Gli anniversari in politica sono sempre utili, anche quando non sono proprio tondi: danno infatti l'occasione per guardarsi indietro tracciare bilanci, riproporre materiali più o meno noti ma che meritano di essere visti tutti insieme. Considerando che nel 2022 cade il 130° anniversario della fondazione del Partito socialista italiano (nato nel 1892 a Genova come Partito dei lavoratori italiani, trasformatosi l'anno dopo a Reggio Emilia in Partito socialista dei lavoratori italiani e nel 1895 a Parma nel Psi), l'occasione è ghiotta per ripercorrere la storia almeno del primo centenario del partito, quello della sua reale e tangibile influenza nella vita politica e sociale italiana. Lo si può fare sul piano delle vicende storiche e politiche, dell'azione degli iscritti e dei dirigenti della forza politica, dell'operato dei suoi eletti nelle assemblee rappresentative o negli organi amministrativi e di governo, delle memorie di chi ha agito, collaborato, assistito: un compito certamente gradito a chi si occupa di storia.
Proprio in politica - e soprattutto se si ha a che fare con il socialismo - è però altrettanto interessante (se non di più) ripercorrere gli strumenti con cui il partito si è manifestato, ha cercato di diffondere le proprie idee, di raggiungere e mobilitare i propri iscritti e simpatizzanti oppure di convincere altre persone ad abbracciare o a sostenere le tesi socialiste, iscrivendosi al partito o almeno votandolo alle elezioni. Si tratta dunque di analizzare i manifesti, le grafiche, le pubblicazioni del Psi, che hanno caratterizzato per decenni la propaganda del partito e, negli ultimi anni del suo secolo di vita, la sua attività di comunicazione politica: un punto di vista "alternativo", meno tradizionale e spesso visto come complementare (se non ancillare) rispetto a quello indicato per primo, ma in realtà fondamentale, proprio per l'impatto che ha avuto su chi ha permesso a quel partito di vivere e "contare". Non stupisce dunque che si intitoli L'altra storia. Comunicazione politica e propaganda socialista dal 1892 al 1992 l'ultimo volume - di quasi 300 pagine - realizzato e diffuso dalla Fondazione Bettino Craxi, formalmente negli ultimi mesi del 2021 ma in realtà pronto in sufficiente anticipo per la ricorrenza dei 130 anni.
Stupisce ancor meno che autore/curatore e trait d'union della pubblicazione sia Angelo Molaioli, una figura chiave per chi voglia occuparsi della (storia della) propaganda e della comunicazione socialista. Classe '44, Molaioli nei primi anni '70 ha militato nel Movimento politico dei lavoratori di Livio Labor (occupandosi già in quella sede della propaganda-comunicazione): c'era anche lui tra i candidati alla Camera alle elezioni politiche del 1972 (nella circoscrizione Roma-Viterbo-Latina-Frosinone il suo nome figura accanto a quelli di Gennaro Acquaviva, Luciano Benedusi e Luigi Covatta), anche se dal voto non arrivò nemmeno un eletto. Una parte consistente dei dirigenti di quel partito continuò la propria attività nel Psi e lo stesso Molaioli entrò nel comitato centrale della Federazione giovanile socialista italiana, divenendo nel 1974 (a 28 anni) direttore del suo periodico nazionale, Giovane Sinistra. Proprio in quel 1974 Molaioli iniziò a collaborare con la sezione Stampa e propaganda del Psi (allora guidata da Fabrizio Cicchitto), fino a divenirne a sua volta coordinatore nel 1981 (dopo Francesco Tempestini) e a restare alla guida della struttura anche dopo che, nel 1989, fu riorganizzata come Ufficio comunicazione e immagine del partito (direttamente legato alla segreteria); l'impegno terminò soltanto nel 1994, con lo scioglimento del partito, ma anche in seguito non ha smesso di occuparsi della storia del socialismo italiano (curando varie pubblicazioni).
