Visualizzazione post con etichetta gruppo misto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta gruppo misto. Mostra tutti i post

venerdì 11 febbraio 2022

Alla Camera nasce la componente di Europa Verde (e si parla di nuovo di esenzione dalla raccolta firme)

Il gruppo misto della Camera dei deputati in questo periodo appare molto simile a un crogiuolo, che contiene materiale fuso, fluido, dal quale si possono forgiare nuove entità, in questo caso nuove componenti. Dopo l'annuncio della nascita di Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione comunista - Sinistra europea, dato in aula tre giorni fa, questa mattina la seduta si è aperta con un nuovo annuncio, dato questa volta dal vicepresidente di turno Fabio Rampelli: a sorgere, questa volta, è la componente politica Europa Verde - Verdi Europei, la cui formazione è stata chiesta il 9 febbraio ed è stata autorizzata dalla Presidenza della Camera ieri. Anche di quest'articolazione fanno parte quattro tra deputate e deputati, che hanno in comune - di nuovo - l'elezione sotto le insegne del MoVimento 5 Stelle: 
Cristian Romaniello (indicato come rappresentante della componente e vicepresidente del gruppo misto), Elisa Siragusa, Paolo Nicolò Romano e Devis Dori (nel proprio testo pronunciato in aula, Rampelli ha precisato - fatto piuttosto insolito, salvo errore - che gli ultimi due deputati nominati provengono rispettivamente dalla componente Alternativa e dal gruppo Liberi e Uguali).
Il caso di cui si parla ora non è del tutto assimilabile all'ultimo visto, anche se si fonda sulle stesse norme di diritto parlamentare già passate in rassegna molte volte. La nuova componente, in particolare, è stata autorizzata sulla base dell'art. 14, comma 5 del Regolamento, che consente la formazione di una componente politica di almeno tre tra deputate e deputati, purché costoro "
rappresentino un partito o movimento politico la cui esistenza, alla data di svolgimento delle elezioni per la Camera dei deputati, risulti in forza di elementi certi e inequivoci, e che abbia presentato, anche congiuntamente con altri, liste di candidati ovvero candidature nei collegi uninominali". In questo caso, il soggetto politico che ha partecipato alle ultime elezioni politiche è la Federazione dei Verdi, che aveva inserito una miniatura del proprio simbolo all'interno del contrassegno della lista Italia Europa Insieme, accanto alle "pulci" del Partito socialista italiano e di Area civica (oltre che al rametto di Ulivo richiamato in modo leggerissimo).
Si ricorderà che già in passato - con riferimento ovviamente a questa legislatura - la Federazione dei Verdi ha consentito la nascita di una componente politica del gruppo misto, vale a dire Facciamo Eco, autorizzata a marzo dello scorso anno. Alla metà di luglio, tuttavia, sempre la Federazione dei Verdi (anzi, più esattamente Europa Verde, soggetto politico che rappresenta la continuità giuridica dei Verdi e che ha la disponibilità dei suoi segni distintivi) ha scelto di revocare l'uso del simbolo alla componente: coloro che erano parte della componente hanno così deciso di scioglierla direttamente (prima che fosse rilevato il venir meno della rappresentanza di un partito titolato a costituirsi in componente), salvo poi unirsi all'articolazione formata dal Maie e dal Psi, aggiungendo il loro nome alla componente all'inizio di agosto.
Tornando all'articolazione del gruppo misto appena nata, questa volta non c'è un soggetto politico nato all'interno della Camera che ha avuto bisogno dell'avallo di una forza politica esterna ma titolata a formare la componente: qui è direttamente la forza politica esterna ad aver formato un proprio raggruppamento a Montecitorio, costituito da propri iscritti. La pagina Fb di Europa Verde, infatti, segnala che le quattro persone che hanno presentato la richiesta "già avevano formalizzato l'iscrizione a Europa Verde": si allunga dunque l'elenco di persone elette con il MoVimento 5 Stelle che hanno aderito a Europa Verde, dopo soprattutto Eleonora Evi, europarlamentare e dall'estate scorsa co-portavoce - con Angelo Bonelli - di Ev. Vale giusto la pena precisare che, benché formalmente il diritto di formare la componente spettasse alla Federazione dei Verdi e non a Europa Verde (sorta nel 2019 come associazione che ha presentato liste alle elezioni europee), un rapido sguardo alla pagina del Registro dei partiti politici conferma che la Federazione dei Verdi con debite modifiche statutarie si è trasformata nella Federazione "Europa Verde - Verdi", per cui si tratta dello stesso soggetto giuridico-politico che poteva chiedere e ottenere la formazione della componente, sussistendone le condizioni.

La notizia della creazione della componente è certamente rilevante per chi studia il diritto parlamentare o ne è incuriosito. C'è però un'altra notizia altrettanto significativa, che merita di essere già ora considerata con attenzione, anche se la nascita delle ultime due componenti non dovrebbe avere effetti da questo punto di vista. Tra gli emendamenti presentati al disegno di legge di conversione del "decreto milleproroghe" (A.C. n. 3431), in discussione presso le commissioni riunite Affari costituzionali e Bilancio della Camera, ce ne sono alcuni che vorrebbero prevedere nuove ipotesi una tantum di esenzione dalla raccolta delle firme per le forze politiche con qualche forma qualificata di rappresentanza parlamentare (estendendo, ovviamente, il regime attuale che esonera dalla ricerca delle sottoscrizioni solo le forze politiche costituite in gruppo parlamentare in entrambe le Camere dall'inizio della legislatura). Si tratta, in particolare, di sei emendamenti che in un primo tempo erano stati ritenuti inammissibili, ma il 1° febbraio sono stati riammessi e saranno discussi nelle prossime sedute (in quella di ieri si è deciso di accantonarli): essi puntano ad aggiungere un comma all'art. 19 del d.l. n. 228/2021 (cioè il "milleproroghe") - con cui si sono prorogate le disposizioni sulle modalità operative, precauzionali e di sicurezza in materia elettorale per applicarle anche alle ultime suppletive - oppure a introdurre subito dopo un art. 19-bis, da collocare lì per ovvia vicinanza della materia. 
Chi in questi giorni ha evidenziato la presenza di questi emendamenti ha fatto notare che la discussione sull'esenzione dalla raccolta firme questa volta è iniziata molto prima del consueto, visto che di solito a operazioni simili (di esenzione o riduzione sensibile del numero di sottoscrizioni necessarie) si è provveduto sul finire della legislatura, grazie a decreti-legge o addirittura a disposizioni di natura finanziaria dal calendario "a tappe forzate" (visto come corsia preferenziale). Le cose in effetti stanno così, ma non è così strano e, anzi, è una buona notizia: il Codice di buona condotta in materia elettorale adottato nel 2002 dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (c.d. "Commissione di Venezia", organo legato al Consiglio d'Europa) stigmatizza le modifiche alle norme elettorali che intervengano meno di un anno prima dalla data del voto (punto n. 65), soprattutto per quanto riguarda "gli elementi fondamentali del diritto elettorale, e in particolare del sistema elettorale propriamente detto, la composizione delle commissioni elettorali e la suddivisione delle circoscrizioni". Posto che, da questo punto di vista, l'Italia si è dimostrata assai inadempiente (con riguardo alle elezioni del 1994 - anche se, essendo anticipate, non erano del tutto prevedibili - a quelle del 2006 e del 2018, benché nell'ultimo caso abbia pesato la sentenza n. 35/2017 della Corte costituzionale su alcune disposizioni dell'Italicum approvato nel 2015), formalmente l'esenzione dalla raccolta firme non è parte degli "elementi fondamentali del diritto elettorale" citati prima; di certo però è un elemento molto rilevante. Discutere ora delle ipotesi di esonero consentirebbe di determinare con ragionevole anticipo (di circa un anno) sulla data del voto quali forze politiche dovranno raccogliere le firme; questo, ovviamente, non esclude che - complice anche la riduzione dei parlamentari - nei prossimi mesi si discuta di significativi ritocchi alla legge elettorale, anche se "fuori tempo massimo" in base a quanto si è visto prima.
Tornando agli emendamenti, è significativo e - lo si conceda - illuminante collegare gli effetti di ciascuno di essi alla situazione delle forze politiche dei proponenti. In particolare, l'emendamento 19.3 a firma di Maurizio Lupi (
Noi con l'Italia) propone, "in considerazione della situazione epidemiologica da COVID-19, al fine di prevenire i rischi di contagio nonché di assicurare il pieno esercizio dei diritti civili e politici", di estendere l'esenzione prevista una tantum dalla legge n. 52/2015 (l'Italicum) e già applicata alle elezioni del 2018 (esentando coloro che disponevano almeno di un gruppo parlamentare in un ramo del Parlamento al 15 aprile 2017, data ritoccata rispetto al 1° gennaio 2014 originariamente previsto) anche alle prime elezioni successive all'entrata in vigore della norma, peraltro ampliandola anche ai partiti o gruppi "costituiti in gruppo parlamentare, o in una componente del gruppo misto, in almeno una delle due Camere all'inizio della legislatura in corso". Secondo questa soluzione, oltre a MoVimento 5 Stelle, Partito democratico, Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia (e ai partiti rappresentativi di minoranze linguistiche che abbiano ottenuto almeno un seggio alle ultime elezioni politiche: stavolta, Svp-Patt e Union Valdôtaine), sarebbero esenti Liberi e Uguali (in virtù del gruppo alla Camera, autorizzato quasi subito, e in ogni caso delle componenti create alla prima occasione disponibile), Noi con l'Italia (guarda caso), +Europa, Psi, probabilmente l'Udc e il Partito sardo d'Azione (se riuscissero a far valere il fatto che il loro nome fa parte dall'inizio delle denominazioni dei gruppi di Fi e Lega al Senato) e quasi certamente Civica popolare, Centro democratico, Maie e Usei (visto che le componenti sono sorte pochi giorni dopo).
Gli emendamenti 19.2 e 19.05, presentati da Riccardo Magi (+Europa) ed Enrico Costa (Azione) mirano - rispettivamente aggiungendo un comma all'art. 19 o prevedendo un art. 19-bis - estendere l'esenzione dalla raccolta firme ai soggetti politici 
"costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 15 settembre 2021 o che nelle precedenti elezioni politiche abbiano ottenuto almeno un seggio con un proprio contrassegno". Se si guarda ai gruppi, risulterebbero esenti (oltre ai cinque partiti e alle due forze di minoranze linguistiche visti) Coraggio Italia, Italia viva, Liberi e Uguali e forse il Psd'az (come visto prima). A questi si dovrebbero aggiungere le forze che hanno eletto "almeno un seggio con un proprio contrassegno", frase che porta con sé qualche problema di interpretazione: posto che si fanno ovviamente rientrare in questa categoria i partiti che hanno eletto persone candidate nei collegi uninominali, non è chiaro se con "contrassegno" ci si riferisce al contrassegno di lista (per cui l'esenzione vale per un'unica forza politica, anche se il contrassegno era composito) oppure ai singoli simboli contenuti nel contrassegno (dunque "moltiplicando" l'esenzione per tutte le forze politiche visibilmente contenute nei contrassegni e che siano riuscite a eleggere almeno un loro candidato). In quest'ultima ipotesi, dell'esonero fruirebbero Udc (anche a non voler riconoscerle un gruppo parlamentare), Noi con l'Italia, +Europa (ovvio), Centro democratico, Psi, ma anche Alternativa popolare e Centristi per l'Europa.
Resta da dire degli emendamenti 19.4, 19.06 e 19.07, presentati da Felice Maurizio D'Ettore e Marco Rizzone (Coraggio Italia). Il primo e l'ultimo intendono esentare le forze politiche che al 31 dicembre 2021 disponevano di un gruppo parlamentare almeno in una Camera: oltre ai "magnifici sette" già ricordati sopra, non dovrebbero raccogliere le firme Coraggio Italia (chiaro...), Italia viva, Liberi e Uguali e forse (se si considera la loro presenza nei nomi dei gruppi al Senato) Udc, Psi e Psd'az. L'emendamento centrale, invece, aggiunge a questi soggetti quelli che alle ultime elezioni politiche hanno ottenuto "almeno un seggio con un proprio contrassegno". Di fatto si tratta dello stesso emendamento presentato da +Europa e Azione: è vero che quest'ultimo indica come data il 15 settembre 2021 mentre Coraggio Italia propone il 31 dicembre dello stesso anno, ma non esistono gruppi che si siano formati o siano cessati in quel periodo, tali dunque da coprire un arco diverso di forze politiche.
Restano invece esclusi dal beneficio dell'esenzione in base a tutti gli emendamenti i soggetti politici che hanno costituito componenti durante la legislatura senza trasformarle in gruppo (Azione, Radicali italiani, Europa verde, Alternativa, Rinascimento, Alleanza di centro, Italexit, Europeisti, Potere al popolo!, Partito comunista, Noi di centro, etc.), per non parlare ovviamente del gruppo dalla vita più breve della storia, vale a dire Cal (Costituzione, Ambiente, Lavoro) - Italia dei valori, durato solo un giorno al Senato tra il 27 e il 28 gennaio 2021. Queste riflessioni, ovviamente, non tengono conto di eventuali altre proposte di modifica che dovessero essere presentate in seguito; su questi emendamenti il governo non ha mosso obiezioni e risulta essersi rimesso al parere dell'aula, quindi la partita è aperta.
Vale la pena aggiungere, infine, che tra gli emendamenti che gravitano intorno all'art. 19 del decreto "milleproroghe" ce ne sono tre di Italia viva sulle elezioni dei parlamentari della circoscrizione Estero (con varie norme procedimentali) e uno - il 19.1 - a doppia firma Magi-Costa che cerca di riproporre - dopo la bocciatura "da pareggio" di un testo analogo discusso in sede di conversione del "decreto Pnrr" - la possibilità di raccogliere le firme a sostegno delle liste delle elezioni politiche "anche su documento informatico, sottoscritto con firma elettronica qualificata" (consentendo dunque anche l'uso dello Spid). Si tratterebbe di una novità oggettivamente dirompente per la raccolta firme delle elezioni politiche - come lo è stato per alcune delle richieste di referendum che la Corte costituzionale sta per valutare, dopo l'emendamento a prima firma Magi, preparato da Mario Staderini - almeno per le forze politiche che sceglieranno di avvalersi di quello strumento. Non si tratta di una strada priva di problemi (oltre alla sicurezza, c'è la questione per niente trascurabile dei costi legati alla tecnologia da utilizzare), ma questa è probabilmente l'ultima occasione seria e consistente per introdurre questa novità. Non sembra opportuno perdere la possibilità di rifletterci sopra.

