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lunedì 22 maggio 2023

Noi moderati, nuovo simbolo per diventare partito

Si è celebrato lo scorso fine settimana (20 e 21 maggio dunque) a Roma il primo congresso di Noi con l'Italia, di fatto interpretato come l'assise fondativa di Noi moderati, nata come quarta lista del centrodestra in vista delle elezioni politiche del 2022 e in procinto di trasformarsi in partito. 
La storia si ripete, sia pure con qualche variante. Nel 2018, come si ricorderà, Noi con l'Italia era nata a sua volta come "quarta gamba" elettorale del centrodestra, grazie all'apporto di Direzione Italia, Scelta Civica, Fare!, Cantiere Popolare, Movimento per le Autonomie e un numero rilevante di fuoriusciti da Alternativa popolare (incluso il futuro leader, Maurizio Lupi); il soggetto elettorale si era completato con l'apporto (graficamente invisibile) di Identità e Azione e quello (ben evidente sul piano visivo) dell'Unione di centro, che al simbolo simil-Pdl con tricolore pennellato su fondo blu aveva accostato lo scudo crociato. L'esito non era stato memorabile (1,3% alla Camera), vari pezzi - a partire da Udc e Idea, come pure i fittiani di Direzione Italia - si erano distaccati in fretta, ma gli altri avevano creduto opportuno continuare il cammino comune, trasformando Noi con l'Italia in un partito e portando Lupi alla presidenza. Quasi cinque anni dopo, Maurizio Lupi si ritrova a guidare la costruzione di una nuova forza politica centrista e moderata, avendo come base di nuovo l'aggregazione sperimentata alle ultime elezioni politiche (con un risultato ancor meno soddisfacente rispetto al 2018, essendo stato mancato l'obiettivo dell'1%) e dovendo contare già su defezioni rilevanti: quella più significativa riguarda ancora una volta l'Udc, che pare intenzionata a seguire un altro percorso (magari quello con Gianfranco Rotondi, per riunire il vecchio nome della Dc allo scudo crociato), ma altre forze sembrano pronte al nuovo cammino.
La mozione che proponeva la conferma di Lupi alla presidenza (l'altra indicava come nuovo leader Andrea Galli, modenese, ex Forza Italia, che nelle scorse settimane ha lanciato dure accuse contro lo stesso Lupi e la sua gestione del partito) tracciava in modo piuttosto netto il percorso di cui si diceva: "Il nome 'NOI moderati' oggi individua un gruppo parlamentare, cioè un insieme di persone, ognuna con la sua storia, la sua sensibilità culturale e politica, che si esprime unitariamente nella massima istituzione della nostra Repubblica, quel Parlamento che rappresenta la nazione [...]. Il nome 'NOI moderati' però illumina anche il nostro futuro, ci dà un compito che potrebbe avere la sua prima verifica elettorale nelle prossime elezioni europee, ma che avrà la sua prima verifica reale nel lavoro che noi, 'Noi con l'Italia' saprà fare da subito sui territori, nelle città, nei quartieri, nelle periferie, in mezzo ai bisogni di cui la politica, noi, 'Noi con l'Italia', deve farsi interprete e nei confronti dei quali le ideologie storiche e i partiti che ad esse continuano a fare riferimento si sono dimostrati inadeguati".
