domenica 31 marzo 2024

Con Bandecchi per l'Europa, simbolo seminuovo sbucato all'improvviso

Chi frequenta questo sito lo sa bene: la comparsa di nuovi simboli, in qualunque periodo dell'anno, non può passare inosservata e non lascia indifferente chi vi si imbatte. Se però quelle grafiche spuntano nel periodo che precede qualche elezione importante, l'attenzione che calamitano è decisamente maggiore, specialmente se risultano legati a figure abituate a far parlare di sé.
Di certo appartiene a questa categoria Stefano Bandecchi, fondatore di Unicusano, sindaco di Terni e coordinatore nazionale di Alternativa popolare: nelle ultime settimane si è distinto, sulla scena nazionale, per il suo progetto di campagna elettorale in camper, in vista delle europee di giugno, con l'ostentata convinzione di godere dell'esenzione dalla raccolta firme in virtù dell'appartenenza al Ppe, persino dopo l'approvazione dell'emendamento di Fdi al disegno di legge di conversione del "decreto elezioni 2024" (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 28 marzo e in vigore dal giorno successivo). 
Da meno di ventiquattr'ore sui profili social di Bandecchi è apparso un simbolo nuovo, anzi, quasi nuovo, in cui ha grande evidenza la dicitura "Con Bandecchi per l'Europa". Si è parlato di simbolo "quasi nuovo" perché la struttura grafica è esattamente la stessa vista lo scorso anno per il contrassegno della lista Con Bandecchi per Terni, la formazione più votata della coalizione a sostegno dell'imprenditore, che è così approdato al ballottaggio e ha sconfitto il candidato del centrodestra, Orlando Masselli. Il fondo giallo è lo stesso, come anche le miniature della bandiera europea e di quella italiana inclinate di dieci gradi (che ricordano un po' soluzioni già viste in ambito sportivo, come il logo tondo della Figc usato dal 1984 al 1992 o il vecchio fregio della Lega Nazionale Dilettanti). Il cognome di Bandecchi è rimasto l'elemento più evidente del simbolo, ma stavolta non si guarda solo alla città di Terni, bensì all'Europa; la bandiera blu con le dodici stelle, del resto, c'era già (al punto tale da poter far sorgere il dubbio che l'idea di guardare all'Europa ci fosse già un anno fa).
Descritto il simbolo, le domande sorgono spontanee. Che significa l'avvento di questa grafica? Per quali scopi è stata pensata? Va subito messa da parte la tentazione di pensare che il Partito popolare europeo non abbia concesso l'uso del proprio fregio nel simbolo: Alternativa popolare ne fa parte alla pari di Udc, Fi, Svp, Patt e Popolari per l'Italia, quindi quest'ipotesi va esclusa. Certo la forma circolare fa pensare a un uso chiaramente elettorale, così come il riferimento all'Europa porta naturalmente a credere che il contrassegno sia destinato alle elezioni europee: come tale certamente potrebbe essere depositato al Ministero dell'interno (un po' come quando Sergio Pirozzi nel 2018 scelse di depositare il proprio simbolo "personale" alla vigilia delle elezioni politiche e regionali), così come il presidente di Alternativa popolare Paolo Alli potrebbe depositare cautelativamente il simbolo del suo partito per evitare usi indebiti o tentativi di imitazione. 
Più difficile - ma non ci si sente di escluderlo - è pensare che Bandecchi, convintosi che la "via europea" all'esenzione dalla raccolta firme sia stata ormai sbarrata, decida di impegnarsi "pancia a terra" per la raccolta delle almeno 15mila firme per ogni circoscrizione (e almeno 1500 per Regione) su un contrassegno che punti tutto su di lui e sulla sua notorietà personale per raccogliere voti. C'è meno di un mese, infatti, per ottenere tutte quelle firme, un tempo davvero ristretto anche se il numero è stato dimezzato solo per questa volta (ciò ovviamente a meno di ipotizzare che il simbolo, svelato ieri, sia in realtà già stato stampato sugli atti per la raccolta delle sottoscrizioni per le cinque liste da presentare). Tanto vale quindi aspettare, per capire se il fregio a fondo giallo sarà una semplice grafica di supporto a una campagna politica (non necessariamente elettorale) o se ci sarà riservata qualche sorpresa: se ci sarà, ovviamente, verrà debitamente raccontata.

sabato 30 marzo 2024

Libertà-Sud chiama Nord, Roberto Castelli lascia per la diffida di Italexit?

Dei 17 simboli presenti nel contrassegno elettorale della costituenda lista Libertà - Sud chiama Nord presentato in conferenza stampa giovedì, come si ricorderà, quattro erano ancora coperti: i cerchietti, infatti, erano ancora vuoti e si attende(va) di sapere quali delle 14 richieste di adesione - dichiarate da Cateno De Luca - sarebbero state accolte. Da poche ore, però, sembra essersi liberato il posto per un quinto ingresso: quest'oggi, infatti, si è registrata la defezione del Partito popolare del Nord, guidato da Roberto Castelli, che pure era stato il primo ad aderire all'aggregazione elettorale in vista delle europee 2024.
Vale la pena partire dai fatti e dai documenti, dunque ecco di seguito il comunicato diffuso dal Partito popolare del Nord.
Come noto, il Partito Popolare del Nord è stato il primo ad aderire al progetto lanciato da Sud chiama Nord basato sulla trasformazione dello Stato in macroregioni. In seguito altri soggetti hanno aderito al progetto, tra i quali "Movimento per l'Italexit". Ciò ha dato origine a una diffida da parte di "Italexit per l’Italia" a tutela del proprio simbolo. Prendendo atto della situazione, l’Assemblea Federale del Partito, riunitasi ieri sera, constatata la perdurante possibilità che "Italexit per l’Italia" possa intentare azioni giudiziarie dall’esito fortemente imprevedibile, in base al giudizio dei legali, ha deliberato, al fine di evitare tale possibilità, di ritirare il simbolo dalla lista LIBERTÀ. 
La prima cosa da fare, inevitabilmente, è prendere atto del comunicato e del pezzo perso dalla lista Libertà, cosa che riduce le citazioni della parola "Nord" nel contrassegno a due soltanto (Sud chiama Nord e Grande Nord). Tutto questo nonostante il dialogo iniziato a luglio dello scorso anno tra Castelli e De Luca, con l'incontro organizzato alla Festa dei Popoli del Nord. Il comunicato, tra l'altro, si conclude con una dichiarazione del segretario federale Castelli: "Sono dispiaciuto ma non abbiamo ravvisato altre possibilità". 
Oggettivamente, però, qualche domanda a voce alta sembra necessaria. È inevitabile, in particolare, chiedersi: davvero la possibile minaccia di un'azione legale da parte di Italexit (tutto meno che improbabile) può aver determinato la defezione di Castelli, che non avrebbe direttamente dovuto subire conseguenze da un'eventuale causa subita dalla lista? Diffide, significazioni e azioni minacciate non sono certo una novità (il caso Pace Terra Dignità - Verdi-Grüne-Verc lo testimonia proprio in questi giorni): in questo caso la questione sarebbe così grave, al punto da indurre a sfilarsi il titolare del simbolo più grande all'interno del contrassegno?
Elementi per fare supposizioni solide non ce ne sono. Si può riprendere uno dei post pubblicati da De Luca mercoledì, il giorno prima della conferenza dei 17 simboli: "Se qualche partner vuole uscire con la scusa della dimensione del simbolo o di altri pretestuosi formalismi faccia pure: la porta è sempre aperta per entrare e per uscire! Sopportare certe discussioni sulla dimensione dei propri simboli e non sentir parlare invece di come ripartire i costi della campagna elettorale non avete idea quanto mi fa girare le palline ma per la Libertà sopporto anche questo...". Sembra facile notare che, rispetto alla prima versione del simbolo, il fregio del Partito popolare del Nord si è rimpicciolito, ma - come si è detto - restava pur sempre il più visibile dopo quello di Sud chiama Nord: non è detto, quindi, che De Luca si riferisse a Roberto Castelli con le sue parole, che di certo non sono state dette a caso. Il riferimento alle spese della campagna elettorale introduce un altro elemento non irrilevante, visto che sui soldi - le spese, specie qualora non si raggiungesse il 4%, ma anche gli eventuali contributi ottenuti - è facilissimo litigare. Il riferimento alla diffida di Italexit e alle possibili azioni legali, però, fanno pensare che Castelli possa aver suggerito un ritocco del nome sul simbolo di quella piccola formazione, oppure che il Partito popolare del Nord non voglia rischiare di essere a sua volta oggetto di un'azione legale come co-promotore della lista. 