mercoledì 9 febbraio 2022

Manifesta, nuova componente alla Camera grazie a Potere al Popolo! (così torna anche Rifondazione comunista)

Le soddisfazioni per chi osserva con particolare attenzione le dinamiche del gruppo misto alla Camera non si interrompono, anzi: si aggiunge un'altra puntata rilevante: il riaffacciarsi in Parlamento, dopo 14 anni, di Rifondazione comunista. Ciò  è stato possibile sempre grazie alle disposizioni regolamentari sulle componenti del gruppo misto e alla particolare lettura che ne viene data da anni, oltre che grazie all'indispensabile apporto di Potere al popolo!, senza il quale quel ritorno non sarebbe stato comunque possibile. 
Ma cos'è accaduto, dunque? Scorrendo il resoconto stenografico della seduta di ieri dell'assemblea di Montecitorio, verso la fine della seduta stessa, si può leggere questo intervento del presidente di turno (in quel momento il forzista Andrea Mandelli): 
Comunico che, a seguito della richiesta pervenuta in data 28 gennaio 2022, è stata autorizzata in data odierna, ai sensi dell'articolo 14, comma 5, del Regolamento, la formazione della componente politica denominata "Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea" nell'ambito del gruppo parlamentare Misto, cui aderiscono le deputate: Doriana Sarli, Simona Suriano, Yana Chiara Ehm e Silvia Benedetti. La deputata Simona Suriano ne è stata designata rappresentante. 
Vale la pena ricordare che Potere al popolo! era già entrato nelle aule parlamentari, quando lo scorso 20 luglio era stata accolta la richiesta del senatore Matteo Mantero di rappresentare nel gruppo misto di Palazzo Madama il soggetto politico di sinistra che aveva presentato liste alle elezioni politiche del 2018, pur senza eleggere parlamentari non avendo raggiunto la soglia del 3%: ciò era stato ritenuto possibile in ossequio al parere della Giunta per il regolamento reso a maggio che - intervenendo in sostanza sul regolamento del Senato, ma senza il regolare procedimento per modificarlo - apriva alla costituzione di 
componenti del gruppo misto anche dopo le modifiche delle norme sulla formazione dei gruppi di fine 2017, purché quelle componenti fossero espressione di una forza politica candidata col proprio contrassegno alle ultime elezioni politiche e i membri della componente fossero espressamente autorizzati a rappresentare quel partito al Senato.
Al Senato una componente (che non è né più né meno che un'etichetta, che figura nei resoconti e nelle riprese televisive ma non ha altre implicazioni organizzative o economiche) può essere formata anche da una sola persona eletta; alla Camera, invece, ne occorrono almeno tre. Come si è ricordato più volte, l'art. 14, comma 5 del regolamento di Montecitorio indica come requisiti per formare una componente l'adesione di almeno dieci persone (componente "maggiore"); il numero può scendere a tre (componente "minore"), a patto che i suoi membri "rappresentino un partito o movimento politico la cui esistenza, alla data di svolgimento delle elezioni per la Camera dei deputati, risulti in forza di elementi certi e inequivoci, e che abbia presentato, anche congiuntamente con altri, liste di candidati ovvero candidature nei collegi uninominali". Si è già ricordato come quel rapporto di rappresentanza sia ormai dal 2005 interpretato - tra le proteste di varie voci della dottrina costituzionalistica - come possibilità per un partito che ha partecipato alle elezioni ma non ha ottenuto eletti di dirsi rappresentato da deputate e deputati che non aderiscono a quel partito, ma desiderano comunque formare un'articolazione autonoma nel gruppo misto (cosa che consente, in base al regolamento, di ottenere tempi dedicati di intervento in aula, spazi e risorse per il personale). Nella denominazione di quelle componenti, dunque, figura il nome del partito che consente il sorgere di quell'articolazione parlamentare, di solito accanto al nome della forza politica o delle forze politiche (magari sorte in corso di legislatura) cui effettivamente i membri della componente aderiscono.
Tornando al caso di cui ci si occupa ora, in aula ieri si è annunciato il sorgere della componente 
Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea. Come si è detto, l'indicazione di Potere al Popolo! (qui senza apostrofo) consente all'articolazione parlamentare di quattro deputate - tutte elette nel 2018 con il MoVimento 5 Stelle - di nascere. Rifondazione comunista (qui riportata con il suo nome integrale), per parte sua, riappare nei resoconti della Camera dei deputati - salvo errore - dopo esservi comparsa per l'ultima volta il 9 aprile 2008, nell'ultima seduta della XV Legislatura: in seguito non ha più eletto parlamentari, né con liste proprie (non più presentate dal 2008 in avanti) né all'interno di altre formazioni (non hanno avuto fortuna le esperienze elettorali della Sinistra - L'Arcobaleno, di Rivoluzione civile e, appunto, di Potere al Popolo! di cui è stata parte; fa eccezione, in questo senso, L'Altra Europa con Tsipras, che ha portato al Parlamento europeo nel 2014 Eleonora Forenza). Occorre ricordare che circa un anno fa si era dibattuto, a Palazzo Madama, sulla possibilità di costituire la componente del gruppo misto del Prc, in base alla richiesta presentata da Paola Nugnes; la questione - in parte problematica, visto che Rifondazione comunista non aveva presentato liste nel 2018 e non era nemmeno ufficialmente tra i soggetti fondatori di Pap! - è rientrata con il venir meno della domanda (ora Nugnes rappresenta Sinistra italiana). Ora che la componente alla Camera è nata grazie a Potere al Popolo!, invece, è tranquillamente possibile aggiungere il nome del Prc alla denominazione della componente stessa.
Resta da capire a cosa faccia riferimento invece Manifesta, che apre il nome dell'articolazione del gruppo misto e verosimilmente è il nome in cui si identificano di più le deputate che hanno chiesto di costituirla. Formalmente non esiste una forza politica con quel nome, né pagine "ufficiali" sui social network così denominate; su Facebook si trova un gruppo denominato "Manifesta", creato un anno fa come strumento che "diffonde le idee del MoVimento 5 Stelle", ma evidentemente le deputate della nuova componente non fanno riferimento a quel gruppo. Spiega il senso del nome e dell'operazione la deputata Simona Suriano, rappresentante della componente stessa nel gruppo misto, interpellata da chi scrive attraverso la sua pagina Facebook: "Manifesta vuole essere un appello ad alzare la testa, a reagire per rivendicare i propri diritti, e soprattutto a partecipare attivamente alla costruzione di un modello di società più equo e più giusto. Ancora non abbiamo una grafica: è una cosa nata dall'esigenza di portare i temi di sinistra in Parlamento".
La nascita della nuova componente rappresenta un fatto da registrare, al momento per quello che è (il modo, appunto, per dare voce ai temi di sinistra e, già che ci si è, anche ad alcune sue sigle). Non si può escludere - ma questa è solo un'idea dell'autore di questo contributo e ovviamente è presto per dirlo - che questo raggruppamento parlamentare possa essere l'occasione per la nascita di nuovi progetti politico-elettorali; sarà anche interessante vedere se, nei mesi che restano della legislatura, nel mettere mano alle norme elettorali sarà prevista qualche forma di esenzione per i partiti che hanno un solo gruppo parlamentare (ora ne occorre uno in entrambe le Camere, per giunta dall'inizio della legislatura, condizione che riguarda solo M5S, Pd, Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia) o, magari, una componente del gruppo misto. Comunque vadano le cose, Rifondazione comunista nei prossimi mesi avrà la possibilità di far sentire la propria voce e di far risuonare il proprio nome in aula alla Camera (e Potere al Popolo! potrà farlo anche a Montecitorio, oltre che a Palazzo Madama).

