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giovedì 7 aprile 2022

Fratelli di Riccione per Claudio Cecchetto: Fdi li diffida e fa causa, ma perde (Aggiornamento)

AGGIORNAMENTO del 24 maggio 2022: Non si sono limitati alla diffida i rappresentanti riccionesi di Fratelli d'Italia: dopo che la sottocommissione elettorale circondariale aveva ammesso la lista di Fratelli di Riccione (evidentemente ritenendo che, tra l'altro, il contrassegno presentato fosse ammissibile), è partito un ricorso al Tar Emilia-Romagna da parte del delegato alla presentazione della lista di Fdi: nel ricorso si sottolineava che l'uso contemporaneo del tricolore e della parola "Fratelli" (in maiuscolo) avrebbe potuto ingannare l'elettorato, inducendo a credere che la lista in questione fosse di Fratelli d'Italia (visto che nessun altro partito, per giunta rappresentato in Parlamento, usa a livello nazionale quei segni unitamente) e di conseguenza portando un vantaggio indebito a Fratelli di Riccione.
Il giudice amministrativo di primo grado, però, il 18 maggio ha respinto il ricorso. Ricordato che non sono ammissibili, oltre ai contrassegni identici, quelli "facilmente confondibili" e quelli riproducenti "simboli, o elementi caratterizzanti di simboli, di contrassegni usati da altri partiti o gruppi politici e, per questo motivo, atti ad indurre in errore l'elettore sull'identità del partito o raggruppamento politico dal quale promana la lista" (valutazione che implica un confronto tra fregi elettorali "ciascuno considerato nel suo complesso ed in ogni sua parte, ma soprattutto negli elementi che per una qualsiasi ragione assumono funzione individuante"), il collegio ha aderito all'orientamento in base al quale per la confondibilità o la decettività dei simboli il parametro è la "normale diligenza dell'elettore medio di oggi", che è "notoriamente munito di un bagaglio di conoscenze e di una capacità di discernimento ben superiori a quelli d'un tempo": non ci sarebbe alcun pericolo di confondere due contrassegni "in presenza di elementi di differenziazione presenti prevalenti sugli elementi accomunanti i due contrassegni" (così varie sentenze del Consiglio di Stato e, anche di recente, del Tar Calabria). Al di là degli elementi di identità (la parola "Fratelli" bianca e maiuscola su fondo blu, nonché il tricolore), i due fregi elettorali per i giudici presentano "significativi elementi di diversificazione che un elettore è in grado di percepire": la qualifica "lista civica" per Fratelli di Riccione, il riferimento a Giorgia Meloni per Fdi e l'uso ben diverso del tricolore (sfondo quasi integrale contro fiamma tricolore). Su tali premesse, per il collegio "l'impatto visivo generato dal contrassegno della lista Fratelli di Riccione non risulta [...] disorientare gli elettori della lista avversaria, in quanto le denominazioni dei due simboli non coincidono ma hanno solo una parziale analogia nelle scritte [...] e sono diverse - e distinguibili - le dimensioni grafiche del tricolore", così i tratti distintivi sono "ragionevolmente maggiori" rispetto a quelli comuni.
Fratelli d'Italia, peraltro, ha impugnato la decisione rivolgendosi al Consiglio di Stato, ritenendo tra l'altro che ci fosse comunque confondibilità tra i due contrassegni, sia per l'uso nazionale ed esclusivo della parola "Fratelli" da parte di Fdi, sia per l'assenza di valore distintivo della dicitura "lista civica" (troppo piccola) e di valore identificativo del riferimento a Meloni, mentre la scelta di usare il tricolore insieme alla parola "Fratelli" avrebbe avuto "evidente carattere allusivo" a dispetto della diversa declinazione grafica (così come non sarebbe abbastanza distintivo il riferimento a Riccione per evitare confondibilità con Fdi). 
Questo pomeriggio, tuttavia, i giudici di palazzo Spada hanno rigettato anche questo ricorso, confermando l'ammissibilità della lista Fratelli di Riccione. Dopo aver ricordato che le disposizioni in materia di inammissibilità dei contrassegni non mirano tanto a tutelare le liste, quanto piuttosto "a salvaguardare la libertà di voto degli elettori, garantendo la genuina e libera formazione del convincimento elettorale anche attraverso un corretto e leale confronto tra le forze politiche", il collegio ha precisato che gli elementi di similitudine dei contrassegni sono censurabili se sono "tali da confondere con facilità l'elettore": sono gli stessi giudici ad ammettere che, se non fosse così, "si giungerebbe all’esclusione di tutte le liste che non rechino tratti di novità o di originalità nel simbolo", cosa che creerebbe "ingiustificata ed indiscriminata compressione dell’elettorato passivo e del pluralismo della competizione elettorale". Aveva dunque correttamente valutato il Tar Bologna, nel ritenere che non ci fosse alcuna facile confondibilità, vista la prevalenza degli elementi distintivi su quelli comuni: se l'uso del tricolore "non è una prerogativa esclusiva della lista ricorrente, ravvisandosi sulla scena politica altre formazioni che la utilizzano o l’hanno utilizzata nell’ambito del contrassegno", addirittura per i giudici di secondo grado il nome scelto per la lista Fratelli di Riccione "non è in alcun modo sovrapponibile e confondibile" con quello di Fratelli d’Italia. A questo bisogna aggiungere gli altri elementi distintivi, cioè il riferimento a Meloni e la fiamma tricolore per Fdi, così come la dicitura "lista civica" "in caratteri più piccoli rispetto a 'Fratelli di Riccione', ma comunque ben visibili con una collocazione in alto e al centro" (anzi, proprio la "costante presenza delle liste civiche in tutte le competizioni elettorali amministrative" dovrebbe bastare a non far dare per scontato un collegamento tra liste locali e nazionali, a dispetto del nome simile).
Valeva la pena aggiornare gli sviluppi di questo caso, sia perché riguardava un partito presente in Parlamento, sia perché le sentenze dei giudici hanno messo a punto un nuovo criterio che tornerà buono in futuro, in occasione di contenziosi simili: come sa bene chi si interessa al diritto (non solo elettorale), le regole nascono dai fatti e, più spesso, dalle liti, indicando come comportarsi per il futuro. In politica capita (fin troppo) spesso che un partito o un gruppo si senta tanto speciale da non dover essere imitato nel nome o nel simbolo, al punto da reagire male al minimo sospetto di copia o di imitazione, a prescindere dalla fondatezza di quel sospetto (e per giunta in un ambito come quello politico, in cui per anni molti tra i principali soggetti si denominavano "Partiti" e "italiani"): di frequente si finisce in tribunale, a volte chi si sente copiato ottiene ragione (peraltro, ci si sente di dire, non sempre con piena ragione), altre volte no, come in quest'ultimo caso.

