martedì 31 maggio 2016

Capracotta, quando il nome è pericoloso

Al censimento del 2011 il comune di Capracotta, in provincia di Isernia, è risultato avere 950 abitanti, una manciata di persone al di sotto della quota oltre la quale la legge impone a chi vuole presentare una lista di raccogliere le firme dei cittadini a suo sostegno. La fantasia di abitanti ed eventuali "forestieri" interessati poteva non conoscere freni e affollare la scheda elettorale, eppure si è contenuta, visto che il manifesto ufficiale delle candidature riporta soltanto tre formazioni per altrettanti aspiranti sindaci: va notato, peraltro, che alle elezioni precedenti erano soltanto due, dunque c'è già stato uno sforzo maggiore e almeno una lista provoca curiosi ricordi.
Il riferimento, ovviamente, non è al gruppo che sostiene la ricandidatura di Antonio Vincenzo Monaco, Uniti con Capracotta nel cuore: cinque anni fa, in realtà, la lista si chiamava Uniti per Capracotta, ma la parte grafica è rimasta sostanzialmente uguale. Così il bel fiore rosso - un lilium? - impiegato nel 2011 è tuttora in bella vista nel contrassegno nuovo e potrà certamente essere riconosciuto con facilità dai cittadini che vorranno confermare il ruolo e l'operato dell'amministrazione uscente; non è certo sufficiente non cambiare le insegne per ottenere il secondo mandato, ma in qualche modo aiuta a non disperdere le forze ed evita di aumentare la confusione.
Ben difficilmente, invece, gli abitanti di Capracotta avranno visto prima l'emblema del gruppo sorteggiato per primo su schede e manifesti, la Lista Beta. Un marchio del tutto anonimo, che però ai drogati cronici di politica dovrebbe ricordare qualcosa: la grafica, infatti, è praticamente identica - al di là dello sfondo, allora bianco e adesso verde - a quella vista giusto un anno fa a Roccavivara, un paese in provincia di Campobasso (sempre di Molise si parla). E allora il M5S accusò i depositanti di quella lista, al pari di quelle omologhe denominate Alpha e Gamma, di avere presentato formazioni "che dopano la competizione elettorale aumentando considerevolmente il numero dei candidati": il gruppo se la prese soprattutto con "alcuni appartenenti alle forze dell’ordine che, approfittando della norma, vanno alla ricerca di piccoli comuni, preferibilmente non nella propria regione, solo al fine di beneficiare dei permessi elettorali", Qui non si è verificato se le cose siano andate così, ma chi ha presentato la lista - a sostegno del candidato sindaco Davide Pucci - deve sperare in un esito migliore rispetto all'anno passato: allora le liste Alpha, Beta e Gamma in totale a Roccavivara ben 0 voti, quindi non dovrebbe essere una impresa impossibile.
Resta da vedere la terza lista, a sostegno di Candido Paglione. Sul piano simbolico non ci sono problemi - e come potrebbe esservi, se l'ingrediente fondamentale è una veduta del paese, mentre sul fondo si stagliano le montagne e il sole occhieggia da dietro - ma leggendo il nome si può restare perplessi. Perché Capracotta viva, certamente, ha alla base l'idea di una città che non ha mai smesso di muoversi e, nel caso, vuole dare una scossa al paese; quelle due parole vicine, però, danno una strana impressione. Se viste in fretta, infatti, queste possono essere lette in modo tragico e sanguinolento come "Capra cotta viva" (in tempi di persone arse vive, non è certo una bella immagine) o in maniera comunque ambigua come "Capracotta viva", come a dire che non si sa se la povera capra sia stata cotta o sia viva (evidentemente non cotta) e nessuno ha modo di svelare l'arcano. Almeno Vittorio Sgarbi, nella sua lista del Partito della Rivoluzione in corsa a Cosenza, aveva sì piazzato un capra nel simbolo, ma questa non aveva l'aria di essere cotta. 

lunedì 30 maggio 2016

Arborio e Barbaresco, riso e vino sulle schede

L'attenzione ai comuni sotto i mille abitanti, per i quali non occorre raccogliere le firme per presentare una lista, dà sempre grandi soddisfazioni. In qualche caso, messi da parte i soliti monumenti, i tricolori e le mani strette, i creatori dei simboli hanno preferito ricorrere ad alcuni prodotti alimentari locali, con la consapevolezza che questi possono svolgere la funzione di "segno del territorio" al pari - e, forse, anche meglio - di un campanile, di una torre o di una statua. In Piemonte, peraltro, il fenomeno raggiunge punte del tutto imperdibili, se solo si ha la pazienza di andare a scoprire cosa gli aspiranti consiglieri anno avuto l'ardire di proporre agli abitanti.
Si prenda Arborio per esempio: provincia di Vercelli, popolazione al limite dei 1000 abitanti, il paese è noto a molti di coloro che frequentano le tavole perché ha dato il proprio nome a una varietà di riso tra le più utilizzate in cucina. E proprio le "spighe" di riso sono l'ingrediente - è il caso di dirlo - principale dei due emblemi che si contenderanno la vittoria alle elezioni: quelle più realistiche su fondo azzurro per Arborio prima di tutto (candidato sindaco Arturo Fontanella) e quelle più stilizzate di Andiamo avanti per Arborio (candidata sindaca Annalisa Ferrarotti). I due disegni sono abbastanza diversi da non creare confondibilità, dunque non ci sarà alcun problema di convivenza sulla scheda (peccato solo per la circonferenza azzurrina della seconda lista, così sottile da essere quasi illeggibile).
E se col riso si vuole bere qualcosa (anche se l'abbinamento forse non è dei più adatti), si può fare un salto a Barbaresco, comune del cuneese con poco meno di 700 abitanti. Anche qui le liste sono due, ma la prima è particolarmente in tema: dopo il doppio mandato consecutivo di Alberto Bianco, è Mario Zoppi a portare avanti il brand elettorale di Barbaresco è futuro, che mette in primo piano proprio un calice di vino, inclinato; il profilo della bevanda nel bicchiere, tuttavia, non è lineare, ma disegna la skyline del paese, con in evidenza la torre medievale e - per quanto par di capire - la chiesa di San Donato, ad oggi attiva come enoteca regionale. Se cinque anni fa non aveva avuto concorrenti e si era vista assegnare tutti i seggi, stavolta Barbaresco deve vedersela con la Lista dei grilli parlanti, ovviamente con Franco Grillo candidato sindaco e Gianluca Noccetti (candidato sindaco a Torino) in lista. Male che vada, i grilli possono già contare su tre seggi per loro e festeggiare, magari con un bicchiere di Barbaresco...

