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giovedì 3 settembre 2020

Campania, simboli e curiosità sulla scheda

Nelle settimane che hanno preceduto la presentazione ufficiale delle liste sembrava che la Campania potesse seriamente ambire al titolo di regione da record, con il numero più alto di liste presentate. Il primato, tuttavia, appartiene alla Puglia con 29 liste) e la Campania l'ha solo sfiorato: le liste depositate sono state 27, ma quelle che effettivamente finiranno sulla scheda saranno solo 26, dopo il ritiro della candidatura a presidente di Gabriele Nappi e della lista collegata Naturalismo (su cui comunque varrà la pena tornare in seguito); non era invece stata depositata la candidatura di Carmine Attanasio, che avrebbe voluto correre con i Verdi Federalisti (lui, su Facebook, sostiene di essersi ritirato nel momento in cui la lista aveva pensato di entrare in una coalizione non meglio precisata: visto il pessimo rapporto con i Verdi, era improbabile che si trattasse di quella di centrosinistra). 
Certamente tutta l'attenzione di chi osserva questa competizione è puntata sulla terza edizione - e questo certamente è un primato mai visto - della sfida tra Vincenzo De Luca, presidente uscente sostenuto da una pletora di liste (ben 15, eguagliando il numero raggiunto da Emiliano in Puglia), e Stefano Caldoro, candidato del centrodestra (sostenuto da sei liste) che spera di tornare alla guida della regione come nel 2010. Di seguito ecco le liste sulla scheda secondo l'ordine sorteggiato per la circoscrizione di Napoli (l'unica che pare completa, con 26 contrassegni).
 

Sergio Angrisano

1) Terzo Polo - Idee in movimento

Il sorteggio a Napoli ha collocato al primo posto una candidatura che viene da lontano, nel senso che almeno da marzo si parla di una possibile lista denominata Terzo Polo. Questa alla fine è stata presentata, mantenendo il fondo azzurro con fascetta bianca (per ospitare il nome) simile a quello originario, aggiungendo lo slogan "Idee in movimento". Il candidato alla presidenza, Sergio Angrisano, è portavoce della Confederazione dei movimenti identitari (tra i soggetti costituenti della prima idea di lista). La candidatura e la lista sono animate da uno spirito "autenticamente meridionalista", con attenzione anche a salute, territorio da sanificare e giovani.
 

Vincenzo De Luca

2) Campania libera

Nel napoletano la prima lista estratta della nutritissima compagine che sostiene la ricandidatura di Vincenzo De Luca è Campania libera, uno del progetti civici più vicini al presidente uscente, al punto da essere stato replicato - anche graficamente - pure in varie elezioni comunali nel territorio campano. Il simbolo è esattamente uguale a quello di cinque e dieci anni fa, con il semicerchio superiore tinto di azzurro, quello inferiore di verde, il nome della lista diviso tra le due parti e, in basso, il riferimento al candidato presidente (in ogni caso scritto più piccolo rispetto alla denominazione di lista). Tra le candidature spicca quella di Erminia Mazzoni, già deputata Ccd-Udc, poi europarlamentare Pdl, poi Ncd fino al sostegno a De Luca alle scorse elezioni.
 

3) Democratici e progressisti

Dopo essere stata incerta per non poco tempo, si è effettivamente presentata la lista Democratici e progressisti, espressione soprattutto di Articolo Uno: ne è promotore il consigliere uscente Francesco Todisco, ricandidato anche stavolta in provincia di Avellino. Il contrassegno, che nella struttura ricorda quello dei Progressisti per la Basilicata, riporta la sagoma verde della regione su fondo rosso; il tricolore è ricreato con le scritte bianche e la sottolineatura (tipica di Liberi e Uguali) che evidenza il nome scelto per la lista. 
 

4) Partito socialista italiano

La terza lista estratta (nel napoletano) della coalizione che sostiene Vincenzo De Luca è quella del Partito socialista italiano, che presenta il suo simbolo più recente, con il ritorno al garofano unitamente alla sigla e al nome integrale. La presenza di questa lista - completamente predisposta dal partito, non condivisa con altre forze politiche - non può stupire: tra i consiglieri uscenti c'è Enzo Maraio, segretario nazionale del Psi, che più di tutti aveva voluto un nuovo simbolo, da schierare in tutte le competizioni. Lui non si ripresenta in lista, ma il partito punta comunque a confermare la propria presenza in regione (nel 2015 aveva ottenuto il 2,18%), magari con il segretario regionale Massimo Tarantino.
 

5) De Luca Presidente

Se Campania libera si è presentata uguale a se stessa per la terza volta, anche la lista De Luca Presidente - un progetto elettorale ancora più legato all'ex sindaco di Salerno - torna esattamente con la stessa immagine che l'aveva caratterizzata alle elezioni del 2015: nome di De Luca bianco e con ombra, "Presidente" giallo, il tutto su cerchio blu sfumato, come a dare l'impressione che il fondo del simbolo sia convesso, "bombato". Tra le candidature spiccano quelle delle assessore uscenti Lucia Fortini (Napoli) e Sonia Palmeri (Caserta).
 

6) Fare democratico - Popolari

La quinta lista per De Luca è visibilmente frutto dello sforzo di contenere il numero di formazioni da presentare sulla scheda. Il contrassegno è una "bicicletta" che riporta per intero i simboli di due liste previste in origine: Fare democratico, gruppo (promosso da Giosy Romano e Felice di Maiolo) che sembra traghettare verso De Luca persone del centrodestra (come anche i colori mostrano) e i Popolari legati a Ciriaco De Mita e al nipote Giuseppe, che rispolverano il gonfalone messo a disposizione dai Popolari - Collegio 12 di Moncalieri. I due emblemi sono delimitati da due segmenti azzurri sfumati a base curvilinea, dando quasi l'idea delle palpebre di un occhio (con due iridi...); incredibile poi che il riferimento "De Luca presidente" sia riportato addirittura tre volte (nei simboli e nel contrassegno generale) e con tre caratteri diversi. Tra i candidati, a Caserta, c'è anche il giornalista Rai Geo Nocchetti. 
 

7) Davvero - Partito animalista

A Fare democratico - Popolari segue un'altra lista composita, che però aveva trovato il suo assetto molto prima. Già il 16 luglio, infatti, era stata annunciata l'alleanza tra Davvero, il gruppo legato a Michele Ragosta, e il Partito animalista del campano Cristiano Ceriello, per un progetto che voleva andare oltre l'occasione elettorale. Tra fine luglio e inizio agosto era parso che anche Italia in comune potesse entrare anche visivamente nel contrassegno, ma già pochi giorni dopo il suo fregio era sparito dal simbolo. Davvero si presenta come in passato (ma stavolta il claim tricolore è "Sostenibilità & diritti", con la prima parola al posto di "Ecologia"; il Partito animalista ha semplicemente inserito la sua fascia rossa con impronte all'interno del contrassegno.
 

