giovedì 16 gennaio 2025

Pellegrino Capaldo e la politica, tra la Dc, l'Udr e l'Europa Popolare

I media in questi giorni hanno dato notevole spazio alla morte di Furio Colombo, sia per il suo lungo impegno giornalistico, sia per la parentesi politica (deputato Pds-Ds dal 1996 al 2001, eletto nel collegio di Torino 6 sotto le insegne dell'Ulivo; senatore Ds dal 2006, fu rieletto alla Camera per il Pd nel 2008). La notizia era certo meritevole di attenzione, ma chi appartiene alla categoria dei #drogatidipolitica potrebbe notare come abbia avuto assai meno risonanza la morte - lo stesso giorno di Colombo, il 14 gennaio - di un'altra persona che ha incrociato la politica, pur avendo operato soprattutto in altri ambito: Pellegrino Capaldo.
Accanto alla sua formazione economica (e del suo lungo insegnamento universitario) e della sua rilevante esperienza come banchiere (a capo della Cassa di Risparmio di Roma dal 1987 e della Banca di Roma tra il 1992 e il 1995, ma non mancarono pagine più delicate, come il ruolo di proboviro per l'affaire Ior-Banco ambrosiano, o più oscure, come il coinvolgimento nella vicenda Federconsorzi), infatti, non può certamente essere dimenticata la lunga militanza all'interno della Democrazia cristiana. Più che in questo, però, l'esponente dei #drogatidipolitica può trovare interesse soprattutto in un'esperienza decisamente più effimera, ma a suo modo determinante nella storia della Seconda Repubblica: Capaldo, infatti, fu tra coloro che concorsero alla nascita dell'Unione democratica per la Repubblica, vale a dire l'Udr vagheggiata, voluta e poi abbandonata (due volte) da Francesco Cossiga.   
Il 19 febbraio 1998 - a meno di due anni dalle elezioni che avevano segnato la vittoria dell'Ulivo e avevano portato per la prima volta Romano Prodi a Palazzo Chigi - il Corriere della Sera diede notizia di un pranzo dell'ex Presidente della Repubblica, già intento a pensare alla sua creatura politica di centro e da collocare nettamente al di fuori del Polo di centrodestra, con Ciriaco De Mita, Biagio Agnes e, appunto, Capaldo, fuori da Banca di Roma da quasi tre anni ma con un'aura da superconsulente non solo economico (e dalla storia certamente democristiana come gli altri commensali). Che il percorso di riavvicinamento di Cossiga alla politica italiana - ammesso che, da senatore a vita, se ne fosse mai allontanato - fosse iniziato da mesi era cosa nota: il 18 novembre, per esempio, si tenne una riunione all'Hotel Leonardo da Vinci in cui parlarono proprio Cossiga (che regalò all'inizio una battuta fenomenale rivolta ai fotografi, tuttora ascoltabile attraverso Radio Radicale: "Innanzitutto bisogna vedere quanti di voi hanno le PELLICCOLE nella macchina: la mia lunga esperienza mi DICCE che la maggior parte delle fotografie non SONNO scattate!") e il politico che in quel momento più si era esposto a lavorare per un polo moderato alternativo alla sinistra, vale a dire Bruno Tabacci. E proprio Tabacci fece sapere, parlando coi giornalisti, che il progetto si era mosso all'inizio "anche con l'aiuto di un gruppo di intellettuali che attorno al professor Capaldo credo intendono a riprendere il cammino [...] e hanno voglia, per quel che riguarda il mondo cattolico, richiamati anche in un recente convegno dal cardinal Ruini, di impegnarsi, e per quel che riguarda intellettuale di altre aree [...] di concorrere a costruire questo disegno che vorrebbe sfuggire a un certo tentativo egemonico che ci appare in atto". 