domenica 29 maggio 2016

Gattinara, i comunisti che resistono

Ci si prepara al voto anche a Gattinara, paese con poco più di 8mila abitanti in provincia di Vercelli. Alle elezioni precedenti, svoltesi nel 2011, il risultato era stato piuttosto nitido: all'epoca Daniele Baglione aveva ottenuto il 43,5% dei voti, distaccando di oltre 12 punti il suo principale sfidante e questa volta è di nuovo in corsa, alla ricerca del suo secondo mandato da sindaco. Rispetto a cinque anni fa, tuttavia, la competizione sarà leggermente più ristretta, perché le liste che si contenderanno la vittoria passano da quattro a tre: si era parlato anche di una candidatura del MoVimento 5 Stelle, che alla fine però non è arrivata, dunque i concorrenti per i dodici seggi da consigliere sono calati.
Il simbolo del sindaco uscente Daniele Baglione si è sostanzialmente conservato nel corso del tempo, caratterizzato com'è dalla Torre delle Castelle, segno territoriale particolarmente noto in paese. Una modifica importante, però, riguarda il nome della lista: stavolta è Uniti si vince, quando invece nel 2011 era Buonanno per Baglione. Buonanno, ovviamente, nel senso di Gianluca, europarlamentare della Lega Nord, che fungeva quasi da "garante" per il candidato sindaco (al punto da spendersi direttamente per la sua campagna elettorale); cinque anni fa, tra l'altro, la scritta "Gattinara" era in font Optima, lo stesso utilizzato dalla Lega, mentre ora è stato scelto un "bastone" più neutro, che non rimanda alle grafiche del Carroccio.
E' nuovo il simbolo del secondo sfidante, Maurello Negro. A suo sostegno c'è la lista Gattinara impegno comune, che al suo interno inserisce varie sagome di persone: "Il simbolo scelto - si legge nel sito del gruppo - rappresenta tutte le componenti di una comunità che, pur partendo da posizioni e formazioni diverse, si muovono in un’unica direzione, verso obiettivi comuni, incentrati proprio sui bisogni delle persone che la costituiscono." DI fatto il disegno "raddoppia" il significato del titolo, anche se le immagini scelte non si discostano per nulla da un'idea "tradizionale" di società: delle figure in primo piano, la valigetta da lavoro è nelle mani dell'uomo, mentre in fondo si vede una sorta di famiglia tradizionale, con genitori, nonni (solo due) e due bambini; se non altro, niente colori azzurro e rosa per colorare le sagome.
Il terzo emblema invece è quasi storico a Gattinara essendo stato coniato nel 2006: anche se l'ultima esperienza cinque anni fa non era stata positiva (era l'unico rimasto fuori dal consiglio), torna anche questa volta. Si parla qui dei Comunisti per Gattinara, con falce, martello e stella (un po' spostata rispetto al solito) gialli su un fondo interamente rosso. Nemmeno il "volto" della lista è cambiato: è quello di Luigi Zanetta, a lungo consigliere di minoranza. Zanetta non ha bisogno di emblemi di partiti nazionali (Partito comunista dei lavoratori, Partito comunista di Rizzo, Prc o PcdI, come in più di un comune capita di vedere): a lui bastano "gli arnesi" marxisti per presentarsi alla gente, nel 2006 e nel 2011 li avevano scelti oltre 350 persone, quindi vale la pena provarci anche stavolta.

"La terza lista" di Ovindoli, quando il nome è una scommessa

Alle volte c'è chi sfida il futuro e si espone, lanciando pronostici e immaginando scenari; in qualche caso, c'è persino chi lo fa sotto elezioni. E, si badi, non si parla di qui di chi disegna con gli occhi e con le parole il futuro di una città, cercando di guardare lontano e di capire per tempo come agire per amministrare meglio. Qui si vola molto più bassi, limitandosi alla scelta del nome e del simbolo della lista, un passaggio che chiaramente precede - e non di poco - la presentazione degli stessi alle autorità competenti.
A Ovindoli, centro di poco più di 1200 abitanti (popolazione bassa, ma sufficiente per obbligare le liste a raccogliere le firme per presentarsi) in provincia dell'Aquila, sulla scheda gli elettori troveranno tre simboli, tutti molto diversi tra loro, anche graficamente, al di là del richiamo comune alle montagne, che costituiscono uno dei motivi di maggior richiamo per la località.
Non rischia molto - graficamente parlando - la lista LiberaMente insieme (candidato sindaco Angelo Simone Angelosante), che mette il profilo dei monti sopra a un campo colorato verde e blu, riprendendo almeno in parte i colori dello stemma cittadino. C'è più fantasia nel contrassegno di Ovindoli Oltre (candidato sindaco Marco Iacutone), che a una foto elaborata sovrappone il profilo azzurro delle stesse montagne a tre cime e un sole stilizzato che sorge dietro, citando anche la vocazione sciistica della città inserendo un cristallo di neve nella prima O di "Ovindoli".
Chi invece ha veramente rischiato tutto è il gruppo che candida a sindaco Assunta Bianchini: lo si capisce non tanto guardando il simbolo in sé - una veduta in bianco e nero della città, con le montagne leggermente defilate e un elemento curvilineo appena accennato in filigrana - ma pensando al nome scelto per la formazione, La terza lista. Può sembrare una sciocchezza, eppure l'azzardo sta tutto lì: è probabile che questo schieramento sia nato per ultimo, dopo che gli altri due erano stati presentati (nessuna lista, tra l'altro, aveva già corso alle elezioni del 2011), ma cosa sarebbe successo se, in fase di sorteggio, La terza lista fosse stata scelta per aprire il manifesto?
Il gruppo, in questo caso, ha avuto la fortuna dalla sua, perché il sorteggio ha piazzato La terza lista proprio in coda al manifesto, senza che il nome fosse smentito. Ad altri, tuttavia, in passato è andata meno bene: chissà se, ad esempio, al momento di scegliere la denominazione, il gruppo conosceva il "caso Bassini", verificatosi a Vercelli due anni fa, per cui un gruppo legato a Sel aveva presentato due liste che erano una la prosecuzione grafica dell'altra, ma non aveva fatto i conti con il sorteggio che aveva scambiato il loro ordine, rovinando il giochetto... 

