Se ne parla di continuo, più o meno a sproposito; c'entra sempre Matteo Renzi, fulcro a quanto pare irrinunciabile di una nuova formazione che vada oltre il Pd e si allarghi quanto basta, magari arrivando a includere ora ciò che resta del Nuovo centrodestra alfaniano, ora dell'Ala verdiniana. Si tratta ovviamente del Partito della nazione, espressione non coniata da Renzi o dai giornalisti che ne scrivono.
La paternità recente del "partito della nazione" è di Alfredo Reichlin, che il 28 maggio 2014 sull'Unità aveva scritto: "Renzi si è presentato come segretario di quel partito della nazione di cui discutemmo a lungo ma senza successo anni fa con Pietro Scoppola, al momento della fondazione del Pd"; il 25 giugno aveva aggiunto che era in corso "una lotta che ormai travalica i vecchi confini dello Stato e delle classi", si doveva affrontare il problema "di come rappresentare e dare potere a una umanità che si confronta con una realtà che, insieme a nuove opportunità presenta rischi inediti e quindi bisogni e domande diverse dal passato", con la certezza che "non basterà affidarsi al mercato che si autoregola né alla tradizione socialdemocratica. Bisognerà andare più nel profondo dei problemi sociali e culturali. Muovere da essi in nome di una visione più alta dell'interesse generale, e quindi di una nuova idea del progresso". Col tempo Reichlin doveva essersi reso conto che l'espressione, nell'uso comune, aveva subito una torsione, avendo dichiarato al Corriere della Sera - giusto a un anno dal primo uso - che "Renzi e i suoi la usano come sinonimo di partito pigliatutto, in cui destra e sinistra si confondono. Io invece parlavo di un indirizzo culturale e politico, non di un tipo di schieramento, che superi la contrapposizione tra progresso e reazione".
Al di là di Renzi, però, bisognerebbe ricordarsi che, salvo usi precedenti, il primo a mettere seriamente le mani su quel nome era stato Pierferdinando Casini, che a un seminario di Todi della Fondazione liberal nel febbraio 2009 - intitolato giusto giusto Verso il partito della nazione - aveva reso più concreto quel progetto, al punto tale che qualcuno aveva seriamente pensato di mettere da parte lo scudo crociato (Lorenzo Cesa ne aveva parlato spesso) e nel 2010 erano girati vari bozzetti con un fregio tricolore, finiti anche sulla "tessera n. 1" data allo stesso Casini nell'agosto di quell'anno: ci pensò l'avvento del governo Monti e la successiva esperienza della coalizione "Con Monti per l'Italia" a bloccare il progetto.
Tutte queste tappe sono o dovrebbero essere note - le ha ripercorse in rete, tra gli altri, Francesco Costa - eppure forse c'è qualcosa di più. Perché in quelle settimane, a quanto pare, qualcuno un pensierino a utilizzare quel nome doveva averlo fatto sul serio. Risale infatti al 30 aprile 2010 la richiesta di registrazione come marchio di un simbolo con l'espressione Partito della nazione. L'emblema, più esattamente, è così descritto: "cerchio di colore blu contenente all'interno una fascia bianca nella quale e' inserita una bandiera tricolore con i lembi cuciti tra loro; nella fascia superiore di colore blu è riportata un unico rigo la scritta in bianco 'partito' e nella fascia inferiore di colore blu è riportata su due righe la scritta in bianco 'della nazione'; marchio figurativo".
Sulla resa grafica si può discutere - nell'immagine depositata si vede chiaramente la traccia di un punto metallico - ma quello che interessa è capire chi ha depositato il marchio, peraltro registrato a luglio del 2011. La scheda dell'Ufficio italiano brevetti e marchi non aiuta molto: il soggetto depositante è proprio chiamato "Partito della nazione", con tanto di sede Romana in Via Giuseppe Ferrari, n. 35. Un civico ricco di studi professionali, di avvocati e notai. Ma soprattutto, per i veri drogati di politica, non può sfuggire che quello è proprio l'indirizzo dello studio del notaio Francesco Colistra, lo stesso presso il quale fu costituito il movimento politico Forza Italia il 18 gennaio 1994 (l'atto però fu firmato in via dell'Anima, residenza romana di allora di Berlusconi). Solo un caso, una coincidenza o qualcosa di diverso? Di certo, chi aveva registrato il segno qualche idea di uso futuro l'aveva, invece da cinque anni il marchio è del tutto inutilizzato. Continuerà così?