Il cammino lo avrebbero ripreso, ma più avanti, quando formalmente l'Udr era già nata come soggetto politico. Il 28 giugno 1998 sempre il Corriere diede notizia del varo di un nuovo soggetto politico (non un partito), denominato Movimento per l'Europa popolare (Mep), di cui pubblicò come inserzione a pagamento anche il manifesto: Capaldo era tra i firmatari, ma c'erano anche - tra gli altri - presidenti emeriti della Corte costituzionale (Francesco Paolo Casavola e Antonio Baldassarre), Angelo Maria Petroni (futuro consigliere d'amministrazione Rai), l'economista ed ex (e futuro) ministro Paolo Savona, il giurista Sergio Cotta e soprattutto Emilio Colombo, ex presidente del Parlamento europeo e solo tre anni prima impegnato in prima linea nella battaglia per non portare il Ppi nel centrodestra. In vista delle elezioni europee del 1999 e per promuovere maggiormente l'Unione politica (insieme a quella monetaria), Capaldo e gli altri volevano dare un contributo determinante alla creazione di una "corretta dialettica tra forze politiche europee - diverse per valori, principi, programmi e struttura - essenziale per lo sviluppo democratico delle istituzioni europee e per il conseguimento dell'Unione politica". E se a "sinistra" si stava consolidando lo schieramento progressista, "costituito dai tradizionali partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti europei, cui vanno aggregandosi i partiti già comunisti, uniti nel Partito socialista europeo", occorreva che anche in Italia si componesse "un vasto schieramento - autenticamente democratico - che si inquadri o si riferisca al Partito popolare europeo e ai suoi impegni politici e programmatici per l'Europa" (il che poteva lasciar sospettare che, nello schieramento di centrodestra di quel momento, il tasso di democrazia non fosse del tutto soddisfacente, anche solo con riguardo ad alcuni dei suoi membri; non si dimentichi, tra l'altro, che Forza Italia in quel periodo non era ancora partito membro del Ppe, anche se i suoi europarlamentari erano iscritti al gruppo popolare europeo). Il Mep, in particolare, si proponeva "di concorrere alla diffusione della storia, dei valori, dei principi politici e del programma del Partito popolare europeo, in collaborazione con i partiti e i movimenti che li condividono" e voleva concorrere "alla promozione, alla formazione e al sostegno di liste comuni o comunque collegate al Partito popolare europeo nelle prossime elezioni per il Parlamento dei popoli dell'Unione".
Dopo il lancio del movimento - al quale aderì anche Cesare Romiti, subito dopo aver lasciato l'incarico di presidente e amministratore delegato Fiat - dovette passare qualche mese per la sua prima iniziativa pubblica: questa si tenne il 19 novembre 1998, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani (gentilmente concessa dal presidente del Senato - del Ppi, dunque ex democristiano - Nicola Mancino). Nel frattempo - va detto - Tabacci aveva già preso una certa distanza da Cossiga e dall'Udr nel frattempo nata, lasciandone il ruolo da vicesegretario per avvicinarsi decisamente al Ccd di Pierferdinando Casini e invocandone l'apertura ai laici. "Siamo venuti a porre la nostra tenda vicino alla politica attiva, ma non dentro il palazzo" disse in apertura dell'evento l'ex Ppi e Ccd Stefania Fuscagni, presentando tra l'altro il simbolo del movimento, già presente sulla pagina pubblicata dal Corriere ed elaborato dal pubblicitario e comunicatore Gavino Sanna: si trattava di una rielaborazione del rosone della cattedrale di Strasburgo, "un messaggio della tradizione cristiana, ma anche della cultura e della spiritualità laica" (ricordando, in qualche modo, anche il disegno dello zodiaco della meridiana solstiziale della basilica di San Miniato al Monte di Firenze). Il logo era leggermente rettangolare e - anche per la finezza dei tratti e dei caratteri - mal si prestava a essere impiegato come contrassegno elettorale; il Mep, del resto, non nasceva come partito, pur agendo in ambito politico e pre-politico.
