Dopo
lo scherzetto delle elezioni del 2004, con la lista Verdi-Verdi e Verdi
federalisti, gli ambientalisti che non si riconoscono nelle posizioni “sinistre”
della Federazione dei Verdi non sono certo sazi: nel 2005 ci sono le elezioni
regionali e quella è un’ottima vetrina per avere visibilità e, magari, ottenere
un posto da consigliere che non guasta.
In
Piemonte Maurizio Lupi ci riprova con i Verdi-Verdi, recuperando l’orsetto che
ride dei tempi migliori (messo in pausa l’anno prima), ma cambiando in seconda
battuta il resto dell’emblema: via il colore verde e la scritta Verdi-Verdi,
che al Sole che ride non piacevano per niente (specie dopo la sentenza del
Consiglio di Stato dell’anno prima) e si sperimenta una nuova dicitura, «l’Ambienta-Lista»,
un giochetto di parole che può tornare buono in futuro. Sotto all’orso, l’indicazione
gigantesca del cognome di Enzo Ghigo, candidato del centrodestra alla
presidenza della regione: c’è chi è pronto a scommettere che all’inizio il nome
non ci fosse o fosse molto più piccolo, e sia stato ingrandito ad arte su
consiglio dello stesso Ghigo dopo aver scoperto che la Lista consumatori, in
quel momento gestita dal gruppo di Renzo Rabellino, aveva il simbolo occupato
per metà proprio dal cognome di Ghigo. Il quale doveva aver pensato di
vendicarsi di quel tiro mancino “simbolico” di Michele Giovine (in quel momento
impegnato per la Lista consumatori e che in seguito avrebbe passato qualche
guaio a causa di firme false) suggerendo a Lupi lo stesso stratagemma grafico,
forse nella segreta speranza che nessuno dei due gruppi ottenesse alcun eletto,
mentre dalle urne ne ricevono uno a testa. E pensare che qualcun altro era
pronto a giurare che Lupi stesse tentando un accordo proprio coi “nemici” Verdi-Rossi,
ovviamente in cambio di una candidatura blindata che non è mai arrivata.
In Lazio, invece, è di nuovo in pista Roberto De Santis, il
vero ideologo degli ambientalisti non di sinistra: anche lui tenta di fare la
sua lista in appoggio al centrodestra, dunque a sostegno della candidatura di
Storace. Il simbolo scelto, a suo modo, è devastante, a partire dal nome scelto
per la formazione, «Ecologisti verdi»: una sinfonia di verde in varie tonalità colora
il contorno del cerchio e buona parte del fondo, quella che sta sotto a un
arcobaleno di cinque colori. In alto, in un irrealistico cielo bianco, da
dietro l’arcobaleno occhieggia una luna arancione, disposta a mo’ di sorriso
(così anche gli alfieri del sole ridente sono serviti) e, su tutto, è
sovrapposta la denominazione del partito, con la parola «Verdi» in assoluta
evidenza (ma vah!) e tinta in un vezzoso verdino chiaro.
Per l’ufficio centrale circoscrizionale, però, mancano dei certificati
elettorali e le firme depositate non sono più sufficienti, dunque la lista per
il momento resta fuori: per la Federazione dei Verdi è ugualmente allarme rosso,
perché l’ufficio avrebbe concesso una proroga di due giorni per integrare la
documentazione e potenzialmente gli Ecologisti Verdi non sono ancora fuori
gioco. Per questo, il Sole che ride fa immediatamente ricorso al Tar e convoca conferenze a destra e a manca,
denunciando a sua volta irregolarità nella raccolta delle firme (sempre loro,
ieri, oggi e domani). «Firme doppie o triple, stessa identità ma grafie diverse,
elenchi in cui i firmatari seguono un preciso e inverosimile ordine alfabetico
e che compaiono più volte nello stesso fascicolo»: c’è tutto questo nella
denuncia presentata da Angelo Bonelli, in quel momento capogruppo verde alla
Pisana. Qualcosa in effetti ci doveva essere (ma quanti possono dire di essere
davvero mondi, in tema di sottoscrizioni?): prima il Tar, poi il Consiglio di
Stato escludono la lista dalla competizione e la luna che sorride non vedrà mai
le schede.
Non è la fine della storia,
naturalmente: anzi, la parola «Ecologisti» sfoderata nel 2005 finisce per legarsi
a doppio filo a De Santis, ma per raccontarla ci sono le prossime puntate.