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giovedì 31 marzo 2022

Italia popolare, nata da poco in Puglia ma già diffidata per il nome

Da poche settimane è nato un nuovo soggetto politico, con il cuore in Puglia, ma rischia seriamente di dover cambiare presto il nome. Ci si riferisce al gruppo che ha scelto di identificarsi con il nome Italia popolare e che fa capo a Massimo Cassano, senatore e sottosegretario al lavoro nella scorsa legislatura, dal 2019 a capo dell'Arpal Puglia (Agenzia regionale politiche attive del lavoro), prima da commissario straordinario, poi da direttore generale. Il nuovo movimento politico ha scelto di (continuare a) sostenere l'azione di Michele Emiliano e si sta organizzando sul territorio pugliese, ma a quanto pare dovrà fare i conti con chi - soprattutto in Piemonte, ma non solo - quel nome lo usa già da quasi vent'anni e finora è riuscito a far cambiare idea a chi pensava di fregiarsene.

Da Puglia popolare a Italia popolare

Conviene intanto cercare di inquadrare meglio il nuovo soggetto che vuole usare il nome "Italia popolare". Si è citato come figura chiave Massimo Cassano, già consigliere provinciale e regionale per Forza Italia (dopo una militanza nella Dc), confermato nell'assemblea legislativa pugliese nel 2010 nelle liste del Pdl. Per quel partito nel 2013 è stato eletto al Senato, per poi passare - all'atto del ripescaggio di Fi - col Nuovo centrodestra di Angelino Alfano: divenuto sottosegretario nei governi Renzi e Gentiloni, si è dimesso il 21 luglio 2017, in corrispondenza del suo abbandono di Alternativa popolare (nome assunto frattanto da Ncd) e del suo ritorno nel gruppo parlamentare di Forza Italia. Contestualmente, lo stesso Cassano aveva fondato un altro soggetto politico regionale, chiamato Puglia popolare: il nome, il carattere e i colori rimandavano decisamente al simbolo degli alfaniani, ma la collocazione era nettamente nel centrodestra, come appunto suggeriva l'adesione di Cassano al gruppo senatoriale forzista.
Col tempo, tuttavia, proprio Cassano ha scelto di appoggiare Emiliano, tant'è che Puglia popolare è stata tra i soggetti che hanno concorso nel 2020, alle elezioni regionali, a costituire e formare la lista Popolari con Emiliano, che nel proprio simbolo su fondo azzurro scuro conteneva l'accenno a un cuore (per riferirsi all'area popolare richiamando in parte il segno usato dal Ppe, insieme ai colori blu e giallo): la lista sfiorò il 6% e ottenne addirittura sette consiglieri, nonché l'ingresso - con l'assessore al personale Gianni Stea e quello al lavoro Sebastiano Leo - nella nuova giunta guidata da Michele Emiliano, confermato presidente della Regione Puglia anche grazie all'amplissima coalizione che lo sosteneva. 
Circa un anno dopo le elezioni, però, i rapporti all'interno dell'ex lista - che intanto aveva scelto di trasformarsi nel movimento politico Popolari - avevano iniziato ad apparire più tesi. Lo ha dimostrato, ad esempio, una dichiarazione secca diffusa da Gianni Stea a fine agosto 2021, in cui si diffidavano "tutti coloro i quali in questi giorni e in vista delle imminenti elezioni amministrative, utilizzano o abbiano intenzione di utilizzare sia a mezzo stampa che sui social, i simboli dei Popolari e dei Popolari con Emiliano, o simboli simili che possano generare confusione negli elettori". Tra luglio e agosto, infatti, proprio Stea - promotore in autunno di varie liste alle amministrative - aveva fatto depositare a proprio nome domanda di marchio per i simboli dei Popolari e dei Popolari con Emiliano, per cui rivendicava di essere l'unica persona legittimata a usarli (e a decidere chi avrebbe potuto usarli): pur in mancanza di nomi nella nota, era facile pensare che si riferisse alle immagini in cui Massimo Cassano appariva accanto ad amministratori e candidati, affiancando al simbolo di Puglia popolare anche quello dei Popolari. Eppure solo un mese prima era stato Massimiliano Stellato, capogruppo dei Popolari con Emiliano, a lamentare usi a suo dire indebiti - e secondo i giornali ce l'aveva proprio con Stea - del nome del gruppo consiliare: "Per il gruppo consiliare parlo io, per il movimento politico 'Popolari' parlano Massimo Cassano e Totò Ruggieri".
