Si era rivelato non proprio semplice, fin dai suoi primi passi, il cammino verso le elezioni europee della lista Pace Terra Dignità, promossa da Michele Santoro, Raniero La Valle e Benedetta Sabene e co-partecipata da varie forze politiche, a iniziare dal Partito della Rifondazione comunista: prima il problema dello sbarramento, poi la grana improvvisa delle firme da raccogliere, ora anche - a quanto si apprende in esclusiva - il simbolo contestato, con la possibilità che sia messo in dubbio il lavoro fatto sin qui.
Se in origine infatti l'ostacolo principale era rappresentato dalla necessità di raggiungere il 4% dei voti per superare lo sbarramento imposto dalla legge (un problema, in realtà, comune a tutte le forze politiche medio-piccole, a prescindere dalla forza dimostrata in passato), alla metà di febbraio si era materializzato uno scoglio imprevisto e molto insidioso, a causa dell'emendamento "strozza esenzioni", presentato da quattro senatori di Fratelli d'Italia nell'iter di conversione del "decreto elezioni 2024", che avrebbe imposto di raccogliere in pochissimo tempo oltre 150mila firme, dovendone ottenere almeno 3mila in ogni regione.
La riformulazione dell'emendamento, pur allentando un po' la stretta, ha continuato a non permettere più l'esenzione alle liste che, pur non avendo eletto europarlamentari in occasione del voto precedente, avessero potuto vantare un collegamento con un partito politico europeo rappresentato a Strasburgo (collegamento che, in questo caso, sarebbe stato assicurato proprio dal Prc, in virtù della sua adesione al Partito della Sinistra Europea). La modifica alla legge elettorale europea, com'è noto, è stata approvata (il 13 marzo al Senato, il 21 marzo alla Camera), ma contestualmente è stata introdotta anche una norma una tantum, che soltanto per le elezioni europee del 2024 ha dimezzato le firme necessarie (almeno 75mila totali, almeno 1500 in ogni regione): l'obiettivo, in tempi di partecipazione popolare ridotta e difficile, resta pur sempre arduo, ma l'asticella per questa volta si è abbassata, rendendo leggermente meno grave il cambiamento delle regole a gioco praticamente iniziato.
Tra le liste in preparazione che hanno visto di nuovo alla loro portata la possibilità di concorrere alle elezioni europee grazie a una raccolta firme meno severa - oltre a Democrazia sovrana popolare, Insieme liberi e altre forze politiche - c'è ovviamente Pace Terra Dignità. Oggi, però, è comparso un ulteriore problema, potenzialmente rischioso perché - nell'ipotesi peggiore, ma per niente scontata - potrebbe mettere in dubbio anche gli sforzi fatti sin qui per raccogliere le sottoscrizioni. Perché il problema riguarderebbe il simbolo, anzi, il contenuto del contrassegno scelto per la lista, contestato dal Verdi del Sudtirolo / Verdi-Grüne-Vërc.
I co-portavoce della forza politica, Elide Mussner e Luca Bertolini, quest'ultimo anche quale legale rappresentante, si sono infatti rivolti a un avvocato per tutelare gli interessi del partito: il giurista proprio oggi ha inviato una lettera di diffida a Michele Santoro (quale promotore "politico") e al Partito della Rifondazione comunista (quale soggetto politico aderente al progetto), lamentando la violazione (preventiva) delle norme elettorali in materia di contrassegni.
La diffida, che questo sito ha potuto visionare in esclusiva, prende atto della raccolta firme in corso e della descrizione del contrassegno della lista Pace Terra Dignità: "Cerchio di colore rosso tizianesco, recante al suo interno: - al centro, bozzetto di colomba di color bianco che porta sul becco ramo d’ulivo di color verde. - in basso, scritta di color bianco PACE TERRA DIGNITA' in carattere stampatello maiuscolo". Allo stesso tempo, la lettera segnala che "il Partito Verdi del Sudtirolo/Alto Adige - Grüne Südtirols - Verdi-Grüne-Verc, già dal 2014 [...] risulta iscritto nel registro dei partiti politici riconosciuti ai sensi del decreto-legge 149/2013" e che il suo statuto registrato, all'art. 2, descrive così il simbolo del partito: "una colomba della pace bianca su fondo verde contornata dalla scritta 'VERDI GRÜNE VËRC'".
