La convocazione delle elezioni politiche per il 25 settembre ha fatto sì che la data del voto arrivasse nella stessa settimana in cui era stato convocato (per il 20 settembre in videoconferenza) il Consiglio federale della Lega Nord, durante il quale si dovrebbe parlare anche del Congresso federale, dopo l'ultimo svolto alla fine del 2019. Non è automatico o scontato che questo sia convocato davvero (deciderà il Consiglio federale, appunto), ma è giusto che almeno si inizi a parlarne. Quasi certamente a sollecitare la convocazione del Consiglio federale con questo tema all'ordine del giorno - insieme alla nomina dell'Organo federale di controllo sull'amministrazione - è stata anche l'azione legale iniziata dall'ex deputato Gianluca Pini, che a metà giugno si era rivolto al Tribunale di Milano con un ricorso per ottenere che il congresso fosse convocato; di quel tema si discuterà anche se, nel frattempo, il ricorso è stato respinto dal giudice.
Leggendo l'ordinanza che il 20 luglio (depositata il giorno successivo) ha dichiarato inammissibile il ricorso, in effetti, si apprende che la decisione riguarda non tanto il merito delle questioni poste, quanto piuttosto problemi legati al rito scelto. Il ricorso presentato ex articolo 700 del codice di procedura civile - la disposizione utilizzata per chiedere in via cautelare una tutela immediata per un diritto che rischia di essere compromesso in modo irreparabile prima del processo civile ordinario - faceva riferimento all'articolo 20 del codice civile, che al secondo comma prevede che l'assemblea degli aderenti dell'associazione - che per un partito può essere identificata nel congresso - debba essere convocata se ne fa richiesta motivata "almeno un decimo degli associati" e, qualora non vi provvedano gli amministratori dell'associazione, il presidente del tribunale possa ordinare la convocazione (ovviamente su richiesta di quel decimo di associati). Chi frequenta con una certa assiduità questo sito conosce questa procedura, se non altro perché è quella che tra gli ultimi mesi del 2016 e i primi del 2017 ha portato alla "riattivazione" - o almeno così la intendono coloro che vi si sono impegnati - della Democrazia cristiana. In quell'occasione, peraltro, era mancata la richiesta agli amministratori della Dc semplicemente perché il decorso del tempo aveva fatto venire meno ogni carica associativa.
Proprio al precedente della Democrazia cristiana - pur non citando direttamente il caso, ma la data del decreto del giudice Guido Romano del Tribunale di Roma (13 dicembre 2016) coincide - fa riferimento il giudice del Tribunale civile di Milano Nicola Di Plotti, ricordando che appunto il procedimento ex art. 20, comma 2 c.c. rientra nella volontaria giurisdizione e il ruolo del giudice "risponde all’esigenza di operare un controllo sulla motivazione della richiesta di convocazione al fine della valutazione del regolare funzionamento dell'associazione". La richiesta di far convocare il congresso della Lega Nord, dunque, non sarebbe finalizzata a far valere un diritto soggettivo di Pini, ma "l'interesse dell'associazione alla convocazione del Congresso Federale, dunque in via mediata allo svolgimento dell’attività politica della stessa". Si tratterebbe, in ogni caso, di un procedimento non contenzioso, a differenza di quello attivato con il ricorso ex art. 700 c.p.c. Secondo il giudice, questo rappresentava il primo problema del ricorso: l'eventuale decreto di convocazione dell'assemblea-congresso ex art. 20, comma 2 c.c. non è sottoponibile a reclamo come avviene per i provvedimenti resi nel procedimento cautelare, dunque non era corretto utilizzare un ricorso ex art. 700 c.p.c. - che invece è regolato dalle norme sul processo cautelare - per attivare l'iter davanti al giudice. Quel tipo di ricorso, in ogni caso, dovrebbe essere impiegato come "mezzo cautelare innominato" solo quando non sono a disposizione altri strumenti cautelari specifici, anche se non previsti nel codice di procedura civile ma altrove: secondo il giudice, il rimedio cautelare da impiegare era proprio quello previsto dall'articolo 20 del codice civile (pur essendo previsto, appunto, in una fonte diversa dal codice di rito), in base al quale è possibile rivolgersi al presidente del tribunale ove gli amministratori dell'associazione non diano seguito alla richiesta di convocazione dell'assemblea ad opera di almeno un decimo delle persone iscritte.