Alla fine del 2020 la Fondazione Craxi ha acquisito il Fondo Angelo Molaioli (qualificato come di particolare interesse storico): oltre al materiale relativo all'attività nel Mpl, contiene fascicoli di manoscritti e dattiloscritti riconducibili ai suoi anni nella Fgsi e nel Psi, vari volantini, pieghevoli, manifesti e altro materiale di propaganda socialista in un arco di tempo che va dal 1955 al 1994, nonché altra documentazione iconografica sulla storia del socialismo italiano (il volume illustra più a fondo il contenuto di quel fondo). Dal suo ruolo di "osservatore partecipante" Molaioli è stato di certo attore e allo stesso tempo osservatore privilegiato della propaganda e della comunicazione politica del Psi, come dimostrano numerose pubblicazioni da lui curate nel corso del tempo (e dalle quali provengono buona parte dei testi raccolti nel volume della Fondazione Craxi): la più famosa e corposa, oltre che la più rilevante per l'argomento di cui si parla, è probabilmente Le immagini del socialismo, volume mastodontico di oltre 500 pagine (e numero speciale dell'Almanacco socialista, pubblicazione storica rilanciata dallo stesso Molaioli) uscito nel 1984 e compendio più che esauriente dell'espressione grafico-politica del socialismo italiano fino a quel momento.
Quella ripercorsa nel volume è davvero "l'altra storia", sia perché è fatta per immagini (dunque non con i documenti tradizionalmente maneggiati da certi storici, nei quali il testo è il contenuto più rilevante), sia perché pagina dopo pagina si scorre un secolo d'Italia attraverso lo sguardo di un partito e il suo punto di vista, a costo di (anzi, proprio con l'intento di) offrire una narrazione della Prima Repubblica (specie dei suoi ultimi quindici anni) "molto diversa da quella [...] raccontata nei tre decenni che hanno seguito la distruzione del più antico Partito italiano e del suo leader Bettino Craxi, della sua politica riformista e del suo modo di comunicarla", come si legge nella pagina (non firmata) che apre il volume. Quella del libro di Molaioli poi è "l'altra storia" (o, volendo, "l'una e l'altra storia") perché passa in rassegna una successione ricca, complessa e sfaccettata di vicende, persone, azioni e programmi lunga un secolo, riproposta con il piglio di chi - Molaioli - ha contribuito a una rivoluzione comunicativa (con il segretario Craxi e figure chiave di quel processo iniziato prima della sua segreteria, a partire certamente da Ettore Vitale e Filippo Panseca) e, allo stesso tempo, ha ricostruito in modo certosino le "puntate precedenti" della propaganda, diverse da quelle successive per messaggi e tecniche impiegate ma perfettamente in grado di parlare del loro tempo, dei loro artefici e dei loro destinatari. In più - e ciò non sembri un elemento minore - quella che emerge dal volume di Molaioli è "l'altra storia" perché - attraverso le sue scelte politiche, testuali e grafiche - ha parlato a ciascuna persona (che fosse o meno tra i "destinatari naturali" delle idee socialiste), ma è riuscita a colpire "l'altra Italia", cioè quella minoranza di italiane e italiani che (come scrisse Valeria Scrivani in un articolo uscito su Pubblico nel 1990 e contenuto nel libro) riesce a ricordare almeno una campagna politica. Anzi, in questo il Psi - quel Psi - ci è riuscito meglio di altri soggetti.
Tutto questo fa di L'altra storia "un libro di testa e di cuore, dove ragione e sentimenti, storie personali e collettive si amalgamano", come si legge in modo condivisibile nella prefazione firmata da Stefania Craxi. E in quell'amalgama di ragione e sentimenti si può trovare di tutto, anche il misto di sofferenza (per la storia del partito, gloriosa ma interrotta), rabbia (per gli errori - propri e altrui - in un periodo di attacco concentrico, talora inevitabile e talora eccessivo) e orgoglio puntiglioso (verso chi ha pensato di trarre giovamento dalla fine di quella storia) che traspare dall'introduzione di Fabrizio Cicchitto (che - come detto - aveva avviato il lavoro di Molaioli la Sezione stampa e propaganda, ma che aveva anche iniziato una collaborazione con Ettore Vitale che si sarebbe dimostrata duratura e decisamente fruttuosa). Chi scorre le pagine del volume può ovviamente avere sentimenti affini, distanti o del tutto opposti a quelli appena indicati, a seconda del proprio percorso e della storia maturata, ma questo è del tutto naturale quando è in gioco il racconto della politica, della sua storia e - appunto - delle sue storie, tanto ideali quanto concrete (visto che si traducono nelle persone).