8) Liberaldemocratici - Campania popolare - Moderati

All'ottava posizione (e come settima lista di De Luca) a Napoli si trova una delle formazioni emerse più di recente: Liberaldemocratici - Campania popolare - Moderati. Il nome stesso testimonia l'unione di gruppi inizialmente separati: in particolare Campania popolare promossa da Pasquale Sommese e Luigi Bosco (il colore carta da zucchero e la striscia tricolore sono ciò che restano del gruppo campano di Ncd) e i Moderati, legata alla forza che è si è sviluppata soprattutto in Piemonte (e che qui ribalta i colori e rinuncia alla sua font). Il riferimento ai Liberaldemocratici (escludendo che si tratti degli ex diniani, se non altro perché sono saldamente nel centrodestra) sembra piuttosto un'indicazione della collocazione politica, senza riferirsi a un'altra forza; tutte si sentono rappresentate da un curioso cuore tricolore (che nelle prime versioni appariva da uno squarcio nel fondo: la soluzione attuale, per quanto non splendida, è almeno migliorata).
 

9) Per le persone e la comunità

Anche la posizione successiva ai Liberaldemocratici - Campania popolare - Moderati propone una lista dal nome lungo: si tratta di Per le persone e la comunità, che nel simbolo evidenzia soprattutto il "per", le persone e la comunità (in mezzo ai colori deluchiani, oltre che della terra e del mare). La lista è espressione di vari ambiti della società civile: la promuovono Giuseppe Irace (responsabile della formazione politica nell'Azione Cattolica di Napoli), Gianluca Guida (direttore del carcere minorile di Nisida) e Antonio Nocchetti (presidente della onlus "Tutti a scuola"), unendo sensibilità diverse in un unico progetto.
 

10) Europa Verde - Democrazia solidale

Un'altra formazione elettorale composita della coalizione di De Luca è il cartello tra Europa Verde e Democrazia solidale. Due terzi del contrassegno sono occupati da Europa Verde Campania, che - al di là della caratterizzazione regionale -. riprende il suo simbolo in uso da oltre un anno (capolista a Napoli è il consigliere regionale uscente Francesco Emilio Borrelli); nel segmento inferiore trova posto invece Demos, che dunque alle battaglie per la giustizia ambientale unisce quelle per la giustizia sociale. Un'alleanza simile è prevista anche in Liguria.
 

11) Noi campani

La decima lista a sostegno del presidente uscente è una di quelle di cui si è parlato di più: questa segna infatti il ritorno (per ora...) di Clemente Mastella nel centrosinistra, schierando a sostegno di De Luca la lista Noi campani, evoluzione regionale di Noi Sanniti (che mantiene un fregio ondulato tricolore dall'aspetto discutibile). Non c'è più l'indicazione dell'Udeur, ma è rimasto il campanile, anche se - assieme all'idea del frottage blu in alto - l'immagine usata nel simbolo sembra copiata pari pari dal simbolo dei Democratici per cambiare di Sansepolcro (Ar).
 

12) Partito democratico

Formalmente all'interno della coalizione di De Luca non poteva mancare una lista espressione del Partito democratico. In effetti è stata presentata e non senza polemiche: nelle settimane precedenti il deposito delle candidature i dem si sono mostrati irritati per la proliferazione di liste che avrebbero sostanzialmente "svuotato" la propria. Il che non poteva essere accettabile per un partito che nel 2015 con il 19,49% era nettamente la prima forza della compagine del presidente. Il simbolo è quello nazionale, leggermente sacrificato nelle dimensioni per consentire l'inserimento di un segmento blu con il riferimento a De Luca.
 

13) Centro democratico

Subito dopo il Pd, si assiste a un ritorno, di quelli che non possono passare inosservati: si rivede infatti - pur dopo una sostanziale sparizione del partito a livello nazionale - un'intera lista dedicata a Centro democratico, che nel 2015 aveva ottenuto il 2,77% due seggi nella lista condivisa con i montiani di Scelta civica (o, già allora, ciò che ne era rimasto). Il simbolo originario di Centro democratico è stato compresso nel 60% del cerchio per lasciare il resto al riferimento di De Luca (a colori ribaltati rispetto al contrassegno di cinque anni fa): se a qualcuno l'emblema della lista - che in un primo tempo doveva ospitare anche i Repubblicani democratici di Giuseppe Ossorio - non piacesse, sappia che questo è frutto di un lungo travaglio e le versioni precedenti erano assai meno convincenti, per cui poteva andare molto peggio.
 

14) Italia viva

Esordisce alle regionali in Campania con una propria lista anche Italia viva, il cui sostegno a De Luca non sembra essere mai stato in discussione. Anche questa lista, non a caso, contiene il riferimento al candidato presidente, sacrificando il segmento inferiore dai toni sfumati di Instagram e allargando quell'area tingendola di azzurro per inserire la dicitura "con De Luca presidente". La Campania sarà certamente uno dei luoghi in cui sarà più interessante monitorare il risultato del partito di Matteo Renzi, anche per confrontarlo con i voti ottenuti nelle regioni in cui non corre con i candidati del Pd.
 

15) Partito repubblicano italiano - Lega per l'Italia

Anche questo è un ritorno da guardare con attenzione. Innanzitutto liste con l'edera del Partito repubblicano italiano sono rare e meritano sempre un occhio attento; secondariamente, dopo due turni elettorali in cui in Campania il Pri aveva sempre appoggiato Caldoro, questa volta ha scelto di passare con De Luca. Non si capisce come mai il nome e la circonferenza del contrassegno siano diventate nere invece del consueto verde; non sfugge nemmeno che la lista è stata presentata insieme alla Lega per l'Italia di Luigi Pergamo, uno dei soggetti più presenti alle file del Viminale per il deposito dei simboli.
 

16) +Campania in Europa

Nella coalizione che sostiene Vincenzo De Luca c'è anche - ed è l'ultima estratta a Napoli - +Europa, che in questo caso prende il nome - sul modello già visto, per esempio, in Veneto - di +Campania in Europa. I colori impiegati ovviamente sono gli stessi di +E, ma il giallo del "più" si comunica alla parola "Europa", mentre è la Campania a colorarsi. Si è scelto di spostare in alto la bandiera europea (con stella tricolore) elegantemente ondeggiante; non manca, nemmeno qui, il riferimento al candidato presidente. Per aprire le liste, tra l'altro, il partito ha scelto di indicare cinque donne.
 

Valeria Ciarambino

17) MoVimento 5 Stelle

La terza candidatura alla guida della Campania, secondo il sorteggio napoletano, è quella di Valeria Ciarambino, già aspirante presidente per il MoVimento 5 Stelle cinque anni fa e ora nuovamente proposta per la stessa carica (per cui non può sfuggire la particolarità del caso in cui i tre principali contendenti al medesimo ruolo sono identici a distanza di un'elezione all'altra). Paradossalmente l'unica cosa a essere cambiata leggermente è il simbolo: nel 2015 c'era ancora il sito Beppegrillo.it, questa volta c'è il nuovo indirizzo Ilblogdellestelle.it.
 