venerdì 4 febbraio 2022

La rivoluzione blu (silenziosa) di 10 Volte Meglio

In questi due anni di pandemia molte vicende politiche (maggiori e minori, curiose e miserabili) hanno richiesto l'attenzione di chi appartiene al novero dei #drogatidipolitica. Proprio costoro, tuttavia, non dimenticano vicende solo apparentemente minori, ma in realtà rilevanti per chi abbia un occhio di riguardo per la vita elettorale e parlamentare. Così, quando un collega ti scrive e dice: "Ho visto questo nuovo simbolo sulla pagina Facebook di 10 Volte Meglio, ti risulta che sia il loro simbolo ufficiale?", si va in automatico a vedere e ci si rende conto non solo che il simbolo ora è diventato blu, con un elemento tricolore, ma che questa modifica risale addirittura al 14 maggio dell'anno scorso. Nostra culpa, ovviamente, il ritardo con cui ci si rende conto di una modifica così rilevante (perché mettere mano al simbolo è sempre una cosa seria, non la si può ritenere trascurabile), ma il momento sembra propizio per alcune domande: è davvero il nuovo simbolo ufficiale? Che significato ha il cambio? E, soprattutto, com'è stato possibile per chi scrive apprendere della riforma grafica con tanto ritardo?
Quest'ultima domanda, in effetti, è la più facile cui dare risposta. L'attenzione di chi scrive - e, probabilmente, di varie altre persone - si è attenuata ed è finita in secondo piano (soprattutto dopo l'avvento della pandemia) con il trascorrere del tempo dal 17 dicembre 2019, data in cui è cessata la componente del gruppo misto della Camera "Cambiamo! - 10 Volte Meglio", articolazione nata il 18 aprile 2019 come "Sogno Italia - 10 Volte Meglio" e l'11 settembre ridenominata nel modo prima ricordato. Come ben sa chi frequenta questo sito, tanto la nascita quanto - soprattutto - la cessazione della componente non sono stati passaggi banali e "pacifici", tanto per la lettura ultraestensiva dell'art. 14, comma 5 del regolamento della Camera (che dal 10 febbraio 2005 consente a un partito sorto dopo le elezioni di formare una componente del misto dicendo di rappresentare un partito che ha partecipato alle elezioni ma non ha eletto nessuno), quanto per l'evento estintivo del tutto inedito: che se ne sappia, infatti, non era mai successo che una componente si estinguesse perché "il Presidente e legale rappresentante del partito politico [...] ha comunicato di voler revocare dalla medesima data il consenso ad essere rappresentato dalla componente politica del gruppo parlamentare misto" (il che ha portato il costituzionalista Salvatore Curreri a chiedersi se fosse legittimo che a decidere la nascita e - ancor più - lo scioglimento di un'articolazione parlamentare fosse un soggetto politico del tutto esterno alla Camera e al Senato).
Su quella vicenda, ovviamente, è interessante conoscere proprio la voce di 10 Volte Meglio. Andando dunque sul sito ufficiale si trova questo testo, nella pagina denominata "Attività parlamentare":
Dieci Volte Meglio è un movimento nazionale presente nel Registro dei Partiti Politici tenuto presso la Camera dei Deputati in funzione della sua autonoma partecipazione alle ultime elezioni politiche dello scorso 4 marzo 2018. L’iscrizione di Dieci Volte Meglio in quest’albo costituisce l’unico requisito per avere una propria rappresentanza che, in due occasioni, ha consentito al partito di dar vita ad una componente parlamentare.
Dieci Volte Meglio, insieme ad alcuni deputati del gruppo misto quali latori istituzionali delle proposte legislative del partito, il 18 aprile 2019, fonda la sua prima componente parlamentare denominata "Sogno Italia - Dieci Volte Meglio" affidando la vice presidenza all'On. Catello Vitiello.
L’esperienza istituzionale concede la possibilità di conoscere l’amministrazione pubblica e di realizzare le idee ed i progetti elaborati dal partito e, inoltre, fornisce l’occasione a Dieci Volte Meglio di partecipare alle consultazioni presidenziali che, nel mese di settembre 2019, si resero necessarie in seguito alla cogente crisi governativa.
In continuità alla sua missione, il 15 settembre 2019, Dieci Volte Meglio crea una seconda parlamentare che, in conseguenza all’alternanza degli onorevoli protagonisti, assume il nome di "Cambiamo! - Dieci Volte Meglio" consegnando la vice presidenza all’On. Fabio Pedrazzini. In data 16 dicembre 2019, stante la mancata condivisione programmatica, per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana, Dieci Volte Meglio spontaneamente cessa formalmente la propria componente parlamentare.
Allo stato attuale, Dieci Volte Meglio è dotata di una propria rappresentanza parlamentare aperta a tutti i deputati e senatori che, solo dopo aver evaso un’adesione morale, sociale e legale al partito, possono vivere la missione e godere della visione con cui Dieci Volte Meglio s’approccia alla politica.

Il testo induce molte riflessioni, su vari punti. Innanzitutto si può discutere sul primo passaggio, in base al quale la presenza nel Registro dei partiti politici costituirebbe "l'unico requisito per avere una rappresentanza". Se il riferimento è al Registro previsto dal decreto-legge n. 149/2013, le cose non stanno esattamente così e forse è il caso di fare un po' di chiarezza: si può essere iscritti al registro (condizione necessaria per accedere alle provvidenze pubbliche per i partiti, ma non sufficiente per accedere a tutte) dopo aver presentato candidature alle elezioni politiche, europee o regionali (o alle elezioni per le province autonome) o - in alternativa - se si è la forza politica di riferimento di almeno un gruppo parlamentare o di una componente del gruppo misto oppure, ancora, se si è partecipato a una lista-cartello con altre forze politiche, inserendo il proprio simbolo nel contrassegno, e si è ottenuto almeno un eletto. 
10 Volte Meglio, che ha partecipato alle elezioni del 2018 presentando liste in alcune circoscrizioni, rientrava certamente nella prima ipotesi, come pure nella seconda; occorre però segnalare che la richiesta di iscrizione al Registro risaliva ufficialmente al 21 novembre 2019 (con la possibilità che prima vi siano stati contatti informali per la registrazione), mentre la componente "Sogno Italia - 10 Volte Meglio" è stata costituita, come si è visto, il 18 aprile 2019, ben prima rispetto alla domanda e all'effettivo inserimento nel registro. Con riguardo a quel momento, la pagina del sito spiega che la componente è stata costituita da 10 Volte Meglio "insieme ad alcuni deputati del gruppo misto quali latori istituzionali delle proposte legislative del partito": non si ritrova in queste parole l'idea che quei deputati abbiano aderito come iscritti a 10VM (anche se, ovviamente, è possibile che lo abbiano fatto).
Non si manca poi di notare che a metà settembre del 2019, secondo il testo, il partito guidato nel 2018 da Andrea Dusi e attualmente da Enrico Maria Bozza, "in continuità alla sua missione" avrebbe "crea[to] una seconda [componente] parlamentare", stavolta con Cambiamo!. In realtà, come si è già detto, più che alla fondazione di una nuova componente si è assistito all'evoluzione di quella esistente, con l'ingresso di nuovi deputati che facevano riferimento al soggetto politico fondato da Giovanni Toti e il conseguente cambio di denominazione: l'apporto di 10 Volte Meglio, a sua volta, ha consentito a Cambiamo! di emergere in sede parlamentare, visto che come forza politica nata dopo le elezioni e con meno di 10 deputati non avrebbe potuto costituire una propria componente (in seguito, infatti, si è aggregata alla già esistente componente Noi con l'Italia - Usei - Alleanza di centro).
Proprio nel periodo in cui esisteva la componente Cambiamo - 10 Volte Meglio, quest'ultimo soggetto ha iniziato la procedura per l'iscrizione al Registro dei partiti, depositando presso l'apposita Commissione il proprio statuto nella forma dell'atto pubblico: quello statuto, riconosciuto rispondente ai requisiti di legge, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 dicembre 2019 (cioè praticamente in contemporanea con la decisione di 10VM di far cessare la componente vista la "mancata condivisione programmatica"). In quello statuto era presente come simbolo ufficiale lo stesso contrassegno depositato al Viminale nel 2018 e finito su alcune schede: fondo arancione e nome bianco, con il 10 leggermene tagliato e le due parole collocate sotto in diagonale. 
Il simbolo attuale - che, come detto, risulta presente sui social network dal 14 maggio 2021, senza che il cambio di grafica sia stato annunciato da particolari messaggi - appare più studiato, più curato (l'uso di luci e ombre dà anche l'idea dello spessore) e armonico (con il 10 portato tutto a sinistra e l'1 allungato, le parole più grandi e leggibili), anche più rassicurante con l'uso dei colori nazional-popolari (tricolore e il blu, anche se quel tono rischia di apparire un po' di centrodestra); questo passaggio è avvenuto a prezzo di perdere un po' di potenziale "di rottura", perché di certo la grafica originaria era maggiormente "fuori schema", dunque non passava inosservata. Se si guarda il Registro dei partiti, tuttavia, si nota che il simbolo è ancora quello originario (riprodotto in toni di grigio, ma con l'arancio fissato nella descrizione). In teoria sarebbe ragionevole modificare lo statuto in quella parte di testo e nell'immagine; lo stesso statuto, però, precisa che "Il Consiglio direttivo potrà per tutti i tipi di elezione, apportare al simbolo e al contrassegno le modifiche ritenute più opportune, avuto riguardo anche alle norme di legge in materia". Dal momento, dunque, che l'emblema è comunque riconoscibile nei suoi elementi essenziali, se anche alle elezioni si dovesse usare il simbolo a fondo blu, non ci sarebbe alcuna violazione dello statuto. Si intuisce che il partito è tuttora interessato a partecipare alle vicende politiche del Paese vedendo che anche nei mesi scorsi la pagina ha pubblicato vari post, compatibili con un impegno futuro, politico ed elettorale, puntando su innovazione, equità, educazione, competenze e valorizzazione delle risorse. Per capire le intenzioni di 10 Volte Meglio, in ogni caso, c'è tempo.