sabato 28 maggio 2016

Aversa, la Balena Bianca e le altre liste

Oggi nelle cronache politiche più di qualcuno ha nominato Aversa, centro casertano di oltre 50mila abitanti, in cui oggi Silvio Berlusconi ha colto l'occasione per qualificare come "aspiranti sudditi" coloro - presidente di Confindustria compreso - che hanno scelto di schierarsi per il "sì" al referendum costituzionale di ottobre. Eppure, volendo, non sarebbe nemmeno questo l'unico motivo per parlare di Aversa mentre ci si avvicina alle elezioni. Perché Forza Italia, che sostiene Giampaolo Dello Vicario come candidato sindaco, in coalizione non ha soltanto Fratelli d'Italia, ma anche un'imperdibile lista denominata Balena Bianca. Imperdibile (anche) perché nel tondo c'è proprio una balena stilizzata e sul corpo porta addirittura il disegno dello scudo crociato, anch'esso stilizzato.
La domanda viene quasi automatica: e questi chi sarebbero? Tra l'altro, andando per esclusione, bisogna depennare subito la Democrazia cristiana di Angelo Sandri: la "pulce" col suo scudo arcuato su fondo bianco occhieggia all'interno del contrassegno di Alleanza per Aversa (assieme, tra l'altro, a quello di Idea di Quagliariello), all'interno della coalizione di Enrico De Cristofaro. Di più, un terzo candidato, Marco Villano, sostenuto tra gli altri da Pd, Aversa popolare e varie liste civiche, ha in coalizione anche l'Udc: sulle schede, dunque, gli aversani troveranno ben tre scudi crociati, con buona pace dei timori di confondibilità (solo Maria Grazia Mazzoni, candidata per il M5S, sfugge a ogni contaminazione "democristiana").
Capire qualcosa di più è difficile, almeno fino a quando non si scopre che Balena Bianca è anche un account su Facebook che rimanda al sito www.balenabianca.it: lì si trova una "carta dei valori", dalla quale qualcosa di più emerge.
Balena bianca non è un partito politico, né un’associazione con fini politici reconditi.Balena bianca è un’idea: l’idea di uno stile di vita democratico e cristiano, moderato, ma proiettato verso il futuro.Balena bianca nasce con l’ambizione di offrire una identità specifica a tutti coloro che, impegnati nella vita pubblica, avvertono l’esigenza di contraddistinguere ulteriormente la connotazione valoriale alla base della propria azione politica.Balena bianca intende concorrere a ricostruire nel nostro Paese governi rappresentativi, competenti ed efficienti, attenti ai problemi del territorio, preparati a fronteggiare le sfide che i continui tagli alle risorse impongono agli Enti locali, anteponendo ad ogni cosa l’interesse pubblico. Ha altresì l’ambizione di concorrere a migliorare la politica, rendendola veramente democratica e celere nelle decisioni.Balena bianca riconosce il principio della rappresentanza elettorale, della competenza gestionale e professionale. Essa fonda la propria attività sul principio della responsabilità e sulla convinzione che la serietà, la moralità e l’onestà delle persone non abbiano confini.Balena bianca intende favorire governi forti, di cultura moderata, popolare, laica e cattolica, che siano vera espressione democratica. Intende sviluppare la propria azione attraverso una politica seria, che compulsi una nuova stagione della modernizzazione italiana, in grado di favorire la riconciliazione tra cittadini e politica; che sterilizzi quindi i veleni antipolitici attraverso i principi dell’onestà, della solidarietà, della trasparenza, del rispetto degli altri, della diligenza e della responsabilità. E ciò, attraverso la partecipazione ed il coinvolgimento di tutti coloro che, con il loro contributo, anche minimo, senza ostacoli ma anche senza chimere personalistiche, vogliono impegnarsi seriamente per il fine sociale.Balena bianca, incamminandosi lungo la difficile strada delle riforme sostenibili, promuoverà, attraverso una vera selezione democratica e meritocratica, una nuova classe dirigente dotata di valore morale, passione civile, professionalità politica e tecnica. 
A coordinare a livello superiore il movimento, nato - da quanto se ne sa - a Marcianise (dove peraltro non si è riusciti a presentare la lista), sarebbe l'ex Udc Massimo Golino, che ha anche acquistato il sito di cui si diceva. Al momento, tuttavia, le pagine non contengono altro che questa carta e il simbolo; il tentativo di capirci di più per ora è solo rimandato.

* * *

Non si può lasciare Aversa, tuttavia, prima di avere dato uno sguardo a qualche altro simbolo notevole. Innanzitutto, per completezza, se la coalizione di Dello Vicario ospita la Balena Bianca accanto a Forza Italia, quella di De Cristofaro "ricambia il favore", accostando al simbolo che contiene la Dc-Sandri, tra gli altri, anche l'emblema di Forza Aversa, che nella font e nell'idea del tricolore appare chiaramente imparentato con Forza Italia. Uno scambio di gentilezze simboliche, che potrebbe avere qualche riflesso sul voto degli elettori (o magari no, se questi metteranno l'attenzione che gli alfieri del concetto di "elettore di media diligenza" non sembrano disposti a riconoscere).
Oltre a Forza Aversa, meritano di essere visti almeno Progettiamo una Aversa Univa, se non altro per il tentativo di dare una dimensione locale al gruppo di Italia unica, lasciando inalterata la grafica e modificando il nome (anche in modo graficamente non convincente); poi Noi aversani, perché utilizza una curiosa soluzione delle tessere del puzzle che però somigliano anche a sagome umane che si danno la mano e rafforzano il concetto del "noi", della partecipazione e del lavorare in gruppo; da ultimo, Aversa domani, un po' perché la sigla AD non si vedeva dai tempi di Alleanza democratica (quella di Willer Bordon, non quella più recente di Giancarlo Travagin), un po' perché l'elemento "a doppia curva" su fondo verde ricorda - pure se a specchio - il segno presente anche nel simbolo "fittiano" di Oltre.
Quanto alla coalizione di Villano, non si può non partire dal fatto che la lista Aversa più ha dovuto ritoccare il simbolo su indicazione della commissione elettorale: l'emblema, infatti, conteneva la silhouette ben riconoscibile del Basilisco, parte centrale dello stemma del comune, ma le istruzioni del Viminale non consentono a nessuno l'uso dello stemma (e, si deve immaginare, nemmeno del suo elemento principale), dunque è stato sostituito con la sagoma di un generico uccello, come a dire che il volo va oltre, guarda avanti e mira a qualcosa di "più".
Per chiudere la rassegna, ecco altri simboli significativi legati a Villano. Aversa a testa alta prende il suo nome in parola e inserisce due sagome di visi che guardano verso l'altro. Ci siAmo ha una grafica molto impersonale, ma dà un accenno della "esagerazione d'amore" che ogni tanto si riscontra sotto elezioni. Terra libera (l'associazione legata al consigliere regionale Luigi Bosco e alla quale si era avvicinata anche Aversa a testa alta) da ultimo, è forse l'emblema più variopinto di tutti e anche più fine nella realizzazione, con l'albero a tre livelli di foglie e colori e il tronco che somiglia quasi a una figura umana. Riuscire a vederlo con attenzione, in una selva di venti liste, non sembra però la cosa più facile.

Il Msi querela Fratelli d'Italia: "Sequestrate tutti i simboli"