Giuseppe Cirillo

18) Partito delle buone maniere

Per la posizione numero 18 - e per la quarta candidatura alla presidenza - occorre la massima attenzione, perché la Campania torna indietro di vent'anni: nel 2000 le elezioni provinciali di Caserta tenevano a battesimo il Partito preservativi gratis di Giuseppe Cirillo da Santa Maria Capua Vetere; oggi, dopo esperienze nazionali, regionali (lo scorso anno in Umbria) e locali, il Dr. Seduction si candida per la prima volta a presidente della sua regione con l'ultimo simbolo utilizzato, il Partito delle buone maniere, con i due volti di donna e di uomo che si guardano su fondo blu/rosa. Un'occasione da non perdere, nelle province in cui la lista corre (mentre Cirillo si prepara a donare cravatte verdi ai leghisti campani, invocandone la coerenza cromatica).
 

Luca Saltalamacchia

19) Terra

Dopo il Dr. Cirillo, il sorteggio di Napoli ha collocato Luca Saltalamacchia, avvocato ambientalista e candidato presidente della lista di sinistra Terra; la lista si era proposta di indicare un ticket uomo-donna per la guida della regione, per cui è stata individuata anche Stefania Fanelli, storica militante antidiscarica a Chiaiano-Marano (ma la legge imponeva di indicare un nome soltanto). Il simbolo della forza ecologista, civica e democratica (nata da Stop al biocidio e costruita con l'appoggio di Sinistra italiana, Prc, Pci, Partito del Sud e altre forze sociali) è quello disegnato e divulgato nelle scorse settimane: una figura umana rossa, che proietta un'ombra di albero, in piedi sulla terra verde (lavorata ma da bonificare) guarda il mare
 

Giuliano Granato

20) Potere al popolo!

Il sorteggio per la circoscrizione di Napoli ha collocato subito dopo Terra l'altro simbolo marcatamente di sinistra presente a queste regionali (e fuori dalla coalizione di De Luca): quello di Potere al Popolo!, che in fondo proprio a Napoli era nato come nucleo fondativo. Il candidato presidente è il sindacalista Giuliano Granato. Se la stella è rimasta del colore visto alle elezioni del 2018, gli archi dal rosso carminio sono diventati viola, con l'aggiunta di un fumetto che porta la dicitura "La Campania è il Futuro"; tutti gli elementi sono inseriti in una circonferenza più ampia. 
 

Stefano Caldoro

21) Fratelli d'Italia

L'ultimo candidato sorteggiato per la presidenza della Campania a Napoli è Stefano Caldoro, presentato dal centrodestra. La prima lista estratta della coalizione è quella di Fratelli d'Italia, che parte dal 5,47% raccolto cinque anni fa (con cui vennero eletti due consiglieri regionali). Il simbolo scelto per l'occasione è identico a quello elaborato per le elezioni politiche del 2018, con il nome della leader Giorgia Meloni in grande evidenza e nessuna caratterizzazione territoriale o indicazione del candidato presidente (che non c'era, del resto, nemmeno nel 2015).
 

22) Forza Italia

La seconda lista è quella di Forza Italia, formalmente il partito cui appartiene il candidato presidente Caldoro. Il simbolo è quello ormai rodato dopo le elezioni politiche del 2018, con la bandierina tricolore in alto (che deborda), il cognome di Silvio Berlusconi in grande evidenza e sotto il riferimento "per Caldoro" in Arial Black, con il cognome del candidato disposto ad arco nella parte inferiore del cerchio. Tra i candidati figura come capolista napoletano l'ex assessore Ermanno Russo. Nel 2015 Forza Italia aveva il 17,82,%; confermare quel risultato, con Lega e Fratelli d'Italia in crescita, sarebbe un esito notevole.
 

23) Lega - Campania

Il sorteggio nel centrodestra a Napoli ha concentrato vicini i tre partiti principali della coalizione. Subito dopo il simbolo forzista, infatti, si colloca quello della Lega, che di fatto esordisce alle elezioni regionali in Campania. Si tratta del simbolo utilizzato per le elezioni politiche del 2018, con il riferimento alla Campania che sostituisce la parola "Premier". Alle europee il partito ha superato il 19%, quindi sarà interessante vedere il risultato in questo turno elettorale; in lista, in provincia di Napoli, c'è anche Rosa Capuozzo, già sindaca M5S di Quarto.
 

24) Identità meridionale - Macroregione Sud

Tra le liste della coalizione di Stefano Caldoro c'è anche un simbolo meno noto: quello di Identità meridionale - Macroregione Sud, legato al movimento presieduto da Antonio Parente (capolista a Napoli e Avellino). L'emblema però non è più quello bianco, con stelle blu, visto in alcune occasioni: il fondo è blu sfumato con tre gigli dorati, in ossequio al disegno meridionalista che la lista persegue (con l'idea di costruire una macroregione per rilanciare il Meridione). 
 

25) Caldoro presidente - Unione di centro

Penultima lista della coalizione e della scheda è il cartello che unisce i gruppi di Caldoro presidente (direttamente legati al candidato presidente) e dell'Unione di centro. Il simbolo è quasi equamente diviso tra i due gruppi, anche se è davvero malassortito, con il tricolore del simbolo di Caldoro che finisce nella parte superiore del semicerchio dell'Udc (coprendo in parte anche le vele), con un taglio orizzontale bruttino da vedere; il garofano del Nuovo Psi, antica casa di Caldoro, è incastrato sotto la dicitura "Caldoro presidente"; non pervenuto il riferimento alla Dc (Popolari - Unione democratici cristiani) auspicato da Giuseppe Gargani nelle settimane precedenti.
 

