. La decisione della Spinelli (che, impedendo l'ingresso a Strasburgo del candidato di Sel Marco Furfaro, rompe di fatto l'equilibrio tra le anime della lista), il feroce dibattito interno a Sinistra ecologia libertà, il ruolo di Rifondazione Comunista (indebolita da un congresso logorante) e del Pdci (prima escluso dalla lista e proprio in queste ore interessato da una nuova microscissione) attenuano l'entusiasmo di chi, all'indomani del sudato 4,03%, non solo immaginava di dar già vita ad un processo costituente, ma ne vedeva pure una rappresentazione iconografica.
Che le proposte grafiche per un nuovo simbolo siano arrivate con un po' di genuina ed euforica avventatezza? Probabilmente sì, ma per comprendere meglio questa nuova convulsa scommessa della sinistra, soccorrono bene le parole di un caro amico: "Per fare anche da noi Syriza si comincia con la più greca delle cose: la tragedia".
Calogero Laneri

lunedì 2 giugno 2014

Ma 'ndo vai se il rametto (di Ulivo) non ce l'hai?

Si è già avuto modo di dirlo: le elezioni europee tendono naturalmente alla complicazione dei contrassegni politici, per il tentativo di tenere insieme sotto un unico emblema più anime, anche abbastanza diverse, generalmente con lo scopo principale di superare gli sbarramenti più o meno espliciti e di acchiappare almeno un seggio. Non si dimentichi mai, tuttavia, che la vera fabbrica di simboli è data dalle elezioni comunali: solo raramente le insegne dei partiti nazionali vengono utilizzate così come sono, spesso capita che siano personalizzate o reinterpretate da iscritti e simpatizzanti locali. Parte allora il gioco di riduzioni, dettagli, distorsioni e addizioni, con effetti grafici non di rado discutibili, per lo meno quando a partorire il logo finale è una persona anche di buona volontà, ma di pessimo gusto (e che magari ha imparato a usare Photoshop con qualche corso venduto in edicola).
Per carità, a volte per fortuna ci sono le eccezioni: può capitare che due simboli siano fusi o accostati, senza che il risultato gridi vendetta al dio della grafica, risultando anzi perfino gradevoli. E' il caso, ad esempio, della lista che ha stravinto - superando il 60% - le elezioni comunali a Calcinaia, cittadina in provincia di Pisa. La lista, che ha eletto come sindaco Lucia Ciampi (prima cittadina uscente, dunque al suo secondo mandato), era frutto dell'alleanza tra Partito democratico e Sinistra ecologia libertà: il lavoro di gruppo era visibile anche graficamente. Il rametto di ulivo che è ancora presente nel contrassegno dei democratici era in bella vista al centro del contrassegno, con la parte inferiore innestata nel segmento rosso tipico del logo di Sel: era come se (e politicamente sarebbe un azzardo, bisogna ammetterlo) il partito di Vendola fosse il terreno di coltura della formazione indubbiamente maggioritaria. Il Pd in qualche modo è richiamato anche dalla parola "centrosinistra", con il verde che precede il rosso, mentre la font utilizzata per scrivere la parola somiglia a quella impiegata da Sel proprio per il vocabolo "sinistra". 
Il risultato grafico, si diceva, è anche gradevole e soprattutto armonico, dando l'impressione che il contrassegno sia stato curato con attenzione. Certamente colpisce che il Pd sia rappresentato non dal suo vero emblema (quello con le iniziali ideato nel 2007 da Nicola Storto), ma dal rametto di Ulivo che era stato coniato oltre un decennio prima, tutto questo mentre Prodi - che più di chiunque altro aveva voluto l'Ulivo - non è mai parso così lontano dal partito che ancora oggi usa quel segno.
La coerenza, in ogni caso, è salvaguardata, perché il Pd faceva parte a pieno titolo dell'alleanza che ha vinto le elezioni. Non andò esattamente così nel 2012, ad Avezzano, quando tra i candidati a sindaco della località aquilana rispuntò Mario Spallone, prossimo a compiere 95 anni, già primo cittadino avezzanese dal 1993 al 2003, oltre che medico personale di Togliatti e titolare di varie cliniche. Intervistato dal Corriere, non lasciò nulla all'immaginazione: "Io sono comunista, stalinista! Io non ho niente a che fare con quella robaccia del Pd! Io sto con quel galantuomo bolscevico di Oliviero Diliberto".
Qualche problema? In sé e per sé no, ci mancherebbe. Il fatto è che nel contrassegno della sua lista civica, denominata "Per la Marsica e per Avezzano", non c'era né un segno locale, né - per dire - la doppia bandiera del Pdci di Diliberto; c'era invece, ben visibile, l'Ulivo, con il rametto inspiegabilmente virato al nero. Il tutto, per giunta, mentre il Pd era regolarmente presente sulle schede a sostegno del candidato sindaco Giovanni Di Pangrazio, poi vittorioso al ballottaggio. 
Le norme certamente avrebbero impedito a Spallone di utilizzare il rametto democratico (tanto più che per lui apparteneva a un partito-robaccia), ma la sottocommissione elettorale circondariale fu decisamente generosa e non se la sentì di rovinare l'entusiasmo con cui il medico aveva intrapreso la sua ultima avventura elettorale (sarebbe passato a miglior vita un anno dopo). Anche con il dispettuccio "ulivesco", però, Spallone non riuscì a raccogliere più dell'1,41% e la sua lista si limitò a sfiorare lo 0,6%, quindici volte di meno del Pd. Praticamente un dato inversamente proporzionale alle dimensioni del rametto.