Sui social, intanto, se non si trova (per ora) una reazione ufficiale di Cateno De Luca o di Sud chiama Nord, è apparso un commento di Francesco Amodeo, promotore di Noi Contadini & Pescatori e aderente alla lista. "Quando in una lista ci sono elementi di sistema che vengono accerchiati dall'anti-sistema - scrive - sono loro a sentirsi braccati. Sono loro costretti a fuggire. Perché sanno di non poter reggere il confronto. Ed inevitabilmente devono lasciare. Così come è accaduto". Parla pensando ai passaggi precedenti del cammino della lista, in particolare alla trattativa saltata con Democrazia sovrana popolare di Marco Rizzo e Francesco Toscano, che pure figuravano in varie delle tante bozze di contrassegno (solo alcune delle quali sono state mostrate da De Luca): "L'errore enorme di Rizzo e Toscano - continua Amodeo - è stato quello di far saltare l'accordo per la presenza di Castelli. Io continuavo a ripetere che la loro folle scelta avrebbe per assurdo favorito proprio i Popolari del Nord mentre la presenza di DSP e di Italexit in quella lista comune avrebbe costretto Castelli (e quelli come lui) a fuggire a gambe levate. Oggi ho avuto ragione. l'Antisistema puro non ha nulla da temere. Come il fiore di loto può navigare nel fango senza macchiarsi. Sono gli altri che devono temere il confronto con i suoi petali".
In attesa delle versioni di chi non ha ancora parlato, viene naturale chiedersi: chi prenderà graficamente il posto di Castelli e del Partito popolare del Nord? Le dichiarazioni di questi giorni non aiutano a immaginare un riavvicinamento tra Libertà e Democrazia sovrana popolare, ma c'è ancora tempo per delineare gli schieramenti.

venerdì 29 marzo 2024

Colomba contesa, la risposta di Santoro ai Verdi del Sudtirolo

Dopo aver dato in esclusiva la notizia della diffida dei Verdi del Sudtirolo alla costituenda lista Pace Terra Dignità (e a Rifondazione comunista) per l'uso della colomba nel contrassegno elettorale, ritenuto non rispettoso della legge elettorale, è corretto dare conto della risposta della lista promossa da Michele Santoro e Raniero La Valle. Santoro, infatti, ha a sua volta incaricato un avvocato per contestare "fermamente la violazione delle disposizioni in tema di deposito e ammissione dei contrassegni di cui all’art. 14 d.P.R. 30/03/1957, n. 361 e successive modifiche".
Nella lettera inviata all'avvocato dei Verdi-Grüne-Verc (pubblicata ieri sul sito di Santoro), infatti, si legge che "il simbolo scelto dalla Lista 'Pace Terra Dignità' è assolutamente diverso e distinto da quello dei suoi assistiti e non vi è alcun rischio di confondibilità tra i due". Si mettono in luce in particolare le "apprezzabili differenze tra i due simboli" che sussisterebbero "all'evidenza, [...] sia per quanto riguarda la rappresentazione grafica, che le indicazioni ivi riportate, tali da escludere qualsivoglia rischio di confondibilità": tali elementi sarebbero dati dalle scritte diverse, dal colore dello sfondo, nonché dalla presenza del riferimento testuale e grafico ai Verdi europei.
"L'unico elemento che, in qualche modo, possa definirsi 'simile' - si legge nella lettera - è la rappresentazione di una colomba (della quale evidentemente la sua assistita non può pretendere l’esclusività)". La difesa però va oltre, sostenendo che  la rappresentazione grafica di quella colomba è "assolutamente diversa per foggia e tratti": se i Verdi sudtirolesi si identificano in una "rappresentazione realistica della colomba (simile [...] alla 'colomba della pace' di Picasso)" (dettaglio richiamato due volte nella lettera come a togliere novità e forza al simbolo), la nascente lista impiega "una colomba stilizzata o meglio 'sagomata' con un rametto di ulivo nel becco".
Nella lettera, comunque, si insiste sul fatto che "gli altri elementi distintivi e descrittivi dei due simboli" sarebbero "totalmente differenti" e questo sarebbe sufficiente a scongiurare ogni rischio di confusione. A questo proposito, si citano due sentenze del Consiglio di Stato, in base alle quali il pericolo di confusione tra due simboli va escluso "laddove gli elementi di differenziazione presenti risultino prevalenti sugli elementi che accomunano i due contrassegni" e la valutazione di confondibilità va fatta "alla luce del più elevato livello di maturità e di conoscenze acquisite dall’elettorato rispetto al substrato socio-politico apprezzato dal legislatore all’atto dell'emanazione" delle disposizioni, dovendosi considerare dunque maggiore rispetto al passato il bagaglio di conoscenze dell'elettore medio, per cui la sua "normale diligenza" dovrebbe fare presupporre un'attenzione maggiore.
La nota non manca di evidenziare altri due profili, di natura in parte pratica e in parte politica. Da una parte, si sottolinea che, considerando che i Verdi-Grüne-Verc non parteciperanno "alle prossime elezione europee con il simbolo di cui si discute" (immaginando che il partito concorra alla lista di Alleanza Verdi e Sinistra), per cui verrebbe meno un ulteriore rischio di confondibilità (anche se - si aggiunge - eventualmente ne rimarrebbero altri, non legati tanto alla confusione dell'elettorato, quanto piuttosto al diritto all'identità personale, cioè al desiderio dei Verdi del Sudtirolo di non farsi attribuire pensieri diversi dai propri a causa della confondibilità del simbolo). Dall'altra, Santoro non manca di rammaricarsi del fatto che la diffida "provenga da un'area politica che dovrebbe essere vicina ai valori e al pensiero della Lista 'Pace Terra Dignità' e, invece di collaborare con partiti o liste vicine ne contrasta - con richieste illegittime - l'attività politica".
Per tutti questi motivi, l'avvocato interpellato da Michele Santoro invita i Verdi sudtirolesi a "desistere [...] dal porre in essere condotte che possano pregiudicare il percorso politico della lista Pace Terra Dignità". Non si annunciano richieste di danni o altre reazioni giuridiche in caso di atti che potessero ostacolare la presentazione della lista (sarebbe anche difficile provare o ancor più quantificare eventuali danni), ma di certo i promotori di Pace Terra Dignità si augurano che questo sia sufficiente a non avere noie. In ogni caso è probabile che i Verdi-Grüne-Verc depositino il proprio simbolo al Viminale il 21 o il 22 aprile, per lasciarsi aperta la possibilità di contestare l'ammissione del contrassegno della lista di Santoro e La Valle. 

