Tra poche ore dovrebbe finalmente essere svelata la scelta grafica della lista Civica popolare, per capire se ci sarà la margherita legata alla storia politica di Lorenzo Dellai (sembra proprio di sì, con i petali piuttosto in evidenza); nel frattempo, però, a quella partita è molto interessata un'altra formazione da guardare con molta, molta attenzione. Si sa che uno dei quattro gruppi che hanno dato vita alla lista guidata da Beatrice Lorenzin è L'Italia è Popolare, l'area politica cattolico-democratica - si sarebbe tentati di dire quasi-quasi-democristiana - che ha come riferimento Giuseppe De Mita, nipote di Ciriaco: ebbene, nella scelta del nome forse non hanno tenuto conto del fatto che, da quasi quattordici anni, Italia popolare esiste già e nel tempo è riuscita a far desistere tutti quelli che, in un modo o nell'altro, volevano mettere le mani su quel nome.
Questo sito si è occupato più volte di Italia Popolare, ossia della realtà politica fondata nel lontano 2004 da Alberto Monticone (ma c'era anche Gerardo Bianco) per dare una casa a coloro che nel 2002 avevano rifiutato di far confluire il Ppi all'interno della Margherita, volendo restare "semplicemente" popolari: anche per questo, l'associazione "I Popolari collegio 12" di Moncalieri, legata proprio a Italia popolare, ha registrato come marchio il proprio simbolo, che altro non è che la versione modernizzata dello scudo inserito nel gonfalone, schizzato da Guido Bodrato nel 1995 per la parte di Ppi rimasta fedele a Bianco nella lotta intestina con la fazione di Rocco Buttiglione.
Negli anni, Monticone e il responsabile organizzativo (nonché referente piemontese) del movimento Giancarlo Chiapello hanno dovuto reagire a vari tentativi di personaggi politici di utilizzare per i loro progetti nomi legati al soggetto politico nato nel 2004. Non si è trattato esattamente di pesi piuma: il primo a essere diffidato è stato un certo Silvio Berlusconi, che all'inizio del 2011 secondo i media sembrava voler ribattezzare il suo partito "Popolari"; poco tempo dopo, nessuno parlò più del progetto; nel 2012 toccò a Gianni Alemanno, reo di aver chiamato una sua manifestazione "Italia popolare" e di aver fatto un pensierino all'idea di guidare una forza politica con quel nome (lasciato prontamente da parte). Nel 2013 un segnale fu mandato anche a Mario Mauro, fondatore dei Popolari per l'Italia, per quel nome troppo simile a a quello del gruppo di Monticone (il partito di Mauro rimase in piedi, ma si dimostrò quasi irrilevante); all'inizio del 2017, peraltro, quando Angelino Alfano tra i vari nomi possibili per la Sua nuova formazione aveva pensato anche a Italia popolare, almeno fino all'ennesima messa in guardia di Chiapello.
Insomma, visto che la somiglianza del nome c'è tutta - e nella Campania dei De Mita il gruppo ha un certo radicamento - e vista la combattività del gruppo di Italia popolare, una certa attenzione andrebbe prestata. Anche perché - a farlo apposta non ci si sarebbe riusciti - non è solo il gruppo di De Mita ad avere usato un nome che ricorda qualcosa di già visto: anche se l'etichetta della lista appare una crasi tra la Civica per il governo del Trentino che fu di Dellai e Alternativa popolare di Lorenzin, il nome che risulta è drammaticamente simile a Intesa civica popolare che sempre Giancarlo Chiapello e i suoi avevano coniato e utilizzato a livello locale, per calare ulteriormente la propria esperienza nei territori; qualcosa di simile era avvenuto con Italia civica, altra etichetta che mesi fa sembrava piacere a Berlusconi, ma che Chiapello nel 2007 aveva già usato alle amministrative di Moncalieri.