Come che sia andata, con l'andare delle settimane la situazione ha conosciuto evoluzioni, fino alla scissione nel gruppo in consiglio regionale. Nel verbale della seduta del 1° marzo si legge infatti: "in data 28 febbraio 2022, il consigliere regionale Saverio Tammacco del Gruppo 'Misto' e i consiglieri Sebastiano Giuseppe Leo, Sergio Clemente, Mauro Vizzino, del Gruppo 'Popolari con Emiliano', ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento interno, hanno comunicato di aver costituito il nuovo Gruppo consiliare denominato 'Per la Puglia'. Presidente del medesimo Gruppo è stato nominato il consigliere Saverio Tammacco". Per la Puglia (a fondo blu scuro, praticamente il tono di Puglia popolare, con il segno del "per" in bianco - nel quale è stata evidenziata in giallo una forma stilizzata del cuore - e un piccolo arco tricolore in basso) è dunque il nuovo gruppo, di cui fanno parte tanto Tammacco (che nel 2021 era approdato al gruppo misto dopo essere stato eletto nella lista La Puglia domani, legata a Fitto) quanto i tre ex Popolari con Emiliano, incluso l'assessore Leo.
Alla presentazione del gruppo, avvenuta il 28 febbraio con l'intervento dello stesso Michele Emiliano, c'era pure Massimo Cassano, anche se non ha parlato. I media hanno attribuito a lui il ruolo di artefice del nuovo raggruppamento; l'assessore Leo ha precisato "Noi siamo un gruppo che ha come riferimento Emiliano, la nostra leadership è condivisa, non c'è un capo; è un gruppo coeso e che non vuole andare contro nessuno e che vuole contare di più dentro il Consiglio regionale. Ed è sicuramente un gruppo che è ben visto anche dal direttore di Arpal Cassano". E se lo stesso giorno della nascita del nuovo gruppo l'assessore Stea ha annunciato una "azione di rafforzamento dei Popolari in tutta la Puglia", con l'idea - condivisa dal coordinatore Salvatore Ruggeri, già tesoriere Udc - di presentare una lista alle regionali del 2025 (e proprio il 28 febbraio ha pure fatto depositare un'altra domanda di marchio, stavolta per il simbolo Popolari al Centro), da varie settimane Cassano, Clemente e altri lavoravano per restituire visibilità e consolidare il progetto di Puglia popolare, il cui nome è comparso in vari consigli comunali. 
Già, ma Italia popolare? Proprio così, in effetti, si chiama ora il gruppo consiliare barese nato da pochissimo. A quanto sembra di capire, il simbolo di Italia popolare sarebbe apparso per la prima volta il 22 dicembre 2021, alla conferenza stampa in cui l'ex senatore Massimo Cassano aveva presentato l'ingresso in Puglia popolare di due dei consiglieri comunali baresi (Francesca Ferri e Giuseppe Di Giorgio) che fanno parte del neogruppo: sul tavolo dell'evento, c'erano le bandiere di Puglia popolare e dei Popolari (quelli con il cuore e senza il riferimento a Emiliano), ma c'era anche il vessillo di Italia popolare, praticamente quello di Puglia popolare (stesso blu di fondo, stesso carattere usato in passato da Ncd e Alternativa popolare), solo con il nome cambiato e con l'aggiunta di una semplice, sottile striscia tricolore. Lo stesso simbolo da poco più di un mese - e soprattutto dall'inizio di marzo - appare regolarmente sulla pagina Fb di Cassano.