Capaldo, in quell'evento di presentazione del movimento di cui era divenuto presidente - e cui comunque Cossiga avrebbe aderito - chiarì per bene questo punto: "Abbiamo individuato nel Partito popolare europeo il quadro di riferimento in linea con le nostre idee; vogliamo operare perché anche nel nostro Paese, permanendo una logica bipolare, nasca un grande partito di ispirazione cristiana e liberaldemocratica che si ponga in alternativa netta a un partito, che immaginiamo ugualmente grande, di ispirazione socialista. [...] Alcuni hanno voluto vedere nella nostra iniziativa, dei nostri modesti sforzi, il tentativo di risuscitare la Democrazia cristiana, ora per incoraggiare questo tentativo, ora per condannarlo. Ma la Dc, con i suoi errori ma anche ovviamente con i suoi grandi meriti nella storia del nostro Paese, non può essere rifondata in un contesto storico così diverso. La Dc è stata in gran parte un insieme di culture politiche diverse, costrette a stare insieme da uno stato di lotta contro il comune nemico, sullo sfondo di un mondo di visioni contrapposte in blocchi. D'altra parte, il Partito popolare europeo non è una Democrazia cristiana: è la casa comune di partiti che si richiamano al riformismo laico e cristiano, allo stato di diritto e alla democrazia rappresentativa; in esso confluiscono cattolici, ma anche tanti protestanti, ebrei, laici e perfino musulmani, votati alla causa comune della costruzione liberal-democratica dell'Europa. Il movimento a cui abbiamo dato vita non è e non sarà non sarà mai un partito politico: pur ritenendo che in una società come la nostra sia fondamentale il ruolo della politica e dei partiti politici, noi non puntiamo a fare un partito o a collegarci strettamente a un partito, ma non vogliamo neppure essere un puro asettico centro culturale, un centro studi".
In effetti il Mep non fu mai un partito e il logo di Sanna non finì mai sulle schede; anche quello dell'Udr cossighiana (e mastelliana), in compenso, ci finì ben poco, arrivando dilaniata alle europee del 1999 (con i cossighiani che depositarono il simbolo senza usarlo e i mastelliani che inaugurarono il campanile dell'Udeur). Il movimento promosso da Capaldo continuò a operare, con più intensità fino al 2000 e in modo meno serrato - ma senza sparire - in seguito (legato soprattutto ai nomi di Giuseppe Gargani e Angelo Sanza); Capaldo, in compenso, promosse e guidò la Fondazione Nuovo Millennio, per occuparsi comunque di formazione e studio (dando avvio a una Scuola politica). Quell'impegno, come quelli precedenti in università e in ambito bancario, quasi certamente meritano più attenzione e considerazione rispetto alle vicende che intrecciarono l'Italia politica tra il 1997 e il 1999, ma per chiunque appartenga al novero dei #drogatidipolitica si tratta di dettagli che hanno un valore immenso, come il riemergere di un logo che non fu simbolo (ed era troppo delicato per esserlo), ma merita di essere ricordato con la stessa cura con cui fu pensato.