venerdì 19 novembre 2021

Alternativa, una A strappata "per opporsi alle ingiustizie"

Il simbolo anticipato ieri (sia pure in una versione ridotta e a colori invertiti) è stato confermato, ora è più noto anche il progetto politico: ci si riferisce ad Alternativa, soggetto politico neocostitiuito, presentato in una conferenza stampa questa mattina, che parte dalle articolazioni parlamentari (cui ad oggi aderiscono 15 deputati e 2 senatori) formate soprattutto da persone elette sotto il simbolo del MoVimento 5 Stelle e fuoriuscite dai rispettivi gruppi in gran parte all'inizio di quest'anno, in dissenso rispetto alla scelta di sostenere il governo guidato da Mario Draghi.  
Aperta da Andrea Colletti, a capo della componente del gruppo misto alla Camera che fino a pochi giorni fa si chiamava L'Alternativa c'è, la conferenza ha visto come primo intervento rilevante quello di Pino Cabras, scelto come rappresentante del soggetto politico appena fondato. "Con Alternativa nasce una possibilità in più per un paese che in questo momento è ingabbiato in un pensiero unico che domina, al punto di avere oltre il 90% dei voti parlamentari intorno al Presidente del Consiglio: è un'anomalia, nessun paese del G7 ha una situazione simile. Noi stiamo dando una possibilità straordinaria, cioè l'opposizione in Italia: l'opposizione non è un luogo negletto della vita politica, ha fatto molto bene per anni alla politica italiana, è la palestra di una democrazia che si rinnova e può offrire un'alternativa". Cabras ha sottolineato l'idea di continuare le battaglie parlamentari condotte sin qui, ma anche di collegarsi "alle piazze, ai fermenti che si trovano in tanti luoghi attivi, del lavoro che stanno soffrendo, perché siamo in una fase molto difficile della vita repubblicana". 
Si è ricordato come le compagini parlamentari di L'Alternativa c'è siano nate per opporsi al governo Draghi e Cabras ha confermato la stessa posizione anche ora che si è formato un soggetto politico più consistente: "Draghi è l'autobiografia di una nazione in declino, con le sue impronte digitali in tutte le circostanze in cui l'Italia ha costruito il suo declino negli ultimi trent'anni: è incredibile come il sistema dei partiti si sia arreso in una posizione subalterna, mantenendo i ministeri di serie B, mentre la serie A è in mano a un gruppo di tecnocrati, gli stessi di questo grande declino italiano". Se Alternativa si propone innanzitutto di non mandare Draghi al Quirinale ("Sarebbe il perfezionamento di un sistema che diventa regime, il Draghistan"), sono altri i fronti su cui la neonata forza politica vorrebbe impegnarsi: "Non ci piace questo Pnrr - ha spiegato Cabras - perché è una fetta di bilancio pubblico che, per la prima volta, è sottratta al controllo del Parlamento e diventa una questione di un gruppo di tecnici che sfuggono al controllo di tutti. Noi vogliamo unire tutte le forze, e sono tante nel paese, che in questo momento non hanno una sponda parlamentare, per combattere questo sistema per proporre qualcosa di più vicino alla Costituzione, difendendo appunto la democrazia e la Costituzione".
Rifiuta Cabras le ricostruzioni di Alternativa come casa politica dei "fuoriusciti grillini, duri e puri, che tornano alle vecchie battaglie di sempre": "Sono schemi poveri, non ci fermiamo a una vicenda che si è esaurita nel passato, parte di una crisi generale dei partiti, che riguarda tutte le forze politiche che hanno lasciato spazio al supertecnico e non riescono a rappresentare ciò che sta accadendo realmente nel paese. Noi vogliamo essere qualcosa di realmente diverso nella storia repubblicana, abbiamo delle facce pulite, appassionate di persone che hanno la schiena dritta. Non ci arrendiamo, non ci vendiamo, siamo a disposizione di un popolo che vuole resistere rispetto alle imposizioni del governo Draghi, a partire dalla gestione pessima della pandemia, che ha creato sofferenze in tanti cittadini che non meritano questo trattamento".
Pur essendo nata all'interno del Parlamento, Alternativa ha mire più ampie, aprendosi ad altri eletti e soprattutto a cittadine e cittadini: "Vogliamo essere parte di un più ampio movimento civile e sociale - ha continuato Cabras - per costruire un cantiere di discussione e azione con tante formazioni sociali presenti nel paese", guardando soprattutto al mondo del lavoro, alle imprese, ai consumatori e al terzo settore, aprendo un dialogo anche con mondi lontani da quello originario delle persone elette. "Vogliamo essere - ha aggiunto il deputato - un partito molto costituzionale, anche nella parola 'partito': la Costituzione chiama così queste entità, le chiama partiti e non rinoceronti, mentre un po' di rinoceronti hanno travolto la vita democratica del paese nel palazzo. Noi vogliamo liberare un po' questo palazzo: non è la solita scatoletta di tonno da aprire, quella della vecchia polemica, vogliamo stabilire un circuito positivo tra il paese delle istituzioni, che meritano rispettabilità, e il paese dei cittadini, che stanno soffrendo e meritano un futuro migliore".
A Emanuela Corda, altra deputata della componente Alternativa a Montecitorio, è toccato illustrare il simbolo scelto per il nuovo progetto politico, accanto alla nuova denominazione "più asciutta e immediata": "Abbiamo deciso di cambiare tutto, anche visivamente. Il nostro nuovo simbolo è un segno grafico molto moderno, efficace, molto 'giovane'; anche i colori richiamano il risveglio, un cammino nuovo". La base del simbolo è la A di "Alternativa", proposta in grande evidenza, ma nel segno c'è una sorta di "via di fuga, uno strappo: noi sappiamo dove stiamo andando, quello strappo è proprio la strada che abbiamo deciso di percorrere in opposizione a tutto ciò che abbiamo ritenuto ingiusto. Questo cammino è iniziato quando abbiamo detto no al governo Draghi: siamo sempre stati contrari ai governi tecnici, stabiliti altrove rispetto ai confini della nostra nazione e abbiamo voluto rappresentare tutto questo attraverso questa simbologia molto forte. Crediamo possa andare incontro alle esigenze di milioni di cittadini rimasti privi di una rappresentanza: servono forze più giovani, che abbiano la voglia e l'energia per portare avanti battaglie giuste senza restare immobili, annichilite davanti a una narrazione preconfezionata. Questo è tutto ciò che vogliamo rappresentare, con un movimento che vuole dire 'no' ma anche costruire, rinunciare a qualcosa per dei valori, cui ci ispiriamo e che vogliamo mantenere saldi". In un post pubblicato sulla sua pagina Facebook, Corda ha precisato che il simbolo e il suo "strappo" sono "un nuovo inizio. Un invito a staccarsi da una strada preconfezionata, dalle scelte pilotate ed imposte subdolamente. Un'esortazione a reagire e a costruire una nuova solida e fresca proposta, partendo da un nuovo cammino, forse più difficile, forse più scomodo, ma certamente più vero ed autentico". Quanto all'arancione, "è il colore positivo del risveglio, della rinascita, di una nuova possibile fase vitale del Paese". 
Si sono poi susseguiti gli interventi di Alvise Maniero, Paolo Giuliodori, Raffaele Trano e Francesco Forciniti, per marcare alcuni dei punti più importanti sui quali Alternativa intende agire (attaccando ciò che è stato fatto negli ultimi anni e "l'emarginazione, criminalizzazione, ghettizzazione" da parte di chi - come ha detto Forciniti - intende criticare chi governa ora). Il simbolo ufficializzato oggi e illustrato da Corda appare più semplice rispetto a quello precedente (e, rispetto alla versione vista sul sito fino a ieri, è già pronto per essere usato sulle schede elettorali, visto che il cuore di quella grafica sta in un cerchio, come dimostravano del resto le spille portate dai parlamentari che sono intervenuti stamani). La spiegazione fornita in conferenza stampa è stata utile, avendo contribuito a rendere più comprensibile un emblema pensato ma oggettivamente non "immediato" (e nemmeno di pronta descrizione); si vedrà in futuro se resterà identico o se cambierà, di poco o di molto (e, nel caso, come potrà convivere con altri segni grafici).

