Dei 17 simboli presenti nel contrassegno elettorale della costituenda lista Libertà - Sud chiama Nord presentato in conferenza stampa giovedì, come si ricorderà, quattro erano ancora coperti: i cerchietti, infatti, erano ancora vuoti e si attende(va) di sapere quali delle 14 richieste di adesione - dichiarate da Cateno De Luca - sarebbero state accolte. Da poche ore, però, sembra essersi liberato il posto per un quinto ingresso: quest'oggi, infatti, si è registrata la defezione del Partito popolare del Nord, guidato da Roberto Castelli, che pure era stato il primo ad aderire all'aggregazione elettorale in vista delle europee 2024.
Vale la pena partire dai fatti e dai documenti, dunque ecco di seguito il comunicato diffuso dal Partito popolare del Nord.
Come noto, il Partito Popolare del Nord è stato il primo ad aderire al progetto lanciato da Sud chiama Nord basato sulla trasformazione dello Stato in macroregioni. In seguito altri soggetti hanno aderito al progetto, tra i quali "Movimento per l'Italexit". Ciò ha dato origine a una diffida da parte di "Italexit per l’Italia" a tutela del proprio simbolo. Prendendo atto della situazione, l’Assemblea Federale del Partito, riunitasi ieri sera, constatata la perdurante possibilità che "Italexit per l’Italia" possa intentare azioni giudiziarie dall’esito fortemente imprevedibile, in base al giudizio dei legali, ha deliberato, al fine di evitare tale possibilità, di ritirare il simbolo dalla lista LIBERTÀ.
La prima cosa da fare, inevitabilmente, è prendere atto del comunicato e del pezzo perso dalla lista Libertà, cosa che riduce le citazioni della parola "Nord" nel contrassegno a due soltanto (Sud chiama Nord e Grande Nord). Tutto questo nonostante il dialogo iniziato a luglio dello scorso anno tra Castelli e De Luca, con l'incontro organizzato alla Festa dei Popoli del Nord. Il comunicato, tra l'altro, si conclude con una dichiarazione del segretario federale Castelli: "Sono dispiaciuto ma non abbiamo ravvisato altre possibilità".
Oggettivamente, però, qualche domanda a voce alta sembra necessaria. È inevitabile, in particolare, chiedersi: davvero la possibile minaccia di un'azione legale da parte di Italexit (tutto meno che improbabile) può aver determinato la defezione di Castelli, che non avrebbe direttamente dovuto subire conseguenze da un'eventuale causa subita dalla lista? Diffide, significazioni e azioni minacciate non sono certo una novità (il caso Pace Terra Dignità - Verdi-Grüne-Verc lo testimonia proprio in questi giorni): in questo caso la questione sarebbe così grave, al punto da indurre a sfilarsi il titolare del simbolo più grande all'interno del contrassegno?
Elementi per fare supposizioni solide non ce ne sono. Si può riprendere uno dei post pubblicati da De Luca mercoledì, il giorno prima della conferenza dei 17 simboli: "Se qualche partner vuole uscire con la scusa della dimensione del simbolo o di altri pretestuosi formalismi faccia pure: la porta è sempre aperta per entrare e per uscire! Sopportare certe discussioni sulla dimensione dei propri simboli e non sentir parlare invece di come ripartire i costi della campagna elettorale non avete idea quanto mi fa girare le palline ma per la Libertà sopporto anche questo...". Sembra facile notare che, rispetto alla prima versione del simbolo, il fregio del Partito popolare del Nord si è rimpicciolito, ma - come si è detto - restava pur sempre il più visibile dopo quello di Sud chiama Nord: non è detto, quindi, che De Luca si riferisse a Roberto Castelli con le sue parole, che di certo non sono state dette a caso. Il riferimento alle spese della campagna elettorale introduce un altro elemento non irrilevante, visto che sui soldi - le spese, specie qualora non si raggiungesse il 4%, ma anche gli eventuali contributi ottenuti - è facilissimo litigare. Il riferimento alla diffida di Italexit e alle possibili azioni legali, però, fanno pensare che Castelli possa aver suggerito un ritocco del nome sul simbolo di quella piccola formazione, oppure che il Partito popolare del Nord non voglia rischiare di essere a sua volta oggetto di un'azione legale come co-promotore della lista.
Sui social, intanto, se non si trova (per ora) una reazione ufficiale di Cateno De Luca o di Sud chiama Nord, è apparso un commento di Francesco Amodeo, promotore di Noi Contadini & Pescatori e aderente alla lista. "Quando in una lista ci sono elementi di sistema che vengono accerchiati dall'anti-sistema - scrive - sono loro a sentirsi braccati. Sono loro costretti a fuggire. Perché sanno di non poter reggere il confronto. Ed inevitabilmente devono lasciare. Così come è accaduto". Parla pensando ai passaggi precedenti del cammino della lista, in particolare alla trattativa saltata con Democrazia sovrana popolare di Marco Rizzo e Francesco Toscano, che pure figuravano in varie delle tante bozze di contrassegno (solo alcune delle quali sono state mostrate da De Luca): "L'errore enorme di Rizzo e Toscano - continua Amodeo - è stato quello di far saltare l'accordo per la presenza di Castelli. Io continuavo a ripetere che la loro folle scelta avrebbe per assurdo favorito proprio i Popolari del Nord mentre la presenza di DSP e di Italexit in quella lista comune avrebbe costretto Castelli (e quelli come lui) a fuggire a gambe levate. Oggi ho avuto ragione. l'Antisistema puro non ha nulla da temere. Come il fiore di loto può navigare nel fango senza macchiarsi. Sono gli altri che devono temere il confronto con i suoi petali".
In attesa delle versioni di chi non ha ancora parlato, viene naturale chiedersi: chi prenderà graficamente il posto di Castelli e del Partito popolare del Nord? Le dichiarazioni di questi giorni non aiutano a immaginare un riavvicinamento tra Libertà e Democrazia sovrana popolare, ma c'è ancora tempo per delineare gli schieramenti.
"Quando in una lista ci sono elementi di sistema che vengono accerchiati dall'anti-sistema"... gli elementi del sistema restano ben dentro a creare più danno possibile. Cosa concluderebbero uscendo? mah!
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