giovedì 28 marzo 2024

Libertà - Sud chiama Nord si arricchisce, la mitosi di Cateno continua

La tentazione di qualificare come mitosi il fenomeno che interessa la lista Libertà, promossa da Sud chiama Nord in vista delle elezioni europee dell'8 e 9 giugno, è davvero fortissima. Mitosi non nel senso di scissioni successive, ovviamente, ma di moltiplicazione dei simboli all'interno del contrassegno elettorale. 
Il fenomeno non ha più nemmeno cadenza settimanale: dopo la terza conferenza stampa presso la Camera dei deputati giovedì scorso (il 21 marzo), Cateno De Luca, leader indiscusso di Sud chiama Nord, ha mostrato sui suoi profili social tre versioni ulteriori dell'emblema della lista, in cui i cerchietti all'interno finivano per aumentare sempre di più. Sabato 23 marzo erano già diventati 12 (anche se erano tutti bianchi, tranne quello del partito capofila); domenica erano cresciuti di uno (perché Movimento per l'Italexit era stato spostato in basso, in una "linguetta" blu di cui inizialmente non si comprendeva bene il significato, mentre Popolo Veneto e Partito popolare del Nord erano finiti sotto la parola "Libertà", a fianco della "pulce" dei Civici in Movimento, scivolata nella parte destra del cerchio (in compenso nello spazio inferiore, specularmente rispetto al "bollino" del Capitano Ultimo, era apparso un pallino verde con il solo cognome "Rizzi", in quel momento ancora sconosciuto ma che sarebbe stato svelato pochi giorni dopo); ieri, però, un'ulteriore versione del simbolo faceva intuire addirittura la presenza di 17 miniature, inclusa quella di Sud chiama Nord. 
La parola centrale "Libertà" è letteralmente attorniata da fregi, loghi, marchi e marchietti, che invadono decisamente la fascia blu centrale e arrivano a lambire le lettere. Trovare spazio ai simboli nel contrassegno-zattera elettorale sta diventando complesso, così come dovrà accettare compromessi chi sperava di avere una visibilità maggiore, anche sul piano grafico. Il nocchiero De Luca, del resto, ieri è stato molto chiaro: "Se qualche partner vuole uscire con la scusa della dimensione del simbolo o di altri pretestuosi formalismi - ha scritto sempre sui suoi profili social - faccia pure: la porta è sempre aperta per entrare e per uscire! Sopportare certe discussioni sulla dimensione dei propri simboli e non sentir parlare invece di come ripartire i costi della campagna elettorale non avete idea quanto mi fa girare le palline ma per la Libertà sopporto anche questo..." Non ci si esprime sui costi della campagna elettorale (che certamente sono e saranno ingenti, anche immaginando di dividerli tra le varie anime del progetto: del resto, anche far stampare roll-up e altro materiale a ogni cambio di simbolo ha un costo) e nemmeno sulle citate palline: meglio, molto meglio attenersi ai soli pallini che sono spuntati nel contrassegno.  
L'inizio della conferenza stampa di oggi, introdotta dall'unico parlamentare di Sud chiama Nord rimasto (il deputato Francesco Gallo) e coordinata dalla presidente del partito Laura Castelli, a dire il vero non ha aiutato subito a fare luce sui nuovi ingressi. I primi interventi, infatti, sono arrivati da Piera Aiello (testimone di giustizia, eletta alla Camera con il MoVimento 5 Stelle nel 2018, poi fuoriuscita e passata nelle componenti del gruppo misto Centro democratico e Italia dei valori e ricandidata nel 2022 - ma non eletta - con Unione popolare) e da Francesco Amodeo (giornalista d'inchiesta). Né la prima né il secondo rappresentano forze politiche, ma possono probabilmente ricondursi a quanto detto da Ismaele La Vardera, deputato regionale di Sud chiama Nord all'Assemblea regionale siciliana: "La questione morale passa anche dalla presentabilità dei candidati e noi stiamo costruendo un progetto che non possa essere scalfito in tal senso, avendo scelto di schierare persone che rappresentano nella loro vita battaglie quotidiane: in qualche modo ho voluto mettere a disposizione delle amicizie che avevo nella mia vita precedente, quella da inviato delle Iene, e sono contento delle sinergie che si sono create. Noi non facciamo parlare i programmi, ma le persone e le loro storie". Non è inutile, però, segnalare che Francesco Amodeo, già finito sulle schede delle ultime elezioni politiche con Italexit, era indicato come candidato di Democrazia sovrana popolare: "Esprimo un grosso rammarico - ha detto - per non essere riuscito a portare a questo tavolo il partito che per primo mi aveva offerto la candidatura: l'operazione è fallita per inaccettabili personalismi di alcuni che hanno ceduto a dannose e sterili logiche autoreferenziali. Chi oggi non è seduto da questa parte della trincea non avverte l'urgenza, quindi può rimandare al prossimo turno, fingendo di non capire che il tempo è scaduto". In effetti, poi, si è scoperto che Amodeo - già fondatore dell'associazione Noi italiani - risulta essere presidente di uno dei simboli inseriti nel contrassegno, ma ci è voluto un po' di pazienza per sapere quale. 
Il primo emblema svelato, in realtà, è quello che aveva fatto capolino nei giorni precedenti senza particolare spiegazioni. Il cerchio verde, bordato di nero, con il cognome "Rizzi" al centro in grande evidenza, è - al pari di quello legato al "Capitano Ultimo" - riferito a una sola persona e alla sua storia: quella di Enrico Rizzi, 34 anni, trapanese, che da oltre 17 anni conduce battaglie per i diritti degli animali, "battaglie di civiltà sentite da milioni di persone che amano gli animali e vogliono vederli rispettati". Rizzi - che è a sua volta sotto tutela per aver denunciato vari episodi di sfruttamento degli animali a fini di lucro - ha detto di volersi impegnare innanzitutto per fermare gli allevamenti intensivi e il trasporto di animali vivi, "per un mondo  che abbia più rispetto, oltre che per le persone, per coloro che non possono difendersi". 
Uno dei nuovi emblemi apparsi nel contrassegno, in realtà, potrebbe risultare già noto a chi fosse frequentatore di questo sito e avesse un'ottima memoria: fa la sua comparsa, infatti, il Partito moderato d'Italia, sorto all'inizio del 2021 e divenuto rapidamente un caso perché la notizia della costituzione era stata data con annunci a pagamento su varie testate (Corriere della Sera, Quotidiano Nazionale, La Verità). Oggi come allora nel simbolo si può riconoscere la statua di Minerva scolpita da Francesco Messina e collocata a Pavia e oggi come allora il partito è rappresentato dal presidente (e co-fondatore con Andrea Gaspardo) Paolo Silvagni, imprenditore calzaturiero (la famiglia nel 2015 ha acquisito pure il marchio Valleverde). "L'Europa si riempie la bocca di democrazia, ma l'8-9 giugno in ogni Stato si voteranno i rispettivi partiti, ma come andranno le cose lo decideranno nei palazzi di Bruxelles. Per questo mi batterò innanzitutto per arrivare all'elezione diretta del Presidente della Commissione europea, oltre che per la pace, per una politica fiscale equa e per la tutela dell'ambiente senza distruggere le imprese".
Luana Guzzetti
e Mauro Beccari, in rappresentanza di Noi agricoltori & pescatori: si tratta del progetto politico promosso da Amodeo, che ha spiegato di aver girato per mesi i vari presidi di agricoltori e pescatori, nel tentativo di federare tutte quelle iniziative locali di protesta e proposta e costruire qualcosa. "Siamo partiti il 22 gennaio perché abbiamo un malessere enorme - hanno detto Beccari e Guzzetti durante la conferenza stampa di oggi - l'Europa sta massacrando noi agricoltori con norme incredibili e abbiamo perso umiltà e riconoscenza, ma senza di noi i cittadini non hanno futuro, oltre che cibo: non possiamo più delegare ad altri". Il simbolo, che nella struttura ricorda quello della federazione Noi italiani di Amodeo, contiene due spighe speculari (disposte a corona d'alloro) su fondo tricolore, con il nome del gruppo disposto su tre righe.  
In seguito è intervenuto anche Giacinto Boldrini, già senatore e qualificatosi come "presidente del Partito pensionati": corre però subito l'obbligo di precisare che si tratta non tanto del partito guidato da Carlo Fatuzzo (la cui attività nel corso del tempo si è decisamente ridotta), quanto piuttosto del Partito Pensionati + Salute, diretta filiazione del soggetto politico che aveva cercato di presentare il simbolo del Partito pensionati (per il quale Boldrini era stato candidato nel 2008 al Senato nelle liste del Pdl e che era divenuto senatore nel 2012 subentrando al defunto Gianpiero Carlo Cantoni). Il simbolo attuale è un tricolore disposto in orizzontale e creato a frottage, con la parola "Pensionati" al centro, blu e maiuscola (dettaglio non irrilevante di differenza rispetto al partito precedente). "Dopo la grave infermità di Carlo Fatuzzo, non ho voluto lasciar perdere il simbolo che era stato creato tanti anni fa e faceva storia: ho aggiunto il concetto di salute, che per noi è il più importante".
Veronica Giannone, parlamentare nella precedente legislatura e molto vicina a Sara Cunial, anche lei presente alla conferenza, ha rappresentato invece il partito Vita, formato in occasione delle ultime elezioni politiche "per assumersi la responsabilità del futuro del paese e dei nostri figli, credendo nella verità che deve entrare nelle istituzioni europee". Il simbolo è lo stesso già visto alle elezioni politiche, con l'albero della vita tricolore al posto della "i" del nome su fondo blu.
È riconducibile a un'area affine Ugo Rossi, intervenuto in rappresentanza di Insieme Liberi: si era parlato nei giorni scorsi di questa lista, essendo una delle poche che si era impegnata nella raccolta firme fin dall'inizio. "Avevamo iniziato a raccoglierle - ha spiegato Rossi - ma poi abbiamo risposto all'appello di Cateno De Luca per costruire questo fronte antisistema: non potevamo sbagliare un'altra volta, correndo divisi e finendo per sottostare alle oligarchie di partito". Il simbolo del sole nascente da un profilo montuoso tricolore (con la parola "Uscita" in basso, con le ultime lettere tricolori per rafforzare il concetto di Italexit con un'altra parola) passa dunque all'interno del contrassegno di Libertà - Sud chiama Nord, lasciando che (a meno di notizie di segno diverso) Democrazia sovrana popolare sia forse la sola forza politica - insieme a Pace Terra Dignità di Michele Santoro e Raniero La Valle - a cercare di raccogliere le oltre 75mila firme richieste dalla norma una tantum per le elezioni europee di quest'anno.
L'ultimo ospite intervenuto è stato Roberto Bernardelli, promotore della Confederazione Grande Nord, nata alla fine del 2017 dall'impegno congiunto di varie figure che avevano militato nella Lega Nord e concorrente alle elezioni politiche del 2018: il fatto che una delle presentazioni della lista Libertà sia avvenuta all'hotel Cavalieri di Milano, di proprietà di Bernardelli, aveva fatto pensare a un coinvolgimento del partito promosso da lui e così in effetti è. "Cateno De Luca mi è piaciuto - ha detto - perché ha offerto un messaggio molto chiaro: Roma ruba al Sud come ruba al Nord. Quel Nord in cui oggi si trova gran parte dei poveri italiani, visto il costo della vita. Non mi candido, ma sono con voi: mi piacciono i comuni e mi piacciono i sindaci". Il simbolo ritorna sulla scena nazionale senza avere subito modifiche.
Alcune presenze all'interno della lista possono restare curiosità: è il caso delle forze politiche nate con l'idea di contrastare le scelte governative in materia sanitaria. È intervenuto Cateno De Luca a spiegare il senso dell'operazione, richiamando la nota massima attribuita (erroneamente) a Voltaire "Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere": "Il firmamento della Libertà - ha spiegato il leader di Sud chiama Nord - si completerà alla prossima conferenza stampa, il 4 aprile all'hotel Nazionale a Roma; due giorni dopo apriremo la nostra campagna con una manifestazione in piazza Santi Apostoli"
Sempre De Luca ha annunciato 14 richieste di entrare a fare parte della lista, ma "credo che ci fermeremo al significativo numero di 17 simboli". La mitosi, dunque, è alle fasi finali. "Se noi indichiamo il simbolo di Libertà - ha detto Francesco Amodeo - molti guardano il dito senza vedere la luna, vedono solo tanti piccoli simboletti senza riuscire a capire la forza dirompente di quel simbolo complessivo". Nel frattempo, a guardare bene, nel simbolo di Sud chiama Nord si può trovare spazio per un altro pallino...

mercoledì 27 marzo 2024

Stati Uniti d'Europa, +Europa e Italia viva accolgono Volt, Psi e Libdem

Simbolo ricostruito
AGGIORNAMENTO DEL 28 MARZO: È corretto dare conto del comunicato emesso da Volt Italia, in particolare dal suo presidente Guido Silvestri: "Anche oggi abbiamo partecipato a diverse interlocuzioni con i partiti 
politici. In vista delle prossime elezioni europee, continua l'esplorazione di Volt Italia, il capitolo italiano del partito europeo VoltEuropa.org, con le diverse coalizioni su cui deciderà il 6 aprile la nostra assemblea in accordo con i nostri processi democratici. Ogni diversa ricostruzione, incluse ipotesi di simboli di coalizione, non si possono considerare espressione del nostro partito". Evidentemente, dunque, quello mostrato è un simbolo ipotetico, che potrebbe ancora cambiare nelle prossime ore: Volt prenderà la sua decisione in assemblea e se ne darà conto a tempo debito.