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Quando si avvicinano le elezioni, non è raro che si litighi o ci si attacchi su nomi e simboli ben prima che la campagna elettorale sia iniziata ufficialmente con l'accettazione delle candidature, anzi, prima ancora che tutti i documenti siano presentati: basta una somiglianza di troppo o un rischio di confondibilità più o meno concreto e partono avvertimenti, diffide, inviti a cambiare segno distintivo o annunci di azioni legali qualora nomi e simboli "incriminati" restassero al loro posto. In vista delle prossime elezioni amministrative tornate a fine prima vera, sta capitando proprio questo a Riccione da un paio di giorni, precisamente da quando sulla scena pre-elettorale ha fatto la sua comparsa una potenziale lista denominata Fratelli di Riccione. 
Prima ancora di parlare di questo, in realtà, bisognerebbe dire che la competizione elettorale in questo comune superiore della provincia di Rimini (non fa capoluogo ma sfiora comunque i 35mila abitanti) era già finita da alcune settimane sotto i riflettori, in particolare dalla fine di febbraio, quando era stata ufficializzata la candidatura a sindaco di Claudio Cecchetto. L'idea era nata già a dicembre, quando il produttore discografico aveva fatto gli auguri di Natale alla città con un manifesto e ai media aveva fatto sapere: "Diversi gruppi di cittadini e associazioni che organizzano incontri culturali mi hanno accennato questa ipotesi, io ne sono gratificato e dico che sono a disposizione, per me è un grande riconoscimento", arrivato peraltro da una città "che mi ha dato tantissimo e che mi può chiedere quello che vuole", evidentemente anche la candidatura.
Non si tratterebbe, per inciso, della prima campagna elettorale amministrativa di Cecchetto: nel 2019, infatti, lui si era proposto come sindaco sempre in provincia di Rimini, ma stavolta di un comune sotto i 15mila abitanti, Misano Adriatico. In quell'occasione si presentò sostenuto dalla lista W Misano Viva, confrontandosi con gli altri tre candidati in lizza: se a ottenere la poltrona di sindaco con il 39,11% fu Fabrizio Piccioni, schierato dal centrosinistra, Cecchetto ottenne un dignitosissimo secondo posto, con il 33,78%, staccando di molto le candidate della Lega-civica Veronica Pontis (19,33%) e del MoVimento 5 Stelle Daniela Ruggeri (7,79%). Cecchetto era stato eletto consigliere e figura tuttora come capogruppo di W Misano Viva.
Questa volta, invece, la candidatura arriverebbe in una città cui il produttore ed ex disc jockey - che ha aperto il suo comitato elettorale in un bar - ha legato strettamente il suo nome (tra l'altro, per le edizioni di DeeJay Television ambientate all'Acquafan e per i programmi radiofonici e televisivi condotti da Viale Ceccarini). Essendo Riccione un comune sopra i 15mila abitanti, a sostegno di ogni aspirante sindaco si possono presentare più liste: fino a pochi giorni fa ne erano state annunciate due, Riccione civica (legata al gruppo di opposizione nato in consiglio comunale nel 2019) e la Lista civica Cecchetto - Riccione 2022, che nel simbolo - opera di Marco Lodola e Sergio Pappalettera - schiera i mezzibusti di tante persone, dai vestiti e dai capelli decisamente variopinti. Cecchetto ha fornito tanto di spiegazione del contenuto del suo contrassegno: 
Il simbolo è stato pensato e realizzato per essere una metafora, un vero e proprio racconto, per essere parlante, significativo. 'Le faccine' di Marco Lodola sono diventate negli anni, una delle immagini iconiche di questo grande e modernissimo artista. Perfette per raccontare quanto per noi sia importate l'individualità e la coesione tra persone. Tutti i colori e gli abiti dei personaggi indicano la ricchezza della diversità e la potenza generativa dell’inclusione. Insieme guardiamo nella stessa direzione per il bene della città dove si vive, si lavora, si crescono i propri figli e si accolgono gli ospiti da tutto il mondo. L'onda è azzurra come il nostro mare ed è anche il colore della nostra citta. Riccione tutto l’anno è al centro del simbolo e al centro del nostro programma. Il mare d'estate e d'inverno. La stagione non ha stagione. A Riccione sono dodici i mesi in cui tra mare e città accade sempre qualcosa da scoprire e vivere. Una vacanza esperienziale che diventa promozione e desiderio di tornare. L'onda è anche il simbolo di un viaggio, di qualcosa che parte e che porta con sé materiale, energia, movimento.