Ci si trova così davanti un "immenso sistema di frammenti visivi" legato a quelle storie, che riesce a unirle tutte. L'espressione citata è di Stefano Rolando, già docente di Teoria e tecniche della comunicazione pubblica (nonché dirigente Rai e per dieci anni alla Presidenza del Consiglio per occuparsi di informazione ed editoria, arrivato li su impulso di Craxi e di Giuliano Amato): per la Fondazione Craxi aveva già curato il saggio (con inserti di varie figure, tra ex dirigenti socialisti e di altri partiti, studiosi, giornalisti) Una voce poco fa. Politica, comunicazione e media nella vicenda del Partito socialista italiano dal 1976 al 1994 e quel libro conteneva, in appendice, quaranta pagine a colori con materiali rilevanti dell'iconografia, propaganda, comunicazione ed editoria del Psi (purtroppo allora senza l'opportuno spazio per citare chi a quelle grafiche aveva lavorato). Il volume di Molaioli completa di fatto lo studio di Rolando del 2009 e lo stesso Rolando in un suo saggio (dal titolo Parole, simboli, significati) inquadra in modo proficuo sia l'attività del partito, sia "l'altra storia" che il libro ripercorre, analizzando la "scelta politica, culturale ed estetica" dei comunicatori del Psi, il passaggio dalla propaganda alla comunicazione (dedicando spazio anche al significato e al "peso" di questi termini) e il diverso destino riservato agli emblemi del socialismo (per cui la bandiera rossa è stata vissuta in modo assai meno divisivo rispetto a falce e martello).
Alcuni testi già editi di Molaioli (a partire da quello presente nel citato Almanacco socialista '84 - Le immagini del socialismo) fanno capire la necessità - parafrasando un commento pubblicato da Filippo Turati in Critica sociale - di "aprire anche per il Partito socialista i volumi della storia", volumi ricchissimi e decisamente illustrati di una storia ancora più ricca. Si va dall'iconografia delle cartoline, delle pubblicazioni e delle testate dei primi anni (ricche, tra l'altro, di garofani in vario stile) ai materiali dei decenni successivi (nei quali si colloca anche l'avvento di Avanti!, le cui copertine inizialmente sono vere opere d'arte), sempre più diffusi, variegati e differenziati anche a livello locale.
Un approfondimento specifico è dedicato alle tessere del Partito socialista (cui Molaioli aveva dedicato una pubblicazione specifica): queste sono analizzate una per una, per i loro soggetti, per il contesto nel quale sorgono, per le evoluzioni palpabili di anno in anno. E se tutto ciò che le tessere contengono ha la dignità di simbolo (nel senso di qualcosa che "sta al posto" di un complesso di idee, di un progetto, di una campagna, della vita di un personaggio notevole), in vari momenti le tessere danno spazio proprio ai simboli del partito, a volte consolidati, a volte destinati a durare pochissimo (come quello sulla tessera del 1969, crasi degli emblemi di Psi e Psdi dopo la "bicicletta" elettorale dell'anno prima), altre volte ancora rappresentano il mezzo più efficace per comunicare il nuovo emblema (come avvenne nel 1979 con il garofano disegnato poco prima da Ettore Vitale).