Da settimane tra le notizie politiche fa capolino qualche riferimento all'idea di una lista comune dell'area liberaldemocratica per le elezioni europee dell'8 e 9 giugno, prima pensata per tenere unite le forze politiche che, pur afferendo a due partiti europei diversi (Alde - Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa e Partito democratico europeo), fanno riferimento al comune gruppo al Parlamento europeo Renew Europe, poi ampliata alle forze riformiste interessate ad appoggiare l'idea di una lista di scopo nel nome del progetto degli Stati Uniti d'Europa. Il 15 dicembre 2023, infatti, La Stampa ha pubblicato un appello di Emma Bonino intitolato proprio E ora gli Stati Uniti d'Europa: le elezioni europee non erano il fine immediato, ma una tappa rilevante per riuscire ad arrivare all'obiettivo degli Stati Uniti d'Europa. Era però piuttosto chiaro che si volesse approntare nel frattempo uno strumento elettorale per affrontare in modo unitario l'appuntamento di giugno, nel tentativo di far pesare in Europa determinate voci, unendo le forze per raggiungere e superare la soglia del 4%: un obiettivo rilevante e insidioso, visto che non era riuscito alla lista Scelta Europea nel 2014 e al tandem +Europa - Italia in Comune - Pde Italia nel 2019.
Da poche ore è stato mostrato un primo simbolo (primo perché potrebbe non essere ancora definitivo) di una lista denominata, appunto, Stati Uniti d'Europa, la cui guida è certamente assunta da +Europa (partito esente dalla raccolta firme grazie ai parlamentari eletti nei collegi uninominali): lo mostra piuttosto chiaramente il nome della lista, scritto in carattere Arial Rounded (o assimilato) e colorato con la stessa composizione cromatico-geometrica - concepita da Stefano Gianfreda - che caratterizza fin dalla nascita il partito di Emma Bonino e Riccardo Magi: quel nome è stato inserito in una sorta di "fumetto" geometrico bianco, collocato sopra una bandiera europea sventolante, mentre il fondo in alto è giallo: il colore delle stelle d'Europa, il colore che sta nella parte inferiore del simbolo di +E, ma anche il colore tradizionalmente legato all'area libdem
Nella parte inferiore del simbolo, in un segmento curvilineo biconvesso bianco, trovano posto le miniature di cinque simboli di forse politiche. Il primo è +Europa, poi si trovano Italia viva e, nella seconda fila, Volt, Partito socialista italiano e Libdem europei: si tratta delle forze politiche che da più tempo hanno mostrato interesse per questo progetto di lista comune. In particolare, +Europa e Libdem (Costituente per il partito – Liberali Democratici Europei, fondata nel 2022 da Giuseppe Benedetto, Alessandro De Nicola, Oscar Giannino e Sandro Gozi, ora presieduta da Andrea Marcucci, mentre il segretario è Piero Cecchinato) sono soggetti membri dell'Alde Party (così come lo è Radicali italiani, che non appare nel simbolo ma dovrebbe essere della partita); il Psi - ovviamente membro del Pse - aveva già sostenuto la lista presentata da +Europa e Italia in Comune nel 2019; Volt aveva considerato seriamente la presentazione di una propria lista, fino a quando l'emendamento di Fratelli d'Italia al "decreto elezioni 2024" ha cancellato l'esenzione per i partiti affiliati a soggetti politici che avevano eletto europarlamentari in paesi diversi dall'Italia (la legge di conversione, peraltro, al momento non risulta ancora in vigore); quanto a Italia viva (rappresentata al Parlamento europeo da Nicola Danti e Sandro Gozi - eletto in Francia - ed esente dalla raccolta firme avendo almeno un gruppo parlamentare), aveva fin dall'inizio manifestato interesse per il progetto della lista nel nome di Renew Europe.
Come si diceva, quello mostrato poche ore fa potrebbe essere un simbolo non definitivo, quindi una tappa intermedia; di certo alle spalle ha un percorso accidentato, di convinzioni, dubbi, proposte e rifiuti. Un percorso che in molti (e più di tutti forse Mario Lavia su Linkiesta) hanno raccontato finora nei suoi continui ferma-e-riparti, ma soprattutto negli ostacoli emersi via via. Com'è noto e come il simbolo mostra, Azione non è tra i soggetti promotori o partecipanti al progetto di lista: la sua presenza sarebbe sicuramente importante per garantire - almeno sulla carta - il superamento della soglia, ma ancora a metà marzo Carlo Calenda si era detto "disponibile a una lista Stati Uniti d’Europa promossa da +Europa e Azione. Non sono disponibile a farla insieme a Renzi, Mastella, Cuffaro e la new entry Cesaro". In precedenza questa posizione e i dubbi di altri soggetti avevano messo seriamente a rischio l'intero progetto; oggi sembra essersi fatto un passo avanti (anche grafico) verso la concretizzazione della lista, mentre Azione - a sua volta esente dalla raccolta firme grazie al suo gruppo "in deroga" alla Camera - rimane impegnata in un suo percorso che, oltre a Nos, ha per ora raccolto il Partito repubblicano Italiano e i Repubblicani europei (facendo subito pensare ai #drogatidipolitica che, per ricucire tutte le scissioni, bisognerebbe recuperare anche i Repubblicani Democratici di Giuseppe Ossorio).
Bonino conferma la speranza di un ripensamento di Calenda e, da Italia viva, Maria Elena Boschi nega l'esistenza di veti, ma al momento un ulteriore ampliamento delle forze ad Azione sembra poco probabile. Non proprio scontato, peraltro, appare l'obiettivo del 4% per l'eventuale lista guidata dalla stessa Azione, specie se questa non dovesse contare sull'appoggio di quella parte di +Europa guidata dal suo presidente, Federico Pizzarotti, che avrebbe preferito allearsi con il partito di Calenda. 
Al di là delle probabili future candidature (Bonino, Alessandro Cecchi Paone, l'ex presidente dell'Unione Camere penali Giandomenico Caiazza, l'ex sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini, il corrispondente di Libération Eric Jozsef e l’ex presidente dell'Alde Graham Watson; non invece Totò Cuffaro, a dispetto delle voci circolate in questi giorni, pur avendo la "sua" Dc manifestato interesse per la collaborazione con Iv), il progetto di "lista di scopo" (per superare il 4% e fare pesare le sensibilità europeiste, liberaldemocratiche, riformiste e moderate) pare più vicino alla realizzazione. Pochi, però, sembrano ricordare che il nome che si intende schierare - dalla storia illustre, essendo stato titolo di un libro di Ernesto Rossi e avendo avuto usi ancora precedenti - era già finito in bacheca al Viminale, anche se non sulle schede, senza essere caduto in desuetudine in questi anni. Il particolare non è privo di rilievo e merita di essere tenuto in considerazione, specie nei prossimi giorni.

