Salvo sorprese, oggi i parlamentari che hanno scelto di seguire Matteo Renzi nella sua nuova sfida politica abbandoneranno i gruppi del Pd di Camera e Senato, in attesa di costruire la loro nuova casa. Da ieri sera si sa che si chiamerà Italia viva, ma in Parlamento già da aprile un soggetto si autoproclama "vivo". Si tratta di è Viva - appunto - cioè il movimento frutto dell'impegno degli "autoconvocati" di Liberi e Uguali rappresentata a Montecitorio da Luca Pastorino e a Palazzo Madama da Francesco Laforgia (che ne è anche il coordinatore nazionale): proprio lui, ieri sera, su Twitter ha fatto gli auguri a Renzi per il varo, ma ha tenuto a rimarcare che la sua compagine e quella nascente del collega d'aula hanno "nomi simili ma direzioni molto diverse", come a rimarcare cortesemente che l'idea della vita come segno identitario e di distinzione l'aveva scelta per primo il suo movimento, già qualche mese fa.
Ma come si era arrivati a quel nome - è Viva - così particolare e inconsueto nella storia della politica italiana? In aprile era stata sottoposta a potenziali elettori e appassionati la scelta dell'emblema, all'interno di una terna di opzioni nominali e grafiche offerte (le altre erano In piedi e Plus), ma a monte c'era stato molto lavoro per giungere a quella consultazione. Questo sito ha chiesto all'agenzia di comunicazione barese Moscabianca, cui il progetto #perimolti si era rivolto per elaborare il nome e l'emblema, di raccontare quel percorso, per far capire meglio a chi frequenta questo spazio come una o più idee possano trasformarsi in un segno di riconoscimento politico e quanti sforzi concorrano a quel risultato. Gli ideatori hanno accettato e quella che segue è la loro narrazione dei passaggi che hanno portato a dire che la passione politica (e la sinistra) è Viva, certo non meno dell'Italia.
Raccontare l'identità di un nuovo Partito non è mai un'operazione semplice e lo è ancor meno per un Partito di sinistra. L'immaginario di quest'area politica è saturo di riferimenti culturali, è materia densa, altamente strutturata, venata in certi casi da un'aura nostalgica, in cui trovare un varco per esprimere una novità può risultare estremamente complesso.
La squadra di lavoro era formata da alcuni allievi del laboratorio di comunicazione politica di Moscabianca che, affiancati dai membri dell'agenzia, hanno contribuito attivamente a tutte le fasi di lavoro.
Il lavoro ha conosciuto più fasi.
La prima è consistita in un'indagine sugli ancoraggi culturali dei partiti e dei movimenti progressisti nei paesi Occidentali per individuarne le principali direttrici. Ne sono emerse tre: la prima suggeriva la costruzione di un’identità capace di creare un’immediata connessione emotiva col passato (si veda, a tal proposito, l’analisi contenuta nell'opera di Zygmunt Bauman).
La seconda, stimolata dalle analisi della filosofa politica Chantal Mouffe e dalle esperienze di Sanders, Corbyn, Mélenchon e Podemos, indicava la direzione di un'identità dalle forti connotazioni popolari e dalle rivendicazioni sociali più radicali.
La terza, illuminata dal rinnovato vigore delle forze ecologiste e dei movimenti per i diritti civili e sociali transnazionali, suggeriva di lavorare a un'identità capace di raccontare il futuro desiderato, come meta da raggiungere insieme.
Dopo questa fase, l'attenzione si è concentrata sulle identità visive e sulle scelte di nome.
Fondamentali, da questo punto di vista, sono state le indicazioni che provenivano dal percorso deliberativo con la piattaforma attraverso la quale i militanti della nuova forza politica erano chiamati a raccontare la loro idea di Sinistra.
Nel giro di un paio di settimane, gli utenti hanno scelto le parole chiave della «nuova sinistra» (raccolte in una nuvola di tag) e indicato le preferenze cromatiche per il marchio logo, ma è dal questionario di 9 domande aperte che sono emersi gli spunti più ingaggianti, su temi di stringente attualità come l'Europa, l'immigrazione e l'impatto delle nuove tecnologie nel mondo del lavoro. A colpirci sono state, però, le risposte più personali, che hanno restituito lo spaccato di una base elettorale disillusa, ma ancora fortemente legata all'immaginario della sinistra e ai suoi valori più tradizionali: alla domanda «Qual è la cosa più di sinistra che hai fatto?» c'è chi risponde «Mia figlia», e chi invece auspica nuove politiche per eliminare le disuguaglianze e abbattere i muri, anche a costo di prenderli «a spallate».