Due giorni fa, peraltro, è arrivato l'annuncio ufficiale del sostegno a Claudio Cecchetto anche da parte di una terza lista, denominata appunto Fratelli di Riccione. Si era iniziato a parlare una decina di giorni fa della possibilità che una parte del centrodestra, insoddisfatta della scelta ufficiale della coalizione di sostenere la candidatura a sindaco di Stefano Caldari (assessore uscente al turismo), facesse scelte diverse, appoggiando proprio il progetto "civico" di Cecchetto. L'annuncio è arrivato dal portavoce della futura lista, Lino Masucci: "Sono sempre stato in Fratelli d’Italia e in questo partito resto a livello nazionale, ma per le amministrative non condivido la scelta fatta dal mio partito, per cui mi sono apparentato con Cecchetto", ha dichiarato al Resto del Carlino, mentre a buonGiornoRimini.it ha precisato "Sono stato tanti anni nella destra. Questa nostra scelta dipende dalla non condivisione dell’amministrazione attuale. Non condivido come è stata amministrata negli ultimi anni la città, cosa che ha portato a grossi problemi di ordine pubblico e a situazioni di degrado e scarsa manutenzione per esempio anche delle strade. Io, invece, voglio che la mia città sia sicura e bella".
La novità, tuttavia, non è andata affatto giù a Fratelli d'Italia, che nel giro di qualche ora ha emesso una nota, a firma del vicecommissario provinciale Filippo Zilli e del coordinatore riccionese Stefano Paolini: "Fratelli d’Italia sostiene senza tentennamenti Stefano Caldari sindaco e alle prossime elezioni si presenterà con il proprio nome e simbolo. Chiunque provi a creare liste civetta, creando confusione nell’elettorato attraverso simboli e nomi truffa, è diffidato. Siamo pronti a difendere in ogni sede il nostro partito e a chiedere i danni che già in questi giorni sono stati a noi recati. Se inoltre tra i promotori della lista civetta dovessero esserci tesserati, questi saranno, se non lo sono già stati, deferiti ai probiviri e finalmente espulsi. Siamo certi che una persona come Cecchetto non inquini la propria credibilità e serietà. I riccionesi meritano di avere chiarezza e di essere liberi di scegliere senza mezzucci, ma siamo altrettanto certi che chi ricorre a strumenti di questo livello sarà punito dagli elettori ancor prima che dai ricorsi".
Nei prossimi giorni, dunque, potrebbero arrivare iniziative di qualche natura per far desistere il gruppo di Masucci dall'uso di quel nome. Fdi potrebbe avere ragione? Difficile dirlo con certezza, anche se ci sarebbero elementi per dire di no. In passato varie sentenze dei giudici amministrativi o pronunce dell'Ufficio elettorale centrale nazionale hanno precisato che nulla osta al fatto che più partiti si definiscano "Verdi" (anche se in seguito qualcosa è cambiato su questi casi) o che ci siano più "Leghe" (anche costituite da scissionisti dal Carroccio), così come hanno potuto convivere sulle schede senza problemi giuridici il Partito comunista (di Marco Rizzo) e il Partito comunista italiano (rinato nel 2016). E' vero che Fratelli d'Italia è in Parlamento e figura nel registro dei partiti, aspetti che suggerirebbero l'opportunità di tutelare gli elettori del partito di Giorgia Meloni; è altrettanto vero però che "Fratelli d'Italia" è di per sé un'espressione di uso e di patrimonio comune, essendo il nome convenzionale dell'inno di Mameli (divenuto "di parte" solo dalla fine del 2012), così come il concetto di fratellanza non sarebbe di certo estraneo alla politica. Lo stesso simbolo scelto per la lista comunica al primo sguardo un'impressione piuttosto distinta da quello di Fdi, che ha il blu come colore dominante e il tricolore della fiamma, mentre in questo caso a dominare è la bandiera tricolore (le tinte sono le stesse usate da Fdi, ma il tricolore è presente in tanti altri emblemi di partito ed elettorali...). Bisogna ammettere che il carattere usato per il simbolo di lista è praticamente lo stesso impiegato da Fdi, quindi sarebbe opportuno intervenire su questo profilo; per il resto, però, il simbolo non dovrebbe creare problemi.
Sul nome qualche dubbio resta, se non altro per come potrebbe essere letta la situazione in concreto. Se entrambe le liste (Fdi e Fratelli di Riccione) fossero presentate, il primo partito potrebbe lamentare il rischio di vedersi sottrarre voti o comunque risultare danneggiato per la presenza del concorrente; Fratelli di Riccione, al contrario, potrebbe sostenere che proprio la coesistenza delle due liste farebbe capire ad elettrici ed elettori che esistono due soggetti diversi e non confondibili tra loro, che hanno fatto scelte differenti pur essendo vicini sul piano ideale più ampio. D'altra parte, se si presentasse solo Fratelli di Riccione, questo gruppo potrebbe dire che non ci sarebbe alcun rischio di confondibilità in cabina elettorale, mentre Fdi lamenterebbe comunque un uso indebito di un nome simile al suo, in grado di danneggiare il partito. I rischi di confondibilità, peraltro, sarebbero acuiti se tra i promotori o i candidati figurassero vari tesserati a Fdi: nei confronti di questi il partito può avviare procedimenti disciplinari a norma del proprio statuto, per la scelta appunto di promuovere una lista diversa da quella "ufficiale" o approvata dal partito. Da qui alla presentazione delle liste - a Riccione come altrove - c'è in ogni caso ancora tempo: nomi e simboli fanno in tempo a cambiare (anche di parecchio) e qualche volta a dissolversi, oltre che a rimanere ben in vista sino all'ultimo momento utile.