Un confronto tra il simbolo storico dei Verdi-Grüne-Verc e il potenziale contrassegno della lista Pace Terra Dignità, secondo il legale cui i Verdi del Sudtirolo si sono rivolti, mostrerebbe "ictu oculi che quest'ultimo viola palesemente le disposizioni dell'art. 14 D.P.R. 30/03/1957, n. 361", cioè la disposizione che regola il deposito e l'ammissione dei contrassegni per l'elezione della Camera e che si applica esplicitamente anche alle elezioni europee. Il comma 3 dispone: "Non è ammessa lapresentazione di contrassegni [...] identici o confondibili con quelli presentati in precedenza ovvero con quelli riproducentisimboli elementi e diciture, o solo alcuni di essi, usati tradizionalmente da altri partiti", mentre il comma 4 (introdotto nel 1993 dalla "legge Mattarella" e modificato nel 2005, come il comma precedente, dalla "legge Calderoli") precisa che "costituiscono elementi di confondibilità, congiuntamente od isolatamente considerati, oltre alla rappresentazione grafica e cromatica generale, i simboli riprodotti, i singoli dati grafici, le espressioni letterali, nonché le parole o le effigi costituenti elementi di qualificazione degli orientamenti o finalità politiche connesse al partito o alla forza politica di riferimento anche se in diversa composizione o rappresentazione grafica".
Sulla base delle disposizioni sopra citate, la diffida invita i promotori della lista "a non utilizzare il contrassegno da Voi fino ad ora utilizzato - né per raccolte di firme, né per una successiva partecipazione a elezioni a qualsiasi livello - in quanto evidentemente confondibile con il simbolo storicamente utilizzato dai Verdi-Grüne-Verc in precedenti elezioni"; il partito si è anche riservato di proporre "formale opposizione a ogni deposito presso il Ministero dell’interno di un simbolo graficamente confondibile con quello dal partito fino ad ora utilizzato".
Chi segue questo sito potrà facilmente verificare che nell'articolo di febbraio in cui si era presentato il progetto di lista (a firma di Marco Chiumarulo) era stato già messo in luce l'uso precedente del tema grafico "colomba della pace", proprio con riferimento al simbolo ormai consolidato dei Verdi del Sudtirolo: si può ora riconoscere senza alcun problema che quel gruppo politico opera - come il suo sito internet indica - dal 1979, anche se il partito come soggetto giuridico è stato fondato nel 1996; certamente precedente rispetto a quella data è l'uso di una colomba mutuata direttamente dalla "colomba blu" di Picasso ma senza il rametto d'ulivo nel becco - così la si vede in due contrassegni depositati dai Verdi nel 1992 al Viminale e non ammessi - e in seguito leggermente ridisegnata (ma davvero poco).
Non si mette di certo in dubbio l'uso della colomba da parte della lista di Santoro e La Valle, né la comune ispirazione a creazioni di Picasso (anche se in effetti in origine il disegno di ispirazione era un altro e non risulta che in passato siano state poste obiezioni dai Verdi del Sudtirolo); è vero anche che il disegno della colomba di Pace Terra Dignità - comunque diverso rispetto a quello adottato dai Verdi-Grüne-Verc, nella forma del corpo e delle ali e per la presenza del ramo d'ulivo - è centrale all'interno del contrassegno come lo è nel simbolo sudtirolese. Bisogna però anche notare che l'uso del simbolo dei Verdi-Grüne-Verc, pur certamente consolidato, è limitato al territorio della provincia di Bolzano; l'inserimento del partito dei Verdi del Sudtirolo nel registro dei partiti politici (con il simbolo incluso nello statuto) è sicuramente un segno di stabilità e un mezzo di maggiore notorietà, ma non esclude in pieno le altre forze politiche dall'uso dello stesso tema grafico.