Le fasi di brainstorming sono state fondamentali per giungere alle tre proposte. Nel lavoro di raccolta dati e indagine, osservazione puntuale della realtà presente e passata, i momenti informali, come sempre accade nei lavori creativi, si sono rivelati più che proficui.
La proposta "In piedi!", ad esempio, nasce negli ultimi minuti di un lunghissimo turno pomeridiano. Alcuni di noi avevano intenzione di cercare il senso più intimo della sinistra oltre le parole, oltre le lingue che irrimediabilmente esprimono in modi diversi (talvolta intraducibili in italiano) uno stesso concetto. Allora "to stand for something", credere fermamente in qualcosa, evocava una posizione fisica che significa rispetto ma anche prontezza. Il punto esclamativo poi rendeva la perifrasi un invito accorato, un'esortazione, quasi una chiamata alle armi a cui il popolo della sinistra avrebbe sentito il dovere morale di rispondere. Il viola invece, per quanto in Italia sia poco presente in politica e risulti legato a doppio filo ad un significato negativo, sia nel mondo sacro della liturgia cristiana che in quello profano del teatro e della televisione, ha avuto grande fortuna in Polonia, dove il movimento Wiosna ha indicato la strada da percorrere per un recupero dei diritti civili di alcune soggettività sociali.
La fase del referendum, nella quale i militanti e i simpatizzanti del nuovo soggetto, è stata poi il punto d’approdo di un percorso che assumeva un significato politico preciso. L’idea, appunto, che la partecipazione è una mera sommatoria di posizioni, ma un processo che punta a innalzare la qualità della decisione, intrecciando varie fasi e contributi. Quella libera, appunto, del questionario iniziale; il lavoro di professionisti che utilizzano quella base come un brief collettivo; l’ideazione di tre proposte che poi vengono portate a referendum tra coloro che hanno risposto al questionario.
Complessivamente la piattaforma ha registrato 9.000 visite al sito, 23.000 interazioni e 1000 contributi di idee. Un dato non da poco, per un percorso che comunque aveva una sua complessità e richiedeva più fasi d’attivazione.
Un modello sicuramente positivo, che potrebbe essere replicato anche in altre occasioni sia come metodologia dell'agenzia che come forma di coinvolgimento dei militanti.
Grazie all'agenzia Moscabianca per la collaborazione e a Paolo Inno, Leoluca Armigero e Vittorio Polieri, allievi del laboratorio di comunicazione politica "Candidati in terapia" per la testimonianza. Per approfondire la vicenda (e per trovarne un resoconto grafico, dal quale sono tratte le immagini precedenti), si può visitare questa pagina: https://www.moscabianca.info/portfolio/il-mio-partito/.
Ma come si era arrivati a quel nome - è Viva - così particolare e inconsueto nella storia della politica italiana? In aprile era stata sottoposta a potenziali elettori e appassionati la scelta dell'emblema, all'interno di una terna di opzioni nominali e grafiche offerte (le altre erano In piedi e Plus), ma a monte c'era stato molto lavoro per giungere a quella consultazione. Questo sito ha chiesto all'agenzia di comunicazione barese Moscabianca, cui il progetto #perimolti si era rivolto per elaborare il nome e l'emblema, di raccontare quel percorso, per far capire meglio a chi frequenta questo spazio come una o più idee possano trasformarsi in un segno di riconoscimento politico e quanti sforzi concorrano a quel risultato. Gli ideatori hanno accettato e quella che segue è la loro narrazione dei passaggi che hanno portato a dire che la passione politica (e la sinistra) è Viva, certo non meno dell'Italia.
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Raccontare l'identità di un nuovo Partito non è mai un'operazione semplice e lo è ancor meno per un Partito di sinistra. L'immaginario di quest'area politica è saturo di riferimenti culturali, è materia densa, altamente strutturata, venata in certi casi da un'aura nostalgica, in cui trovare un varco per esprimere una novità può risultare estremamente complesso.
La squadra di lavoro era formata da alcuni allievi del laboratorio di comunicazione politica di Moscabianca che, affiancati dai membri dell'agenzia, hanno contribuito attivamente a tutte le fasi di lavoro.
Il lavoro ha conosciuto più fasi.
La prima è consistita in un'indagine sugli ancoraggi culturali dei partiti e dei movimenti progressisti nei paesi Occidentali per individuarne le principali direttrici. Ne sono emerse tre: la prima suggeriva la costruzione di un’identità capace di creare un’immediata connessione emotiva col passato (si veda, a tal proposito, l’analisi contenuta nell'opera di Zygmunt Bauman).