martedì 26 marzo 2024

Pace Terra Dignità, i Verdi-Grüne-Vërc diffidano Santoro per la colomba

Si era rivelato non proprio semplice, fin dai suoi primi passi, il cammino verso le elezioni europee della lista Pace Terra Dignità, promossa da Michele Santoro, Raniero La Valle e Benedetta Sabene e co-partecipata da varie forze politiche, a iniziare dal Partito della Rifondazione comunista: prima il problema dello sbarramento, poi la grana improvvisa delle firme da raccogliere, ora anche - a quanto si apprende in esclusiva - il simbolo contestato, con la possibilità che sia messo in dubbio il lavoro fatto sin qui.
Se in origine infatti l'ostacolo principale era rappresentato dalla necessità di raggiungere il 4% dei voti per superare lo sbarramento imposto dalla legge (un problema, in realtà, comune a tutte le forze politiche medio-piccole, a prescindere dalla forza dimostrata in passato), alla metà di febbraio si era materializzato uno scoglio imprevisto e molto insidioso, a causa dell'emendamento "strozza esenzioni", presentato da quattro senatori di Fratelli d'Italia nell'iter di conversione del "decreto elezioni 2024", che avrebbe imposto di raccogliere in pochissimo tempo oltre 150mila firme, dovendone ottenere almeno 3mila in ogni regione. 
La riformulazione dell'emendamento, pur allentando un po' la stretta, ha continuato a non permettere più l'esenzione alle liste che, pur non avendo eletto europarlamentari in occasione del voto precedente, avessero potuto vantare un collegamento con un partito politico europeo rappresentato a Strasburgo (collegamento che, in questo caso, sarebbe stato assicurato proprio dal Prc, in virtù della sua adesione al Partito della Sinistra Europea). La modifica alla legge elettorale europea, com'è noto, è stata approvata (il 13 marzo al Senato, il 21 marzo alla Camera), ma contestualmente è stata introdotta anche una norma una tantum, che soltanto per le elezioni europee del 2024 ha dimezzato le firme necessarie (almeno 75mila totali, almeno 1500 in ogni regione): l'obiettivo, in tempi di partecipazione popolare ridotta e difficile, resta pur sempre arduo, ma l'asticella per questa volta si è abbassata, rendendo leggermente meno grave il cambiamento delle regole a gioco praticamente iniziato.
Tra le liste in preparazione che hanno visto di nuovo alla loro portata la possibilità di concorrere alle elezioni europee grazie a una raccolta firme meno severa - oltre a Democrazia sovrana popolare, Insieme liberi e altre forze politiche - c'è ovviamente Pace Terra Dignità. Oggi, però, è comparso un ulteriore problema, potenzialmente rischioso perché - nell'ipotesi peggiore, ma per niente scontata - potrebbe mettere in dubbio anche gli sforzi fatti sin qui per raccogliere le sottoscrizioni. Perché il problema riguarderebbe il simbolo, anzi, il contenuto del contrassegno scelto per la lista, contestato dal Verdi del Sudtirolo / Verdi-Grüne-Vërc.
I co-portavoce della forza politica, Elide Mussner e Luca Bertolini, quest'ultimo anche quale legale rappresentante, si sono infatti rivolti a un avvocato per tutelare gli interessi del partito: il giurista proprio oggi ha inviato una lettera di diffida a Michele Santoro (quale promotore "politico") e al Partito della Rifondazione comunista (quale soggetto politico aderente al progetto), lamentando la violazione (preventiva) delle norme elettorali in materia di contrassegni.
La diffida, che questo sito ha potuto visionare in esclusiva, prende atto della raccolta firme in corso e della descrizione del contrassegno della lista Pace Terra Dignità: "Cerchio di colore rosso tizianesco, recante al suo interno: - al centro, bozzetto di colomba di color bianco che porta sul becco ramo d’ulivo di color verde. - in basso, scritta di color bianco PACE TERRA DIGNITA' in carattere stampatello maiuscolo". Allo stesso tempo, la lettera segnala che "il Partito Verdi del Sudtirolo/Alto Adige - Grüne Südtirols - Verdi-Grüne-Verc, già dal 2014 [...] risulta iscritto nel registro dei partiti politici riconosciuti ai sensi del decreto-legge 149/2013" e che il suo statuto registrato, all'art. 2, descrive così il simbolo del partito: "una colomba della pace bianca su fondo verde contornata dalla scritta 'VERDI GRÜNE VËRC'".
Un confronto tra il simbolo storico dei Verdi-Grüne-Verc e il potenziale contrassegno della lista Pace Terra Dignità, secondo il legale cui i Verdi del Sudtirolo si sono rivolti, mostrerebbe "ictu oculi che quest'ultimo viola palesemente le disposizioni dell'art. 14 D.P.R. 30/03/1957, n. 361", cioè la disposizione che regola il deposito e l'ammissione dei contrassegni per l'elezione della Camera e che si applica esplicitamente anche alle elezioni europee. Il comma 3 dispone: "Non è ammessa lapresentazione di contrassegni [...] identici o confondibili con quelli presentati in precedenza ovvero con quelli riproducentisimboli elementi e diciture, o solo alcuni di essi, usati tradizionalmente da altri partiti", mentre il comma 4 (introdotto nel 1993 dalla "legge Mattarella" e modificato nel 2005, come il comma precedente, dalla "legge Calderoli") precisa che "costituiscono elementi di confondibilità, congiuntamente od isolatamente considerati, oltre alla rappresentazione grafica e cromatica generale, i simboli riprodotti, i singoli dati grafici, le espressioni letterali, nonché le parole o le effigi costituenti elementi di qualificazione degli orientamenti o finalità politiche connesse al partito o alla forza politica di riferimento anche se in diversa composizione o rappresentazione grafica".
Sulla base delle disposizioni sopra citate, la diffida invita i promotori della lista "a non utilizzare il contrassegno da Voi fino ad ora utilizzato - né per raccolte di firme, né per una successiva partecipazione a elezioni a qualsiasi livello - in quanto evidentemente confondibile con il simbolo storicamente utilizzato dai Verdi-Grüne-Verc in precedenti elezioni"; il partito si è anche riservato di proporre "formale opposizione a ogni deposito presso il Ministero dell’interno di un simbolo graficamente confondibile con quello dal partito fino ad ora utilizzato".
Chi segue questo sito potrà facilmente verificare che nell'articolo di febbraio in cui si era presentato il progetto di lista (a firma di Marco Chiumarulo) era stato già messo in luce l'uso precedente del tema grafico "colomba della pace", proprio con riferimento al simbolo ormai consolidato dei Verdi del Sudtirolo: si può ora riconoscere senza alcun problema che quel gruppo politico opera - come il suo sito internet indica - dal 1979, anche se il partito come soggetto giuridico è stato fondato nel 1996; certamente precedente rispetto a quella data è l'uso di una colomba mutuata direttamente dalla "colomba blu" di Picasso ma senza il rametto d'ulivo nel becco - così la si vede in due contrassegni depositati dai Verdi nel 1992 al Viminale e non ammessi - e in seguito leggermente ridisegnata (ma davvero poco).
Non si mette di certo in dubbio l'uso della colomba da parte della lista di Santoro e La Valle, né la comune ispirazione a creazioni di Picasso (anche se in effetti in origine il disegno di ispirazione era un altro e non risulta che in passato siano state poste obiezioni dai Verdi del Sudtirolo); è vero anche che il disegno della colomba di Pace Terra Dignità - comunque diverso rispetto a quello adottato dai Verdi-Grüne-Verc, nella forma del corpo e delle ali e per la presenza del ramo d'ulivo - è centrale all'interno del contrassegno come lo è nel simbolo sudtirolese. Bisogna però anche notare che l'uso del simbolo dei Verdi-Grüne-Verc, pur certamente consolidato, è limitato al territorio della provincia di Bolzano; l'inserimento del partito dei Verdi del Sudtirolo nel registro dei partiti politici (con il simbolo incluso nello statuto) è sicuramente un segno di stabilità e un mezzo di maggiore notorietà, ma non esclude in pieno le altre forze politiche dall'uso dello stesso tema grafico.
Quest'ultima questione, tra l'altro, è ben nota a Rifondazione comunista, che dall'autunno del 1998 ingaggiò una vera e propria battaglia con il Partito dei comunisti italiani di Oliviero Diliberto e Armando Cossutta
, lamentando la somiglianza del simbolo del neonato Pdci (con doppia bandiera falce-martello e tricolore, senza aste, su fondo bianco) con quello del Prc (che aveva solo la bandiera rossa con falce e martello, senza tricolore e con asta, ma sempre su fondo bianco). Alle amministrative del 1998 alcune commissioni negarono la confondibilità, altre la riconobbero e chiesero ai cossuttiani di ritoccare il contrassegno; nel 1999 il Viminale ammise entrambi i simboli, ma l'Ufficio elettorale nazionale per il Parlamento europeo riconobbe che la presenza di segni simili con scritte nere su fondo bianco potesse creare confusione, per cui invitò il Pdci a modificare quegli elementi, non invece la bandiera con falce e martello. La modifica fu fatta (scritte bianche su fondo blu, poi scritte blu su fondo azzurro) e da lì in avanti tutte le opposizioni presentate da Rifondazione comunista furono respinte.
Quanto alla colomba, bisogna ricordare che nel corso degli anni vari partiti hanno adottato rappresentazioni di quel volatile come simbolo
, a partire dal Movimento per l'autonomia (con i suoi vari nomi utilizzati nel corso del tempo), così come ricorre spesso in varie liste presenti alle elezioni amministrative: non è dato sapere se i Verdi del Sudtirolo si siano lamentati con queste forze politiche per l'uso della colomba, ma è facile riscontrare l'impiego continuato e diffuso di quel simbolo, anche perché non sono stati certo i Verdi-Grüne-Verc a coniare l'uso della colomba per riferirsi alla pace.  
La legge, insomma, non prevede un'esclusiva sul tema grafico (sul significato, in termini semiotici), ma sullo specifico disegno utilizzato (sul significante), così come richiede che la confondibilità non sia creata dal contesto visivo (dunque dai colori dello sfondo, dalle scritte...). A fronte di un elemento non irrilevante di somiglianza, quindi, esistono vari elementi di distinzione dei contrassegni altrettanto innegabili: come nel 1999, nella querelle tra Rifondazione comunista e Partito dei comunisti italiani, fu ritenuto sufficientemente distintivo sostituire il colore dello sfondo, in questo caso lo sfondo è profondamente diverso (il rosso è addirittura il colore complementare del verde) e il testo, pur essendo bianco, è completamente differente nel contenuto e nel carattere.
La certezza sull'uso indisturbato del simbolo della colomba della pace, però, ovviamente non può essere data né ottenuta a priori. Di sicuro, se in questa fase si decidesse di cambiare simbolo per evitare contestazioni, si metterebbe seriamente a rischio il valore delle firme raccolte fino a questo momento, perché sarebbe facile per gli uffici elettorali rilevare la differenza dei contrassegni (anche solo nella rappresentazione: la descrizione magari resterebbe la stessa) e contestare la cumulabilità delle sottoscrizioni. Diverso sarebbe il discorso se si proseguisse la raccolta firme con il simbolo inizialr preparando nel frattempo un contrassegno alternativo: questo verrebbe tenuto da parte e, in caso di invito alla sostituzione da parte del Viminale, sarebbe pronto per la presentazione, sapendo che in quel caso le firme raccolte a sostegno delle liste fino al momento della sostituzione sarebbero ancora perfettamente valide (anche se in passato è capitato che in prima istanza le liste fossero ricusate per le differenze nei contrassegni, salvo poi essere riammesse dalla Cassazione). 
Si tratta, in ogni caso, di un inghippo che la lista Pace Terra Dignità avrebbe evitato volentieri: si vedrà nelle prossime ore se la questione avrà sviluppi, anche di natura grafica.