Un altro spazio ad hoc è dedicato ai manifesti, senza dubbio parte preziosissima del patrimonio iconografico socialista; sfogliando le pagine però si trovano tante testimonianze delle scenografie dei vari eventi (congressi e conferenze), svariati appunti di lavoro (con tanto di parti manoscritte con grafie inconfondibili) e tanto - giustissimo - spazio per le pubblicazioni curate per investire sulla formazione politica e sul modo migliore di comunicare, a ogni livello (il compagno, argomenti socialisti), senza contare gli Almanacchi socialisti e i tanti libri e opuscoli composti, stampati e messi in circolazione (a cura dell'Ufficio Attività editoriali). Anche chi non ha condiviso quella storia (perché è nato più tardi o perché era di idee diverse), non può che restare ammirato - soprattutto dopo un rapido, desolante confronto con il panorama odierno - dalla quantità di materiale prodotto e dalla mole di pensiero e studio alla base di ogni singola iniziativa e del loro complesso. Beninteso, ciò vale anche per l'attività degli altri partiti (a partire da quanto era stato fatto dalla Spes per la Dc e da coloro che nel Pci si occupavano di grafica e propaganda), ma per il Psi - stretto tra due partiti più grandi - gli sforzi per emergere devono essere stati ancora più grandi. Non di rado sono andati a segno.
Tra le ultime pagine dedicate alla comunicazione politica, oltre a un interessante approfondimento sulle campagne elettorali, c'è una parte dedicata espressamente al simbolo del partito, in particolare al codice di applicazione del nuovo emblema che Ettore Vitale volle preparare nel 1979, per rendere più facile l'uso del simbolo da lui concepito ed evitare errori o ingenuità grafiche. Chi segue da tempo questo sito ricorderà che all'inizio del 2020, nell'intervista allo stesso Vitale, si era già dato il giusto spazio a questo passaggio importante nella costruzione e nella proposta dell'immagine del Psi; ci sarà occasione di tornarci - si spera - molto presto, in occasione di un nuovo appuntamento editoriale ormai alle porte. In compenso, il volume della Fondazione Craxi riporta il testo di Angelo Molaioli che accompagna il citato codice di applicazione, che merita di essere in parte riprodotto di seguito, giusto per far capire quanto un cambio di simbolo, all'epoca, fosse innanzitutto un passaggio politico e concreto (inserendo qui anche il tema della comunicazione), non di mera immagine:
Con il nuovo simbolo del Partito l'impegno di aggiornamento della linea propagandistica fa un ulteriore passo avanti. Diventa adeso determinante il ruolo delle strutture periferiche, che devono compiere il massimo sforzo non solo di pubblicizzazione del simbolo, ma anche e soprattutto di adeguamento alla stessa linea grafica, al fine di dare al Psi un'unica immagine esterna, più incisiva e chiara. [...] Non si tratta [...] di imporre qualcosa dall'alto, o di comprimere la creatività di base. Si tratta più semplicemente di capire che è necessario, per una forza politica, presentarsi nel modo più corretto e lineare possibile. [...] Il cambio del nuovo simbolo, inoltre, comporta, nel breve periodo, una serie di problemi per le strutture del Partito: dal cambio della targa delle Sezioni e delle bandiere, a quello della carta intestata; da quello della stampa di nuovi manifesti contenitori e di materiale che era sempre valido per ogni occasione e che, se ha invece il vecchio simbolo, deve essere logicamente ristampato. E' bene, comunque, che per alcuni mesi il nuovo simbolo venga riprodotto sul materiale propagandistico in un formato più grande, proprio per visualizzarlo al massimo.
Pur non potendo contenere tutto (altrimenti non sarebbero bastate, forse, 1000 pagine...), il volume di Angelo Molaioli è un ottimo strumento per farsi guidare in una storia che merita di essere conosciuta più a fondo: chi la ricorda bene ha la possibilità di approfondire, chi non l'ha vissuta o non l'ha apprezzata troverà di certo elementi per "trovarne il buono". Al di là di qualche imperfezione qua e là (ma, per nostra fortuna, nelle opere umane la perfezione non esiste...), il libro L'altra storia merita di stare in ogni biblioteca dei #drogatidipolitica, dei curiosi della comunicazione o anche di chi, semplicemente, vuole avere una chiave di lettura per ripercorrere un secolo di storia, soprattutto - è inevitabile - gli anni dell'era craxiana. Avrà tutto il diritto di non rimpiangerla o non rivalutarla, ma a fine lettura ne saprà certamente di più e avrà messo a posto qualche tessera in più. Anche a costo di non pensarla in tutto e per tutto come all'inizio del percorso.
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