Certamente sarà parte di quel percorso Italia al Centro di Giovanni Toti: del resto, proprio Noi con l'Italia e il partito guidato dal presidente della giunta ligure erano stati i primi soggetti a unirsi in vista delle elezioni politiche del 2022 (prima che si aggregassero anche Coraggio Italia e Udc). Toti stesso ha tenuto il penultimo intervento della giornata congressuale di ieri, subito prima delle parole di Lupi: l'alleanza-nucleo che aveva anticipato Noi moderati viene dunque confermata, nel tentativo di dare maggiore consistenza all'aggregazione centrista, magari potendo contare anche sulle forze territoriali che in varie elezioni hanno costruito liste che hanno partecipato - a volte con successo ed eleggendo consiglieri, a volte meno - alle competizioni locali e che potrebbero rappresentare il nascente partito a livello comunale o regionale.
Tra gli altri interventi congressuali si devono registrare quelli di Giorgia Meloni, Francesco Lollobrigida ed Eugenia Roccella per Fratelli d'Italia, Antonio Tajani per Forza Italia e Matteo Salvini per la Lega; eppure per i #drogatidipolitica è molto più meritevole di interesse quello che ha preceduto le parole di Lupi. Lo ha pronunciato Ignazio Messina, segretario dell'Italia dei Valori. Di fatto quel discorso ha sancito la partecipazione dell'Idv al percorso costituente di Noi moderati: non a caso da qualche settimana Messina risulta tra i vicecoordinatori politici di Noi con l'Italia (tra i vice dunque di Renzo Tondo). Ci si può volendo stupire di questa scelta, ma in effetti già in vista delle elezioni del 2022 l'Idv aveva appoggiato proprio Noi moderati, scegliendo per la prima volta il centrodestra a livello nazionale. 
Tre soggetti politici con "Italia" nel nome, dunque, hanno scelto di dare una struttura più stabile a Noi moderati. Nella stessa occasione è stato lanciato pure il nuovo simbolo che dovrebbe accompagnare il percorso e che sostituisce quello - assai poco felice sul piano grafico, vista la struttura di matrioska di terzo grado - che era finito sulle schede elettorali il 25 settembre 2022. Il blu iniziale del fondo si è fatto sfumato, dall'azzurro al blu scuro; il nome è rimasto uguale, ma ora è scritto in un carattere "bastoni" corsivo e marcato (simile al Nexa) oltre che ombreggiato, con la parola "Noi" sempre maiuscola e in evidenza e la parola "moderati" tinta di giallo; sotto una piccola onda tricolore c'è uno spazio vuoto, magari per contenere il nome del leader o del candidato. Viene facile pensarlo perché il nuovo simbolo, in effetti, non è del tutto nuovo: in occasione delle elezioni regionali lombarde di quest'anno, infatti, era già stato anticipato dal contrassegno della lista che univa Noi moderati e Rinascimento di Vittorio Sgarbi. Graficamente la qualità è migliorata (e non ci voleva molto...), ma bisogna ammettere anche che il nuovo simbolo appare piuttosto anonimo, tutto basato sui colori (quelli in cui forse può riconoscersi la persona moderata di centrodestra) e senza il minimo tentativo di individuare un elemento simbolico per rappresentare quell'area. Forse lo si è fatto per evitare di rischiare soluzione graficamente discutibili, ma è comunque un peccato non aver provato a tradurre in grafica un'idea.