lunedì 9 novembre 2015

Terra nostra, alloro tricolore per la Meloni e Fdi

Se entro gennaio - parole della leader Giorgia Meloni - si dovrà tenere il prossimo congresso di Fratelli d'Italia, secondo la logica inclusiva e ampliativa indicata dall'ultima assemblea della Fondazione Alleanza nazionale, i dirigenti del partito si sono dotati di uno strumento per arrivare meglio preparati all'obiettivo. Il nome scelto per questo strumento è Terra nostra - Italiani con Giorgia Meloni e lo scopo è andare "oltre" i Fratelli (d'Italia), per rispondere "all'esigenza di ampliare la rappresentatività della destra", attraverso la partecipazione di persone provenienti dal mondo della politica, delle associazioni, e delle categorie. 
La trasversalità dell'iniziativa, presentata alla Camera il 4 novembre, è testimoniata dai nomi dei promotori. C'è un "fratello" di provenienza Pdl (e prima Fi), Giuseppe Cossiga, già sottosegretario berlusconiano alla difesa (e figlio dell'ex "picconatore" Francesco); un altro ex sottosegretario Pdl, Alberto Giorgetti, ora è in Forza Italia (dopo una parentesi in Ncd), mentre non hanno avuto incarichi di governo Leopoldo Facciotti (avvocato, impegnato nel mondo dell'impresa) e Walter Rizzetto, eletto nel MoVimento 5 Stelle e ora nelle file di Alternativa libera ("Sono molto attento, soprattutto a partire dai territori, a quello che può essere un rilancio del centrodestra - ha detto -. Serve ritornare fuori da questi palazzi e poter dire ai cittadini che il centrodestra, o la destra, c'è anche su alcuni temi su cui è stata latitante negli ultimi anni, diritti, ambiente ed ecologia"). 
Il nome di certo non è nuovo. "Terra Nostra", infatti, era il tema dell'edizione 2015 di Atreju e richiamava i bisogni e i diritti degli italiani, "spesso discriminati a casa loro": l'etichetta, dunque, era ed è un equilibrio tra l'orgoglio e la rivendicazione di qualcosa che si sente tanto proprio quanto minacciato. Fratelli d'Italia (o, se non altro, la sua evoluzione) dovrebbe essere il futuro a medio termine del gruppo-comitato, avendo alle spalle la costruzione di un programma condiviso che consenta di camminare insieme: per fare questo, però, occorreva unire coloro che vedono in Giorgia Meloni l'emblema del progetto di recupero di un centrodestra vincente, creando un gruppo, senza strutture e riti partitici. 
La stessa Meloni si è premurata di dire che "Terra nostra non è un altro partito, ma un comitato di persone libere non organizzate gerarchicamente, che fanno un percorso parallelo a Fratelli d'Italia" e che dovrebbero riunirsi nella loro prima assemblea il 29 novembre, in vista del citato congresso ri-costituente di Fdi. Nemmeno la Meloni e i "quattro", però, potevano sottrarsi al rito dell'immagine: alla fine della conferenza stampa la leader di Fdi ha mostrato ai giornalisti "un loghetto che abbiamo immaginato". Un emblema non a caso quadrato (e che poco si presta a essere adattato alla forma circolare), come a voler fugare ogni dubbio sulla possibilità che qualcuno voglia presentarlo alle elezioni. La forma e la font bastoni utilizzate, del resto, ricordano in parte il logo di Azione Giovani, presieduta dalla Meloni a suo tempo; al posto della fiaccola con vampe tricolori, due rami speculari (uno verde e uno rosso) con sette foglie ciascuno, a contorno dell'espressione "Terra nostra" come una corona d'alloro. Il nome del progetto, però, è meno evidente della dichiarazione "Italiani con Giorgia Meloni": forse si riferisce anche a questo (e al similalloro) l'interessata, nell'ammettere che il simbolo è "molto napoleonico, infatti a La Russa piace". 