mercoledì 15 gennaio 2025

Il simbolo della Lega, i marchi di Salvini e le nuove norme in materia

Si era quasi persa la memoria delle domande che Matteo Salvini aveva presentato nel 2018 per registrare come marchio tre versioni del simbolo della Lega, tutte accomunate dalla presenza dell'immagine del monumento al guerriero di Legnano (identificato nella figura di Alberto da Giussano): una era identica al contrassegno utilizzato per la prima volta alle elezioni politiche del 2018 (per tenere graficamente insieme la Lega Nord - senza la seconda parola - e la Lega per Salvini premier), un'altra era costituita dalla stessa grafica privata del segmento inferiore con la dicitura "Salvini premier" e la terza vedeva solo la statua all'interno della circonferenza, senza nemmeno la parola "Lega".
Due giorni fa un lancio di Adnkronos, puntualmente firmato da Antonio Atte, ha fatto sapere che lo scorso 9 gennaio l'Ufficio italiano brevetti e marchi ha accolto le tre domande di marchio depositate a metà di giugno del 2018 da Salvini (quando, oltre che leader delle due Leghe, era anche vicepresidente del Consiglio e ministro dell'interno da un paio di settimane). In quel lancio di agenzia ci sono alcune brevi dichiarazioni di Andrea Valente Cioncoloni, avvocato (dello Studio Consulenza Brevetti Cioncoloni Srl) che ha supportato Salvini nella pratica di deposito e registrazione dei segni distintivi. Secondo l'avvocato, in particolare, sarebbe "a tutti gli effetti il titolare del logo di Alberto da Giussano", mentre la lunghezza notevole - e non consueta - del procedimento di registrazione sarebbe dovuta "alle tempistiche d'ufficio. Ad ogni modo, i rilievi sono stati superati e siamo riusciti ad arrivare a dama".
Non è dato sapere formalmente quali siano stati i rilievi che l'Ufficio italiano brevetti e marchi ha mosso alle tre domande e cui il 31 luglio del 2023 il rappresentante di Salvini ha risposto. In mancanza di documenti originali (che potrebbero ovviamente smentire la tesi qui riportata), tuttavia, non è da escludere che quei rilievi riguardassero la nota e già trattata questione dei "segni con significazione politica" alla cui registrazione come marchio il Ministero dell'interno - quando è stato richiesto di un parere - si è sempre opposto, principalmente per non consentire o facilitare aggiramenti delle norme sul procedimento elettorale (come ha ricordato il recente caso del MoVimento 5 Stelle). In ogni caso, è probabile che alla fine il simbolo sia stato registrato come segno notorio (in base all'art. 8, comma 3 del codice della proprietà industriale), superando la previsione in materia di segni con significazione politica (contenuta all'art. 10, comma 2 della stessa fonte).  
Una volta appresa la notizia della registrazione dei marchi, viene spontaneo domandarsi quali effetti questa novità possa produrre. Innanzitutto si può rilevare che è più raro che sia il leader di un partito a chiedere personalmente la registrazione del simbolo del suo partito come marchio, essendo più frequente che a ciò provveda l'associazione stessa, in modo che in caso di cambio al vertice della forza politica non ci siano dubbi sulla titolarità dei diritti. Secondariamente, Matteo Salvini è titolare del marchio (anzi, di quei tre marchi, nonché di "Salvini premier", di "Prima gli Italiani" e del simbolo che fu di Noi con Salvini) e - si presume - dei diritti di sfruttamento economico dello stesso (o almeno è nella posizione di doverlo autorizzare), ma non del simbolo della Lega come segno politico o come elemento di identificazione: quello non può che restare nel patrimonio della Lega Nord e della Lega per Salvini premier. 
In terzo luogo, è ormai ben chiaro che la titolarità del marchio non comporta in automatico una titolarità del contrassegno elettorale, anche se uno dei tre marchi è identico al fregio utilizzato dalla Lega a partire dal 2018. Ciò vale a maggior ragione dopo che, lo scorso anno, in sede di conversione del decreto-legge n. 7/2024 ("decreto elezioni 2024"), è stata inserita con un emendamento di Fratelli d'Italia la disposizione - art. 2-bis - in base alla quale "La registrazione come marchio d'impresa di simboli o emblemi usati in campo politico o di marchi comunque contenenti parole, figure o segni con significazione politica non rileva ai fini della disciplina elettorale e, in particolare, delle norme in materia di deposito dei contrassegni, di liste dei candidati e di propaganda elettorale". La stessa norma che non garantirebbe alla Fiamma tricolore l'uso pacifico del suo simbolo ove la sua domanda di marchio venisse accolta (a causa dell'uso parlamentare della fiamma da parte di Fdi) non renderebbe automaticamente "più forte" la posizione salviniana sul piano elettorale; la forza, casomai, verrebbe anche qui dalla presenza del partito in Parlamento, che tutela di riflesso la Lega per Salvini premier attraverso la tutela [dell'affidamento] del suo elettorato dalla presentazione di eventuali simboli simili. Non è dato sapere perché Salvini allora avesse provveduto al deposito: erano ancora di là da venire le iniziative guidate da Gianni Fava e Gianluca Pini circa la possibilità di impiegare il simbolo della Lega Nord alle elezioni o il tentativo (non riuscito) di far riconvocare il congresso di quello stesso partito. In ogni caso, si vedrà se la registrazione come marchio dei simboli leghisti sarà invocata in qualche occasione e a quale scopo.

sabato 11 gennaio 2025

M5S, alle origini del primo simbolo, tra idee, visioni e soluzioni grafiche: intervista a Maurizio Benzi (Casaleggio Associati)