Si è già citata qui la massima del venerato maestro Vujadin Boškov, "partita finisce quando arbitro fischia". Ora, la partita per individuare i partecipanti alle elezioni comunali è già finita da tempo, anche se l'arbitro ha dovuto fischiare più volte: a Torino, per dire, i fischi sono stati tre (alla scadenza dei termini concessi dalla commissione elettorale, dopo le sentenze del Tar e dopo quelle del Consiglio di Stato), dovendo sorteggiare ogni volta la posizione di candidati e liste. Per qualcuno, però, serve un altro fischio: ne è certo Gaetano Saya, fondatore del "suo" Movimento sociale italiano, ora presieduto dalla moglie Maria Antonietta Cannizzaro. Ieri, infatti, è stata depositata alla Procura della Repubblica di Torino una sua denuncia-querela nei confronti di Giorgia Meloni e dei legali rappresentanti torinesi di Fratelli d'Italia, nonché di Franco Mugnai come presidente della Fondazione Alleanza nazionale: per Saya, questi soggetti sarebbero responsabili di varie violazioni penali delle norme sul diritto d'autore e di altri reati quali "appropriazione indebita, truffa, contraffazione, alterazione o uso" di segni distintivi.
La vicenda, manco a dirlo, nasce dal tormentato percorso verso le elezioni della lista del Msi presentata a Torino: prima bocciata (due volte) dalla commissione elettorale, poi riammessa dal Tar e infine riesclusa dal Consiglio di Stato (su ricorso di Fratelli d'Italia) per il ben noto problema dell'uso indebito della fiamma tricolore, già utilizzata da un partito presente in Parlamento. Già all'indomani della decisione dei giudici di Palazzo Spada, i vertiti del partito avevano annunciato sul sito www.destranazionale.org ben tre azioni, una contro quegli stessi giudici (per una serie di reati che avrebbero viziato la decisione con cui la lista è stata esclusa), una seconda volta ad accertare la situazione del patrimonio che fu del Msi "storico" e una terza, appunto, contro i rappresentanti di Fdi e della Fondazione An: al momento si ha notizia solo di quest'ultima.
Dopo l'esito sfavorevole del processo davanti ai giudici amministrativi, era lecito pensare che il Msi avrebbe tentato di rivolgersi ai giudici civili in via cautelare e d'urgenza, ex art. 700 del codice di procedura civile, per chiedere che a Fratelli d'Italia fosse inibito l'uso della fiamma tricolore proprio in vista delle elezioni. La via scelta dall'ufficio legale del movimento, invece, è quella della denuncia penale, relativa alle ipotesi di violazione del diritto d'autore: il 10 febbraio 2006, infatti, è stato accettato il deposito a nome dello stesso Saya dell'opera denominata "Parallelepipedo con fiamma tricolore" e che altro non è che il simbolo del Msi, comprendente anche la dicitura "Destra nazionale" all'interno di un cerchio; l'anno dopo il disegno è stato registrato come opera figurativa. Lo stesso segno, poi, nel 2011 è stato registrato come marchio per la classe 45 ( servizi giuridici, servizi sociali e personali)
Utilizzando il simbolo di An - con la fiammella tricolore - nel proprio emblema e contrassegno elettorale, secondo Saya Fratelli d'Italia violerebbe il suo diritto d'autore (poiché utilizzerebbe la fiamma senza il suo permesso, modificando tra l'altro l'emblema rispetto a quello depositato e senza indicarlo come autore) e commetterebbe anche una serie di altri reati, relativi allo stesso disegno visto anche come marchio; evidentemente le stesse accuse sono rivolte anche verso la Fondazione An, in quanto prima utilizzatrice del simbolo e come soggetto che ne ha concesso l'uso (indebitamente, per Saya) a Fdi. Oltre alle indagini sui reati denunciati, Saya ha chiesto anche che il simbolo di Fratelli d'Italia sia sequestrato e confiscato in modo "immediato e urgente" in tutta l'Italia, a partire da Torino, con tanto di pubblicazione della sentenza sui giornali, per dare alla decisione la massima pubblicità possibile. 
Ora, è chiaro l'intento del Msi di impedire in ogni maniera l'uso del simbolo a Fdi a ridosso delle elezioni, soprattutto dopo l'esclusione del candidato missino Salerno a Torino. E' lecito dubitare, tuttavia, che l'iniziativa presa possa avere qualche effetto pratico. Tanto per cominciare, avere scelto come strada la denuncia-querela, visti i tempi della giustizia penale, rende di per sé ben difficile che la magistratura possa intervenire in pochi giorni, prima che si vada a votare (non si può mai sapere, comunque...); confiscare il simbolo, peraltro, sarebbe poco utile, dal momento che ormai tutti i documenti sono stati presentati e il contrassegno di Fdi è già stato stampato (o è in via di stampa) su milioni di schede sparse per tutta l'Italia.
In più, come si è già detto, per la legge uso ordinario di un segno e uso elettorale dello stesso sono due fattispecie del tutto diverse, che rispondono a norme diverse: la normativa elettorale, in particolare, si pone come "legge speciale" rispetto a quella dei segni distintivi (e come cosa distinta rispetto al diritto d'autore). Da ultimo, non si può non osservare che, in base ai documenti in nostro possesso, Saya ha depositato come opera non il segno della fiamma tricolore - a dispetto del titolo, che peraltro parla di "parallelepipedo", quando c'è invece un trapezio - ma l'intero suo simbolo, indicando peraltro come data di "produzione o messa in commercio" il 1° dicembre 2003. E' vero dunque che lui ha depositato come opera figurativa quel segno e come tale andrebbe tutelato, ma in questo caso sembra difficile che la tutela possa riguardare anche la fiamma tricolore in sé e per sé: Fratelli d'Italia non usa l'emblema del Msi di Saya, ma il simbolo che fu di Alleanza nazionale, concepito da Massimo Arlechino all'inizio del 1994 - ben prima del 2003, dunque - e utilizzato fino al 2009 (anno della messa in liquidazione di An). 
E' poi appena il caso di ricordare che, ferma restando la registrazione dell'opera a firma di Saya, questa contiene un emblema che, in quella forma, esiste almeno dal 1958 (e, sia pure con un disegno leggermente diverso era già presente alle elezioni di Roma del 1947 e alle prime elezioni politiche del 1948). A maggior ragione, dunque, è difficile pensare che la denuncia di Saya possa portare a qualche incriminazione per l'uso da parte di terzi (Fratelli d'Italia e Fondazione An) di un emblema che esisteva, nel suo nucleo principale, ben prima rispetto alla data di "produzione"; il denunciante avrebbe avuto (anche in sede civile) più margini di ragione se Fdi avesse utilizzato nel contrassegno proprio il suo simbolo, con tanto di scritte e dettagli grafici identici (compresa la fattura della sigla M.S.I., con tutti i punti). Difficile dunque attendersi novità clamorose nei prossimi giorni, che però non si possono escludere completamente: la sentenza di corte d'appello di Firenze di pochi mesi fa e quella del Tar Torino di poche settimane fa, pur inattese in punto di diritto, sono arrivate comunque, dunque non resta che aspettare...