L'idea di "Terra nostra" era piaciuta ai proponenti all'assemblea della Fondazione An della "mozione dei quarantenni" e a Prima l'Italia (vicina a Gianni Alemanno), disponibili a un confronto per costruire una "casa comune della destra". Nuove dichiarazioni dei vertici di Fdi hanno però escluso ogni dialogo con l'associazione annunciata dai "quarantenni" e che stamattina sarà presentata a Roma a palazzo Ferrajoli: si è negato spazio ad "accordi o convergenze con chi da mesi agisce nel tentativo di danneggiare l’unico movimento politico che ha dimostrato" di poter restituire "speranza alla destra italiana" e precisato che "gli iscritti di Fratelli d’Italia che aderiranno a percorsi non concordati col nostro movimento se ne chiamano fuori per sempre". 
Inevitabile la risposta piccata di Marco Cerreto, portavoce di Prima l'Italia, il quale si è chiesto cosa pensasse della questione il cda della fondazione: "il simbolo di An - ha ricordato, contestando gli indirizzi di Fdi - è stato concesso sotto il vincolo di una completa apertura del movimento a tutte le persone e a tutti i movimenti politici che appartengono all'area di destra". Per conoscere il progetto dei "quarantenni" si dovrà attendere qualche ora, per quello dei "meloniani" ci vorrà più tempo, ma il sospetto è che l'atmosfera non si calmerà facilmente, tanto per cambiare.

domenica 27 settembre 2015

Fratelli d'Italia chiude ai "quarantenni": niente doppioni, la destra la uniamo noi

Prima di iniziare, una premessa o, se si vuole, una richiesta preventiva di scuse. Non si vuole trasformare questo sito nell'house organ della Fondazione Alleanza nazionale, come si potrebbe pensare scoprendo che anche questo nuovo post riguarda - anche solo indirettamente - l'assemblea che si terrà questo fine settimana; l'occasione, però, è troppo ghiotta perché non se ne parli qui, visto che la questione riunisce partiti che sopravvivono, partiti che non li vogliono scongelare, vecchi che vorrebbero tornare, nuovi che la pensano come loro e seminuovi che non lo vogliono affatto. 
Oggi, in ogni caso, è arrivata una parola chiara - anche per chi non la voleva capire - su come la pensi Fratelli d'Italia sulla "mozione dei quarantenni" e sul loro disegno di rifare An, o per lo meno un partito di destra che parta dalla Fondazione An. All'assemblea nazionale del partito, svoltasi alla fine della 18° edizione di Atreju (festa nazionale della destra italiana), sotto la presidenza di Ignazio La Russa, si è parlato certamente della linea del partito su sicurezza, valorizzazione del Sud, oppressione fiscale e tutela della famiglia, ma si è pure votato su una mozione relativa al caso "ri-Fondazione An". Il documento approvato "a larghissima maggioranza con due voti contrari" (così si legge in una nota diramata dal partito) è sostanzialmente una porta in faccia alla "mozione dei quarantenni" e a chi la sostiene: una linea che emergeva dalle più recenti parole di Giorgia Meloni, ma non era mai stata detta in modo così chiaro. 

domenica 13 settembre 2015

An, ricomporre la diaspora col simbolo di vent'anni fa?