"Italia popolare siamo noi dal 2004, non potete usare il nome"

Che ci sia l'idea di un progetto più ampio rispetto alla sola Puglia è confermato da una dichiarazione della capogruppo barese Francesca Ferri: "Puntiamo - ha detto a proposito di Puglia popolare - ad andare oltre i confini regionali, a trasformarci presto in 'Italia Popolare' con un progetto centrista e moderato, nel solco dell'azione amministrativa e politica con Antonio Decaro e Michele Emiliano". 
Com'è bastato cambiare Alternativa popolare in Puglia popolare, basterà sostituire il nome della regione con quello dell'intero Paese? Forse no, a giudicare dalla diffida che poche ore fa è stata inviata a Cassano dal moncalierese Giancarlo Chiapello, della segreteria nazionale di Italia popolare, fondata quasi vent'anni fa. "Ci corre l’obbligo - scrive Chiapello nella comunicazione, comunicando di avere da poco appreso dell'uso del nome "Italia popolare" - di segnalare l’impossibilità da parte vostra di utilizzare tale denominazione in uso ad altro movimento politico. Infatti “Italia Popolare” come movimento per l’Europa nasce a Roma nel 2004 con atto depositato presso un notaio, presieduto dal sen. prof. Alberto Monticone, con Presidente onorario l’on. Gerardo Bianco, e inizia le sue attività e il suo impegno legato all’identità del popolarismo, su scala nazionale. La sede nazionale oggi si trova presso i Popolari di Moncalieri (To), ultima sezione operativa sturziana in Italia, che precedentemente, aderenti a Italia Popolare, hanno svolto l’incarico di segreteria organizzativa ed oggi mantengono la piena continuità operativa del movimento anche dal punto di vista elettorale, avendo utilizzato negli anni la denominazione di Italia Popolare in elezioni amministrative piemontesi e campane".
Chi frequenta in modo assiduo o saltuario questo sito difficilmente proverà stupore di fronte a queste affermazioni: già in passato, infatti, Chiapello aveva messo in guardia chi aveva cercato di impiegare le denominazioni "Italia popolare" o "Popolari" (parola che campeggia nel simbolo depositato come marchio nel 2006 dall'associazione moncalierese I Popolari - Collegio 12 - proprio quella - e che attualizzava lo scudo nel gonfalone elaborato nel 1995 per la parte di Ppi che aveva scelto di seguire Gerardo Bianco e non Rocco Buttiglione). "Come in passato ci troviamo nella condizione di tutelare una denominazione che rappresenta un impegno quasi ventennale di tanti uomini e donne che si sono impegnati a preservare la tradizione del popolarismo italiano". 
A conferma tanto dell'uso precedente quanto delle battaglie già sostenute a difesa del nome, tra l'altro, la diffida cita un articolo pubblicato proprio da questo sito all'inizio del 2017, quando si dava per imminente la possibile adozione dell'etichetta "Italia popolare" da parte del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano. In quell'occasione si ricordarono l'avvertimento già lanciato nel 2011 a Silvio Berlusconi (quando sembrava che volesse ribattezzare "Popolari" il suo partito: l'idea tramontò in fretta), ma soprattutto l'altolà lanciato un anno più tardi - nel mese di dicembre 2012 - a Gianni Alemanno, che voleva organizzare una manifestazione e magari un movimento usando come nome proprio "Italia popolare": "si ritiene dunque opportuno - scrisse allora Chiapello - per evitare confusioni diffidare chiunque dall'utilizzo di tale denominazione, in particolare da parte di chi è ben lontano dalla tradizione politica del popolarismo, che mai ha assunto connotazioni o interpretato posizioni di destra". Non risulta che quel nome, dunque, sia più stato utilizzato. Quando poi, nel 2017, Giuseppe (e Ciriaco) De Mita inaugurarono L'Italia è Popolare, allora il gruppo di Chiapello non mandò diffide, ma - sulla base della comune storia democristiana e popolare - instaurò un dialogo, offrendo collaborazione a patto di ottenere reciproco riconoscimento e pari dignità (ciò ha portato, nel 2020, alla concessione dell'uso del vecchio simbolo del gonfalone ai De Mita, inserito in una delle liste presentate a sostegno di Vincenzo De Luca).
Oltre all'uso a livello locale, poi, si aggiunge che il soggetto politico Italia popolare può contare su un altro titolo rilevante: nel 2008 il suo simbolo è stato depositato anche al Ministero dell'interno in vista delle elezioni politiche (anche se poi non si sarebbe fatta la lista) e quel contrassegno è stato regolarmente ammesso. Ricordando a Cassano i precedenti qui citati in breve, Chiapello si augura che cessi quanto prima da parte del suo gruppo l'uso del nome Italia popolare "per non ingenerare confusione con una realtà politica preesistente ed operativa", annunciando in caso contrario azioni (anche giudiziarie) a tutela di Italia popolare. Qui ovviamente il problema non è dato dal simbolo in sé - visibilmente diverso - ma dall'identità del nome (che ancora prima dell'emblema è in grado di identificare un soggetto politico). Ci vorrà tempo per sapere se l'invito di Chiapello sarà accolto oppure no: eventuali sviluppi, ovviamente, saranno divulgati.