giovedì 21 marzo 2024

Europee, Civici (Pirozzi), Popolo veneto e Ultimo con Sud chiama Nord

Si è celebrato stamattina il terzo appuntamento con le conferenze stampa presso la Camera della lista Libertà promossa in vista delle prossime elezioni europee da Sud chiama Nord e dal suo leader, Cateno De Luca: il quadro simbolico si è fatto più completo, oltre che più complesso. Il contrassegno elettorale, infatti, ha visto riempirsi due dei cerchi bianchi visti finora, ma altri due hanno cambiato posto e dimensione e sono comparsi gli spazi per altre due "pulci" in miniatura, uno delle quali è già stato occupato. È probabile che il contrassegno cambi ancora da qui a un mese (il deposito al Viminale è previsto dal 21 al 22 aprile), ma per ora si è di fronte a uno degli emblemi più affollati della storia, quasi certamente a quello più ricco di simboli della serie delle elezioni europee (il record probabilmente è detenuto dal fregio dell'Alleanza Nord presentato dalla Lega Lombarda nel 1989).
Fa il suo ingresso nella compagine Libertà la formazione I Civici in Movimento, rappresentata al tavolo di relazione dall'ex sindaco di Amatrice (2009-2018, periodo funestato dal sisma del 2016) ed ex consigliere regionale del Lazio (2018-2023) Sergio Pirozzi, indicato come presidente federale del soggetto politico: all'evento di oggi hanno partecipato anche la dottoressa Desirée Merlini, consigliera e già assessora di Monza, Giovanni Sgroi (medico anch'egli),  sindaco di Rivolta d'Adda e Luigi Abbate, consigliere di Taranto e coordinatore federale dei Civici in Movimento. "Ho accettato di rappresentare i civici - ha spiegato Pirozzi - perché vengo da lì, da un mondo che in politica e nelle istituzioni arriva a un certo punto e poi si ferma, perché non ha una rappresentanza strutturata: occorrono altri passaggi nei quali ci si accorge che le istanze dei territori e di chi sta sul campo non sono considerate". 
Il simbolo, probabilmente di conio assai recente e collocato al centro del contrassegno, subito al di sotto della parola "Libertà", pone in evidenza la parola "Civici" mentre in filigrana s'intravede "l'impronta non di un mocassino, ma di uno scarpone, perché chi è civico e lavora sui territori sa quali sono i problemi delle persone": del resto l'impronta dello scarpone - allora rossa - era stata l'elemento caratterizzante della lista Sergio Pirozzi presidente, con cui lo stesso Pirozzi era stato eletto nel 2018 in consiglio regionale (mentre nel 2019 poco prima delle europee si erano mossi i primi passi di un'altra creatura pirozziana, Siamo l'Italia, con cuore d'Italia e tricolore su fondo blu). "Credo che questa sia una giusta battaglia - ha aggiunto Pirozzi - la nostra sfida è portare qualcuno in Europa per rappresentare le istanze dei civici. Sarà dura, ma alle mie squadre, amministrative o sportive, ho sempre detto che l'importante è arrivare al traguardo con la maglia sudata. Lo faremo sforzandoci in campagna elettorale, aprendo la campagna ad Amatrice, raccontando le vere storie dei territori, anche quelli in cui la ricostruzione dopo il terremoto non è arrivata, a differenza di quel che raccontano i media: altro che un 'mondo al contrario', siamo un mondo a parte, non viene più raccontato. Sono tornato, deluso un po' da Matteo Salvini, ma molto di più da Giorgia Meloni, che ha tradito molti principi".
Ha partecipato alla conferenza stampa anche Vito Comencini, 36 anni, della provincia di Verona, deputato leghista nella scorsa legislatura e da dicembre presidente dell'Associazione Popolo Veneto: "Sud chiama Nord e il nord risponde, anzi, il regno delle due sicilie chiama e le terre della Repubblica Serenissima rispondono - ha spiegato - Devo ringraziare Roberto Castelli per la mia presenza qui, perché lui è partito per primo, ma noi portiamo qualcosa in più, appunto le terre della Serenissima. Popolo Veneto è un movimento nato da poco ma con la grande ambizione di lottare: ci sono tante battaglie valoriali, identitarie, di sovranità, a difesa di molte categorie che non si sentono rappresentate, c'è chi aveva creato aspettative su queste battaglie e poi le ha tradite. Non si poteva stare a guardare, pensando semplicemente alle europee in cui il 50% o il 60% delle persone non vota perché non trova rappresentate le proprie idee: un'alternativa bisognava darla, riprendendo la battaglia non solo dell'autonomia, ma del federalismo, di cui più nessuno parla, e anche gli amministratori locali meritano risposte dallo Stato e dall'Unione Europea".
Se l'emblema ufficiale dell'associazione Popolo Veneto include una statua di San Marco evangelista con a fianco un leone accovacciato, inserita in un fumetto giallo collocato su fondo blu (i colori di Verona) e con la dicitura "Sovrano e identitario" al di sotto del nome dell'ente, per l'occasione la statua a due figure è stata sostituita da una delle immagini del leon de guera, vale a dire il leone con la zampa sul Libro chiuso e la spada brandita con l'altra zampa anteriore. Si tratta dello stesso tema presente nel simbolo leghista, con l'immagine del leone riportata dal 1997 sullo scudo del guerriero di Legnano. La miniatura del simbolo occupa il cerchio nella parte superiore, a sinistra di Sud chiama Nord, nel posto che prima era stato del Movimento per l'Italexit (il cui fregio è stato spostato nella parte inferiore, sempre a destra); a destra di Sud chiama Nord ora si trova il simbolo del Partito popolare del Nord, prima collocato nella parte inferiore al centro (e sono cambiate anche le dimensioni, ora ridotte). 
Nel contrassegno non ha trovato posto (e non è un caso) il simbolo di Rassemblement valdôtain, movimento politico costituito a novembre dello scorso anno, "indipendente da qualsiasi altro partito politico esistente e riconosce come suo primo obiettivo quello di difendere liberamente, senza alcuna remora, gli interessi di tutti i valdostani siano essi di nascita, adozione o scelta" (così era scritto nella nota di presentazione), partendo da quattro consiglieri regionali eletti con la Lega nel 2020. "Siamo un piccolo partito - ha detto il presidente Davide Bionaz - nato subito dopo l'estate, grazie a persone che nella loro storia personale hanno sempre difeso l'autonomismo valdostano, che significa difendere e propagare in Italia, in Europa e nel Mondo le idee del federalismo e dell'Europa dei popoli: solo loro rappresentano loro specificità, linguistiche, alimentari e culturali, un patrimonio che rischia di andare disperso e non viene considerato. Noi abbiamo trovato una totale assonanza di idee con Sud chiama Nord, Cateno De Luca e Roberto Castelli; il patrimonio dell'autonomia e del federalismo è stato disperso e negli ultimi mesi calpestato dalla semplice idea che la difficoltà di eleggere, per le norme in vigore, un rappresentante valdostano:  L'Italia è un paese di montagne, dal Monte Bianco alle Cime di Lavaredo all'Etna: è un territorio difficile, quelle difficoltà vanno riconosciute e chi le ha va aiutato e premiato, innanzitutto con i soldi dell'Europa". 
Il simbolo del Rassemblement valdôtain schiera, su fondo rosso, un leone rampante bianco stilizzato, con coda biforcuta; quell'emblema sarà visibile nella sola circoscrizione Nord-Ovest, perché l'idea è di presentare una lista espressione della minoranza francese, da collegare a Sud chiama Nord - Libertà per il cumulo dei voti e l'eventuale assegnazione dei seggi. Occorre però notare che non sono previste dalla legge esenzioni per le minoranze linguistiche, per cui la lista non risulta essere esente dalla raccolta firme (a meno che improvvisamente in quel contrassegno non spunti qualche pulce di partito esente...), dunque su questa si dovrebbero raccogliere almeno 15mila firme, 1500 delle quali in Valle d'Aosta.
Ha invece trovato posto nel contrassegno, anche a costo di aggiungere due "pallini" più piccoli, l'emblema bianco e nero con la dicitura-nome Capitano Ultimo. Questo perché tra i candidati della lista ci sarà anche Sergio De Caprio, appunto il "capitano Ultimo", a lungo impegnato come carabiniere in operazioni antimafia e "arrestatore" di Totò Riina e vari altri criminali: nome votato da Fratelli d'Italia nel 2013 alle elezioni del Presidente della Repubblica e assessore regionale alla tutela dell'Ambiente in Calabria dal 2020 al 2021, De Caprio è - salvo errore - alla sua prima candidatura e, per quanto se ne sa, è uno dei pochissimi riferimenti grafici a un singolo candidato che concorre alla formazione di una lista. "Ultimo - ha proclamato Cateno De Luca - è la Storia, ma non può essere solo questo: rappresenta, non solo per la Sicilia, quel pezzo di Stato che ha chiuso una fase, arrestando un macellaio, non un semplice criminale. Non vogliamo solo la sua candidatura, ma che nel nostro brand ci sia un messaggio chiaro ai mafiosi e ai voti della mafia, non vogliamo né gli uni né gli altri".
De Luca ha anche illustrato altri aspetti del progetto di "alleanza ampia che ha come comune denominatore meno Europa, più sovranità, più autonomia, più equità. Sud chiama Nord è da sempre civico e federalista: vista la mia storia e le mie vittorie contro i partiti posso dare lezioni di civismo, per questo costruiamo la prima rete civica nazionale, per diventare protagonisti con un brand ben preciso. Stiamo continuando a contaminare di democrazia un sistema oligarchico, senza temere il fatto che un giorno chi sta camminando con noi possa candidarsi contro di noi. Per noi questo progetto rappresenta lo Sbarco dei Mille al contrario: da mille a maggio vogliamo arrivare a un milione a giugno. Dico a chi ha discusso con noi finora e non ha ancora scelto di unirsi alla lista Libertà che c'è ancora tempo: vi aspettiamo, il fronte della Libertà deve volare alto sopra i personalismi, speriamo che la Pasqua faccia riflettere".
"Il mondo civico - ha spiegato Laura Castelli - è nelle radici di Sud chiama Nord, perché nasce dal civismo concreto, fatto di persone che nella loto vita hanno fatto e continuano a fare attività nelle loro amministrazioni. Oggi presentiamo l'unione di persone e di civiche che per la prima volta stanno insieme in uno strumento nazionale, messo a disposizione con generosità. Poi abbiamo l'onore di continuare a costruire sul Nord, con un progetto importante che schiera il simbolo del leone ben noto ai veneti, in rappresentanza di un Nord abbandonato e anche un po' tradito. Con noi c'è anche una parte importante della Valle d'Aosta e c'è anche 'Capitano Ultimo': siamo felici che anche lui aderisca a questo progetto, vuol dire che siamo sulla strada giusta".
Nell'attesa di scoprire quali saranno gli altri simboli che completeranno il contrassegno di Libertà, non sfugge ai #drogatidipolitica l'evento di presentazione della nascente lista a Milano: si terrà sabato 23 marzo (ore 11) all’Hotel Cavalieri, l'hotel di Roberto Bernardelli, con una lunga storia prima nella Lega Nord, poi in altre formazioni autonomiste e "nordiste" (fino a Grande Nord). "Sono sempre stato affascinato dalla prima Lega - ha detto sempre Cateno De Luca in conferenza Stampa - non dalla Lega salottiera di Matteo Verdini, che non mi interessa. Il nostro slogan sarà Roma Ladrona: i leghisti di Salvini non lo possono dire perché sarebbe come dare del ladrone a Salvini". Il tempo per riempire gli spazi vuoti c'è ancora, chissà chi spunterà...