venerdì 27 maggio 2016

Tra un mese rinasce un Pci, a 12 km dalla Bolognina

Di anni ne sono passati venticinque (anzi, qualcosa in più, visto che l'atto finale, il sipario che cala, è datato 3 febbraio 1991) e, messi in fila uno dopo l'altro, sono stati molti da aspettare. Chi però non si era fatto una ragione della fine dell'epoca del Partito comunista italiano, con nome e simbolo ammainati in favore del nuovo corso del Partito democratico della sinistra, potrebbe trovare ora un po' di pace: tra trenta giorni esatti, ci sarà di nuovo un Pci nel quale militare e (probabilmente) da votare sulle schede. 
Certo, non si tratta esattamente di "quel" Pci: giuridicamente è un soggetto nuovo e anche i numeri, obiettivamente, sono diversi, ma chi ha plasmato il nuovo progetto politico e chi vi ha aderito è profondamente convinto di quanto sta facendo. Formalmente si sta assistendo alla costituzione di un nuovo partito, nato "dall’Appello - così si legge nel preambolo allo statuto del nascente partito - dell’Associazione per la ricostruzione del Partito Comunista, dallo scioglimento e dall’adesione al progetto del Partito Comunista d’Italia e dalla confluenza e adesione di comuniste e comunisti del PRC e di tante e tanti – donne e uomini, ragazze e ragazzi - che avevano abbandonato la politica attiva o che vi aderiscono per la prima volta".
Gli intenti del gruppo emergono già dall'inizio del documento congressuale Ricostruiamo il partito comunista (non a caso un titolo con il "noi", non impersonale): "C’è bisogno di comunismo, c’è bisogno delle comuniste e dei comunisti, c’è bisogno di Partito Comunista. Cadute presto le promesse di benessere e democrazia della narrazione borghese del 1989, il capitalismo mostra, senza veli, il suo volto distruttivo. Un pugno di ricchi, che gestisce lo sfruttamento di enormi masse umane e dell’ambiente, è disposto - pur di non cedere, neppure parzialmente, potere e privilegi insopportabili - a provocare una guerra generalizzata e a correre il rischio di desertificare il pianeta. Per non rassegnarsi a queste prospettive terribili e per costruire il futuro è necessaria l’idea generale di un modo diverso di vivere e produrre. Il socialismo, cioè la proprietà e il controllo sociale dei mezzi di produzione, di scambio, d’informazione e delle risorse essenziali per la vita umana, è, per noi, un tema attuale e decisivo. Il comunismo come liberazione integrale e sviluppo onnilaterale delle donne e degli uomini, si conferma un obiettivo storico di cui si accumulano potenzialmente le condizioni materiali e intellettuali che il dominio capitalistico tende ad asservire ai propri meccanismi o a dissipare". Condivisibili o meno, le idee sono chiare, nette.
La costituente comunista è stata fissata dal 24 al 26 giugno e si svolgerà al circolo Arci di San Lazzaro di Savena (località nota e cara soprattutto agli appassionati gucciniani, almeno finora). La scelta del luogo, ovviamente, non è stata affatto casuale: ci vogliono solo 17 minuti, infatti, per percorrere la dozzina di chilometri che separano la sede del circolo San Lazzaro, in via Bellaria 7, da via Tibaldi 17 di Bologna, quartiere Navile-Bolognina, luogo in cui il 12 novembre 1989 Achille Occhetto annuncio la svolta che avrebbe portato, poco più di un anno dopo, a cambiare nome al partito (a Rimini stavolta, al XX congresso del Pci). 
Se dunque proprio a Bologna era iniziato il cammino del Partito comunista italiano verso l'uscita di scena, è sempre Bologna - e non sottilizziamo troppo sulle differenze di territorio - a vedere un nuovo inizio per il nome Pci (e anche per la sua componente giovanile, la Fgci, di cui è prevista la ricostituzione come avverrà per il partito). I ri-costituenti hanno scelto come slogan per l'assise "Un futuro grande come una storia. La nostra": una storia che, non a caso, parte quasi da dove aveva svoltato, portando gente che c'era e gente che ancora non era nata o era lontana dalla politica.
Di quella storia, naturalmente, fa parte anche il simbolo. La grafica è molto simile a quella originale, anche se con qualche modifica. I dettagli diversi sono essenzialmente due. Innanzitutto, le aste delle due bandiere sono nere e non bianche, per cui si è scelto come riferimento non l'emblema finito sulle schede - no, Guttuso non c'entra nulla qui, da 1953 in poi sicuramente non ci ha messo mano, prima nessuno lo sa - ma quello di alcuni manifesti storici; la stessa bandiera in primo piano ha il contorno bianco più marcato, come già aveva fatto a suo tempo il Pdci. Secondariamente, la vecchia sigla puntata, in carattere Helvetica condensed black, lascia il posto all'acronimo senza punti, con una font meno pesante e più "moderna" (probabilmente Brandon Grotesque Bold). 
La scelta di non essere fedeli al 100% al simbolo classico, sempre presente sulle schede dal 1953 al 1990, non è stata affatto casuale: l'idea era di dare un senso di rinnovamento nella continuità, per non dare l'idea che ci si rifugiasse semplicemente nella nostalgia, ma per trasmettere l'impressione di un progetto politico vero.
Certo, a qualcuno la scelta potrebbe non piacere e non è piaciuta. Giusto il 18 maggio, quando su internet hanno iniziato a circolare le immagini del nuovo simbolo, è nata una pagina Facebook dal nome inequivocabile: "Il nome e il simbolo del Pci non si toccano". Anche i messaggi scritti in bacheca non usano giri di parole: "Una sala di qualche decina di persone e pensano di essere il ‪#‎Pci‬. Ma come possono pensare davvero che questi 4 gatti siano il Pci? come pensano di potersi appropriare di un simbolo e una storia che appartiene a tutti? Ma davvero pensano che siano all'altezza di ‪#‎Berlinguer‬, di ‪#‎Natta‬, di ‪#‎Ingrao‬, etc? Fermiamoli! La storia del Pci appartiene a tutti i lavoratori italiani!", con tanto di indirizzi e-mail cui inoltrare proteste. 
Al di là delle sensibilità di chi ha militato, il nuovo soggetto politico potrebbe temere qualche reazione più solida da ciò che resta dei Democratici di sinistra, giuridicamente eredi del patrimonio (non solo morale) del Pci: il riferimento è in particolare alle fondazioni costituite dopo la sospensione delle attività dei Ds e riunite oggi nell'associazione Enrico Berlinguer. Non è dato sapere se Ugo Sposetti, come ultimo legale rappresentante dei Ds, abbia o avrà qualcosa da eccepire sull'uso del simbolo che, modifiche a parte, è ben riconoscibile nel suo nucleo fondamentale. E' vero che, ormai, dall'accantonamento completo dell'emblema e dalla sua scomparsa dalle aule parlamentari sono passati quasi vent'anni (da quando sono nati i Ds, all'inizio del 1998), dunque anche la tutela per chi lo ha usato tradizionalmente si è certamente affievolita; il gruppo che sta promuovendo la ricostituzione del Pci, in ogni caso, sembra piuttosto tranquillo. 
Nel frattempo il cammino prosegue: oggi a Roma Roma si terrà l'assemblea costituente locale, come se ne stanno svolgendo in tutta l'Italia, per preparare la costituente nazionale di giugno (a Roma, tra l'altro, il gruppo ha aderito alla candidatura a sindaco di Stefano Fassina, che dovrebbe partecipare all'incontro di oggi). Non si tratta ovviamente dell'unione di tutto ciò che sta a sinistra del Pd (basta vedere le puntate del nostro viaggio "in fondo a sinistra" per rendersene conto), ma il tentativo c'è: si vedrà se la bandiera riuscirà a sventolare.