Venti giorni all'assemblea della Fondazione Alleanza nazionale e le dichiarazioni in proposito aumentano: vale la pena leggere, ad esempio, l'intervista rilasciata da Gianni Alemanno al Giornale d'Italia e uscita l'altro ieri, in cui è ritornato anche sulla questione del sondaggio interno a Fratelli d'Italia, di cui lui è ancora parte, benché si sia autosospeso dall’Ufficio di Presidenza dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia per “Mafia Capitale” ("Da quel momento - nota nell'intervista - nessuno del vertice di Fdi, fatta eccezione per Ignazio La Russa e Edmondo Cirielli, si è più fatto sentire").
Se al momento Alemanno dice di non potere non sostenere "l'unico partito che, fino ad oggi, si richiama ai valori della destra nazionale", resta "in attesa di capire quale sarà l’atteggiamento di Fratelli d’Italia di fronte al progetto di una grande aggregazione a destra che si avvalga anche delle potenzialità offerte" dalla Fondazione An. Certamente il sondaggio di Fdi non gli è piaciuto, al punto da bollarlo senza appello come "un'iniziativa strumentale che non poteva dare risultati diversi, [...] un sondaggio 'fatto in casa' senza nessun controllo oggettivo sui risultati", nemmeno sottoposto a vari iscritti e dirigenti di Fdi vicini a lui e comunque con domande formulate in modo da sollecitare le risposte "solo dei militanti più convinti dell’esperienza di Fdi".
Al giornalista che gli chiede se appoggiarsi alla fondazione per rifondare la destra non sembri "un’idea che puzza di vecchio", Alemanno rivendica come la mozione che vorrebbe rilanciare l'azione politica a destra sotto le insegne della Fondazione An abbia come primi firmatari "sei 'quarantenni' impegnati in politica in diversi partiti del centrodestra": è questo il segno che la diaspora di quell'area politica va ricomposta "non tanto con le vecchie glorie di An, quanto con migliaia di giovani consiglieri comunali e regionali che, pur sentendosi di destra, oggi preferiscono rimanere 'ospiti' in altri partiti". Fin qui, tuttavia, Fratelli d'Italia avrebbe mostrato "un atteggiamento di chiusura aprioristica" che Alemanno ritiene "incomprensibile se non alla luce di piccole paure sugli spazi futuri per candidature e quant'altro".
Una risposta indiretta allo stesso Alemanno - che si chiede se il progetto di rifare An o qualcosa di simile interesserà "solo a quattro ferri vecchi" o riuscirà a far emergere la "destra sommersa" da milioni di voti - sembra darla il consigliere regionale toscano di Fratelli d'Italia Giovanni Donzelli: per lui "la destra deve avere un ruolo di forte rinnovamento, non si può basare su uomini e simboli del 1994". Nel 1994 Alemanno c'era (iniziava il suo primo mandato da deputato) e nel 1995 fu tra i "trasformatori" del Msi in An; quanto al simbolo, sembra quasi che nemmeno Donzelli sia particolarmente entusiasta di ripartire da lì (pur avendolo, per ora, nel contrassegno del suo partito). 
Lo stesso Donzelli, tuttavia, non vorrebbe che si dichiarasse di destra chi, secondo lui, non lo è affatto: il riferimento, ovviamente, è agli alfaniani del Nuovo centrodestra, che lui e altri dirigenti di Fratelli d'Italia vorrebbero diffidare dall'uso della parola "destra". A spiegare meglio l'idea, nata in seno a Fratelli d'Italia, è il responsabile cultura del partito, Andrea Delmastro Delle Vedove: "Alfano ormai ha scoperto il suo gioco, ha detto che è organico al centrosinistra: quindi, con il nome Nuovo centrodestra, ha messo in campo la più gigantesca e colossale operazione di pubblicità ingannevole mai concepita nella politica italiana. Ci rivolgeremo al Garante della concorrenza e del mercato e credo che ci siano i presupposti per promuovere una class action fra chi ha finanziato il partito".
Delmastro è ovviamente libero di fare ciò che crede, ne è pienamente legittimato; restano altrettanto legittimi i dubbi di chi scrive sulla possibilità che l'Autorità garante da lui indicata possa effettivamente occuparsi di un caso come questo. Se non spetta ai giudici dire chi può dirsi di destra e chi no, nemmeno può farlo un'autorità di controllo che è chiamata a occuparsi del mercato e non può intervenire in settori che non le siano stati affidati da una fonte normativa ad hoc. Coi prossimi passi dell'iniziativa se ne saprà di più, ma i dubbi rimangono; ammesso che per allora - come direbbe qualche maligno - il Nuovo centrodestra esista ancora sulla scena politica italiana...

