1982, protosimbolo leghista |
Lo si è detto pochi giorni fa: sparita la Padania, il Sole delle Alpi, il nomi di Bossi e di Maroni e, da ultimo, anche il riferimento al Nord, nel simbolo della Lega una sola cosa non è mai sparita, oltre ovviamente a quella parola di quattro lettere: la figura armata che riproduce il monumento al Guerriero di Legnano. Tutti lo identificano come Alberto da Giussano, incuranti del fatto che quella sia stata una figura dichiaratamente inventata. Sarà che certe leggende sono davvero dure a morire, sarà che ci siamo abituati quel nome di fantasia tutto d'un fiato, come se non conoscesse spazi (AlbertodaGiussano): di fatto, quel simbolo è talmente parte dell'immaginario politico leghista (e non solo) da sembrare del tutto inamovibile, al punto tale da essere l'emblema con maggior storia tra quelli entrati in Parlamento, fatta eccezione per la stella alpina della Svp stavolta condivisa con il Patt (cui si sarebbe potuto aggiungere il fregio dei quattro mori del Partito sardo d'azione, il più antico di tutti i simboli della politica italiana, se solo avesse presentato liste proprie invece che accordarsi proprio con la Lega).
A dispetto dello tsunami che, ancora più che nel 2013, ha travolto lo scacchiere politico italiano, il guerriero leghista è rimasto saldo al suo posto, con il piede sinistro ben piantato a terra. Già, solo quel piede, perché ormai dalle elezioni politiche del 1992 siamo abituati a vedere Alberto... cioè il guerriero così, con il piede sinistro giù e il destro più alto, come se il simbolo lo avesse colto in una posa sospesa e insolitamente instabile per un combattente, un fermo immagine in cui alla spada sguainata nella mano destra fa da contrappunto la gamba destra alzata. Eppure chi ha memoria di ciò che è accaduto prima dell'anno di Mani Pulite sa che non è stato sempre così e il guerriero in origine era più stabile.
La prima volta in cui il cuore del simbolo leghista è comparso (da solo) sulle schede elettorali risale al 1987, quando ancora il progetto politico messo in campo era la Lega lombarda: in occasione delle elezioni politiche di quell'anno, il guerriero sguainò la spada per la prima volta, con la lama posta giusto tra le due parole del nome (scritto già con una font della famiglia Optima, probabilmente ExtraBlack). Attorno a sé aveva la sagoma della regione Lombardia (l'unica in cui la lista si presentò, ma tanto bastò a ottenere un seggio da deputato per Giuseppe Leoni e uno da senatore per Bossi), ma soprattutto il piede era appoggiato su una specie di masso, cosa che certamente lo rendeva meno precario.
Quello del 1987, però, non era un mero contrassegno elettorale. Per averne una prova, si può fare un viaggetto fino a Varese in centro, per poi ripartire avendo tra le mani una copia di quell'atto costitutivo datato 12 aprile 1984 che fece nascere ufficialmente la Lega autonomista lombarda, fondata ovviamente da Umberto Bossi (allora di professione "editore"), ma anche dalla futura moglie Manuela Marrone, dal cognato Pierangelo Brivio, nonché da Marino Moroni, da Emilio Sogliaghi e da Giuseppe Leoni. L'articolo 2 dello statuto allegato all'atto costitutivo contiene la descrizione del primo simbolo: "un cerchio racchiudente il profilo della Regione Lombardia con all'interno la figura di Alberto da Giussano come rappresentato nel monumento di Legnano e la scritta Lega Lombarda". In quell'occasione non fu allegato l'emblema in forma grafica, ma la descrizione non lascia dubbi: a dispetto del nome più lungo del partito, si trattava esattamente dello stesso simbolo che sarebbe apparso tre anni dopo, restando nel cassetto alle europee del 1984 (Bossi e altri si presentarono col simbolo della Liga veneta) ed essendo abbinato al leone di San Marco alle regionali lombarde dell'anno successivo.
Già due anni prima che la Lega lombarda fosse ufficialmente fondata, però, il guerriero di Legnano - la cui statua è così importante per la città da aver fatto battezzare il luogo in cui si trova Piazza del Monumento - era già leghista, a suo modo. Porta la data del 1° marzo 1982, in effetti, il primo numero (anche se si trattava, in quell'occasione, di un "numero unico") di Lombardia autonomista, pubblicazione che di fatto si poneva come organo della nascente Lega autonomista lombarda: "Lega autonomista lombarda" era proprio il titolo dell'editoriale (quello che iniziava con "Lombardi! Non importa che età avete, che lavoro fate, di che tendenza politica siete: quello che importa è che siete - che siamo - tutti lombardi") di quelle poche pagine cartacee. Nella testata (scritta già in font Optima, stavolta solo Bold, lo stesso che sarebbe stato utilizzato sempre dalla Lega dal 1992 in avanti) e a centro pagina, campeggiava enorme la figura del Guerriero di Legnano, sempre inserita nel profilo della Lombardia, il cui territorio in quel caso era tinto. A ben guardare, c'era un'altra differenza: la statua del guerriero non era stilizzata e semplificata, ma se ne potevano vedere bene tutti i particolari, come se fosse stata tracciata a china; in quella versione, tra l'altro, si vedeva bene che il piede destro poggiava sulla parte inferiore del monumento nel suo complesso, dunque almeno inizialmente il richiamo alla statua legnanese era più esplicito.