giovedì 26 maggio 2016

Cattolica, al voto tra musica, barche e vele

Saranno sei i candidati sindaci che si affronteranno a Cattolica, ultimo comune (17mila abitanti) della provincia di Rimini: basta fare pochi chilometri in bicicletta e, senza quasi rendersene conto, si cambia comune (Gabicce Mare), provincia (Pesaro Urbino) e regione (Marche). Tra i nomi dei candidati sindaci c'è un ricambio totale rispetto alle elezioni precedenti, ma il quadro è complesso e alcuni emblemi sono obiettivamente memorabili.
Si prenda, ad esempio, la coalizione di centrosinistra che sostiene Sergio Gambini, uscito vincitore dalle primarie. Accanto al simbolo del Pd, quello certamente più singolare - forse di tutto il manifesto - appartiene alla lista Musica e libertà, con una chiave di violino su fondo blu a ricordare che da queste parti, in Romagna, la musica (e il ballo) non sono mai mancati e, in fondo, l'invito a muoversi è per molti legato a una sensazione di libertà (almeno storicamente, mentre per altri prevale il divertimento e basta). Il cerchio bianco, posto al di sotto del "ricciolo", sembra poi richiamare una conchiglia, di quelle che non è difficile trovare in uno dei tanti bagni della zona.
Molto meno evocativo, invece, è l'emblema dell'altra lista a sostegno di Gambini, Energia civica 40, per la stampa legata - si veda per esempio un articolo su Buongiorno Rimini - al tavolo civico che ha avuto un ruolo chiave nel percorso che ha portato l'ex deputato a vincere le primarie. Certamente è il segno più bianco che si trovi sulla scheda, ricorda in qualche modo nella grafica Scelta civica (ma, volendo, ogni altro partito o movimento catch all, per l'uso dei colori nazionali), ma qualcuno si è concentrato piuttosto sulla font utilizzata per il testo: per qualcuno, infatti, evoca un'atmosfera futurista, con qualche assonanza di troppo con le scritte in voga nel regime fascista (la Romagna, in fondo, è sempre lì...).
Tra i concorrenti di Gambini, va segnalata innanzitutto Giovanna Ubalducci, già assessora della giunta uscente guidata da Piero Cecchini, ma scelta per guidare uno schieramento in cui si sono riconosciuti alcuni di coloro che alle primarie si erano espressi per Corrado Piva. La prima lista, Insieme per Cattolica - il capolista è un altro assessore dimissionario, Giampiero Galvani - punta decisamente alla tradizione sociale locale: a questo provvedono la stretta di mano, tipica della cooperazione (compresa quella legata al turismo balneare), così come la barca messa a mare, con la prua personalizzata con gli "occhi di cubia" (quelli disegnati attorno ai fori per far passare la catena dell’ancora e le cime d’ormeggio) che negli anni sono diventati uno dei simboli più noti di Cattolica, vista la sua conclamata vocazione marittima.
La coalizione comprende anche una seconda lista, Amare Cattolica, che presenta come capolista Simona Gaudenzi, consigliera uscente legata al Nuovo centrodestra. Questa lista, come il nome lascia presagire, utilizza il cuore come simbolo classico dell'amore per riferirlo alla città e ai progetti che si vogliono mettere in campo, rigorosamente senza alcun simbolo di partito (a meno di voler considerare il recente impiego del cuore da parte di Ncd con Area popolare). Anche questo emblema è piuttosto bianco, ma se Energia civica 40 impiegava tutti i colori nazionali, in questo caso tutto è giocato sul rosso - che per i fan di Pierangelo Bertoli è da sempre il colore dell'amore, ma probabilmente qui non ci si è pensato - e sul bianco.
La coalizione di centrodestra è invece quella che raccoglie il maggior numero di liste - quattro - in appoggio a Massimiliano Gessaroli. Nulla da dire sugli emblemi di Forza Italia e Fratelli d'Italia; tra i marchi dei partiti tradizionali, l'unica particolarità grafica la denota quello della Lega Nord, che contiene la riproduzione della caveja (l'asta d'acciaio con anelli, tipica del tempo in cui si arava coi buoi) e del gallo come simbolo della nazione Romagna. La quarta lista, invece, è di impronta maggiormente civica: si chiama Cattolica nel Cuore, ma quel disegno questa volta non viene impiegato, sostituito invece da una vela che certamente non può dirsi estranea alla storia di un posto di mare, al pari della barca.
Ci sono poi due candidati per la sinistra, ciascuno supportato da una propria lista. Rifondazione comunista schiera Roberto Franca, ma è simbolicamente più interessante la candidatura a sindaca di Maria Silvia Riccio: la sua lista, Spazio rosso, ha un nome piuttosto evocativo ed è interessante la grafica rossa ricavata "a strappo" dal fondo grigio del cerchio. Per i drogati di politica certificati, poi, c'è un ritorno inconfondibile: l'omino stilizzato che figurava sul simbolo di Sinistra critica alle elezioni politiche del 2008 (unica differenza, allora era bianco e ora è giallo, un po' per ricordare la stella che si accompagnava alla falce e al martello che stavolta non ci sono) e che stavolta si posa giusto sopra la I, come se fosse un puntino; non a caso, al progetto hanno aderito a titolo individuale anche gli esponenti locali di Sinistra anticapitalista, che di Sinistra critica può considerarsi la prosecuzione.
Resta da dire del MoVimento 5 Stelle, che come suo candidato presenta Mariano Gennari. E in teoria ci sarebbe poco da dire sul contrassegno, visto che dev'essere uguale dappertutto come da regole interne; la redazione di questo sito - in particolare Arturo Famiglietti - tuttavia si è reso conto che sul manifesto delle candidature era stata stampata la vecchia versione, che riportava ancora il sito Beppegrillo.it. Errore (di chi) o scelta sfuggita ai responsabili? La documentazione consegnata in segreteria comunale dal capolista, Fabrizio Girometti, conteneva il simbolo "giusto"; con la nuova dicitura Movimento5stelle.it, dunque l'errore sarebbe stato fatto dalla commissione elettorale, che avrebbe inspiegabilmente trasmesso alla tipografia il contrassegno vecchio per i manifesti. L'errore tuttavia è stato segnalato in tempo e, a quanto risulta, è stato già corretto - anche grazie alla nostra segnalazione - incollando sui vari manifesti l'emblema giusto.

