Il 18 gennaio 1994 a Roma, nel giro di poche ore e di 500 metri, si chiuse - almeno in apparenza - l'esperienza politica più rilevante della Repubblica italiana e si consumò una prima frattura nell'area che in quelle idee si era riconosciuta fino a quel momento. Nel pomeriggio, all'Istituto Sturzo in via delle Coppelle, si tenne l'evento in cui la Democrazia cristiana annunciò ufficialmente di volersi chiamare da lì in avanti Partito popolare italiano, un nome antico per dare nuova vita agli ideali, sperando di ripararli dal fango e dall'estinzione; la mattina, nel vicino Grand Hotel de la Minerve (appunto in piazza della Minerva, a quattro minuti a piedi da Piazza del Gesù), si erano poste le basi per un nuovo partito di democratici cristiani - il Centro cristiano democratico, appunto - con una collocazione politica volutamente diversa. In quel giorno era plasticamente finita l'unità politica dei cattolici italiani, che per mezzo secolo aveva trovato incarnazione nella Democrazia cristiana e nel suo simbolo, lo scudo crociato.
Quella fine, in realtà, si è rivelata un inizio: dal 1994, infatti, ha preso avvio una saga pressoché infinita di liti, scissioni, scomposizioni e tentate ricomposizioni (talora riuscite, molto più spesso no), duelli in tribunale e sulle schede elettorali, per non parlare dei vari disegni volti a ridestare un partito che alcuni soggetti ritengono dormiente. Chi segue questo sito ha incontrato spesso le ultime puntate di questa vicenda e, a volte, anche alcuni post per cercare di riassumere una storia tanto affascinante quanto complicata. Proprio perché affascinante e complicata, però, questa storia merita di essere raccontata, oltre che per iscritto, anche a voce. Ecco perché il sito Isimbolidelladiscordia.it da oggi propone sulla piattaforma Spreaker il podcast Scudo (in)crociato, che con cadenza quindicinale racconterà le vicende che hanno portato alla fine della Democrazia cristiana - perché per capire il 1994 occorre partire dalla proposta del nuovo-vecchio nome nel 1993 e, ancor prima, dai referendum elettorali del 1991 e del 1993 - e, soprattutto, quelle che sono venute dopo. Perché, se tanti democristiani sono rimasti (anche se il tempo, inesorabile, assottiglia la fila), da oltre un quarto di secolo si combatte una guerra inesauribile sulla vecchia denominazione e sul simbolo storico.
La storia viene raccontata attingendo soprattutto all'archivio preziosissimo e sterminato di Radio Radicale, che ha concesso - grazie al direttore Alessio Falconio - l'uso del proprio materiale: sarà così possibile vivere più da vicino la diaspora democristiana e gli scontri elettorali e giudiziari nel nome della Dc. Nella consapevolezza che non ci sarà un'ultima puntata, dovendosi sempre aspettare un nuovo episodio per raccontare altri tentativi, altri scontri, altri simboli.