Qui si innesta un altro difetto, secondo il giudice, del procedimento seguito da Pini: a monte, mancherebbe la richiesta da parte almeno del 10% degli iscritti che permetterebbe di applicare il citato art. 20, comma 2 c.c. Nel ricorso Pini aveva richiamato le ipotesi dell'art. 13 dello statuto della Lega Nord per cui in caso di dimissioni di oltre metà dei membri del Consiglio federale e del Segretario, il Congresso doveva essere convocato entro 180 giorni (o entro 18 mesi con le dimissioni di oltre metà dei consiglieri federali; il giudice ha peraltro rilevato che "non si è verificata - o quanto meno non è stata dimostrata - nessuna delle ipotesi previste in tale norma"); in base al contenuto dell'ordinanza, però, non sarebbe "documentalmente dimostrato, né originariamente allegato, che l'iniziativa anche di un solo socio integri gli estremi per ritenere soddisfatta la proporzione numerica utile per attivare la richiesta di tutela in sede giudiziaria". Il giudice probabilmente si riferisce al fatto che per Pini erano regolarmente soci ordinari militanti della Lega Nord solo le sette persone che nel 2022 avevano rinnovato la tessera pagando l'equivalente della quota (obbligatoria ex artt. 27 e 29 dello statuto), per cui anche solo una persona su sette risultava pari almeno al 10% della platea dei soci; la difesa della Lega Nord ha invece sostenuto che i soci non fossero sette, essendo stato previsto il rinnovo gratuito automatico delle tessere di chi era già iscritto alla Lega Nord (una scelta contestata - pur senza rituali impugnazioni - da Pini, Giovanni Fava e altri, sia quanto alla corretta formazione dell'eventuale platea congressuale, sia nell'ottica delle risorse di cui il partito, a dispetto delle somme consistenti che dovrà pagare per restituire i noti 49 milioni di euro, di fatto si priva). Il giudice non ha poi accolto la richiesta di Pini di obbligare la Lega Nord a esibire tutti i versamenti effettuati entro marzo dai militanti per rinnovare le tessere (ritenendo che la richiesta - giudicata comunque "non conforme" alla domanda presentata col ricorso - dovesse essere formulata anche prima del processo).
Sulla base di tutte queste argomentazioni, la domanda di Pini è stata giudicata inammissibile (con tanto di condanna alle spese). Proprio il verdetto di inammissibilità, tuttavia, si colloca più sul piano del rito che su quello del merito: la decisione del giudice, dunque, si occupa ben poco dei profili sostanziali delle questioni poste da Pini. E se è vero che nell'ordinanza si dice che non si sarebbe "verificata - o quanto meno non è stata dimostrata - nessuna delle ipotesi previste" dall'art. 13 dello statuto (dimissioni di oltre metà dei membri del Consiglio federale ed eventuali contestuali dimissioni o impedimento del Segretario federale: chi scrive non ha strumenti per poter dire se questo sia vero o meno), è indubbio che si sia verificata l'ipotesi dell'art. 15, ultimo comma, con le dimissioni del Segretario federale e la nomina del Commissario federale (Igor Iezzi) che avrebbe dovuto curare la celebrazione del Congresso federale "entro 120 giorni dalla cessazione dalla carica del Segretario federale oppure entro un termine diverso definito dal Consiglio federale". Termine che, ci si permette di aggiungere, può essere certamente più lungo dei 120 giorni, ma appare irragionevole che possa estendersi ben oltre i due anni.
Per queste ragioni, a dispetto dell'esito del ricorso, ci si può attendere che il Consiglio federale non eviti il tema congressuale, al riaggiornandosi dopo le elezioni. In caso di inerzia, Pini o qualche altro socio interessato a mantenere vivo il partito - magari con l'idea di far finire il suo simbolo sulle schede - potranno attivarsi per cercare di far aderire almeno un decimo degli iscritti residui alla richiesta di convocare il congresso e, qualora i vertici del partito non rispondano, potranno rivolgersi di nuovo al giudice, stavolta nel modo ritenuto corretto.
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