giovedì 18 novembre 2021

Europeisti, Partito comunista e Alternativa: il gruppo misto in evoluzione

Nell'ultimo mese le dinamiche interne al gruppo misto di Camera e Senato hanno richiesto tutta l'attenzione possibile da parte delle persone aderenti alla categoria dei #drogatidipolitica. Ieri, per esempio, si è diffusa in fretta una notizia comunicata attraverso i suoi canali social da Emanuele Dessì, senatore eletto con il MoVimento 5 Stelle e uscito dal gruppo dopo il sostegno del M5S al governo Draghi: da una manciata di giorni, infatti, Dessì nel gruppo misto del Senato rappresenta con una propria componente il Partito comunista guidato da Marco Rizzo, facendo dunque approdare questa formazione politica per la prima volta nelle aule parlamentari. 
Già questa, ovviamente, è una notizia assolutamente rilevante; lo è ancora di più considerando che Emanuele Dessì - guardando alla sua biografia presente su Wikipedia - prima di aderire al MoVimento 5 Stelle nel 2009, negli anni '70 aveva militato nella sinistra extraparlamentare (Autonomia operaia), per poi approdare al Partito comunista italiano e (dopo l'ultimo congresso nel 1991) a Rifondazione comunista, rimanendovi fino al 1999. Si spiega anche così il commento dello stesso Dessì contenuto nel post: "Dopo un lungo peregrinare, spesso piacevole, a volte tormentato, si torna a casa..." (anche se ovviamente la "casa" di oggi, a dispetto del nome molto simile, non è quella di allora, essendo il Pc di Rizzo diverso dal Pci che ha finito la sua esperienza nel 1991 cambiando nome in Pds, come è diverso dal Pci che ha ripreso nome e gran parte del vecchio simbolo ed è guidato da Mauro Alboresi). 
Il post è apprezzabile anche perché alla notizia accompagna una lettera dell'ufficio politico del Partito comunista, firmata dal segretario Marco Rizzo e dal presidente (e legale rappresentante) Giuseppe Canzio Visentin, datata 10 novembre, con la quale si comunica alla Presidente del Senato che Dessì avrebbe rappresentato il Pc all'interno del Senato "ottenuta una vostra autorizzazione", precisando che il partito aveva concorso alle ultime elezioni politiche ed europee con il proprio simbolo. La lettera è utile perché ricorda in poche righe come possa nascere ora una componente del gruppo misto al Senato, anche se questa componente ha tutto sommato prerogative ed effetti limitati a Palazzo Madama (a differenza che alla Camera): benché il regolamento del Senato nulla dica in proposito, ora si ritiene che la Presidenza dell'assemblea debba autorizzare la formazione della componente (dunque di un'articolazione parlamentare diversa dal gruppo), autorizzazione arrivata l'11 novembre, giorno in cui in effetti la componente è stata annunciata in aula; in più, in armonia con quanto deliberato dalla Giunta per il regolamento a maggio (che di fatto ha integrato il regolamento, innovandolo su un punto rilevante, senza voti dell'aula con le maggioranze richieste dal regolamento stesso, come rilevato da Salvatore Curreri), perché una componente del gruppo misto possa sorgere si chiede che rappresenti un partito che ha partecipato alle ultime elezioni politiche con cui si è aperta la legislatura in corso. Dalla lettera dei vertici del Pc non si evince se ora Dessì sia iscritto al partito o se intenda farlo, in ogni caso quella missiva soddisfa la condizione richiesta (anche se è evidente che il partito in questione non ha avuto eletti).
L'ingresso del Pc non è stata l'unica novità rilevante dell'ultimo periodo all'interno del gruppo misto del Senato. Il 28 ottobre, infatti, la componente IDeA e Cambiamo è stata ribattezzata IDeA-Cambiamo-Europeisti. Ricompare dunque il nome del gruppo nato all'inizio dell'anno per sostenere l'eventuale governo Conte-ter e ricompare, guarda caso, nella stessa articolazione parlamentare di cui fanno parte da mesi sia Mariarosaria Rossi (tra le persone protagoniste della formazione di quel gruppo) e soprattutto Raffaele Fantetti, eletto all'estero nella lista comune, poi aderente al Maie, creatore con Ricardo Merlo di Italia23 e infine presidente del gruppo Europeisti-Maie-Centro democratico. Il simbolo presente sul sito degli Europeisti è sostanzialmente lo stesso precedente: semplicemente sono stati cancellati i riferimenti a Maie e Cd presenti sotto al nome, mentre è rimasto il "tricolore a pallini" dell'associazione Italia23 legata a Fantetti.
Sempre al Senato, poi, il 12 novembre ha leggermente modificato il suo nome la componente ItalExit per l'Italia - Partito valore umano (prima era solo ItalExit-Partito valore umano), nata per dare maggiore visibilità al progetto politico di Gianluigi Paragone ma sorta il 14 settembre solo grazie al sostegno necessario del Pvu, che aveva concorso alle ultime elezioni politiche. Il 9 novembre, in compenso, era cessata la componente L'Alternativa c'è, sorta grazie al sostegno tecnico (e dichiarato nel nome) della Lista del Popolo per la Costituzione. Questo fatto, tuttavia, va letto insieme alla scomparsa del nome "L'Alternativa c'è" alla Camera il 15 novembre; non è però venuta meno la componente, che ha semplicemente cambiato nome.
La componente, infatti, ora si chiama semplicemente Alternativa e dovrebbe essere questo il nome del futuro partito di coloro che hanno lasciato il MoVimento 5 Stelle soprattutto all'indomani della nascita del governo Draghi. Per capirne qualcosa di più occorre leggere quanto riportato da La Notizia giornale: si legge che si sta preparando un partito "per rilanciare le battaglie 'di opposizione contro il governo Draghi'. Aprendosi a tutto il mondo dell'associazionismo e delle forze civiche che vorranno farne parte. Per essere pronti già alle elezioni Amministrative del 2022, guardando alle Politiche del 2023" e che quel partito (in cui i riferimenti sarebbero al momento soprattutto i deputati Andrea Colletti e Pino Cabras e il senatore Mattia Crucioli) dovrebbe essere presentato domani in una conferenza stampa. "
Nei giorni scorsi - si legge sempre nell'articolo - è stato depositato lo statuto ed è stata effettuata la registrazione all’Agenzia delle Entrate". Per vedere il simbolo, o almeno una sua base, occorre andare nel sito in costruzione: si trova una A arancione stilizzata, dentro la quale sembra di poter vedere (in negativo) parte del segno che ora occupa il centro del simbolo di L'Alternativa c'è, cioè Alpha. Al momento l'articolazione parlamentare comprende 14 persone, quindi non bastano per formare un gruppo autonomo alla Camera, ma solo la componente attuale (che peraltro, superando i dieci membri, non ha bisogno del sostegno di un partito che ha concorso alle elezioni per esistere); non è nemmeno dato sapere se quello che ora si vede come emblema sarà mantenuto come simbolo (sicuramente dovrà essere preparata la forma rotonda, per poter concorrere alle elezioni). Domani, probabilmente, se ne saprà di più.

domenica 1 agosto 2021

Potere al Popolo approda in Senato con Mantero

Una caratteristica costante delle ultime tre elezioni politiche è stata l'esclusione della sinistra dichiarata dalle aule parlamentari. Al di là di Sel nel 2013 e Liberi e Uguali nel 2018 (di area sinistra, ma certo non le formazioni più a sinistra dei rispettivi turni elettorali), le liste costituite per cercare di superare lo sbarramento mettendo insieme varie forze che si riconoscevano nella stessa area erano rimaste lontane dalle soglie di sbarramento di volta in volta previste: niente da fare per la Sinistra - l'Arcobaleno nel 2008 (3,08% alla Camera), per Rivoluzione civile nel 2013 (2,25%) e per Potere al popolo! nel 2018 (1,13%). A differenza delle altre due liste, rimaste fuori dalle Camere durante tutta la rispettiva legislatura, Potere al popolo! il 20 luglio è approdata in Parlamento, come componente del gruppo misto del Senato: è stata infatti accolta la richiesta in tal senso di Matteo Mantero, eletto nel 2018 con il MoVimento 5 Stelle (dopo la prima elezione sotto lo stesso simbolo nel 2013). 
 