giovedì 18 marzo 2021

Ancora sul simbolo dell'Idv negato a L'Alternativa c'è: le versioni dei fatti

Nell'articolo di ieri si è annunciato che la componente del gruppo misto al Senato di L'Alternativa c'è - e non il gruppo, come si era creduto in un primo tempo - non è (ancora) nata e c'è il serio rischio che non nasca affatto, a maggior ragione dopo che alcuni giorni fa per l'articolazione parlamentare è venuta meno la rappresentanza dell'Italia dei valori e, di conseguenza, la possibilità di fruire del suo simbolo. La questione, tuttavia, oggi è rimasta di attualità perché sono state diffuse nuove informazioni rilevanti: in particolare, Matteo Pucciarelli ha intervistato per 
la Repubblica Ignazio Messina, segretario dell'Idv, per cercare di capire cosa effettivamente sia accaduto. 
Ricordato che tra i partiti che avevano partecipato in forma visibile alle elezioni, anche all'interno di altre liste - e che dunque potevano consentire sulla carta il sorgere di un gruppo al Senato o, se la compagine fosse stata sotto i dieci membri, almeno di una componente - il più compatibile con gli espulsi dal MoVimento 5 Stelle sembrava proprio l'Idv, l'articolo ricorda che "i
l primo incontro a Palermo tra emissari" di coloro che erano stati espulsi dal gruppo del M5S "e Messina è datato 14 febbraio. Idv dà un via libera all'operazione parziale, ponendo una condizione: che non fosse solo un mero espediente tecnico ma che dietro si lavorasse ad un progetto politico vero e proprio".
"Invece da quel che ho visto - ha spiegato Messina a Pucciarelli - volevano solo il simbolo. Abbiamo fatto diverse riunioni e non siamo mai arrivati a un dunque. Nel loro documento programmatico non c'era una riga sul lavoro, sulla giustizia, insomma mi è parso qualcosa fatto senza crederci". Scrive poi Pucciarelli che "per Idv andava bene l'opposizione al governo Draghi, ma restando nell'alveo del centrosinistra, con una netta alternatività rispetto a Fratelli d'Italia e a Giorgia Meloni"; in più "prevalevano logiche di rancore contro il M5S, a me il Movimento può fare simpatia o meno ma non ho mica conti in sospeso". L'articolo si chiude notando che "se con gli incontri con - ad esempio - il senatore Mattia Crucioli e il deputato Pino Cabras le cose sono andate non bene, Messina è convinto che con altri usciti dal Movimento invece sia possibile ragionare ancora", "ma meglio non anticipare troppo - ha concluso Messina - vediamo con calma". 
Il segretario dell'Idv dice di essere un po' dispiaciuto, "ma non è stato tempo perso, ho comunque imparato qualcosa". Non sembrano peraltro molto felici nemmeno i senatori che avevano chiesto di formare la componente L'Alternativa c'è al Senato: sulla pagina di Mattia Crucioli poche ore fa è apparso un post firmato anche da Margherita 
Corrado, Luisa Angrisani e Bianca Laura Granato nel quale si dichiarano "i veri motivi del ritiro" del simbolo. Si riporta di seguito il contenuto del post:
Il manifesto de L'Alternativa c'è (che non ha alcuna pretesa di costituire un programma esaustivo) era stato inviato all'Avv. Messina che, lungi dal criticarlo, aveva contribuito a redigerlo: l'argomento è quindi evidentemente pretestuoso. La realtà è che, nonostante originariamente avesse dichiarato di non porre condizioni all'utilizzo del simbolo, il legale rappresentante di Idv intendeva indirizzare il costituendo gruppo verso l'appoggio a Conte e alla coalizione di centrosinistra, nonostante gli avessimo chiaramente rappresentato di voler essere alternativi al finto bipolarismo destra-sinistra che l'Italia ha dovuto subire per troppo tempo. Su una cosa, quindi, concordiamo con il rappresentante di Idv: non ci sono le condizioni per tentare un progetto insieme, perché noi abbiamo una parola sola. Ciò non significa, contrariamente a quanto titola La Repubblica, che L'Alternativa c'è "naufraga al Senato": noi andiamo avanti, né con Draghi, né con Conte, e tantomeno con la destra, mantenendo la nostra coerenza e raccontandovi soltanto la verità.
A questo punto, archiviata (si può dire definitivamente) la possibilità di veder tornare con queste persone il simbolo dell'Idv rappresentato al Senato, a L'Alternativa c'è non resta che aspettare il responso della Giunta per il regolamento di Palazzo Madama, almeno per sapere se potranno formare una loro componente del gruppo misto da soli, se non altro per potersi distinguere nei resoconti stenografici e nei filmati di seduta con la loro personale "etichetta". Se la risposta non arriverà o sarà negativa (risposta che invece non attende più Tiziana Drago, che aveva chiesto di formare la componente Alternativa popolare, ma proprio oggi ha aderito a Fratelli d'Italia), l'unica alternativa al desistere sarebbe cercare un'altra forza politica che, avendo partecipato alle elezioni del Senato del 2018, potrebbe permettere di ottenere lo stesso effetto (ammesso che i suoi legali rappresentanti siano d'accordo e non cambino idea). Nel frattempo, aspettiamo con ansia il simbolo ufficiale di L'Alternativa c'è, che serve anche a prescindere dall'esistenza di gruppi o componenti. Anzi, serve soprattutto se non ci sono o se sono in una sola Camera.