De Mita e Lorenzin devono dunque aspettarsi qualche azione legale anche da Italia popolare? Questa volta no, almeno per il momento. Giusto ieri è uscito un comunicato a firma di Chiapello e dei referenti di Toscana, Marche e Campania di Ip, con il quale si guarda con più interesse a questo tentativo elettorale, purché si inizi un percorso serio:
Questo sito si è occupato più volte di Italia Popolare, ossia della realtà politica fondata nel lontano 2004 da Alberto Monticone (ma c'era anche Gerardo Bianco) per dare una casa a coloro che nel 2002 avevano rifiutato di far confluire il Ppi all'interno della Margherita, volendo restare "semplicemente" popolari: anche per questo, l'associazione "I Popolari collegio 12" di Moncalieri, legata proprio a Italia popolare, ha registrato come marchio il proprio simbolo, che altro non è che la versione modernizzata dello scudo inserito nel gonfalone, schizzato da Guido Bodrato nel 1995 per la parte di Ppi rimasta fedele a Bianco nella lotta intestina con la fazione di Rocco Buttiglione.
Negli anni, Monticone e il responsabile organizzativo (nonché referente piemontese) del movimento Giancarlo Chiapello hanno dovuto reagire a vari tentativi di personaggi politici di utilizzare per i loro progetti nomi legati al soggetto politico nato nel 2004. Non si è trattato esattamente di pesi piuma: il primo a essere diffidato è stato un certo Silvio Berlusconi, che all'inizio del 2011 secondo i media sembrava voler ribattezzare il suo partito "Popolari"; poco tempo dopo, nessuno parlò più del progetto; nel 2012 toccò a Gianni Alemanno, reo di aver chiamato una sua manifestazione "Italia popolare" e di aver fatto un pensierino all'idea di guidare una forza politica con quel nome (lasciato prontamente da parte). Nel 2013 un segnale fu mandato anche a Mario Mauro, fondatore dei Popolari per l'Italia, per quel nome troppo simile a a quello del gruppo di Monticone (il partito di Mauro rimase in piedi, ma si dimostrò quasi irrilevante); all'inizio del 2017, peraltro, quando Angelino Alfano tra i vari nomi possibili per la Sua nuova formazione aveva pensato anche a Italia popolare, almeno fino all'ennesima messa in guardia di Chiapello.
Insomma, visto che la somiglianza del nome c'è tutta - e nella Campania dei De Mita il gruppo ha un certo radicamento - e vista la combattività del gruppo di Italia popolare, una certa attenzione andrebbe prestata. Anche perché - a farlo apposta non ci si sarebbe riusciti - non è solo il gruppo di De Mita ad avere usato un nome che ricorda qualcosa di già visto: anche se l'etichetta della lista appare una crasi tra la Civica per il governo del Trentino che fu di Dellai e Alternativa popolare di Lorenzin, il nome che risulta è drammaticamente simile a Intesa civica popolare che sempre Giancarlo Chiapello e i suoi avevano coniato e utilizzato a livello locale, per calare ulteriormente la propria esperienza nei territori; qualcosa di simile era avvenuto con Italia civica, altra etichetta che mesi fa sembrava piacere a Berlusconi, ma che Chiapello nel 2007 aveva già usato alle amministrative di Moncalieri.