Nelle scorse settimane si è parlato molto del dibattito interno al MoVimento 5 Stelle, legato soprattutto alla modifica dello statuto e alla ripetizione del voto chiesta da Beppe Grillo. Dopo che la nuova consultazione ha visto di fatto una conferma degli esiti del primo voto, per giorni si è parlato della possibilità che Grillo si opponesse - direttamente o tramite l'associazione fondata nel 2012 e presieduta da lui  - all'uso di quella grafica da parte dell'associazione M5S del 2017 presieduta da Giuseppe Conte: si è discusso di depositi (e rigetti) di domande di marchio, di associazioni e di un'emersa scrittura privata in base alla quale lo stesso Grillo sarebbe stato sollevato da responsabilità legate a eventuali contenziosi sul M5S in cambio della rinuncia a contestare al MoVimento del 2017 l'uso del nome e del simbolo
Mentre si scrive non risulta - al netto di errori o di azioni intraprese e non rese note - che Grillo o l'associazione M5S di cui è presidente abbiano deciso di rivendicare il nome e il simbolo originari e di contestarne la titolarità e l'uso al MoVimento guidato da Conte. Che questo accada o no, sembra opportuno cogliere l'occasione di capire meglio come nacque quel simbolo approdato nei consigli regionali di Piemonte ed Emilia-Romagna nel 2010 e in Parlamento nel 2013. Se già all'inizio del 2007 sul sito BeppeGrillo.it si era parlato di "Comuni a 5 stelle" identificando le stelle in altrettanti valori (energia, connettività, acqua, raccolta rifiuti, servizi sociali, in seguito riconfigurati in "acqua, ambiente, trasporti, energia, sviluppo", sostituendo poi l'energia con la connettività), solo alla fine del 2008 comparve - sullo stesso sito - il primo simbolo pensato per contraddistinguere ogni Lista CiVica a 5 Stelle e che sarebbe stato la base per i successivi emblemi del M5S, operante dal 2009. 
A dare forma al primo emblema nel 2008, traducendo in grafica le indicazioni di Gianroberto Casaleggio, è stato Maurizio Benzi: oggi lui è Head of Digital Strategy Consulting della Casaleggio Associati (di cui ora è CEO e partner Davide Casaleggio), ma tra il 2008 e il 2009 si occupava di diverse attività all'interno della società, tra cui alcuni aspetti del Blog di Beppe Grillo (in passato è stato indicato come creatore del primo Meetup "Grilli Milano", il 10 giugno 2005). Finora, che si sappia, la sola fonte diffusa in cui Benzi era indicato come autore del primo fregio "a 5 Stelle" era il libro Supernova di Nicola Biondo e Stefano Canestrari, pubblicato da Ponte alle Grazie nel 2018; contattato da questo sito, Benzi ha confermato di avere creato il simbolo sulla base delle indicazioni fornite da Casaleggio senior e ha accettato di rispondere via e-mail ad alcune domande sulla sua genesi. 
Ecco dunque le domande formulate e le risposte fornite da Benzi (che ringrazio per la disponibilità dimostrata e per avere mostrato per la prima volta alcune delle immagini alla base dello studio del simbolo della Lista CiVica a 5 Stelle). Le risposte e le immagini, a dispetto del tempo trascorso, sono utili per ricostruire meglio la storia grafico-politica del simbolo del M5S e anche per valutare l'opportunità di utilizzarlo ancora.

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L'origine del MoVimento va ricercata nelle cosiddette "Liste CiViche a 5 Stelle", annunciate sul sito Beppegrillo.it il 3 dicembre 2008, con tanto di simbolo associato: lo stesso simbolo depositato come marchio europeo il 14 novembre 2008. 
Mesi prima, alle amministrative di quell'anno, erano apparse alcune liste denominate "Amici di Beppe Grillo", ognuna con contrassegno diverso. Benzi, in base ai suoi ricordi, quale periodo si è iniziato a capire che sarebbe stato opportuno un simbolo di riferimento, in un primo tempo modificabile e adattabile e poi uguale per tutti?
È passato molto tempo e non sono disponibili molti archivi digitali che all'epoca venivano utilizzati. In generale penso sia utile precisare che Gianroberto Casaleggio aveva una visione di lungo periodo, ma sceglieva di procedere nel breve in funzione dei riscontri e dei risultati raggiunti, oltre che naturalmente del confronto con Beppe Grillo. Dunque era partito dall'idea di un simbolo delle Liste CiViche, utilizzabile e personalizzabile dal basso; nei mesi successivi ha deciso che sarebbe stato più efficace un simbolo univoco, maggiormente riconoscibile e utilizzabile in diversi contesti. Il periodo, per questo secondo passaggio, è sicuramente il 2009, ma non saprei essere più preciso. 

Immagini fornite da Maurizio Benzi, mostrate per la prima volta
Lei stesso ha parlato di indicazioni di Gianroberto Casaleggio per la preparazione del simbolo (e il figlio ricordava che il logo fu "disegnato sulla scrivania di mio padre"): ricorda queste indicazioni? Si trattò di un simbolo "buona la prima" o ci furono aggiustamenti progressivi, con varie versioni? 
È andata così. Premetto che ho seguito la creazione solo del primo simbolo "Liste CiViche". Partendo da un brief di Gianroberto, ho realizzato 3 versioni di base, ognuna con diverse varianti. Complessivamente ne erano state presentate almeno 10 differenti versioni, con variazioni nei font, posizionamenti e uso dei colori. Gianroberto era sempre molto esigente da questo punto di vista e, una volta scelta la versione su cui era maggiormente convinto, è entrato nel merito per chiedere ulteriori modifiche di dettaglio. Riguardo alle differenti versioni, ad accomunarle erano gli elementi di base richiesti come la "V" e le stelle in diverse forme. 