mercoledì 25 maggio 2016

Gropello Cairoli, quelle stelle di troppo

Non arriva a 5mila abitanti Gropello Cairoli, comune del pavese chiamato a rinnovare l'amministrazione comunale all'inizio di giugno. Quattro liste si erano affrontate alle elezioni di cinque anni fa (con un elettore su quattro che aveva disertato i seggi), altrettante sono quelle che si daranno battaglia - si fa per dire - alle urne tra meno di due settimane. 
Anche se gli emblemi sono pochi, non mancano le cose da dire sulle insegne grafiche utilizzate dai gropellesi per contendersi il governo della propria cittadina, tra conferme, proposte civiche, emblemi "in prestito" e trovate visive piuttosto birichine.
Unica reale conferma rispetto alle elezioni del 2011 è il simbolo di Uniti per Gropello - Amministriamo insieme, già noto agli abitanti che lo avevano scelto per il governo del comune negli ultimi due mandati. Il sindaco uscente, Giuseppe Chiari, era stato eletto in entrambe le occasioni, dunque non poteva presentarsi una terza volta; al suo posto è stato scelto Giorgio Zorzoli. Il simbolo, piuttosto schematico e in odore di centrodestra, consiste in un tricolore su fondo azzurrino screziato: nella parte centrale della bandiera, peraltro, si voglie il dettaglio della torre campanaria con orologio che si trova in via Pavia (angolo via Galileo), inteso come segno civico del territorio.
Non guarda a un dettaglio del paese, ma riporta sullo sfondo del paesaggio la skyline del paese - con le sue torri in vista - la lista civica L'Aquilone. La candidata sindaca, Chiara Rocca, è stata fino a poco fa portavoce di un circolo Pd ma ha scelto di dimettersi da quell'incarico per assicurare il carattere interamente civico della propria formazione. In primo piano nella grafica e in alto nel cielo c'è proprio l'aquilone di cui si parla nel nome, a quarti rossi e gialli carichi, con il filo che parte proprio dalla sagoma della città: un filo particolarmente lungo per dimostrare - probabilmente - che l'intenzione del gruppo è di volare alto e far arrivare in alto il comune. 
Piuttosto artigianale, invece, appare il simbolo di Progetto futuro, lista civica promossa da cittadini che "che hanno la volontà di organizzare ed elaborare il bene comune, compiere scelte partecipate, coerenti in modo trasparente ed etico". La base grafica del simbolo, piuttosto riconoscibile dai veri drogati di politica, è quello della Rete dei cittadini, già visto alle elezioni regionali del 2013; l'emblema, con le dieci sagome di persone che si danno la mano alla "tutti per uno", è stato regolarmente richiesto in uso all'associazione, mantenendo però il proprio nome e i propri slogan. Se questi ultimi sono stati probabilmente stampati sul simbolo stesso, il nome della lista è stato visibilmente incollato con un archetto di carta sopra al cerchio, un'operazione di ingegneria manuale che non si vedeva da tempo.
L'ultimo emblema da considerare, pur essendo il solo a contenere emblemi chiaramente partitici, è anche quello che fa più discutere. E certamente il problema della lista La Svolta - che candida a sindaco Eleonora Giorgi, ovviamente nessun legame con l'attrice - non è dato dalle "pulci" di Fratelli d'Italia, della Lega Nord - Lega lombarda e dei Gropellesi di centrodestra (una grafichina che ricorda antichi simboli della Casa delle libertà), ma dalla scritta nera pennellata del nome, con la V rossa e - soprattutto - sei stelle gialle di dimensioni crescenti dal basso in alto. Per qualcuno, la compresenza della V rossa e delle stelle è un riferimento indebito al MoVimento 5 Stelle che non partecipa alle elezioni in quel comune: c'è chi sospetta che quell'espediente grafico sia un sistema per sottolineare la vicinanza alla lista di alcuni simpatizzanti del MoVimento (o l'inverso, chissà), senza che la commissione elettorale potesse bocciare il simbolo (è stata aggiunta una stella ed è stata cambiata la posizione).
A dissipare i dubbi, comunque, ha provveduto la consigliera regionale M5S Iolanda Nanni, che si è lamentata pubblicamente della cosa: "Nessuno dei candidati di quella lista ha alcuna rappresentatività nel M5S, né, qualora eletto, potrà mai rivestire il ruolo di portavoce M5S o parlare a nome o per conto del Movimento. Il M5S reputa la presentazione di quel logo un tentativo di make up elettorale per fuorviare, anche solo per associazione di idee, i cittadini di Groppello Cairoli". Lista furbetta? Forse, in ogni caso lo decideranno gli elettori.

martedì 24 maggio 2016

Cagliari, 14 simboli per Massidda

Roma e Cagliari pari sono, almeno per quanto riguarda il numero di liste che si presenteranno alle elezioni comunali: in entrambi i comuni sulla scheda saranno stampati 34 simboli, anche se nel capoluogo sardo è stata bocciata una sola lista (mentre a Roma, anche dopo la riammissione di alcune formazioni escluse in un primo tempo, l'esame ha lasciato sul campo qualche emblema in più).
Tra tutti i candidati, in ogni caso, il recordman indiscusso delle liste è Piergiorgio Massidda: la sua coalizione può contare su ben 14 formazioni, tra cui i cagliaritani potranno scegliere; il più vicino è il suo concorrente principale, il sindaco uscente Massimo Zedda sostenuto da 11 liste. A dispetto della provenienza di centrodestra - marcata anche dalla presenza di determinate formazioni - Massidda si è presentato con una caratura maggiormente civica. 
Sono obiettivamente pochi i simboli tradizionali e già noti nella coalizione che sostiene Massidda: è il caso di realtà politiche locali, forse sconosciute a chi non è sardo ma certamente radicate sul territorio, come i Riformatori sardi di Pierpaolo Vargiu (entrato in Parlamento con Scelta civica) e di Fortza Paris; accanto a queste, anche partiti nazionali - anche se all'inizio da più parti si era detto di non inserirne - come Fratelli d'Italia e di Forza Italia, in cui il candidato sindaco ha militato. 
Questi ultimi due simboli, a differenza dei due segni delle formazioni sarde, portano il nome dell'aspirante primo cittadino nel cerchio - anche a costo di sacrificare almeno un po' la grafica originale; le scritte, in ogni caso, quanto a colori e font, risultano coerenti con l'impianto degli emblemi noti dei partiti. 
In realtà, tuttavia, anche altri simboli contengono riferimenti a partiti noti. Un contrassegno, ad esempio, contiene il "tangram" di Italia unica che diventa Cagliari unica semplicemente cambiando il verde originale in blu; lo spazio è condiviso con Giovani al centro, inizialmente prevista come lista autonoma sotto la guida di Corrado Testa (un gruppo di professionisti, universitari e giovani imprenditori intenzionati a cambiare Cagliari senza volerla abbandonare) e che invece ha inserito la stilizzazione di una figura umana (X verde con un triangolino come testa) nel contrassegno dei "passeriani". Nell'emblema dei Popolari sardi per Cagliari, invece, a fare da contorno a un bronzetto sardo - che sullo scudo porta, appena appena visibili, le dodici stelle d'Europa - c'è il cuore stilizzato rosso su fondo azzurro, inizialmente usato - in versione gialla - dal gruppo del Ppe a Strasburgo e attualmente adottato da Rotondi per Rivoluzione cristiana. Unisce invece vari livelli di lettura la lista LiberAli, che porta in sé la bandierina del Pli di Morandi e De Luca, l'edera che rimanda all'Associazione Sardegna repubblicana e Ali, intendendosi Alleanza liberaldemocratica per l'Italia.
I simboli di LiberAli e di Giovani al centro - Cagliari unica, peraltro, mostrano evidenti segni di una regia grafica comune, come mostra l'inserimento della dicitura "Massidda sindaco" identica nella font a quella della lista personale. Lo stesso vale per DemoDiretta, di cui si è parlato alcuni giorni fa, e per una manciata di altri simboli (uno dei quali, l'Unicittà, era circolato mesi fa, ma poi se ne sono perse le tracce). Il meglio riuscito sembra senza dubbio quello della lista civica Patto per Cagliari, che reinterpreta in chiave circolare e colored il classico simbolo sardo dei quattro mori (anche con un accenno di cuore ricavato "a ritaglio"). Identici nella struttura, ma un po' anonimi, sono invece i segni di Nessun dorma, “Nessun Dorma”, gruppo di professionisti coordinato da Mauro Sollai e interessato soprattutto a cultura e ambiente, e di Anno Zero, il gruppo dell'ex (?) Sel Giorgio Cugusi che ha scelto di correre con Massidda: il primo simboleggia la cultura con un libro su fondo arancione, il secondo richiama la provenienza di sinistra con un bocciolo di rosa su fondo rosso. Il meno efficace dei quattro sembra invece quello della lista I Love Cagliari, un po' per la font Emmett piuttosto infelice e poco fine, un po' per il cuore che fa molto adesivo da automobile.
Resta da dire solo di un'ultima lista, #CA_mbia Cagliari, che non contiene alcun riferimento a Massidda. Ciò non sembra un caso: si trattava infatti dell'emblema che doveva supportare la candidatura a sindaco del già citato Pierpaolo Vargiu e che poi, invece, è entrato nella già affollata coalizione di Massidda. Circa un mese fa il gruppo ha descritto il contrassegno: l'ingrediente fondamentale sono "Is Palmas. Ovvero le palme mosse dal nostro fresco vento di maestrale che spazza la stagnante amministrazione che da 5 anni blocca lo sviluppo di Cagliari" (sapendo che le stesse due torri del municipio rappresentano due palme), cui si unisce "la banda arcobaleno con i dieci diversi rettangoli colorati", per rappresentare "tutte le diversità che noi abbiamo il compito di rappresentare". Grazie anche all'hashtag, #CA_mbia Cagliari vince certamente il titolo di secondo simbolo più tecnologico della coalizione: al primo c'è saldamente DemoDiretta col suo QR Code.  