 
La notizia è stata data dallo stesso Mantero con un post su Facebook: 
"Dal 20 luglio ho l’onore di rappresentare ufficialmente Potere al Popolo in Senato. Il mio percorso politico nelle istituzioni si chiuderà con questo mandato, penso che il limite di mandati sia un principio sacrosanto per contrastare una politica autoreferenziale che pensa solo a tutelare se stessa. Continuerò ad occuparmi di politica come cittadino. Questa mi ha dato la libertà di accostarmi alla forza politica che più sentivo vicina ai miei valori e principi. Ho visto in Potere al Popolo molti aspetti comuni con il Movimento delle origini. Una forza politica nata dal popolo che rivendica la propria sovranità, cittadini attivi che si spendono per il bene comune e si pongono come alternativa (unica ormai) ai partiti che hanno mal governato il nostro paese. Da subito ho provato grande vicinanza con questo movimento: sono, anzi siamo, una forza giovane, dinamica e proattiva e ho sentito grande sintonia sui temi che ho seguito in questi anni, la difesa dell’ambiente, la lotta all’illegalità, le battaglie per i diritti, dall’eutanasia alla legalizzazione della Cannabis. Sono molto contento di poter essere il loro terminale in Parlamento per questo scampolo di legislatura, spero di rappresentarli degnamente e non posso fare altro che ringraziarli per la fiducia e per avermi dato modo di chiudere la mia carriera politica con un ritorno alle origini, le mie radici affondano nei valori della sinistra, ma con una nuova avventura. Ridiamo voce e potere al popolo". 
Mantero, che il 19 febbraio scorso aveva aderito al gruppo misto (all'indomani del voto contrario all'insediamento del governo Draghi e della dichiarazione con cui Vito Crimi aveva annunciato l'espulsione dal M5S per chi non aveva votato la fiducia), è riuscito a costituire la componente in base alle ultime decisioni della Giunta per il regolamento di Palazzo Madama. L'organo, in un parere formulato a maggio, aveva stabilito che - in sostanziale coerenza con quanto previsto dalle modifiche al regolamento approvate alla fine della scorsa legislatura per la formazione dei gruppi, ma senza che a maggio sia stato seguito il procedimento per modificare "ufficialmente" il regolamento, inclusa l'approvazione a maggioranza assoluta, come pure l'art. 64 Cost. richiederebbe - si potevano costituire componenti del gruppo misto purché fossero espressione di una forza politica che aveva presentato candidature con il proprio contrassegno alle ultime elezioni politiche (e purché i senatori interessati fossero espressamente autorizzati a rappresentare il partito dal legale rappresentante dello stesso). Proprio la partecipazione alle ultime elezioni di Potere al popolo! - a dispetto del risultato certo non soddisfacente - ha consentito la costituzione della componente.
L'adesione di Mantero è stata commentata con grande favore dai portavoce nazionali di Potere al Popolo!, Giuliano Granato e Marta Collot: "Questa notizia ci rende estremamente felici e siamo orgogliosi di essere rappresentati in Parlamento da una persona come Matteo, che da anni porta avanti con trasparenza e coerenza battaglie importantissime e che si è fatto portavoce di istanze molto spesso dimenticate. La sua adesione è significativa di una sempre più crescente credibilità del nostro progetto: se fino ad adesso ne abbiamo avuto prova sui territori, ora si manifesta finalmente anche da un punto di vista nazionale. Ma è solo l’inizio: siamo in una fase particolare, di ristrutturazione del sistema nel suo complesso e di riconfigurazione dello spazio politico. La crisi del M5S, la disintegrazione di quel progetto, è palese e sappiamo che in tanti sono in cerca di un'alternativa e possono riconoscersi nei nostri principi e nelle nostre innumerevoli battaglie sui territori. Da oggi inizia un'importante attività di controllo popolare all’interno del Senato, che ci consentirà di portare la voce, gli interessi, i bisogni di tante e tanti che da anni non hanno una reale rappresentanza e che noi ogni giorno intercettiamo nelle vertenze e nelle attività mutualistiche e solidali. Questo è un piccolo-grande passo che ci spinge ad osare sempre di più e a portare avanti il nostro progetto complessivo di trasformazione della realtà".
Per completare la notizia manca solo un piccolo dettaglio "simbolico", che a chi appartiene alla schiera dei #drogatidipolitica non può sfuggire. Nella foto con cui ha dato notizia della nascita della componente di Potere al popolo! al Senato, infatti, Matteo Mantero ha in mano il suo iPhone e sullo schermo appare un'immagine ben riconoscibile: non il simbolo di Pap, come ci si potrebbe aspettare, ma l'immagine complessiva che raccoglieva diverse varianti cromatiche dell'emblema, postata a dicembre del 2017 sul gruppo Fb di Potere al popolo! per un sondaggio "artigianale", quando ancora la grafica elettorale non era definitiva e si cercava di capire quali colori potessero rendere meglio e incontrare il favore di militanti, elettrici ed elettori. Si trattava in fondo di una grafica "cotta e mangiata", fatta solo di simboli di prova affiancati e pensata solo per quello specifico uso, senza essere destinata a durare o a essere ricordata. La memoria di chi appartiene ai #drogatidipolitica, però, ha meccanismi strani e si attiva anche solo grazie a un dettaglio, a un particolare, a un ricordo. Ed è bastato uno sguardo veloce per far riemergere la composizione, a più di tre anni e mezzo di distanza.

martedì 29 giugno 2021

L'Alternativa c'è, il simbolo pure, la componente (grazie a Ingroia) anche

Giusto una settimana è trascorsa da quando L'Alternativa c'è, progetto-contenitore politico fondato da parlamentari elette ed eletti del M5S che non avevano dato il loro appoggio al governo Draghi, ha ottenuto la possibilità di costituire una componente politica all'interno del gruppo misto anche al Senato. Si tratta dell'epilogo di un percorso lungo varie settimane e ricco di momenti di tensione, decisioni discusse e anche qualche colpo di scena: l'esito della vicenda, peraltro, è stato permesso grazie all'intervento di Antonio Ingroia, che ha messo a disposizione le facoltà spettanti alla Lista del Popolo per la Costituzione, almeno secondo l'ultima posizione della Giunta per il Regolamento (formalizzata lo scorso 11 maggio).
La nascita della nuova componente parlamentare consente ai suoi aderenti, pur, nei limiti delle norme vigenti a Palazzo Madama, di emergere con il proprio nome all'interno delle aule, ponendosi come compagine di opposizione (insieme a Fratelli d'Italia e a +Europa - Azione). Il percorso verso una più facile identificazione, in realtà, era iniziato già alla fine di aprile, con l'adozione di un simbolo per il progetto politico. Il 26 aprile sulla pagina ufficiale Facebook de L'Alternativa c'è è stato pubblicato un post che spiega nel dettaglio l'emblema scelto. Vale la pena riportare il testo per intero, non essendo frequente che un soggetto politico spieghi direttamente il significato di una scelta che non è mai solo grafica (o, per lo meno, non dovrebbe esserlo). 
- L’Alpha
"Alpha" è la prima lettera dell’alfabeto greco, corrisponde alla "a" italiana di "alternativa".
Il rimando alla Grecia è un tempo il richiamo alla culla della democrazia (peraltro diretta) e al fallimento di certe politiche europee contemporanee.
L'"alpha" greco all'inizio delle parole è un prefisso con significazione "privativa", ossia si pone di contro e in opposizione a ciò che segue. Una parola con davanti l'alpha è l'alternativa opposta alla parola stessa.
L'"alpha" greco è la prima lettera della parola greca ἀλήθεια (aletheia), che vuol dire "verità". L’etimologia di questa parola si muove su due fronti, derivando a un tempo dalla somma di alpha privativo e la parola λήθη (lethe) e il verbo λανθάνω (lanthano). La parola "aletheia", "verità", viene così a significare tanto "non-dimenticare" quanto "non-nascondere", "disvelare". Ed è il compito di buona politica che L’alternativa c'è si propone.
- Il giallo-arancione
Siamo in un momento storico in cui la green economy è spesso già considerata superata dalla blue economy: la green era basata sul concetto di spendere di più per inquinare di meno, rendendo l’ecologia un lusso per i ricchi. Superandola, la blue sottolinea la necessità di rendere sostenibili tanto l'impatto ambientale che lo sforzo economico che vi si affianca, puntando più sui sistemi circolari, sul recupero e sul riuso che sull’implementazione di costosi sistemi sostenibili, e sottolinea l'importanza dell’economia legata al mare.
Il colore giallo-arancione è un passo ulteriore: ci ricorda che tutto sul nostro pianeta fa parte di un sistema chiuso, incluso il mare, ed il ciclo dell'acqua, che non possiamo accelerare per inseguire il suo crescente uso industriale: già enormi masse di denaro vengono investite scommettendo sul crescere del costo dell'acqua a livello globale nei prossimi anni. Progettare la crescita significa ricordarci che tutto nel nostro sistema è circolare, e ci ritorna, come il problema di un rifiuto o la risorsa di un materiale riutilizzabile, e non possiamo sprecare nulla: unica eccezione è il sole, che ogni giorno fornisce energia ulteriore al nostro ciclo, per il resto completamente chiuso. Quel colore giallo-arancione, solare, rappresenta quanto è preziosa quella consapevolezza
Il testo ha spiegato gli elementi più "anomali" (rispetto ai simboli già in circolazione) dell'emblema; non ha ritenuto necessario spiegare, ovviamente, la scelta di inserire un segmento tricolore nella parte inferiore del fregio. Forse la font adottata non è la migliore possibile (non sembra perfettamente intonata con il resto dell'immagine, anche se oggettivamente si legge bene: un corsivo o un carattere con le grazie sarebbe stato meno opportuno) ma nel complesso non è certo un simbolo inespressivo, anche se la comprensione non è immediata. Va detto, per la cronaca, che esiste un'altra pagina Fb (con il nome Alternativa c'è) con pochi post pubblicati ma attiva anche negli ultimi giorni, che mostra una ruota dentata con una stella all'interno: non si tratta certo di una pagina ufficiale, ma è utile ricordare che il 23 febbraio scorso l'Adnkronos aveva pubblicato un lancio di Antonio Atte in cui si parlava di "una ruota dentata con all'interno una stella tricolore". Può essere che qualcuno abbia cercato di "visualizzare" quell'immagine; in ogni caso, le scelte grafiche in seguito sono state diverse.
Dunque da tempo coloro che, eletti nel MoVimento, non hanno condiviso gli ultimi passaggi politici con il sostegno a Draghi, si sono dati un simbolo e ora dispongono di una componente del gruppo misto in entrambe le Camere. Quest'operazione, non andata in porto a marzo per il venir meno delle condizioni per un progetto comune con l'Italia dei valori guidata da Ignazio Messina, è stata possibile questa volta - come si diceva - grazie all'intervento di Antonio Ingroia. Se alla Camera i deputati che si riconoscono in L'Alternativa c'è (15 per ora) hanno potuto costituire la componente senza grossi problemi, visto che non esistono requisiti particolari per le compagni di almeno dieci persone, al Senato com'è noto la situazione è diversa: pur in mancanza di norme scritte (per cui le componenti sono citate una sola volta dal regolamento, ma non normate), in passato si erano sempre permesse le componenti-etichetta (senza altro valore o prerogativa), anche di una sola persona, ma le ultime modifiche al regolamento del Senato in materia di gruppi - che vincolano il sorgere di un gruppo, anche in corso di legislatura, alla rappresentanza di un gruppo partecipante alle ultime elezioni e con almeno un eletto - avevano portato la Giunta per il regolamento e la stessa Presidenza del Senato a un atteggiamento meno permissivo. 
Nella citata seduta della Giunta dell'11 maggio si era approvato un parere, in base al quale - mediando tra varie posizioni emerse nell'organo - si sarebbero potute costituire componenti nel gruppo misto purché rappresentassero "partiti o movimenti politici che abbiano presentato con il proprio contrassegno, da soli o collegati, candidati alle ultime elezioni nazionali" e purché i senatori richiedenti fossero autorizzati "a rappresentare il partito o movimento politico detentore del contrassegno presentato alle elezioni, mediante dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante di tale formazione politica".
Ora, la Lista del Popolo per la Costituzione ha effettivamente partecipato alle elezioni politiche del 2018 (pur se in un numero assai limitato di circoscrizioni, visto l'obbligo di raccogliere le firme) e coloro che intendevano costituire la componente sono espressamente stati autorizzati a rappresentare quel partito da Antonio Ingroia, che della Lista del Popolo per la Costituzione è il rappresentante legale e il titolare del contrassegno elettorale, in base a quanto risulta dalla dichiarazione di trasparenza depositata appunto al Viminale prima delle ultime elezioni politiche. Così, in ossequio al citato parere della Giunta per il regolamento, è nata la componente del gruppo misto del Senato "L'Alternativa c’è - Popolo per la Costituzione", ad ora costituita da Bianca Laura Granato, Luisa Angrisani, Margherita Corrado e Mattia Crucioli. Nel post ufficiale sulla pagina, il 22 giugno, si legge che la nascita della componente dovrebbe essere il primo passo di "un percorso già in atto per costruire un’alleanza costituzionale molto più ampia e larga che rappresenti una terza via, un'aggregazione che si candida a governare il Paese e di cui si sente sempre più forte e vitale la necessità e l'urgenza". Un'alternativa al governo Draghi, ma soprattutto "ai due poli oggi imperanti, la destra nazionalista e il polo moderato, che insieme oggi sgovernano il Paese. Una sponda popolare e costituzionale che dia voce ai cittadini onesti, ai discriminati e delusi dell’attuale classe politica governativa", come pure alternativa "ai governi delle banche della finanza e dei potentati, alle politiche sempre più subalterne ai grandi interessi multinazionali, di lobby nazionali e transnazionali, che ostacolano una vera sovranità democratica e costituzionale".  
Il 24 giugno, nella conferenza stampa in Senato, i membri della componente hanno confermato "un'affinità politica progettuale" con Ingroia, che a sua volta ha detto di avere "messo a disposizione convintamente il simbolo" (ricordando anche Giulietto Chiesa, con cui aveva condiviso quel progetto elettorale e scomparso il 26 aprile dello scorso anno) avendo riscontrato "davvero tantissime affinità, anzi, anche identità" tra i propri programmi e obiettivi con quelli de L'Alternativa c'è. A partire dal fatto che "c'è una voglia di opposizione nel Paese, che chiede un'alternativa e che in questo momento di fatto non è adeguatamente rappresentata dentro i Palazzi della politica": mettere a disposizione il simbolo - o meglio, le prerogative consentite dall'aver partecipato alle ultime elezioni con quel simbolo - per Ingroia significa lavorare ancora per "costruire un Polo che sia alternativo a quelli che hanno governato, anzi, sgovernato il Paese fino ad oggi", facendosi strada tra i delusi e puntando a "una vera, reale, effettiva e non finta applicazione della Costituzione, mentre è in corso una eversione di fatto dei principi costituzionali".
Ingroia auspica la nascita di veri gruppi parlamentari, anche se ciò sarebbe possibile solo alla Camera (ove almeno altre cinque persone elette si unissero), non anche al Senato perché occorrerebbe un eletto con il simbolo della Lista del Popolo per la Costituzione, che invece non c'è stato. Nel frattempo, in dottrina non mancano le perplessità di chi - come Salvatore Curreri, non senza ragioni - ritiene che, con il parere della Giunta per il regolamento che ha consentito la nascita della componente "L'Alternativa c'è - Popolo per la Costituzione", di fatto si sia innovato il regolamento del Senato senza rispettare la Costituzione, vale a dire l'art. 64 che prevede (al comma 1) che il regolamento di ciascuna Camera sia adottato "a maggioranza assoluta dei suoi componenti", il che vale anche per le sue modifiche. Senza contare che quella modifica di fatto consente qualcosa di analogo a ciò che avviene alla Camera, cioè la nascita di una componente del gruppo misto "eterocostituita", i cui membri non siano parte della forza politica che ne consente il sorgere. Sul piano politico evidentemente si è dato il benestare a questa operazione; sul piano giuridico-scientifico, con altrettanta evidenza, i dubbi continueranno. Intanto, però, almeno alla nuova componente corrisponde il suo simbolo. Anzi, due.