La seconda, stimolata dalle analisi della filosofa politica Chantal Mouffe e dalle esperienze di Sanders, Corbyn, Mélenchon e Podemos, indicava la direzione di un'identità dalle forti connotazioni popolari e dalle rivendicazioni sociali più radicali.
La terza, illuminata dal rinnovato vigore delle forze ecologiste e dei movimenti per i diritti civili e sociali transnazionali, suggeriva di lavorare a un'identità capace di raccontare il futuro desiderato, come meta da raggiungere insieme.
Dopo questa fase, l'attenzione si è concentrata sulle identità visive e sulle scelte di nome.
Fondamentali, da questo punto di vista, sono state le indicazioni che provenivano dal percorso deliberativo con la piattaforma attraverso la quale i militanti della nuova forza politica erano chiamati a raccontare la loro idea di Sinistra.
Nel giro di un paio di settimane, gli utenti hanno scelto le parole chiave della «nuova sinistra» (raccolte in una nuvola di tag) e indicato le preferenze cromatiche per il marchio logo, ma è dal questionario di 9 domande aperte che sono emersi gli spunti più ingaggianti, su temi di stringente attualità come l'Europa, l'immigrazione e l'impatto delle nuove tecnologie nel mondo del lavoro. A colpirci sono state, però, le risposte più personali, che hanno restituito lo spaccato di una base elettorale disillusa, ma ancora fortemente legata all'immaginario della sinistra e ai suoi valori più tradizionali: alla domanda «Qual è la cosa più di sinistra che hai fatto?» c'è chi risponde «Mia figlia», e chi invece auspica nuove politiche per eliminare le disuguaglianze e abbattere i muri, anche a costo di prenderli «a spallate».
Le fasi di brainstorming sono state fondamentali per giungere alle tre proposte. Nel lavoro di raccolta dati e indagine, osservazione puntuale della realtà presente e passata, i momenti informali, come sempre accade nei lavori creativi, si sono rivelati più che proficui.
La proposta "In piedi!", ad esempio, nasce negli ultimi minuti di un lunghissimo turno pomeridiano. Alcuni di noi avevano intenzione di cercare il senso più intimo della sinistra oltre le parole, oltre le lingue che irrimediabilmente esprimono in modi diversi (talvolta intraducibili in italiano) uno stesso concetto. Allora "to stand for something", credere fermamente in qualcosa, evocava una posizione fisica che significa rispetto ma anche prontezza. Il punto esclamativo poi rendeva la perifrasi un invito accorato, un'esortazione, quasi una chiamata alle armi a cui il popolo della sinistra avrebbe sentito il dovere morale di rispondere. Il viola invece, per quanto in Italia sia poco presente in politica e risulti legato a doppio filo ad un significato negativo, sia nel mondo sacro della liturgia cristiana che in quello profano del teatro e della televisione, ha avuto grande fortuna in Polonia, dove il movimento Wiosna ha indicato la strada da percorrere per un recupero dei diritti civili di alcune soggettività sociali.
La fase del referendum, nella quale i militanti e i simpatizzanti del nuovo soggetto, è stata poi il punto d’approdo di un percorso che assumeva un significato politico preciso. L’idea, appunto, che la partecipazione è una mera sommatoria di posizioni, ma un processo che punta a innalzare la qualità della decisione, intrecciando varie fasi e contributi. Quella libera, appunto, del questionario iniziale; il lavoro di professionisti che utilizzano quella base come un brief collettivo; l’ideazione di tre proposte che poi vengono portate a referendum tra coloro che hanno risposto al questionario.
Complessivamente la piattaforma ha registrato 9.000 visite al sito, 23.000 interazioni e 1000 contributi di idee. Un dato non da poco, per un percorso che comunque aveva una sua complessità e richiedeva più fasi d’attivazione.
Un modello sicuramente positivo, che potrebbe essere replicato anche in altre occasioni sia come metodologia dell'agenzia che come forma di coinvolgimento dei militanti.
Grazie all'agenzia Moscabianca per la collaborazione e a Paolo Inno, Leoluca Armigero e Vittorio Polieri, allievi del laboratorio di comunicazione politica "Candidati in terapia" per la testimonianza. Per approfondire la vicenda (e per trovarne un resoconto grafico, dal quale sono tratte le immagini precedenti), si può visitare questa pagina: https://www.moscabianca.info/portfolio/il-mio-partito/.
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