D'Andrea, l'uomo che diede corpo ai Quattro Gatti di Cossiga

Stemma dei Quattro Gatti 
Di verde ai quattro gatti passanti e guardanti d’oro,
armati, allumati e linguati di rosso, disposti in palo. 
Sotto lo scudo, sopra una lista svolazzante d’oro, 
il motto in lettere minuscole gotiche di verde "miaoo"



Anno di grazia 1998, 25 febbraio: l'Unione democratica per la Repubblica, voluta da Francesco Cossiga, era nata da una settimana. Quel giorno, a chi minimizzava la nascita del nuovo partito bollandola come un'impresa di "quattro gatti", lo stesso Cossiga rispose da par suo: "Quattro gatti, quando si infilano fra le gambe di molte persone, ne fanno andare tante a gambe all'aria". Quella non fu solo una risposta in stile "cossighiano": fu un seme lanciato, l'anticipazione di una mossa futura. 
Due anni dopo - il 13 aprile 2000 - il senatore a vita ed ex capo dello Stato diede l'annuncio al paese attraverso l'Unione Sarda: "Fondo il movimento dei Quattro Gatti". A novembre svelò ai giornalisti che gli stemmi erano pronti: già, gli stemmi, perché nel frattempo era stato preparato anche quello, tutto personale, del Gatto Mammone, modellato a immagine e somiglianza dell'uomo-medicina - come intuito e ricordato di frequente da Filippo Ceccarelli - più sorprendente della politica italiana e destinato a rappresentarlo meglio di un ritratto personalizzato.
Non sono mai finiti su una scheda elettorale quei due emblemi, anche perché non erano nati con quello scopo: in pochi, dunque, hanno avuto la possibilità di vederli, sebbene se ne sia parlato a più riprese su questo o quel giornale. Una copia delle immagini (cartacea e in Cd-Rom), tuttavia, era debitamente conservata in un faldone del Ministero dell'interno, con tanto di descrizione araldica e di lettera accompagnatoria di Angelo Sanza, giust'appunto uno dei Quattro Gatti. 
Il piccolo tesoro grafico-politico aspettava solo di essere scoperto da un curioso ricercatore, planato lì con la speranza di trovare tutt'altro ma del tutto incapace di trattenere un grido di vittoria, di fronte a un'inattesa carpetta giallina dal contenuto felino. Nel foglio che conteneva la descrizione araldica, tra l'altro (e per fortuna), c'era anche il nome di chi aveva dovuto tradurre in pratica l'idea del presidente emerito: l'araldista Michele D'Andrea, conosciuto da Francesco Cossiga durante il suo mandato presidenziale e da lui apprezzato a tal punto da essere scelto per dare forme e colori agli stemmi di quell'ordine cavalleresco così particolare e - senza ombra di dubbio - esclusivo.
Era troppo ghiotta l'occasione per non farsi raccontare per filo e per segno la genesi di quegli emblemi direttamente dal creatore: l'intervista che segue è frutto di una chiacchierata sorridente (anche per il piacere di ridare luce a una storia che qualcuno credeva dimenticata), ricca di ricordi e venata di malinconia, a quasi sei anni dalla scomparsa di Cossiga. Un uomo fuori del comune - tanto per chi ne ha avvertito il fascino, quanto per chi lo ha detestato - che per dire quello che pensava era disposto a tutto. Anche a dire il contrario o a indossare una maschera, compresa quella del Gatto Mammone.


* * *

D'Andrea, è toccato a lei dare forma ai Quattro Gatti immaginati da Cossiga: come lo ha incrociato sulla sua strada?
Michele D'Andrea
Ho lavorato nella carriera direttiva del Quirinale fino a dicembre 2012, ora sono in pensione e continuo a coltivare i miei interessi di araldica e di storia, pubblico, vado in giro, faccio conferenze. Ho conosciuto Francesco Cossiga proprio durante la mia permanenza al Quirinale, diventando a un certo punto il suo "braccio araldico": di fatto sono stato un suo stretto collaboratore, più o meno per il settennato, in tutte quelle cose che si potevano dire, anche in senso lato, araldiche, vessillologiche, uniformologiche. Lui aveva la passione per tutto questo e in me ha trovato la "sponda", che a partire dalle sue idee pensava, studiava e realizzava: avendo io una discreta mano anche i bozzetti venivano bene, diciamo così. E, in tutto questo, ho avuto contestualmente la fortuna di essere, per alcune materie, un interlocutore privilegiato di Cossiga: tutto ciò, le confesso, era estremamente arricchente…
Negli anni abbiamo conosciuto vari volti di Cossiga, non tutti facili da tenere insieme. Il Cossiga che ha conosciuto lei com'era, come persona?
Mi viene da ricordare soprattutto una cosa: era di un'ironia e un'autoironia sfrenata, lo ha dimostrato in tante occasioni; eppoi era una delle poche persone che, in quello scorcio del secolo passato, si poteva definire erudita, proteiforme. In più, dalla sua, aveva soprattutto una memoria dei fatti e delle persone prodigiosa: poteva incrociare una persona all'uscita dalla chiesa e ricordarla perfettamente dopo mesi. Senza dubbio, infine, amava molto giocare con il suo ruolo, tante cose, compresi i Quattro Gatti e il Gatto Mammone, erano parte del suo atteggiamento davvero molto ludico...