sabato 14 settembre 2013

L'Italia dei valori, si cambia nella continuità

L'aveva promesso e, alla fine, l'ha fatto sul serio. Ora il nome di Antonio Di Pietro non è più sul simbolo dell'Italia dei Valori. Lui resta presidente onorario, ma ha in qualche modo liberato un posto. 
Non si è limitato a mettersi in posizione defilata, come alle regionali del 2005, quando il nome c'era ma più in basso (pur mantenendo lo stesso font corposo che lo rendeva piuttosto visibile). Questa volta il cognome non c'è proprio e nessun patronimico lo sostituisce: "Per noi questo è un vantaggio - ha spiegato il fondatore del partito - perché si deve proseguire nel cammino di spersonalizzazione della politica. La nuova Idv deve avere la forza, il coraggio e l’umiltà di non essere più un partito personale. Ora bisogna essere squadra". In primo piano, dunque, c'è solo il nome della forza politica, con un carattere bastone molto pulito, con grande evidenza per le parole Italia e Valori, rigorosamente in maiuscolo grassetto.
"Un cambiamento grafico nella continuità per un partito che cambia logo e segretario senza però discostarsi troppo dal passato": così definisce il nuovo segno gratico Niccolò Bertorelle, studente di Comunicazione Politica e Sociale all'Università Cattolica di Milano (e collaboratore del blog Pane & Politica). Nell'emblema, presentato stamattina alla festa dell'Idv a San Sepolcro da Di Pietro e dal segretario nazionale Ignazio Messina, c'è ancora il gabbiano dei colori dell'arcobaleno, anche se è in posizione più defilata, in alto a destra (lasciando ai maligni tutte le interpretazioni del caso). Sotto all'elemento testuale, poi, spunta per la prima volta un accenno di tricolore, una striscetta leggera e sfumata, quasi una sottolineatura del nome che il contrassegno contiene. "Non è un caso che abbiamo voluto inserirlo nel simbolo - ha spiegato Ignazio Messina -. Per noi è un riferimento alla Costituzione, quella Costituzione che abbiamo sempre strenuamente difeso e che altri vogliono invece stravolgere".
Il tutto è su un fondo azzurrino, leggermente sfumato in modo radiale, con la parte più chiara al centro: a guardarlo meglio, peraltro, si scopre che è un cielo, con nuvole quasi impercettibili. Eppure, la prima resa grafica del nuovo simbolo introduce qualcosa di nuovo, una sorta di effetto tridimensionale quasi inedito per un contrassegno politico: lo sfondo colorato, come nota anche Bertorelle, è infatti inserito in una coroncina bianca, con il contorno interno marcato di azzurro scuro, come se l'emblema avesse una sorta di cornice, sulla quale peraltro il tricolore e il gabbiano in parte finiscono. Una sorta di idea tridimensionale e parzialmente dinamica, assente dagli altri segni di identificazione delle forze politiche attualmente presenti in Parlamento.
Come è noto, l'Idv questa volta non ha eletti, visto che era parte di Rivoluzione civile che non ha superato gli sbarramenti previsti dalla legge elettorale. Inizia dunque da San Sepolcro un percorso di nuovo radicamento e partecipazione che, per l'Idv, non sarà facile. E' significativo che, in qualche modo, questo inizio sia marcato dal cambio di emblema: non è un taglio netto con la storia di prima, è solo un modo per girare pagina nello stesso libro. Sperando che il nuovo capitolo dia più soddisfazione di quello precedente.