26) Adc - Alleanza con Popolo e territorio

A chiudere la coalizione di centrodestra e la scheda elettorale campana è la lista di Alleanza di centro, il partito fondato nel 2008 dall'ex giornalista politico Rai Francesco Pionati. Ribattezzato nel 2019 Alleanza di centro per i territori (prima "per le libertà"), aveva annunciato la sua partecipazione come "Alleanza per la Campania", ma a pochi giorni dalla chiusura delle liste il simbolo è cambiato, a seguito dell'alleanza con Popolo e territorio: i #drogatidipolitica sono tentati di pensare subito al gruppo "responsabile" nato alla Camera nella XVI Legislatura, ma si tratta in realtà di un'associazione territoriale irpina, che al simbolo ha conferito il cuore tricolore.

domenica 16 agosto 2020

Campania, Potere al popolo! e Democratici e progressisti: la sinistra non in Terra

Settimane fa si è parlato dell'esperienza della lista Terra, che raccoglie buona parte della sensibilità di sinistra in vista delle elezioni regionali in Campania. Non tutte le formazioni di quell'area, tuttavia, hanno scelto di partecipare a quel progetto politico-elettorale. Alla fine di luglio, per esempio, è stata resa ufficiale la corsa in forma autonoma di Potere al popolo!, che proprio in Campania ha avuto la sua origine già nel 2015 (grazie al centro sociale "Je so' pazzo" di Napoli) e dunque continua la propria attività.
Per queste elezioni come candidato presidente è stato scelto Giuliano Granato (34 anni, laureato in scienze politiche e relazioni internazionali, sindacalista) e la scelta è stata fin dall'inizio nettamente contraria ai due maggiori schieramenti in campo alle elezioni regionali: "In anni di gestione clientelare, di privatizzazioni, di devastazione ambientale, Caldoro, quanto De Luca, ci hanno ridotto a vivere in una delle Regioni con i tassi di disoccupazione e di emigrazione più alti, hanno dismesso la sanità pubblica e hanno lasciato inquinare il nostro territorio, svendendo ogni centimetro possibile di costa. Per questo, c’è bisogno che qualcuno gli impedisca di andare avanti così, qualcuno che gli stia col fiato sul collo e difenda gli interessi e il futuro di questo popolo e di questo territorio: c’è bisogno di un salvataggio popolare". L'idea di base, come sottolineato dalla portavoce nazionale Viola Carofalo, è che "la Campania sta affondando" e, dunque, dev'essere salvata, anche con un'iniziativa elettorale.
Per l'occasione è stato presentato anche un simbolo leggermente modificato. Il corpo del contrassegno è rimasto uguale a quello coniato per le elezioni politiche del 2018, ma i colori degli archi che delimitano il cerchio sembrano virati dal cremisi al viola; la stessa tinta colora un fumetto incollato sotto al nome del movimento, con la dicitura "la Campania è il Futuro", con l'ultima parola scritta in maiuscolo e con l'evidenza maggiore in tutto il simbolo. Tecnicamente, peraltro, occorre notare che proprio il fumetto fuoriesce leggermente dal cerchio che gli archi viola tracciano, per cui si deve presumere che - poiché le Istruzioni del Viminale e la prassi richiedono che tutti gli elementi siano perfettamente contenuti in un cerchio - la grafica sarà tutta contenuta in una sottile circonferenza nera, con una sorta di "effetto cannocchiale".
Un'altra parte della sinistra (quella parlamentare) si riconosce peraltro in una delle liste che sostengono Vincenzo De Luca (o meglio, che lo sosterrebbero: con l'accordo tra Italia viva e i Popolari dei De Mita è iniziata un'opera di riduzione della numerosissima compagine in appoggio al presidente uscente - un po' per non dare l'idea dell'ammucchiata, un po' per le difficoltà di alcune formazioni a trovare tutti i candidati per presentare le proprie liste - e dunque nessuna lista può dirsi completamente certa fino alla scadenza dei termini). Il riferimento è alla lista Democratici e progressisti che era stata annunciata negli ultimi giorni di luglio e, per il momento, sembra resistere. A promuovere questa formazione è il consigliere uscente Francesco Todisco, candidato nel 2015 nella lista De Luca presidente ed eletto ad Avellino. Già consigliere dem in quel comune, in seguito è approdato ad Articolo Uno. A metà luglio era stata esclusa la presentazione di una lista con il simbolo di Liberi e Uguali o di Articolo Uno, si diceva che non c'erano le condizioni per farlo; in seguito, tuttavia, qualcosa dev'essere cambiato.
Il nome scelto per la lista richiama inevitabilmente una parte del nome originario di Articolo Uno, Movimento democratico e progressista (proprio la parte che aveva fatto infuriare Ernesto Carbone che in Calabria nel 2015 aveva fatto presentare come Pd la lista Democratici progressisti). Il rosso di fondo è lo stesso di Liberi e Uguali e certamente da quel simbolo viene la sottolineatura del nome, che qui marca tutta la sua larghezza. In questo caso, peraltro, si sono aggiunte una circonferenza bianca interna e la sagoma verde della Campania, oltre al riferimento al candidato presidente; la grafica, a dire il vero, è mutuata da quella della lista Progressisti per la Basilicata che si era presentata in terra lucana alle regionali dello scorso anno. Riuscirà questo simbolo a finire sulla scheda o, magari insieme ad altri, sarà sacrificato in nome della razionalizzazione?

lunedì 10 agosto 2020

Campania, lista Caldoro e Udc nello stesso contrassegno (strapieno)