Quest'ultima questione, tra l'altro, è ben nota a Rifondazione comunista, che dall'autunno del 1998 ingaggiò una vera e propria battaglia con il Partito dei comunisti italiani di Oliviero Diliberto e Armando Cossutta, lamentando la somiglianza del simbolo del neonato Pdci (con doppia bandiera falce-martello e tricolore, senza aste, su fondo bianco) con quello del Prc (che aveva solo la bandiera rossa con falce e martello, senza tricolore e con asta, ma sempre su fondo bianco). Alle amministrative del 1998 alcune commissioni negarono la confondibilità, altre la riconobbero e chiesero ai cossuttiani di ritoccare il contrassegno; nel 1999 il Viminale ammise entrambi i simboli, ma l'Ufficio elettorale nazionale per il Parlamento europeo riconobbe che la presenza di segni simili con scritte nere su fondo bianco potesse creare confusione, per cui invitò il Pdci a modificare quegli elementi, non invece la bandiera con falce e martello. La modifica fu fatta (scritte bianche su fondo blu, poi scritte blu su fondo azzurro) e da lì in avanti tutte le opposizioni presentate da Rifondazione comunista furono respinte.
Quanto alla colomba, bisogna ricordare che nel corso degli anni vari partiti hanno adottato rappresentazioni di quel volatile come simbolo, a partire dal Movimento per l'autonomia (con i suoi vari nomi utilizzati nel corso del tempo), così come ricorre spesso in varie liste presenti alle elezioni amministrative: non è dato sapere se i Verdi del Sudtirolo si siano lamentati con queste forze politiche per l'uso della colomba, ma è facile riscontrare l'impiego continuato e diffuso di quel simbolo, anche perché non sono stati certo i Verdi-Grüne-Verc a coniare l'uso della colomba per riferirsi alla pace.
La legge, insomma, non prevede un'esclusiva sul tema grafico (sul significato, in termini semiotici), ma sullo specifico disegno utilizzato (sul significante), così come richiede che la confondibilità non sia creata dal contesto visivo (dunque dai colori dello sfondo, dalle scritte...). A fronte di un elemento non irrilevante di somiglianza, quindi, esistono vari elementi di distinzione dei contrassegni altrettanto innegabili: come nel 1999, nella querelle tra Rifondazione comunista e Partito dei comunisti italiani, fu ritenuto sufficientemente distintivo sostituire il colore dello sfondo, in questo caso lo sfondo è profondamente diverso (il rosso è addirittura il colore complementare del verde) e il testo, pur essendo bianco, è completamente differente nel contenuto e nel carattere.
La certezza sull'uso indisturbato del simbolo della colomba della pace, però, ovviamente non può essere data né ottenuta a priori. Di sicuro, se in questa fase si decidesse di cambiare simbolo per evitare contestazioni, si metterebbe seriamente a rischio il valore delle firme raccolte fino a questo momento, perché sarebbe facile per gli uffici elettorali rilevare la differenza dei contrassegni (anche solo nella rappresentazione: la descrizione magari resterebbe la stessa) e contestare la cumulabilità delle sottoscrizioni. Diverso sarebbe il discorso se si proseguisse la raccolta firme con il simbolo inizialr preparando nel frattempo un contrassegno alternativo: questo verrebbe tenuto da parte e, in caso di invito alla sostituzione da parte del Viminale, sarebbe pronto per la presentazione, sapendo che in quel caso le firme raccolte a sostegno delle liste fino al momento della sostituzione sarebbero ancora perfettamente valide (anche se in passato è capitato che in prima istanza le liste fossero ricusate per le differenze nei contrassegni, salvo poi essere riammesse dalla Cassazione).
Si tratta, in ogni caso, di un inghippo che la lista Pace Terra Dignità avrebbe evitato volentieri: si vedrà nelle prossime ore se la questione avrà sviluppi, anche di natura grafica.
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