De Mita e Lorenzin devono dunque aspettarsi qualche azione legale anche da Italia popolare? Questa volta no, almeno per il momento. Giusto ieri è uscito un comunicato a firma di Chiapello e dei referenti di Toscana, Marche e Campania di Ip, con il quale si guarda con più interesse a questo tentativo elettorale, purché si inizi un percorso serio:
Movimento Italia Popolare – Intesa Civica Popolare, nella difesa delle proprie prerogative legali ed elettorali, maturate dal 2004 attraverso le proprie attività sul territorio e la presentazione delle liste alle elezioni amministrative, ritenendo significativo il contributo del popolarismo, della testimonianza dei cattolici democratici, nel cammino di rilancio dell'Italia, nella riscoperta dei valori dei padri fondatori dell'Europa, a partire dalla difesa della Carta Costituzionale e di una economia sociale di mercato che non leda mai la centralità della persona umana, della vita e della famiglia, valuta come potenzialmente utile una lista elettorale in grado di accoglierne una presenza autonoma.Consapevole che una forza politica si considera innanzitutto per l'identità da cui ne discendono azioni e programmi, prima ancora delle alleanze, ritiene di guardare con interesse, sulla base del reciproco riconoscimento, all'iniziativa dell'Onorevole Giuseppe De Mita e si compiace per la ritrovata attenzione verso una identità politica che tutti hanno ritenuto morta negli ultimi 20 anni.L'auspicio è che si possa innescare l'inizio di un cammino comune che sappia ritrovare una cultura politica che affonda le radici nell'azione di quel don Luigi Sturzo che 99 anni fa seppe dare il via alla costruzione del Partito Popolare Italiano e che può superare l'artefatta distinzione tra “cattolici del sociale” e “cattolici della morale” per tornare a dispiegare nella politica italiana l'originale visione sociale cristiana che una nefasta diaspora ed una altrettanto negativa confusione hanno progressivamente reso, a livello nazionale, irrilevante. La nostra azione politica, conseguentemente, si fa portatrice di idee e valori e non si mette alla disperata ricerca di sciamani di cui la democrazia non deve avere bisogno.Cosa questo significhi in pratica ce lo facciamo dire direttamente da Chiapello: "Tempo fa abbiamo preso contatti con Ciriaco De Mita e gli abbiamo fatto notare che, anche se il nome utilizzato da Giuseppe De Mita non è identico ma solo simile, lo slogan usato anche come hashtag #ItaliaPopolare" è identico al nostro, cosa innegabile. Noi non smettiamo di difendere le nostre prerogative, come abbiamo fatto almeno negli ultimi 7 anni, ma questa volta adottiamo una strategia diversa: segnaliamo la nostra presenza, la somiglianza dei nomi, ma siamo disponibili al dialogo con chi, come Giuseppe De Mita, riteniamo sia sempre stato legato alla cultura popolare, cattolica e democristiana. In passato veri democristiani e popolari non ne abbiamo trovati, stavolta mi pare ci siano condizioni migliori".
A De Mita jr è stata dunque offerta la disponibilità di Italia popolare a dialogare e collaborare in vista delle elezioni, anche senza l'impiego del simbolo nel contrassegno; naturalmente, il tutto non è senza condizioni. "Certamente - spiega Chiapello - chiediamo pari dignità per le nostre idee, che però viaggiano necessariamente sulle gambe delle persone": in termini pratici, questo si potrebbe tradurre nell'assegnazione di almeno un collegio uninominale, come segno dell'attenzione per quella componente (ovviamente non con la pretesa di vincere, ma almeno di battersi). In più il sostegno al gruppo di De Mita, se dovesse consentire l'elezione di qualcuno legato a L'Italia è Popolare nei collegi uninominali (magari De Mita stesso), potrebbe rafforzare la collaborazione su singoli temi e cause da trattare in Parlamento: "Ovviamente - precisa il responsabile organizzativo di Italia popolare - ci aspettiamo che, se ci saranno eletti, questi portino avanti delle battaglie davvero popolari, si parla molto delle battaglie laiche ma i cattolici ce li siamo dimenticati?"
E se tutto questo, a partire dalla canddatura, non dovesse arrivare? "Noi siamo convinti che una lista che si definisce 'civica' e 'popolare' non possa prescindere da un legame vero, tangibile con chi ha sempre operato davvero in una dimensione municipale, sul territorio: questo non si può fare solo con chi da anni sta in Parlamento. Certo, se non ci si darà ascolto a quel punto non potremo far finta di nulla e dovremo muoverci per far valere i nostri diritti sui nomi che abbiamo usato molto tempo prima di forze politiche appena nate. Non abbiamo paura delle battaglie, ne facciamo dal 2004, ci siamo sempre spesi direttamente: mi sembra naturale ora lavorare per portare in Parlamento chi, semplicemente, in tutti questi anni non ha mai cambiato idea".
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