Tre giorni fa era arrivata la notizia ufficiale, attraverso una nota diffusa da Ciro Falanga, attualmente coordinatore dell'Unione di centro per la Campania (ma già parlamentare e sotto molti occhi nella scorsa legislatura: eletto nel 2013 con il Pdl-Fi, transitato nei Conservatori e riformisti e approdato fino a fine legislatura in Ala). "Per evitare inutili frammentazioni e, peggio ancora, quell'accozzaglia di liste che caratterizza lo schieramento pro De Luca, con il grave rischio di confondere l’elettorato, l'Udc ha deciso, di comune accordo con Stefano Caldoro, di puntare su una sola proposta politica. Presenteremo pertanto, in Campania, una lista unica, insieme con quella del nostro candidato governatore, nella quale potranno trovare spazio tutti quei candidati che condividono i nostri stessi principi liberali e di democrazia".
Concretamente, dunque, con la decisione di costituire il cartello Caldoro presidente - Udc, lo schieramento di Caldoro perde almeno una lista.  Al di là della volontà dichiarata di contenere il livello di frammentazione (che in effetti formalmente diminuisce), anche solo per evitare di creare simboli non in grado di eleggere alcun rappresentante, sembra che la prima ragione alla base della contrazione delle liste sia legata all'indisponibilità di molte persone a candidarsi, al punto da non riuscire a coprire tutti i posti nelle varie circoscrizioni. Il problema, a dire il vero, riguarderebbe anche altre formazioni: se ne parla da giorni, per esempio, con riferimento ad Alleanza di centro per la Campania, formazione fondata e guidata da Francesco Pionati, anche se lui si dice tuttora convinto di riuscire a presentare liste autonome, senza doversi aggregare ad altre formazioni. Appare poi assai probabile che, nelle liste Caldoro-Udc sia ospitato anche qualche candidato di Cambiamo!: non è per nulla scontato, difatti, che il gruppo di Giovanni Toti riesca a costituire proprie liste, non tanto per il numero di firme da raccogliere ma per mancanza di persone disponibili a presentarsi (il che significa anche, peraltro, sostenere spese per la candidatura, questione non di poco conto per una forza politica di nuovo conio). 
In tutto ciò, se la frammentazione sembra diminuire, aumenta al contrario il grado di complicazione delle proposte in campo; in più, a subire le prime conseguenze nefaste della decisione di costruire un cartello elettorale sembra essere il contrassegno di lista e, in particolare, la parte destinata al gruppo Caldoro presidente: il risultato grafico finale, infatti, appare decisamente pieno, ammassato e poco efficace. Si può cercare di comprendere il risultato, frutto peraltro - a quanto si apprende - di una non facile mediazione tra le componenti politiche coinvolte, ma è impossibile mettere da parte le perplessità. 
Alla fine il cerchio risulta equamente diviso, ma la grafica legata all'ex presidente Caldoro esce piuttosto male, soprattutto per quella striscia tricolore visibilmente tagliata e nemmeno a livello del diametro orizzontale, ma più in basso: è probabile che ciò sia stato fatto per cercare di dare un po' più di visibilità al gruppo di Caldoro (e per ricordare che, nel simbolo originario, la stessa striscia copriva anche lo spesso bordo del cerchio), ma all'occhio dà piuttosto l'effetto di un simbolo i cui elementi sono "azzeccat' c''a sputazzella" (tanto per offrire una citazione recente di Marisa Laurito); nel semicerchio superiore, poi, il livello di compressione è altissimo perché subito sotto la scritta è stato inserito anche il garofano del Nuovo Psi, dando così visibilità al partito che cinque anni fa aveva comunque partecipato alla stessa lista (come testimoniava, tra l'altro, la presenza nella lista di Napoli di Guido Marone, membro del coordinamento nazionale del partito).
Miglior trattamento sembra essere stato riservato alla grafica dell'Udc, con le vele e lo scudo crociato ridotti di dimensione per stare integralmente nel semicerchio inferiore e il nome assai ridotto di dimensioni. Già, le vele e il nome. Perché - incredibile a dirsi - nemmeno in Campania è stato usato il simbolo dei Popolari - Unione democratici cristiani che un mese fa era stato diffuso, tra l'altro proprio nella versione pensata per la Campania. Ci sono dunque le vele, che allora non erano state riportate per non sporcare lo scudo, il nome resta "Unione di centro" invece che "Unione democratici cristiani" (che avrebbe segnalato una realtà comunque a trazione Udc, ma almeno in parte diversa) e nessuna traccia dei Popolari. Il che è ancora più curioso, se si considera che sui Popolari sembrava aver insistito molto Giuseppe Gargani nelle settimane scorse, anche solo per evitare che quella parola fosse usata solo dai De Mita nella loro lista schierata con De Luca.
Se il simbolo dell'alleanza Nuovo Psi - Udc presentato per la Puglia aveva già fatto pensare a una battuta d'arresto del progetto della Federazione popolare dei democratici cristiani, l'emblema campano sembra aver tolto ogni dubbio su questo. Anche nelle Marche resteranno le vele e il nome "Unione di centro", ma nel segmento superiore rosso, in effetti, si legge "Popolari Marche", come nel simbolo esemplificativo che la Federazione guidata da Gargani aveva diffuso. Compromesso grafico? Probabilmente no: il contrassegno, infatti, è proprio lo stesso che aveva partecipato alle scorse elezioni regionali, anche se allora era parte del centrosinistra che aveva sostenuto Luca Ceriscioli, mentre questa volta l'Udc ha aderito alla coalizione che appoggia la corsa di Francesco Acquaroli (Fdi). Nessuna traccia del progetto politico nuovo, dunque, ma solo un elemento dal passato.
Lo stesso, peraltro, può dirsi anche per la Liguria, dove peraltro l'Udc schiera una lista insieme al Nuovo Psi, richiamato questa volta con il suo simbolo integrale, anche se ridotto alle dimensioni di una "pulce" e costretto all'interno del segmento rosso superiore, tra il confine del cerchio e la scritta "Liguria", ridotta per l'occasione. Cinque anni fa la lista non era presente, perché l'Udc aveva concorso con il Nuovo centrodestra alle candidature sotto il simbolo di Area popolare; questa volta invece il partito di Cesa torna, anche se nella sola Liguria non usa il nome completo, ma solo la sigla Udc, che può stare per Unione di centro, ma anche per Unione democratici cristiani (che poi, come si è ricordato più volte, altro non è che la prima parte del nome del partito). In Liguria, insomma, qualcosa forse del progetto originario si è salvato. Chissà. 

venerdì 7 agosto 2020

Campania, alle regionali torna il simbolo dei Verdi federalisti?