La "V carattere di fantasia" ispirata a V for Vendetta e già usata per il V-Day - non so se ha creato sempre lei quelle grafiche - com'è nata? 
L'ispirazione era dal film uscito in quegli anni, che era vicino ad alcuni concetti alla base del Blog di Beppe Grillo. Possiamo considerare il simbolo come un'espressione visiva di temi "underground" importanti per i cittadini, ma totalmente ignorati dai media mainstream. Fino al giorno dopo il primo V-Day i media nazionali non avevano mai dato alcuno spazio al blog, ai suoi contenuti, le "battaglie" e le migliaia di commenti che ogni giorno gli utenti scrivevano. L'idea di essere diversi e di uscire dagli schemi, anche per il simbolo, era alla base del pensiero di Casaleggio e Grillo. Gianroberto era uno studioso e analizzava scrupolosamente tutto quello che riteneva di valore: Questo significava ad esempio fare benchmark dell'esistente e individuare best practices. Tuttavia l'idea che mi sono fatto è che per il simbolo, come per molti altri aspetti, per lui era meglio partire da qualcosa di completamente diverso, piuttosto che da quello che non aveva nulla di valore per lui (i partiti dell'epoca). 

La scelta della forma delle stelle è stata casuale o rispondeva a qualche logica particolare?
La scelta delle stelle è stata fatta da Gianroberto, rispetto alle differenti proposte che citavo prima, secondo la versione che meglio rappresentava l'idea che aveva in mente. Dal punto di vista simbolico, ricordavano invece 5 punti cardine su cui si ritrovava la comunità che dal blog si indirizzava verso la politica.

È vero che il sito Beppegrillo.it (e in seguito gli altri indirizzi che l'hanno sostituito) era stato disposto ad arco per ricordare un sorriso? 
Devo dire che questo è un aspetto che non mi risulta.

Le varie versioni del simbolo a livello locale create nel 2009 (sono state molte: mi pare che solo a Reggio Emilia sia stato utilizzato il marchio ufficiale "liscio", senza ritocchi) erano elaborate in autonomia o ricevevano una sorta di "visto" o di assistenza a livello centrale?
È qualcosa che non ho mai seguito, ma ricordo che all'inizio c'era un'ampia libertà con una centralizzazione minima. Poi, vista la quantità di liste e di variazioni di ogni tipo, si è scelto di dare delle regole di utilizzo e una validazione, per evitare usi impropri. 

Il successivo simbolo del MoVimento risulta depositato il 30 settembre 2009, pochi giorni prima della nascita del M5S a Milano. Il ritocco in quella fase fu minimo ("MoVimento" al posto di "Lista CiVica" e un piccolo riequilibrio degli elementi nel cerchio): era l'unica soluzione considerata o si erano immaginati mutamenti più profondi?
Non ne sono al corrente, perché non me ne occupavo. L'idea di un cambiamento costante era comunque qualcosa alla base e c'era grande vivacità. Dunque non escludo che si fossero pensate anche altre strade.

Secondo le regole dei marchi, quello del MoVimento 5 Stelle è un segno "debole" alla nascita, perché - a parte la V di fantasia - gli altri elementi sono generici e si tutelerebbe solo la loro combinazione: più generica della parola "Movimento" in politica è solo la parola "Partito" e non può essere rivendicata da nessuno; le stelle sono "segni di uso comune" e 5 indicano un particolare livello di qualità. Di fatto però quel simbolo, nella sua parte sostanziale, si è conservato fino ad ora e fin dal 2013 ha ricevuto tutela contro chi voleva imitarlo. Secondo lei, come si è potuto rafforzare via via quel segno?
Su questo tema non ho un parere specifico.

Oltre 15 anni dopo, secondo lei, il simbolo conserva la sua forza o sarebbe utile/opportuno qualche cambiamento più o meno incisivo?
Dal mio punto di vista il simbolo rappresenta qualcosa che non esiste più. Il M5S oggi è un partito completamente diverso dal movimento nato dal blog di Grillo e dalle Liste CiViche. Trovo sbagliato e fuorviante continuare ad usare lo stesso simbolo (e lo stesso nome), quando sono radicalmente cambiati le idee, i valori e le pratiche che ne erano alla base.