giovedì 10 settembre 2015

Fdi diffiderà Alfano: "Via la destra da Ncd". Ma non serve a niente

"Ma cos'è la destra / cos'è la sinistra?" Sembra fin troppo facile appoggiarsi al tormentone creato da Giorgio Gaber e Sandro Luporini oltre vent'anni fa e, a quanto pare, destinato a non tramontare mai. Eppure la tentazione è forte, fortissima, nell'apprendere che Fratelli d'Italia è pronta a diffidare il Nuovo centrodestra affinché tolga dal suo nome - e, di riflesso, dal suo simbolo - la parola "destra"
A darne notizia per primo è il Giornale, con un pezzo a firma Francesco Curridori. A illustrare l'iniziativa, che sembra nascere nel partito ma formalmente partirà dal basso, è Giovanni Donzelli, coordinatore dell'esecutivo nazionale di Fdi, che sul suo sito spiega: "Abbiamo lanciato una diffida formale al ministro degli Interni e Presidente del Nuovo Centrodestra Angelino Alfano ad utilizzare la parola 'destra' nel nome del partito al governo con Renzi. A recapitarla tramite l'avvocato (e responsabile cultura Fdi) Andrea Delmastro Delle Vedove saranno gli elettori di centrodestra che sottoscriveranno la diffida". 
La raccolta di firme sulla diffida inizierà a Firenze dopodomani, durante l'iniziativa "Alla destra del futuro", evento che vuole rilanciare la destra e preparare "Atreju 2015" (a Roma questa volta): in quella sede, probabilmente, Fratelli d'Italia prenderà qualche decisione sull'ormai vicina assemblea della Fondazione Alleanza nazionale, sull'uso del simbolo di An (rinnovare la richiesta o lasciar perdere?) e - soprattutto - sulla possibilità che la fondazione assuma un maggior impegno politico diretto, magari con la creazione di un partito che riprenda gli ideali di Alleanza nazionale (e, incidentalmente, possa contare sulle sue risorse residue).
Intanto, però, per dare maggior impulso alla destra pare ci sia bisogno di vietare quella parola a chi non è "degno" di usarla. Quale sia il "peccato" di Alfano, lo spiega direttamente Donzelli: "Alfano, intervenendo qualche giorno fa alla festa nazionale dell'Unità a Milano, ha ribadito la volontà di 'fare ancora un governo democratico e riformatore' insieme a Renzi e alla sinistra. Per questo noi lo diffidiamo dall'utilizzo della parola 'destra' nel nome del suo partito. Se non cambia nome lo porteremo in tribunale".
Donzelli sembra molto carico, convinto che l'iniziativa possa sortire qualche effetto. Potrebbe anche averlo, nel senso che si potrebbe rivelare un mezzo per compattare gli elettori di destra in un obiettivo comune (far retrocedere Alfano e convincerlo a mollare il riferimento alla destra) e, magari, sfilare una parte significativa di elettori ed eletti a Ncd. Difficile però, se non impossibile, credere che l'attuale titolare del Viminale e il suo partito possano cambiare davvero il loro nome su impulso della diffida. Anche se dovesse ricevere davvero la diffida, è probabile che Alfano non tremi nemmeno un po', anzi, potrebbe sgranare un sorriso dei suoi, scuotere leggermente il capo e archiviare la pratica senza preoccupazioni.
A che titolo, infatti, si potrebbe chiedere a Ncd di cambiare nome? Fratelli d'Italia al momento non ha alcun motivo di lamentarsi: la sua denominazione e il suo simbolo sono assolutamente diversi da quello del partito di Alfano. E' vero che, in origine, la formazione costituita dalla Meloni, da La Russa e da Crosetto conteneva nel nome e nell'emblema la dicitura - coniata da Massimo Corsaro - di Centrodestra nazionale e la compresenza di Ncd avrebbe potuto creare problemi; ora però la denominazione ufficiale del partito, come da statuto - quello "approvato" dall'apposita commissione e inserito nel Registro nazionale dei partiti politici riconosciuti - è "Fratelli d'Italia - Alleanza nazionale" e nello stesso documento è sparito ogni riferimento al centrodestra (o centro destra), per cui ci sarebbe ben poco da rivendicare.
Lo stesso Donzelli, però, ha parlato genericamente di "elettori del centrodestra", quindi pensa a una platea di cittadini più ampia degli elettori di Fdi. Anche in questo caso, però, la diffida non potrebbe mai portare un tribunale a ordinare la "sparizione della destra" da Ncd. I giudici, infatti, quando sono chiamati a intervenire a vicende legate ai partiti (che siano controversie interne o scaramucce tra formazioni distinte) possono soltanto verificare il rispetto dei rispettivi statuti; è preclusa loro, invece, ogni valutazione di natura politica, come quella della corrispondenza tra segni distintivi delle formazioni e il loro bagaglio di idee e valori oppure il loro programma.
Il punto è chiarissimo fin dal 1991, quando il futuro Partito della Rifondazione comunista aveva trascinato in tribunale il Partito democratico della sinistra, chiedendo di poter continuare a fregiarsi del nome e del simbolo del "vecchio" Pci, portandolo via dalla base della quercia appena piantata. Per i legali di Sergio Garavini e dei "rifondatori" il Pci, trasformandosi in Pds, aveva ripudiato la sua identità e, dismettendo i segni distintivi usati in precedenza, aveva perso ogni diritto su di essi, ma il presidente del tribunale di Roma li gelò: "ogni giudizio di carattere ideologico sulla discontinuità o continuità dell’esperienza politica comunista in relazione alle due associazioni tra cui è causa - in quanto implicante giudizi politici, al giudice non consentiti - non sembra possa essere dato dal magistrato". In parole povere, non può essere il giudice a fare l'esame del sangue al partito, per verificare quanto la sua ideologia sia davvero coerente col nome
Qualcuno all'interno di Fratelli d'Italia, peraltro, dovrebbe sapere bene di che si sta parlando: lo stesso giudizio fu ribadito quattro anni dopo, quando il Msi divenne Alleanza nazionale e Pino Rauti tentò di rivendicare il nome e la fiamma tricolore per il suo gruppo di dissidenti fedeli alla linea missina. I giudici però gli diedero torto, ripercorrendo in buona sostanza il verdetto scritto per il caso Pci-Pds. Molti militanti e dirigenti di Fdi, probabilmente, devono essere troppo giovani per ricordarlo: saranno gli stessi che non vogliono rifare An?