mercoledì 19 maggio 2021

"Lanciami le componenti!" pure al Senato, moderatamente (e con dubbi)

Adelante con juicio
. Si potrebbe riassumere così il parere votato (si suppone a maggioranza) dalla Giunta per il regolamento del Senato sulla possibilità di costituire componenti politiche all'interno del gruppo misto anche a Palazzo Madama. Ci sono volute ben quattro sedute della Giunta per il regolamento del Senato, con un percorso iniziato addirittura lo scorso anno (2 dicembre 2020, 27 gennaio, 17 marzo e, appunto, 11 maggio 2021), per arrivare a una decisione sul punto, di fronte alle numerose richieste di formare delle componenti - praticamente non normate nel regolamento del Senato - e nella necessità di adottare una linea definita, senza dover adottare al momento una modifica puntuale del regolamento stesso (se ne riparlerà, probabilmente, quando si dovrà rimettere mano al testo in vista della prossima legislatura, dopo la riduzione del numero dei parlamentari).
Mentre si scrive, in effetti, non è ancora disponibile il resoconto sommario dell'ultima seduta, dunque non si può ancora conoscere il contenuto della discussione sul parere approvato. Questo, però, è già noto perché è stato letto in aula dalla presidente Maria Elisabetta Alberti nella seduta di ieri, martedì 18 maggio, ed è stato riportato per intero nel resoconto stenografico. Ecco, di seguito, il testo: 
Tenuto conto della disciplina prevista per i Gruppi parlamentari dall'articolo 14, comma 4, terzo periodo, del Regolamento, è consentita la costituzione di componenti politiche all'interno del Gruppo Misto purché rappresentino partiti o movimenti politici che abbiano presentato con il proprio contrassegno, da soli o collegati, candidati alle ultime elezioni nazionali. I senatori che intendono costituire una componente politica all'interno del Gruppo Misto devono essere autorizzati a rappresentare il partito o movimento politico detentore del contrassegno presentato alle elezioni, mediante dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante di tale formazione politica.
Va detto che il parere peraltro prosegue, esprimendosi sulla possibilità di esprimere dichiarazioni di voto in dissenso rispetto alle indicazioni del gruppo misto, visto che le richieste di dare voce a quei dissensi sono aumentate di pari passo con l'affollamento del gruppo misto, che si è fatto dunque più disomogeneo. Sul punto, la Giunta ha deciso che spetta alla Conferenza dei capigruppo stabilire i tempi aggiuntivi previsti dall'articolo 109, comma 2-bis del Regolamento e i tempi assegnati ai senatori che intendono dissociarsi dalle posizioni espresse dal rappresentante del Gruppo Misto. Il regolamento prevede che, qualora si preveda un solo intervento per gruppo, anche per il gruppo misto valga un limite massimo di dieci minuti, ma se più membri chiedono di parlare quel limite passa a quindici minuti e va distribuito tra i vari interventi; non è espressamente regolata l'ipotesi delle dichiarazioni di voto in dissenso - come invece si fa per i gruppi in generale, prevedendo che chi si discosta dal voto del gruppo possa parlare per un massimo di tre minuti - ma quindi ora dovrà essere la Conferenza dei capigruppo ad assegnare quei tempi in più.
Tornando alla questione delle componenti del gruppo misto, al momento sembra che la lunga discussione abbia prodotto una soluzione "minima", che regola in via di convenzione ciò che non è previsto a chiare lettere dal regolamento del Senato (che cita una sola volta le componenti, all'art. 156-bis, ma per una fattispecie minore, cioè la possibilità di presentare ogni mese una sola interpellanza con procedimento abbreviato). L'accordo che emerge dal parere votato dalla Giunta pare voler conservare anche per le componenti l'orientamento restrittivo introdotto dalle modifiche regolamentari approvate alla fine del 2017, in materia di formazione dei gruppi parlamentari. Come si ricorderà, quell'intervento aveva lo scopo di scoraggiare la frammentazione: ora è consentita solo la formazione di gruppi di almeno dieci membri - al di là del gruppo di almeno cinque persone riferito alle minoranze linguistiche - che rappresentino un partito o comunque una lista che abbia presentato candidature alle elezioni del Senato con un proprio contrassegno, ottenendo l'elezione di senatori; quanto al sorgere di gruppi in corso di legislatura, è possibile solo per gruppi espressione di "singoli partiti o movimenti politici che si siano presentati alle elezioni uniti o collegati". Si è già visto come in passato solo l'accordo con il Psi abbia consentito a Italia viva la costituzione di un gruppo autonomo, proprio perché si è ritenuto che il Partito socialista, come parte del cartello Insieme, si sia presentato alle elezioni "unito" ad altre forze politiche (avendo eletto in Senato Riccardo Nencini, sia pure in un collegio uninominale e non sotto le dirette insegne della lista cui partecipava il suo partito).
Evidentemente, nella discussione in Giunta sulla linea di condotta da tenere in materia di requisiti per consentire la costituzione di componenti, si è ritenuto di dover tenere conto della scelta severa fatta dal Senato alla fine della scorsa legislatura. In passato non era stato così: anche sulla base del fatto che quelle componenti di fatto non contavano quasi nulla, ma erano essenzialmente "etichette" per riconoscersi, nel gruppo misto di Palazzo Madama poteva costituirsi qualunque componente, anche di una sola persona, senza che questa dovesse corrispondere a un partito che aveva partecipato alle elezioni, addirittura senza dover per forza corrispondere a un partito (fu il caso soprattutto di Insieme per l'Italia di Sandro Bondi e della compagna Manuela Repetti, denominazione addirittura priva di simbolo, come ben sa chi segue da tempo I simboli della discordia). Ora, invece, chi vorrà costituire una componente politica del gruppo misto al Senato potrà farlo solo se questa rappresenta uno tra i "partiti o movimenti politici che abbiano presentato con il proprio contrassegno, da soli o collegati, candidati alle ultime elezioni nazionali" e, per giunta, sarà necessario farsi rilasciare dal legale rappresentante del partito di cui si vuol costituire la componente una dichiarazione ad hoc per dire che quelle persone elette al Senato sono "autorizzate a rappresentare" la forza politica che detiene il contrassegno usato alle elezioni. Per essere chiari, se questa convenzione fosse stata valida nella scorsa legislatura, non sarebbe potuta nascere, in autonomia dalla Lega Nord, la componente della Lega per Salvini premier nel gruppo misto (costituita invece il 3 novembre 2017, un mese e mezzo prima che le modifiche al regolamento del Senato fossero approvate, da Roberto Calderoli, allora come ora membro della Giunta per il regolamento...) e quel soggetto politico, dunque, non avrebbe nemmeno potuto chiedere l'inserimento della stessa Lega per Salvini premier nel Registro dei partiti politici (la procedura può essere iniziata solo a seguito della partecipazione alle elezioni europee, politiche o regionali o potendo contare su un gruppo parlamentare o, appunto, una componente del gruppo misto). 
Sulla soluzione adottata si può fare qualche osservazione, senza nascondere alcune perplessità, anche sul linguaggio utilizzato (ma le riflessioni dovranno essere riconsiderate quando sarà reso noto il contenuto della discussione in Giunta). Innanzitutto qui non si è indicato alcun requisito numerico, dunque si deve immaginare che anche una sola persona eletta in Senato possa costituire una componente. Si chiede poi che il partito di cui si vuole costituire la componente abbia partecipato "alle ultime elezioni nazionali", dunque esso può essersi presentato anche solo alla Camera, mentre l'art. 14, comma 4 del regolamento del Senato chiede che i candidati siano stati presentati (anche o solo) al Senato e per giunta sia stato eletto un senatore (peraltro, per coloro che leggono l'art 14, comma 4, penultimo periodo come norma a sé, slegata dal resto del comma, nessuno di questi due requisiti sarebbe richiesto per i gruppi autonomi sorti in corso di legislatura, ma finora non pare che questa posizione abbia trovato sponda in Senato). Si tratta di una differenza non secondaria, ma non irragionevole, se non altro perché è molto più facile che uno o più senatori, invece che fondare un nuovo partito (che avrebbe problemi a costituire un gruppo), scelgano di aderire a un soggetto politico già esistente e che magari aveva presentato candidature solo alla Camera, anche senza eleggere nessuno. Per inciso, qualcuno potrebbe anche tentare di sostenere che pure le elezioni europee sono da considerarsi "nazionali", essendo regolate dalla stessa legge in tutta l'Italia (legge che peraltro rimanda spesso a quella per le politiche) e prevedendo un deposito centralizzato dei contrassegni al Ministero dell'interno: non sembra questo l'intento, ma considerando che in passato in Senato si è vista anche la componente dell'Altra Europa con Tsipras, qualcuno potrebbe pensarci.