mercoledì 13 febbraio 2019

Puglia Popolare, una disputa politica che è anche giuridica

Il simbolo, in sé, è piuttosto semplice e appare perfino inoffensivo: giusto due parole bianche, maiuscole, su fondo blu. Basta guardare l'emblema di Puglia popolare per capire che questo deriva direttamente dall'esperienza di Alternativa popolare, il partito di Angelino Alfano evoluzione del Nuovo centrodestra originario: non c'è il cuore inaugurato con Area popolare, ma la font utilizzata per il nome è la stessa. A fondare Puglia popolare a luglio del 2017, infatti, è stato Massimo Cassano, all'epoca senatore aderente ad Alternativa popolare e sottosegretario al lavoro, che con l'occasione da coordinatore di Ap divenne fondatore di un nuovo gruppo politico regionale collocato nettamente nel centrodestra (a differenza del partito di Alfano).
Insomma, l'origine politica è la stessa, ma si tratta di due soggetti diversi, per quanto simili. E nel diritto, che puntualmente incrocia le strade della politica e delle elezioni, questo fa la differenza. Si inquadra così la querelle nata in quel di Corato, in provincia di Bari. Alcuni giorni fa i media locali avevano annunciato la nascita di una coalizione denominata "Polo di centro", cui avrebbero partecipato Udc, Sud al Centro, Democrazia Cristiana Europea, Corato nel Cuore, Obiettivo Comune e - appunto - Puglia Popolare, che sarebbe stata rappresentata da Luigi De Robertis. Tutto bene? Non proprio. "Ma le deleghe che questi Signori rappresentano i Movimenti ci sono? Pubblicatele...": così scriveva sul suo profilo Facebook Cataldo Strippoli, che ha poi avvertito gli stessi media - con tanto di comunicazioni via Pec - di essere la sola persona titolata a utilizzare a livello locale il simbolo Puglia Popolare (e, dunque, a rappresentare quella forza politica), mostrando di essere stato delegato all'uso proprio da Massimo Cassano e dal consigliere regionale Giovanni Stea e minacciando di adire le vie legali per tutelare la sua immagine.
A sua volta, De Robertis in una lettera rappresenta di essere stato autorizzato ad agire a nome di Puglia Popolare "dal Coordinatore Provinciale Dott. Giuseppe Cramarossa" (il quale non sarebbe stato a conoscenza della delega conferita a Strippoli) e di aver rappresentato il partito a Corato già dal 2016 dallo stesso Cramarossa e da Cassano. "Appare chiaro ed evidente - si legge - che qualcuno al vertice del partito abbia commesso un errore di valutazione, o magari, ha ritenuto conveniente delegare il Rag. Strippoli a rappresentare Puglia Popolare a Corato senza che sia io che il Coordinatore Provinciale ne venissimo a conoscenza". 
De Robertis precisa che continuerà il suo impegno elettorale ma senza quelle insegne, per non alimentare "una sterile polemica. Per cosa? Un simbolo?" (eh, se sapesse quanti lottano per averne almeno un pezzettino, di scudo crociato soprattutto...) e lancia una stoccata a Strippoli, che nei loro incontri non avrebbe fatto parola della delega. Non poteva mancare un'ulteriore replica a favore di Strippoli, stavolta vergata da certo Vincenzo Mazzilli: la si riporta se non altro perché chiarisce un punto che, forse involontariamente, lo stesso De Robertis aveva finito per mettere in luce. La delega ricevuta da quest'ultimo nel 2016, in particolare, sarebbe stata conferita da Alternativa Popolare (a lui e allo stesso Mazzilli). "Peccato - si legge nella replica - che De Robertis non si è accorto che nel frattempo Cassano e Cramarossa hanno abbandonato Alternativa Popolare per costituire Puglia Popolare. Altra cosa che De Robertis ignora (e diventano tante le cose che ignora prima di andare a firmare un accordo politico) è che Alternativa Popolare nel frattempo ha avuto un nuovo coordinatore Regionale (Giannicola De Leonardis), che ha nominato altri delegati territoriali, per cui la sua delega ad Alternativa Popolare non ha alcuna valenza in questa diatriba". 
In effetti da quel testo non si capisce esattamente se Mazzilli appartenga a Puglia Popolare o, più probabile, a Civica popolare nel quale Alternativa popolare è confluito. Una cosa però è chiara: Alternativa popolare è una cosa, Puglia Popolare un'altra. Il quadro è inevitabilmente complicato dal fatto che proprio nel 2016 il partito di Alfano, nel presentare liste alle elezioni amministrative, non usava quasi mai il suo nome ma abbinava l'aggettivo "popolare" al nome del comune al voto: "Milano popolare", "Roma popolare" e quindi, volendo, anche "Puglia Popolare" si sarebbe originata nello stesso modo, ma come declinazione di Alternativa popolare. Qui, invece, ci sarebbe un nuovo soggetto politico (con atto costitutivo?), incidentalmente con un nome che rimanda a una declinazione locale di un'esperienza già esistente, ma che rivendica a sua volta il proprio diritto a non essere confuso (e, inevitabilmente, a essere conosciuto).
Non è chiaro se alla fine di aprile verrà presentata una candidatura con il nome "Puglia Popolare" o "Corato Popolare"; di certo i #drogatidipolitica non rimangono senza materia prima nemmeno a livello locale...