lunedì 17 febbraio 2014

Fratelli d'Italia, se il simbolo più votato sparisce dalle primarie


I frequentatori di Facebook con l'occhio più allenato se n'erano accorti quasi subito, già da quando ieri sera sulla pagina ufficiale di Fratelli d'Italia erano state divulgate - come anticipazione - le prime miniature della scheda similelettorale (così suggerirebbe la trama dello sfondo, palesemente clonata dai fac-simile del Viminale) che sarebbe stata distribuita alle primarie sabato e domenica. Quando oggi il partito ha messo a disposizione il pdf della scheda, il sospetto è diventato certezza: alcuni degli emblemi più votati in rete nella consultazione che era stata indetta dal partito proprio per raccogliere le idee simboliche della base ed effettuare una prima scrematura grazie ai voti degli utenti di Faccialibro, nel bollettino preparato per le primarie non si trovavano nemmeno a cercarli con la lente.
A ben guardare, in realtà, dei sette simboli che erano stati presentati con maggiore enfasi a Cagliari a gennaio, sembrano esserne sopravvissuti assai pochi: qualcuno è anche relativamente somigliante, ma magari è stato cambiato qualche dettaglio qua e là. L'assenza più pesante di tutte, tuttavia, è senza dubbio quella del contrassegno che era risultato più votato: quello di Enea Paladino, che riprendeva in tutto la grafica che era stata di Alleanza nazionale, sostituendo soltanto il nome varato tra il 1994 e il 1995 da Gianfranco Fini con la denominazione scelta da Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto per la loro formazione.

Sulla scheda, invece, finiranno altre rappresentazioni grafiche. Qualcuna, per esempio, riprende il tema grafico già oggi in uso, spostando il nodo tricolore verso la metà del cerchio (e schiacciando, se del caso, la scritta bianca del nome) per fare posto nella parte inferiore bianca al vecchio nome di An (magari con l'aggiunta della parola "popolare", cui Gianni Alemanno sembra tenere molto).
Altre soluzioni, invece, lasciano la parte superiore intatta e non spostano di un millimetro le corde annodate: al nodo viene sovrapposta la "pulce" del simbolo messo nel cassetto tra il 2008 e il 2009, oppure di quel contrassegno resta solo la fiamma - stavolta senza base - che troneggia nel solito cerchietto bianco, sopra la scritta "Alleanza nazionale", insolitamente colorata di rosso.
Altra possibilità sarà mantenere di nuovo la struttura attuale del segno, sostituire "Centrodestra nazionale" con "Alleanza nazionale" e, ancora una volta, coprire il nodo con il cerchietto bianco in cui inserire solo la fiamma (e questo, a ben guardare, è uno dei pochi loghi che di fatto si sono salvati dalla prima consultazione). Per qualcuno, però, a quel punto tanto vale tornare all'antico e riprendere quasi per intero il contrassegno di An, non fosse che per il nome di Fdi, morbidamente schiacciato tra la fiamma cerchiata e il bordo inferiore del cerchio grande.

Gli unici due emblemi che innovano almeno un po' la grafica tradizionale prevedono l'inserimento di una fascetta a metà del cerchio per contenere la dicitura maiuscola "Alleanza nazionale". La versione blu arriva addirittura a coprire la punta della fiamma, gigantesca e sproporzionata rispetto al suo semicerchio; la versione grigia (con parte superiore blu scura e nome del partito meno maiuscolo del solito) lascia nella parte inferiore una fiammella che però prende la foggia del più recente Front National, quasi uno scambio a parti invertite, dopo che monsieur Le Pen all'inizio aveva adattato al suo logo la fiamma di Almirante. 
Saranno dunque queste le otto opzioni tra cui i simpatizzanti e iscritti a Fratelli d'Italia potranno scegliere il loro emblema per le prossime consultazioni. Le polemiche delle ultime 24 ore, però, rischiano di far pesare più gli emblemi assenti di quelli stampati sulla scheda: la corsa verso le primarie sembra iniziata con una falsa partenza.