La notizia di un nuovo aspirante presidente della regione Campania non poteva passare inosservata, se non altro perché andava ad aggiungersi a un quadro già piuttosto complesso, anche in termini di liste. Eppure, la presentazione della candidatura di Carmine Attanasio non ha fatto notizia tanto per la persona che si è proposta per la guida della regione o per il suo programma, quanto per il nome e per il simbolo della sua lista, i Verdi federalisti
Il progetto della candidatura di Attanasio ha venti punti, cinque dei quali sono stati illustrati due giorni fa ("gli altri saranno presentati subito dopo il deposito della lista"), con l'intento di trasformare la Campania "in una Regione più forte e più grande, con una propria autonomia organizzativa, amministrativa ed economica, utilizzando e valorizzando le grandi risorse naturali, paesaggistiche, culturali e ambientali di un territorio unico al mondo". In particolare, i Verdi federalisti propongono di concorrere alla costruzione di tre macroregioni "nell'ambito di un'Italia unica e indivisibile e di un'Europa delle regioni, con poteri speciali di autogestione economica e amministrativa" (seguendo, per il sud, confini simili a quelli del Regno delle Due Sicilie), di lavorare sul progetto "Campania Solex" (realizzando la più grande centrale fotovoltaica d'Europa sui terreni liberati dalle ecoballe non più utilizzabili per coltivazione o altre attività) e di trasformare il sud nel "Regno Verde" (con la riforestazione di tutti i comuni campani applicando la legge regionale n. 14/1992), oltre che di tutelare il mare attraverso "una nuova portualità turistica" (con banchine dei moli elettrificate per imbarcazioni di nuova generazione, la creazione di un'area marina semiprotetta inaccessibile ai mezzi inquinanti e la sostituzione del porticciolo di Mergellina) e la realizzazione di nuovi stadi in ciascun capoluogo, con investimenti pubblici e privati e dotati di servizi polifunzionali aperti a tutti i cittadini.
Fin qui il programma che è dato conoscere. Impossibile negare, tuttavia, che l'occhio del drogato di politica sia corso immediatamente al simbolo presentato: al di là dell'aggiunta del riferimento alla candidatura di Attanasio, si tratta esattamente dello stesso contrassegno che fu presentato per la prima volta nel 1992 alle elezioni politiche, per distinguere la forza politica ambientalista guidata da Laura Scalabrini. Rispunta, dunque, il girotondo verde di bambini su fondo giallo, che sormonta il nome del partito, con la parola "Verdi" in grande evidenza (anche perché "federalisti", vuota all'interno, si legge assai meno); rispunta questa volta legato a Carmine Attanasio, che nel 2015 da consigliere comunale di Napoli aveva aderito al Pd, dopo essere stato eletto consigliere comunale nel 2011 con l'Italia dei valori, salvo poi tornare nei Verdi pochi mesi dopo (ed essere candidato alle regionali nella lista Davvero-Verdi, quindici anni dopo la precedente candidatura a consigliere regionale sempre per il Sole che ride).
Manco a dirlo, la notizia che alle elezioni avrebbe potuto partecipare questa lista con questo simbolo ha subito scatenato la reazione della Federazione dei Verdi, parte principale del progetto politico-elettorale di Europa Verde che sta andando oltre il voto europeo di un anno fa. Ai media, infatti, è stato prontamente fatto sapere che proprio la Federazione dei Verdi "ha dato mandato ai propri legali di presentare presso il Tribunale di Napoli nelle prossime ore un ricorso urgente per annullare la presenza del simbolo 'Verdi Federalisti', imitazione inaccettabile di quello della stessa Federazione dei Verdi". La nota, firmata dal coordinatore Angelo Bonelli a nome dell'esecutivo nazionale, informava che "già due provvedimenti precedenti dei Tribunali di Napoli e Torino hanno riconosciuto e stabilito che la parola 'Verdi' in qualsiasi competizione elettorale è ad uso esclusivo della Federazione dei verdi, unica riconosciuta dal partito Verde europeo che è il quarto gruppo nel parlamento europeo, e depositaria della parola dei Verdi. Con questa inaccettabile operazione si vuole generare confusione nell'elettorato nel tentativo  di guadagnare la credibilità che i Verdi hanno conquistato in tanti anni di seria militanza e attività sul territorio nazionale. I medesimi provvedimenti dei Tribunali hanno comprovato la esclusione di chi ha utilizzato indebitamente la parola Verdi dalle stesse competizioni". Sarebbe già pronta una cospicua richiesta di risarcimento danni "anche perché chi sta tentando in queste ore l'uso improprio della parola Verdi, ovvero del nostro simbolo, è ben consapevole dei provvedimenti dei Tribunali della Repubblica italiana".
Non è affatto d'accordo Laura Scalabrini, tuttora titolare del simbolo dei Verdi federalisti, cui Attanasio e altri si sono rivolti per poter utilizzare l'emblema: "Mi hanno contattato questi amici napoletani - ci spiega, appositamente contattata da I simboli della discordia - alcuni dei quali erano stati eletti nei Verdi guidati prima da Pecoraro Scanio e poi da Bonelli; da lì però se ne sono andati disgustati. Sono sempre stata in contatto con loro perché Acerra e le disgrazie ambientali della Campania vanno seguite, soprattutto se nessuno è stato eletto. Mi hanno chiesto se potevano usare il simbolo, visto che sono la rappresentante legale dei Verdi federalisti: il loro essere ambientalisti veri mi ha fatto ricordare quello che passammo noi dal 1990 in poi. C'è un problema dimenticato da chi ci governa, tanto a livello locale quanto a livello nazionale, e bisogna capire che non conta solo chi sta nelle istituzioni. La parola 'Verdi' è di tutti ed è assurdo che altri non possano usarla neppure se le liste della Federazione dei Verdi decidono di non usarla [nel senso che "Europa Verde" non coincide con "Verdi", ndb], come se fosse un marchio commerciale a tutti gli effetti. Occorre capire che l'ambiente non è un'ideologia, men che meno di destra o di sinistra: è uno stile di vita che non è compatibile con il liberismo economico che di fato regna ovunque. Ora il mercato globale spinge tutti ad aumentare il Pil, quindi tutti aumentano i consumi e sfruttano risorse non rinnovabili: la terra non è solo di chi oggi la abita, ma anche di chi non è nato e forse non potrà nascere, quindi non si può essere subalterni alla sinistra che ormai è neoliberista come la destra, perché lo hanno imposto l'Unione europea e il mercato globale". 