Qualche riserva, invece, non si può evitare con riguardo al requisito in base al quale i soggetti politici cui si riferiscono le varie componente debbano avere presentato candidature alle ultime elezioni nazionali "con il proprio contrassegno, da soli o collegati". Ci si vuole probabilmente riferire alle situazioni delle liste "sciolte" o "coalizzate", ma il parere dimentica di trattare il caso di un partito o di un movimento che abbia partecipato in modo visibile a un "cartello elettorale", inserendo dunque il proprio simbolo nel contrassegno. L'esempio del Psi è eloquente: dal 4 giugno 2018 al 17 settembre 2019 Riccardo Nencini è risultato unico membro della componente del Psi, inizialmente costituita come Psi-Maie-Usei, poi dal 6 aprile solo Psi-Maie. In base alle regole stabilite ora in via convenzionale, quella componente forse sarebbe potuta sopravvivere come "continuazione" della compagine costituita all'inizio della legislatura, ma se Nencini avesse chiesto di costituirla ex novo a legislatura iniziata avrebbe avuto difficoltà, poiché il suo partito a rigore non si è presentato alle elezioni del 2018 né "da solo" (non ha presentato liste per conto proprio), né "collegato", ma casomai "unito" (a Verdi, Area civica e ulivisti nel cartello Insieme), però quella parola non è stata ripresa nel parere votato dalla Giunta per il regolamento
Naturalmente può essere che nel più stia il meno, per cui se si consente a un partito presentatosi "unito" di costituire un gruppo autonomo a maggior ragione questo dovrebbe poter costituire una componente del gruppo misto; le parole però hanno un peso, soprattutto se sono quelle di un parere che deve "integrare" un regolamento parlamentare, quindi il fatto che una certa parola non sia presente non può essere considerato come trascurabile. Anche perché il parere citato parla di "contrassegno", che è l'emblema con cui le liste (o le candidature singole nel collegio uninominale della Valle d'Aosta, oltre che in caso di elezioni suppletive) si presentano agli elettori, mentre ogni partito e movimento si identifica con il "simbolo", che in caso di lista presentata da una sola forza politica può essere utilizzato come contrassegno, ma non di rado è utilizzato come elemento di un contrassegno composito, più ampio (come appunto quello della lista Insieme). Non a caso, quando il regolamento parla della costituzione di gruppi autonomi (in corso di legislatura) all'art. 14, comma 4, penultimo periodo, non parla affatto di contrassegni, ma di partiti o movimenti "che si siano presentati alle elezioni uniti o collegati": non c'era dubbio sul fatto che il Psi potesse costituire un proprio gruppo, mentre sarebbe lecito averlo con riferimento alle componenti. L'impressione, insomma, è che il parere sia stato redatto mescolando i termini usati per due fattispecie leggermente diverse, creando una certa confusione: il problema si può risolvere, ovviamente, ma era meglio non crearlo, visto che si stava cercando di chiarire una situazione poco definita.
In base al parere, in ogni caso, potrebbero sorgere componenti politiche di tutte le formazioni che hanno partecipato alle elezioni (e che ovviamente non hanno già un gruppo a Palazzo Madama), quali Potere al popolo, il Popolo della Famiglia, Partito comunista, fino ai soggetti più piccoli, cui si potrebbero aggiungere - in caso di interpretazione estensiva del parere stesso - i partiti che hanno presentato liste congiuntamente con altre forze politiche (a partire da Noi con l'Italia, Centro democratico e dai tanti soggetti presenti all'interno di Civica popolare). Bisogna anche dire che il fatto che le persone elette al Senato che vogliano costituire (da sole o collettivamente) una componente politica debbano essere "autorizzat[e] a rappresentare il partito" cui il contrassegno si riferisce dal legale rappresentante del partito stesso consente, in linea teorica, la formazione della componente anche a chi non fa parte di quel partito, "accontentandosi" del consenso esplicito e formale del legale rappresentante di un partito al sorgere di una componente con quel nome. Oggettivamente al Senato dovrebbe avere un rilievo assai ridotto: a Palazzo Madama, a differenza di quanto previsto per la Camera, le componenti non sono automaticamente dotate di risorse e spazi per il loro funzionamento, quindi dovrebbe esserci meno interesse alla costituzione o al mantenimento di una componente. Certo è che qualche persona eletta al Senato, magari fuoriuscita dal proprio gruppo originario, potrebbe essere interessata a costituire una componente per avere un minimo di visibilità (e, in qualche caso, di tempo riservato per gli interventi in dissenso) e così potrebbe incrociare l'interesse di un soggetto politico esterno alle Camere ad apparire nei lavori di aula: in questo senso, potrebbero aver interesse - anche solo per provocazione - ad entrare in aula senza aver eletto nessuno CasaPound Italia e Forza Nuova (anche per cercare di "blindare" la loro esistenza attraverso la presenza a Palazzo Madama), come pure il Partito comunista dei lavoratori, il Partito valore umano o il vecchio Pri. 
La formulazione del parere, tra l'altro, in teoria potrebbe essere interpretata come l'art. 14, comma 5 del regolamento della Camera, per cui la componente deve rappresentare il partito che ne consente il sorgere, ma si tollera che a quel nome ne sia abbinato un altro, cioè quello in cui effettivamente si identificano i membri della componente. Il fenomeno è noto fin dalla XV Legislatura e si è ripetuto anche in quella attuale (si pensi alle componenti nate grazie a 10 volte meglio, Alternativa popolare e Federazione dei Verdi), anche se al Senato la ricordata assenza di risorse dedicate alle componenti non incoraggerebbe operazioni simili; esse potrebbero comunque essere tentate - visto che il parere non parla in alcun modo di elezione di senatori, dunque qui non si potrebbe far valere alcuna differenza rispetto al regolamento della Camera - dai rappresentanti di formazioni politiche nate in corso di legislatura. L'unica certezza, infatti, è che partiti e movimenti nati dopo le elezioni non possono costituire alcuna componente con il proprio nome, come denunciato in aula da Mattia Crucioli, che si riconosce in L'alternativa c'è e ha parlato di interpretazione "liberticida", perché non consente in alcun modo alle compagini nate in corso di legislatura, di maggioranza e soprattutto di opposizione, di avere visibilità (nessuno di L'alternativa c'è, tra l'altro, partecipa alla Giunta: per il gruppo misto l'unico membro presente è la presidente Loredana De Petris, di Leu). 
Proprio Crucioli e le altre persone elette in Senato che rappresentano L'alternativa c'è - forza politica che, incidentalmente, non ha ancora scelto il suo simbolo - stanno protestando da ore, soprattutto per (ri)ottenere la possibilità di parlare in dissenso rispetto alla posizione del gruppo misto (della questione si occuperà la Conferenza dei capigruppo); sulla questione della componente, tuttavia, potrebbero cercare di percorrere la strada prima ricordata dell'abbinamento dei nomi - a patto, ovviamente, di trovare tra le formazioni che si sono presentate alle elezioni un soggetto disponibile -  visto che ciò è stato permesso per il gruppo di Italia viva e alla Camera continua a essere praticato senza troppi problemi (ricordando, come si diceva, che per le componenti non ci sarebbe nemmeno il problema di dover annoverare tra i membri una persona eletta con il partito che si vuole rappresentare, ma basterebbe la dichiarazione del legale rappresentante del partito che si prestasse a un'operazione simile). Non si tratterebbe, bisogna dirlo, di una pagina splendida del diritto parlamentare, ma c'è chi potrebbe ritenere che sia ancora peggio consentire solo a una parte dell'opposizione di esprimersi in modo visibile, comprimendo in sostanza le posizioni dell'altra parte, magari nata proprio in occasione della formazione del nuovo governo. In ogni caso, ora che una regola pur minima è stata fissata - almeno temporaneamente - anche al Senato, qualcuno nell'aula di Palazzo Madama potrebbe perfino adottare come grido di battaglia, alla Jeeg Robot, "Lanciami le componenti!"