sabato 16 marzo 2024

Europee, Alternativa popolare con il Ppe e Bandecchi nel simbolo

Sin dall'inizio di febbraio Stefano Bandecchi, coordinatore nazionale di Alternativa popolare, non ne aveva fatto mistero: il Parlamento europeo era la meta cui puntare. Il 27 e il 28 gennaio, al primo congresso programmatico del partito, era stato "ufficializzato" grazie alla scenografia l'ingresso del riferimento testuale al Partito popolare europeo all'interno del simbolo (proprio all'interno del cuore dal contorno giallo che richiama il logo del Ppe, il cui cuore con le stelle uso non era stato consentito dal partito europeo già nel 2016, quando il soggetto politico italiano fondato da Angelino Alfano formalmente si chiamava ancora Nuovo centrodestra ma usava alternativamente il nome Area popolare). Il 9 febbraio, all'indomani dell'annuncio delle sue dimissioni da sindaco di Terni (poi ritirate una settimana più tardi), Bandecchi aveva poi annunciato la sua candidatura come capolista alle elezioni europee in tutte le circoscrizioni, contando di raggiungere e superare il 4%: il compito sarebbe stato arduo, ma se non altro la lista avrebbe potuto partecipare alle elezioni senza dover raccogliere le firme, in virtù dell'adesione di Ap al Ppe (che ovviamente nel 2019 ha ottenuto seggi europei, anche in Italia) e della "via europea" aperta dalla decisione dell'Ufficio elettorale nazionale nel 2014 dopo il ricorso della Federazione dei Verdi - Verdi europei e sfruttata nel 2019 proprio da Alternativa popolare per esentare la lista condivisa con il Popolo della famiglia
Quando però, il 15 febbraio, si era diffusa la notizia dell'emendamento presentato da Fratelli d'Italia per ridurre sensibilmente le esenzioni dalla ricerca dei sottoscrittori, facendo balenare l'ipotesi che la strada dell'esonero non fosse più percorribile per i partiti che avevano eletto parlamentari nei collegi uninominali e per quelli legati a partiti politici europei rappresentati a Strasburgo, Stefano Bandecchi aveva reagito in fretta: "L'emendamento presentato dai senatori di Fdi Lisei, Della Porta, De Priamo e Spinelli alla Legge di conversione del Dl sull'Election Day, per modificare i criteri di esenzione dalla raccolta firme per le imminenti elezioni europee, è degno dell'Ungheria dell'amico (loro) Orban, non di uno Stato democratico e libero. [...] Una norma contra personam, contro Stefano Bandecchi e Alternativa Popolare. Fino a oggi, come forza appartenente al Ppe, eravamo esentati dalla raccolta firme, come previsto dalla legge; da domani, se approveranno questo emendamento porcata, non avremo più questo diritto. Non abbiamo certamente paura di questa sfida, però questo nega un diritto acquisito e, quindi, ci riserviamo di avviare tutte le azioni necessarie per evidenziare una gravissima lesione di diritti riconosciuti sia in Costituzione che nel Diritto Comunitario. È una norma antidemocratica, di compressione del diritto di rappresentanza, di eliminazione per via legislativa – anzi, emendativa – di un soggetto e di una componente politica". 
Si è visto come pure altre forze politiche, come Sud chiama Nord, avessero parlato di norma scritta contro di loro, per farle fuori dalla competizione europea. Se però pochi giorni dopo la riformulazione dell'emendamento di Fdi aveva restituito l'esenzione alle forze politiche che avevano eletto anche solo un deputato o un senatore nei collegi uninominali (per la soddisfazione di Cateno De Luca, oltre che di +Europa e di altri soggetti politici), non potevano dirsi altrettanto soddisfatti i partiti italiani che - privi di propri eletti alle Camere o al Parlamento europeo - contavano di presentare liste grazie alla loro affiliazione ai rispettivi partiti europei; il testo dell'emendamento manteneva tra i requisiti per l'esenzione l'aver eletto europarlamentari in Italia, dunque avere partecipato alle ultime elezioni europee e aver superato la soglia di sbarramento. Lo 0,43% raccolto dalla lista Alternativa popolare - Il Popolo della famiglia non era chiaramente sufficiente ad eleggere europarlamentari, quindi la strada dell'esenzione per Bandecchi era rimasta sbarrata. 
Nei giorni successivi, in ogni caso, Ap ha intensificato la propria attività, rimarcando il sostegno alla candidatura di Riccardo Corridore - vicesindaco di Terni, dunque vice di Stefano Bandecchi, e coordinatore umbro del partito - alla guida della giunta regionale dell'Umbria, ma soprattutto ha inserito il riferimento a Bandecchi all'interno dei futuri contrassegni elettorali: vale tanto per l'emblema da schierare sulle schede umbre, quanto per il contrassegno che quasi certamente arriverà al Viminale tra il 21 e il 22 aprile. Il simbolo, presentato il 5 marzo, oltre all'espressione "con Bandecchi" (la cui evidenza ha costretto a ridurre di dimensioni il nucleo del fregio del partito), contiene il logo ufficiale del Ppe nella parte inferiore, quasi a ripetere il riferimento già inserito poche settimane prima nel cuore giallo del partito (colore che evidenzia anche le iniziali del Ppe). Il legame con il partito europeo è stato ribadito con la presenza, il 7 marzo, al congresso del Ppe a Bucarest del presidente di Alternativa popolare, Paolo Alli (proprio lui aveva concesso il simbolo a Mario Adinolfi nel 2019); il giorno dopo, in compenso, la scena se l'è ripresa Bandecchi, annunciando - in un'intervista alla Nazione - la propria candidatura come "ultimo nome" perché non avrebbe intenzione di andare a Strasburgo, "non posso tradire il patto che ho fatto con gli elettori ternani. Devo continuare a esercitare il mio ruolo di sindaco, così come mi sono impegnato a fare". 
In quella stessa intervista ha ricordato il percorso dell'emendamento di Fdi (allora solo approvato in commissione al Senato), sottolineando di non vedere quella futura disposizione "in forma restrittiva. Possiamo partecipare alle Europee senza raccolta di firme, perché siamo iscritti al Ppe. I politici italiani hanno dimostrato di nuovo di avere paura di Bandecchi e di Ap". Difficile capire come si possa conciliare l'auspicio di esenzione grazie all'iscrizione al Ppe con la richiesta - in base all'ormai quasi vigente testo della legge sulle elezioni europee - di essere un partito "che nell'ultima elezione [abbia] presentato candidature con proprio contrassegno ed [abbia] ottenuto almeno un seggio in una delle circoscrizioni italiane al Parlamento europeo, e che [sia] affiliat[o] a un partito politico europeo costituito in gruppo parlamentare al Parlamento Europeo nella legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi elettorali". L'affiliazione al Ppe (con proprio gruppo parlamentare europeo) c'è, la partecipazione alle elezioni europee del 2019 pure, il seggio ottenuto in quell'occasione nelle circoscrizioni italiane invece no. 
Scartata l'ipotesi di accordi con Matteo Renzi ("Non ha realizzato il brand di centro ma si presenta con Italia Viva", ammesso che non vada in porto la lista comune con +Europa ed altre forze) o con Forza Italia ("Ha deciso di andare da sola perché non vuole dividere il simbolo Ppe con Alternativa popolare"), Bandecchi presenterà alla stampa e al corpo elettorale le liste la mattina del 20 marzo alla sala Capranichetta: prima di partire con il camper per la campagna elettorale, è già stata annunciata la presenza come capolista dell'ex magistrato Luca Palamara, indicato come capolista nella circoscrizione Centro. Certo, sarebbe curioso capire se nel frattempo il partito tirerà dritto sulla sua idea di avere diritto all'esenzione o cercherà comunque di raccogliere le firme, per mettere minimamente al sicuro la partecipazione. Di certo la notizia dell'approvazione al Senato del disegno di legge di conversione del "decreto elezioni 2024", con l'emendamento ricordato ma anche il dimezzamento delle sottoscrizioni necessari, non è sfuggita a Bandecchi, che giovedì mattina ha postato il video della partenza del suo camper commentando "Stanotte qualcuno si è messo a fare le solite leggi, come dire, notturne". I candidati e i dirigenti di Alternativa popolare proveranno a sfruttare il taglio delle firme o rischieranno la via dell'esonero, con il pericolo - quasi certo - che gli uffici elettorali sbarrino la strada verso le schede e le urne?