Al di là delle considerazioni di natura politica, qui ci si concentra sulla questione del simbolo, che come al solito è molto più complessa di come la si presenta. Già, perché nel 1992 in un primo tempo il Viminale aveva effettivamente chiesto la sostituzione del simbolo dei Verdi federalisti (e anche di quelli dei Verdi verdi, dei Verdi di centro e dei Verdi d'Italia), proprio perché conteneva la parola "Verdi, che riflette analoga qualifica di gruppo presente in parlamento". Scalabrini si oppose alla sostituzione e si rivolse all'Ufficio elettorale centrale nazionale: in una decisione datata 28 febbraio, tuttavia, l'organo composto da giudici della Cassazione dichiarò regolare quel contrassegno e anche gli altri contenenti la parola "Verdi". Da una parte, per il collegio la denominazione "Verdi", "sia per la acquisita riferibilità ad una vasta area politico-culturale trascendente l'ambito di singole organizzazioni partitiche sia, anche, per il fatto di essere stata utilizzata in passato contemporaneamente nelle denominazioni e nei contrassegni di distinti movimenti di ispirazione ambientalistica ed ecologistica postisi in concorrenza tra loro in diverse competizioni elettorali, deve essere ritenuta, allo stato, carente di specifica portata individualizzante intrinseca e di una propria rilevanza ai fini della caratterizzazione dei simboli e dei contrassegni elettorali"; dall'altra parte, si notava che il ministero non aveva censurato altre somiglianze grafiche rispetto al simbolo della Federazione dei Verdi (che invece si era lamentata, e molto, del fatto che il girotondo verde su fondo giallo potesse in qualche modo richiamare il profilo di un sole) e, in ogni caso, non c'era alcuna confondibilità in concreto ""riproducendo i contrassegno in argomento figure diverse e perfettamente distinguibili".
In quegli stessi giorni, peraltro, l'Ufficio elettorale nazionale confermò la regolarità dei tantissimi contrassegni contenenti la parola "Lega", ritenendo che quella parola non si potesse ritenere esclusiva di una forza politica, anche se presente in Parlamento: quest'orientamento, da allora, è rimasto immutato, a dispetto di una presenza continua in Parlamento della Lega Nord prima e della Lega per Salvini premier poi. Per vari anni, in realtà, la Federazione dei Verdi continuò senza successo a contestare la confondibilità con il proprio simbolo degli emblemi (soprattutto) dei Verdi verdi e dei Verdi federalisti. 
Qualcosa cambiò nel 2004, quando queste due formazioni presentarono una lista comune, con contrassegno composito
, tanto alle elezioni amministrative quanto alle europee, sfruttando l'esenzione dalla raccolta firme concessa dalla Lista per l'abolizione dello scorporo: il ministero dell'interno ammise il simbolo, il 1° maggio l'ufficio elettorale nazionale della Cassazione respinse l'opposizione dei Verdi, che però non si accontentarono e ricorsero al Tar (vedendosi dare torto) e al Consiglio di Stato. I giudici di palazzo Spada il 18 maggio - si votava il 12 giugno - accolsero invece il ricorso dei Verdi, notando che "
l’apposizione in primo piano, all'interno del contrassegno delle liste appellate, di segni grafici (p. es. espressione letterale 'verdi' nel carattere e nella forma utilizzati; colore giallo in campo verde, simboli grafici stilizzati) è idonea a produrre confusione nell'elettore medio, richiamando simboli tradizionalmente associati alla formazione politica dell’appellante" e imponendo sostanzialmente l'allargamento a dismisura della "pulce" della lista Abolizione scorporo - a costo di snaturare la grafica del simbolo - sia per evitare la confondibilità sia per valorizzare l'esenzione dalla raccolta firme ottenuta per il tramite di quell'emblema.
Disponendo di quella decisione, nel 2006 i Verdi si opposero all'accoglimento dell'ultima variante del simbolo presentata dai Verdi Verdi di Maurizio Lupi e dai Verdi federalisti di Scalabrini: era sparito il giallo, per eliminare un possibile motivo di confondibilità, la parola "Verdi" era rimasta ma in bianco su una fascia verde scura, per cui non c'era più la somma di motivi messa in luce nell'ordinanza del Consiglio di Stato di due anni prima. 
In compenso, furono i magistrati di Cassazione quella volta a dire che, al di là delle differenze che in effetti c'erano, "i due simboli [...] appaiono identicamente connotati dalla parola 'Verdi' riprodotta, su entrambi, con la medesima collocazione e identico carattere grafico, in un cerchio tagliato, a pari distanza dal centro, da due linee parallele, al cui interno la parola è inserita"; se pure in passato lo stesso ufficio elettorale aveva ritenuto che la parola "Verdi" di per sé non identificasse una forza politica in particolare, l'interpretazione delle disposizioni di riferimento "in termini di diritto vivente" doveva far rilevare che "la riproduzione, nel simbolo, della parola 'Verdi', con la specifica collocazione e composizione grafica di cui sopra, in quanto tradizionalmente riferibile al partito ricorrente, ha assunto carattere identificativo dello stesso [...]. Con la conseguenza che la riproduzione della parola stessa, in un contesto grafico assai similare per quelli che sono i profili di più immediato impatto visivo, effettivamente realizza quella potenzialità di inganno dell'elettore che ne comporta il divieto". 
A dire il vero non si poteva dire che il carattere grafico fosse uguale, sta di fatto che il contrassegno sulle schede dovette cambiare (Ecologisti democratici, con l'orsetto dei Verdi verdi) e, da lì in avanti, il girotondo di bambini dei Verdi federalisti - salvo errore - non si vide più in ambito elettorale (quello dei Verdi verdi durò un po' di più, fino alle elezioni regionali del 2010, quando Maurizio Lupi fu eletto consigliere in Piemonte). Nel frattempo, a dire il vero, dal 2008 anche la Federazione dei Verdi non è più riuscita a eleggere suoi rappresentanti nelle Camere (rientrandovi solo temporaneamente con l'adesione di alcuni eletti in altre formazioni quando abbandonavano i loro gruppi); nel 2009 non venne centrata nemmeno l'elezione alle europee, per cui nel 2014 e nel 2019 l'onere di raccogliere le firme per le liste Verdi europei ed Europa verde fu evitato solo grazie all'affiliazione allo European Green Party, rappresentato al Parlamento europeo; a livello regionale, invece, le liste dei Verdi hanno eletto rappresentanti (l'ultimo dei quali in Emilia-Romagna con Europa Verde). Si vedrà se la lista di Europa Verde - Demos riuscirà a entrare in consiglio regionale ma, prima ancora, se i Verdi federalisti riusciranno ad arrivare sulla scheda.