Non è dato sapere quanti leghisti della prima o dell'ultim'ora conoscano questa prima apparizione della loro immagine più significativa. Bossi raccontò così la scelta nel libro Vento dal Nord, firmato con Daniele Vimercati:
Il simbolo fu una mia invenzione, ci pensai a lungo e mi convinsi che bisognava trovare qualcosa di radicalmente nuovo, rispetto ai marchi dei movimenti autonomisti 'classici', basati su leoni veneziani, aquile asburgiche, stemmi di antiche dinastie. [...] Un giorno finalmente arrivò l'idea giusta: il 'mito' più adatto era senza dubbio la lega dei venti Comuni lombardi, ma anche piemontesi, veneti ed emiliani, che si allearono, nel dodicesimo secolo, per cacciare l'imperatore Federico Barbarossa, portabandiera del centralismo medievale. Quale simbolo più adatto, allora, dell'Albertùn, la grande statua di Alberto da Giussano che campeggia nella piazza centrale di Legnano? Corsi a fotografarla; nell'occasione mi tornò utile la passione per la fotografia che avevo coltivato da ragazzo. Purtroppo la statua, vista così, a venti metri di distanza, era un po' tozza e pesante, non si prestava a essere riprodotta su uno stemma di partito. Passai mezza giornata a fare le inquadrature più diverse, finché trovai, quella giusta: ripresa da sotto, con un grandangolo, l'immagine acquistava tutt'altro vigore, si faceva più slanciata. La spada era molto più evidente, la forza plastica del gesto risultava moltiplicata. Quella era la sagoma che mi serviva! Riportai la foto su un foglio, ricalcai il profilo all'interno di un cerchio entro il quale disegnai anche i confini della Lombardia. Il tutto, stilizzato, divenne il simbolo della Lega.
Immagine a sn tratta da Contro Roma (1992) di Roberto Gremmo |
I racconti dei protagonisti hanno sempre fascino e, come le leggende consolidate, sono difficili da smentire, quindi ne prendiamo atto. Certo è che il racconto sarebbe meno completo se non si ricordasse che proprio l'idea del guerriero di Legnano (o, se non proprio lui, qualcuno di molto simile) all'interno della sagoma della Lombardia era già stata usata nel 1959 nel periodico La Regione Lombarda, organo del Movimento autonomista padano fondato da Guido Calderoli, nonno dell'ex vicepresidente del Senato: lo aveva ricordato nel 1992, nel suo Contro Roma, Roberto Gremmo, figura imprescindibile per lo studio dei movimenti autonomisti, che aveva riprodotto per l'occasione quella pagina nel libro. Sempre lì, Gremmo aveva svelato come lo stesso Bossi gli avesse chiesto lumi sulla possibilità di riprodurre senza grane l'immagine del guerriero della marca di biciclette Legnano (che caso...): lui riteneva lo si potesse fare, magari avendo cura di riferire la raffigurazione al monumento legnanese, cosa che sarebbe stata garantita proprio dalla riproduzione della pietra sotto al piede destro.
Quel masso, privo del resto della base del monumento, sarebbe rimasto al suo posto per un decennio (anche nella versione del 1989 dell'Alleanza Nord): quando sparì - in corrispondenza con il passaggio alla Lega Nord - la statua di Alberto da Giussano (essì, lasciatecelo chiamare così, sennò ogni volta ci vogliono due ore a spiegare tutto) non cadde, anzi, tra il 1994 e il 1996 sembrò più stabile e salda di prima. In molti la videro vacillare tra il 1999 e il 2006 (con il punto più basso nel 2001, quando il centrodestra vinse le elezioni ma il Carroccio per un nonnulla rimase sotto la soglia del 4%); i suoi sostenitori gioirono nel 2009 per una decisa fiammata, si preoccuparono per un calo netto nel 2013, ma seppero aspettare la risalita, iniziata già l'anno dopo. Nemmeno loro, forse, immaginavano che nel 2018, ben oltre trent'anni dopo il suo esordio, il Guerriero di Legnano avrebbe ribaltato gli equilibri del centrodestra (in tutta Italia, non solo al Nord) a favore proprio e di Matteo Salvini. Che, alla fine, togliere la pietra abbia portato bene?