giovedì 14 marzo 2024

Europee, Movimento per l'Italexit con De Luca (ma già diffidato)

L'aveva annunciato Cateno De Luca, nel corso dell'assemblea nazionale di Sud chiama Nord all'inizio di marzo: ogni giovedì di quel mese avrebbe tenuto una conferenza stampa alla Camera, presentando via via le forze politiche che avrebbero accettato di concorrere alla formazione della lista Libertà, che parteciperà alle elezioni europee dell'8 e 9 giugno senza dover raccogliere le firme (in virtù dell'esenzione legata all'elezione di due parlamentari che la seconda versione dell'emendamento di Fratelli d'Italia al "decreto elezioni 2024" ha preservato). Quest'oggi, in effetti, il segretario De Luca è tornato nella sala stampa di via della Missione a Roma insieme al deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo, la presidente del partito Laura Castelli e due ospiti, Giampaolo Bocci e Giuseppe Sottile.
Se ai più questi due nomi possono dire poco, occorre sapere che si tratta di persone che fino a poco tempo fa erano dirigenti di Italexit, il partito fondato da Gianluigi Paragone e dal quale il giornalista ed ex senatore si è dimesso il 29 dicembre 2023, dopo un non breve confronto interno; oggi sono intervenute come rappresentanti di un nuovo soggetto politico, denominato Movimento per l'Italexit. "In questo periodo di preparazione della lista per le europee - ha detto Laura Castelli - capita sempre più spesso di ritrovare persone incontrate dieci o quindici anni fa, che nel tempo hanno preso strade politiche diverse ma con cui ora ci si ritrova a parlare di ciò che è accaduto ed è cambiato in questo periodo. È il caso di Giampaolo Bocci e non credo sia un caso: in questa fase in cui c'è chi non ha più la libertà di parlare e chi la rivendica, essere di nuovo compagni di strada è naturale". 
Bocci (fondatore del Movimento per l'Italexit con Andrea Andreson e Carlo Carassai) ha spiegato come molti di coloro che erano coordinatori locali o regionali di Italexit, nonché ex candidati alle elezioni politiche del 2022 in queste settimane hanno abbandonato il partito, aderendo al nuovo soggetto politico. "Con la federazione Libertà ci impegniamo a lavorare per un'Italia più giusta, più libera e sovrana. Siamo un nuovo capitolo, ma fondato su basi solide; con noi c'è anche Luciano Bosco, ex coordinatore organizzativo nazionale di Italexit". "Noi abbiamo partecipato alle elezioni politiche con un partito che si chiamava Italexit con Paragone - ha aggiunto Sottile, già membro della direzione nazionale -. Fuori da ogni ipocrisia, quell'esperienza politica per me è finita con le dimissioni di Gianluigi Paragone. Oggi c'è un gruppo di persone volenterose che cerca di portare avanti quel progetto: tra loro c'è il mio amico Andrea Perillo e lo invito a valutare l'opportunità di partecipare a questa battaglia, ma c'è anche una comunità che si riconosce nelle persone citate da Bocci e che oggi si ritrova nel Movimento per l'Italexit".
Sembrano avere in realtà tutt'altra intenzione i continuatori di Italexit, anzi, di Italexit per l'Italia (il nome ufficiale, da statuto, era quello da tempo, benché di norma fosse usata solo la prima parte abbinata al nome di Paragone, puntualmente in maggiore evidenza), a seguito di una direzione generale che si è svolta il 12 febbraio: "Era importante - si è letto allora in un comunicato - fornire a tutti i nostri iscritti e simpatizzanti, e in generale a chi ci segue con interesse, un chiaro segnale della volontà politica di proseguire nel nostro cammino". La riorganizzazione del partito è passata attraverso la nomina di un Consiglio di reggenza (composto da Antonino Iracà, Roberto Robilotta e Andrea Perillo) con funzioni di rappresentanza politica e di portavoce nazionali e l'istituzione di un coordinamento organizzativo nazionale (presieduto dai responsabili Cristiano Zatta e Fabio Montorro).
Proprio il citato Consiglio di reggenza di Italexit per l'Italia questa mattina ha diffuso un comunicato, emesso "a seguito delle numerose segnalazioni [...] pervenute, che vedrebbero alcuni soggetti tentare di proporsi e interfacciarsi con il nostro elettorato e con altre forze politiche a nome di Italexit". "Diffidiamo chiunque - vi si legge - nel vano tentativo di accreditarsi millantando di poter disporre del simbolo e del nome del partito in maniera impropria e deliberata senza di fatto averne alcun titolo e alcuna autorizzazione, di operare a nome o per conto di Italexit per l’Italia". Per reagire a "qualsiasi distorsione e ingannevolezza in merito all'utilizzo illegittimo del nome o del simbolo del partito", il Consiglio di reggenza precisa che "esiste un solo e unico partito Italexit per l'Italia, pertanto eventuali comitati e movimenti estemporanei e improvvisati che dovessero presentarsi in nome e per conto di Italexit, sono da ritenersi del tutto estranei al nostro partito e totalmente privi di qualsivoglia legittimità. Il nostro partito è inoltre operativo e riconoscibile esclusivamente attraverso i suoi riferimenti ufficiali reperibili sul sito internet di Italexit per l'Italia". Il comunicato si conclude prospettando azioni legali: "Abbiamo già dato mandato ai nostri legali di procedere in sede civile e penale, con relativa richiesta di risarcimento danni, contro chiunque dovesse utilizzare indebitamente, anche solo parzialmente e con qualsiasi elemento riconducibile ad Italexit per l'Italia, il nostro nome e il nostro simbolo".
Nella conferenza stampa di oggi Cateno De Luca ha brevemente commentato la reazione ufficiale di Italexit ("Vengo dalla Sicilia, sono abituato a ben altro, questi comunicati di diffida mi fanno il solletico; grazie anzi per la pubblicità che ci viene fatta con questa diffida, spero non ci arrivi la fattura..."); al di là di questo, è facile notare che il simbolo creato per distinguere il Movimento per l'Italexit - cerchio blu sfumato, nome maiuscolo bianco con "Italexit" in evidenza (e la X conformata in modo da far emergere una freccia) e ondina tricolore in basso - è oggettivamente diverso e graficamente non confondibile rispetto all'emblema di Italexit per l'Italia. Il simbolo riempie uno dei quattro cerchietti inseriti nel contrassegno elettorale provvisorio della lista Libertà - Sud chiama Nord: le dimensioni sulla scheda non rendono quella miniatura particolarmente visibile, anche se certamente l'elemento che spicca in quel piccolo cerchio è la parola Italexit.
Posto che il Movimento per l'Italexit appare qualificarsi come soggetto distinto dal partito Italexit per l'Italia (non agisce cioè in suo nome e per suo conto), resta la questione del possibile uso indebito, anche solo parziale, del nome di Italexit per l'Italia. La questione non è di immediata soluzione per varie ragioni. Da un lato si può ricordare che lo stesso Gianluigi Paragone, prima di presentare in conferenza stampa il partito Italexit a luglio del 2020, fu oggetto di una diffida: la presentò Teofilo Migliaccio, allora a capo di un partito già denominato (dal 2019) Italexit e che nella grafica riprendeva il Brexit Party di Nigel Farage. Paragone all'epoca incaricò uno studio legale di replicare, sostenendo che "Italexit è un termine generico, che si inserisce in quell'insieme di parole coniate per l'ultimo decennio per identificare quei movimenti economico-politici rappresentativi del sentimento di euroscetticismo, secondo cui, per migliorare le condizioni di un paese, è necessario riacquistare la piena sovranità", al punto tale che il Vocabolario Treccani ha accolto il neologismo nel 2016. Ugualmente facile è notare che nella banca dati dell'Ufficio italiano brevetti e marchi, tra il simbolo del partito che fu di Migliaccio (rifiutato come marchio probabilmente per la questione - più volte analizzata - della forma rotonda, ritenuta in conflitto con le norme elettorali) e il primo logo depositato come marchio da soggetti riconducibili a Gianluigi Paragone  risultano altri due segni distintivi contenenti in rilievo la parola "Italexit", che dunque si potrebbe effettivamente considerare di uso comune. Dall'altro lato, tuttavia, non si può trascurare come Italexit per l'Italia sia stato rappresentato in Parlamento nella scorsa legislatura con propria componente al Senato (costituita grazie al sostegno tecnico del Partito valore umano) e, proprio in virtù di questo, abbia ottenuto l'inserimento nel Registro dei partiti politici previsto dal decreto-legge n. 149/2013: questi elementi potrebbero in qualche modo rafforzare la posizione di Italexit per l'Italia, vista la tutela che normalmente è accordata - specie in caso di scissione - ai partiti la cui presenza parlamentare, pur non più attuale, è comunque vicina nel tempo. 
Con riferimento alle elezioni europee, in ogni caso, toccherà al Ministero dell'interno decidere sull'ammissibilità del contrassegno composito di Sud chiama Nord - Libertà, anche con riguardo alle sue singole parti, inclusa la miniatura del Movimento per l'Italexit. Non è nemmeno impossibile che, visto il concorso di questo movimento alla lista promossa da Cateno De Luca, qualche rappresentante di Italexit per l'Italia si metta in fila al Viminale già il 21 aprile, con l'idea di depositare il proprio contrassegno e opporsi all'eventuale ammissione del simbolo elettorale di De Luca. Che nel frattempo si sarà completato con l'inserimento di altri soggetti politici.