lunedì 3 agosto 2020

Europa Verde-Demos, liste composite per De Luca crescono

Qualcosa si era già anticipato nell'articolo di ieri: la coalizione che sosterrà la nuova candidatura di Vincenzo De Luca alle regionali in Campania sarà molto numerosa, ma probabilmente un po' meno di quanto si era ipotizzato alcuni giorni fa. Sarà per il monito lanciato da Ciriaco De Mita una settimana fa, durante la conferenza di presentazione della lista dei Popolari ("dieci liste per lo stesso risultato danno una sensazione di ammucchiata"), sarà che si era pensato anche un numero ben più alto di dieci formazioni (che avrebbero portato voti alla coalizione, ma di fatto li avrebbero dispersi, sottraendoli soprattutto al Pd che da tempo si lamenta di questa situazione), sta di fatto che nelle ultime manciate di ore il numero di liste sembra in effetti sfoltirsi, procedendo per accorpamenti. Alcuni di questi, peraltro, saranno visibili nei contrassegni di lista.
Tra gli emblemi compositi, uno degli ultimi a essere presentati è quello della lista che vedrà insieme Europa Verde e Demos - Democrazia solidale. Nel consiglio regionale uscente la componente ecologista è rappresentata da Francesco Emilio Borrelli, eletto nel 2015 nella circoscrizione di Napoli per la lista che i Verdi avevano presentato insieme a Davvero di Michele Ragosta e presidente del gruppo Campania libera. A livello regionale tuttavia è presente anche Demos, gruppo nato come associazione nel 2015 da una scissione di Per l'Italia (avendo come nomi più noti gli ex montiani Lorenzo Dellai, Andrea Olivero, Mario Marazzin e Mario Giro, nonché l'ex ministro Andrea Riccardi) e dal 2019 si è trasformato in un vero partito, presieduto dallo stesso Mario Giro e coordinata da Paolo Ciani, con le proprie radici nel cristianesimo sociale e assai vicino alla comunità di Sant'Egidio. Non a caso, la lista è stata presentata proprio presso la Scuola di lingua e cultura italiana di Sant'Egidio a Napoli, in una conferenza stampa il 28 luglio alla quale hanno partecipato Angelo Bonelli (coordinatore dell'esecutivo nazionale di Europa Verde) e Mario Giro. 
"Quest'intesa è importante sul piano culturale e politico - ha spiegato Bonelli - Si tratta di una novità politica, di un laboratorio che fa incontrare la giustizia ambientale e la giustizia sociale. Ecologia significa questo: dove c'è ingiustizia ambientale c'è ingiustizia sociale, le due cose sono collegate ed ecco perché quest'unione di due mondi per me è fondamentale, per la Campania che è luogo di grandi problemi ambientali e sociali e, se sapremo avere buoni risultati coi nostri candidati e le nostre candidate, anche su scala nazionale. I Verdi in Germania, nel land del Baden-Württemberg, governano già con la Cdu: costruire una visione nuova dell'ambientalismo nel nostro paese, che allarga lo sguardo e si coniuga con la giustizia sociale, può rappresentare un'occasione importante per l'Italia". "Spesso si pensa che in una società come la nostra, specie nei momenti di crisi, l'ecologia sia un lusso - ha aggiunto Giro - per noi invece è un'assoluta necessità. Demos è nata un anno e mezzo fa, abbiamo creato prima la rete umana dei vertici e abbiamo partecipato a varie consultazioni elettorali. Pensiamo che vada portata fino al livello nazionale l'espressione di tante sensibilità che vengono dal basso. Siamo abituati a batterci contro le disuguaglianze sulle persone: questa è una 'lista Laudato si', proprio perché mette insieme la lotta alle disuguaglianze e alle ingiustizie ambientali, di cui la Terra dei Fuochi è solo uno degli esempi".
Il percorso comune delle due forze politiche si traduce in un simbolo occupato per la maggior parte dal simbolo di Europa Verde (con la precisazione che si tratta del raggruppamento campano ecologista), mentre il segmento inferiore del cerchio è dedicato all'emblema di Demos, con il logotipo piccolo e bianco sul fondo color verde-acqua. A ben guardare, si deve riconoscere che si tratta di un contrassegno composito piuttosto ben congegnato, in cui l'accostamento cromatico è ben bilanciato e piuttosto gradevole. Il percorso citato, peraltro, riguarda anche la Liguria, dove tuttavia si utilizza un simbolo diverso: la parte superiore e prevalente è sempre di Europa Verde, ma a Demos è affidato più spazio e qui i colori si ribaltano (il fondo è bianco, il logo e le scritte sono color verde-acqua, lo stesso che tinge la conferenza che racchiude tutto il contrassegno; in più compare anche l'hashtag #laforzadelNOI che caratterizza il partito di Giro e Ciani). 
A proposito di contrassegni compositi e visto che si è citato Davvero, si può cogliere l'occasione per segnalare che, negli ultimi giorni, la lista che già era stata presentata come composta dal gruppo di Michele Ragosta e dal Partito animalista ha ampliato la propria composizione, includendo anche le candidature di Italia in comune. L'unione si vede anche sul piano grafico: gli animalisti ora sono al centro del contrassegno, con la loro fascia rossa che ha visto ridurre un po' il corpo della scritta, così da lasciare il posto in basso al fregio di Italia in comune, anche se nel segmento inferiore non c'è abbastanza spazio per mostrare per intero le "code" tricolori. Anche qui si è fatto il possibile per preservare un minimo di armonia della rappresentazione complessiva, anche se va detto che, rispetto al contrassegno di Europa Verde - Demos (che pure è interamente campito di colore), questo sembra assai più "affollato" e "pieno", il che era inevitabile con tre soggetti politici sviluppati in orizzontale. In ogni caso, lo sforzo di mantenere il decoro grafico emerge e va riconosciuto.

domenica 2 agosto 2020

Fare democratico, al fianco di De Luca coi colori del centrodestra

Non è ancora il momento di fare classifiche (che di certo lasciano il tempo che trovano, ma si possono pur sempre stilare per dare i numeri delle cose), ma è probabile che una delle coalizioni più affollate - assieme a quella pugliese in appoggio a Michele Emiliano - risulterà quella che si appresta a sostenere Vincenzo De Luca nella sua seconda corsa per la presidenza della regione Campania. In effetti, da un giorno all'altro e da un giornale all'altro, il numero appare piuttosto variabile, anche se è già in corso una "cura dimagrante" per accorpamenti (che risulteranno evidenti nei prossimi giorni).
Tra le liste di cui si è parlato e che ufficialmente non corrispondono per intero a partiti esistenti c'è anche Fare democratico, un nome piuttosto generico ma che si fa notare, anche solo per l'uso del verbo "fare" in funzione di sostantivo. I promotori risultano essere Giuseppe "Giosy" Romano, presidente del Consorzio Asi (Area di sviluppo industriale) della provincia di Napoli nonché della Confederazione italiana per lo sviluppo economico, Felice Di Maiolo, sindaco di Mariglianella (comune inferiore della città metropolitana di Napoli). 
Per chi non è napoletano i nomi possono non dire nulla, ma sono accomunati da un "particolare" tutt'altro che irrilevante. Giosy Romano nel 2018 era stato candidato al Senato dal centrodestra nel collegio uninominale di Casoria e da Forza Italia nel collegio plurinominale Campania 02 (assieme, tra l'altro, a Domenico De Siano, eletto senatore, e Sandra Lonardo, eletta nel collegio Campania 01); quanto a Di Maiolo - che ha già annunciato la sua candidatura - era stato capogruppo forzista proprio nel consiglio della città metropolitana. Che i due siano tuttora riconducibili a Forza Italia oppure no, non appare un caso che da più parti la lista Fare democratico sia stata indicata come una formazione che si prepara a traghettare parte dell'area di centrodestra nella compagine che punta a dare un seguito alla prima presidenza regionale di Vincenzo De Luca.
Lo stesso aspetto grafico del simbolo, tra l'altro, sembra confermare quest'idea: i colori - il tricolore con il blu - sono quelli nazionali, tradizionalmente usati da formazioni di centrodestra o comunque di osservanza moderata; l'arcobaleno-strada tricolore ricorda più il vecchio Pdl (o persino la prima versione di Alleanza di centro di Pionati, che invece ha saldamente i piedi nel centrodestra) che simboli di area sinistra. Il nome di De Luca campeggia nella parte inferiore del contrassegno, ma l'elemento testuale più evidente è proprio la parola "fare", con l'iniziale minuscola. La scelta può colpire, ma forse si può ricordare un particolare: i precedenti usi della parola "Fare", con l'iniziale maiuscola (Oscar Giannino e poi Michele Boldrin) o tutta maiuscola con apostrofo (Flavio Tosi), non sono stati tra i più fortunati che la politica ricordi. Non è detto che la scelta dipenda da questo, ma i #drogatidipolitica non possono non notarlo. 
Che la lista non si proponga come "convenzionale" e "inquadrata" appare chiaro anche dal primo testo pubblicato sulla pagina Facebook della formazione:
L’esigenza di non dover soggiacere a percorsi precostituiti. La volontà di essere attori protagonisti nella valorizzazione del territorio. La caparbietà nel credere che gli schemi non debbano ingabbiare. La convinzione che si possa costruire un percorso nuovo, diverso, a misura di uomo, a misura di territorio. Donne e uomini liberi, di pensare, di crederci. Tutti, insieme, donne ed uomini del fare, convinti che i principi della democrazia siano irrinunciabili. Fare Democratico, noi!


In ogni caso, c'è ancora tempo per conoscere le liste e capire se i candidati confermeranno l'immagine che emerge dal simbolo.