"Lo dico con affetto a chi in queste ore continua a dire 'Il centro è mio, il centro è nostro': il centro è di tutti": lo ha detto con convinzione ieri Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, al "Cantiere" - così è stato chiamato l'incontro tenutosi all'Auditorium Antonianum - del suo partito politico, Italia al Centro, nato il 16 febbraio come "federazione sovrastrutturata dei partiti IDeA e Cambiamo" (come recita l'atto costitutivo) e poi ufficialmente come partito il 28 aprile avendo Toti come presidente, Gaetano Quagliariello come vicepresidente e Mariarosaria Rossi come tesoriera. Il riferimento, ovviamente, era alle parole di Silvio Berlusconi, che venerdì in un messaggio registrato aveva voluto ricordare "a questi signori [...] che il centro siamo noi, che il centro è Forza Italia, che in Italia è un partito indispensabile perché costituisce la testimonianza e la continuazione della tradizione liberale, cristiana, garantista, europeista e dei principi e dei valori della società occidentale": parole non proprio amichevoli, dettate quasi certamente anche dal fatto che una parte rilevante delle figure di primo piano del nuovo soggetto politico (e certamente tutti e tre i fondatori indicati nell'atto costitutivo) hanno avuto una lunga militanza forzista.
L'incontro di ieri ha avuto risonanza anche per la partecipazione di figure potenzialmente interessate alla "conservazione" e "rinnovazione" del Centro, cercando convergenze: non sono passate inosservate le parole di Carlo Calenda ("Siate netti e pragmatici: se dite che questo cantiere è aperto a tutti finirete per annacquarvi in un indefinito che non porterà un voto. Questo è il momento del coraggio e di ricordaci che la religione del laico è innanzitutto verità e coerenza. Occorre ricordare ai partiti delle grandi famiglie europee che è tempo del riscatto rispetto ai populismi e ai sovranismi; tutto il resto è un fritto misto che non porta a nulla e che fa gioire gli avversari che possono dire che nel centro c'è di tutto, Calenda, Di Maio, non cito Mastella perché è amico vostro. Il centro è il contrario di tutto questo: il centro liberale è il luogo delle scelte nette e delle persone per bene") che non sono esattamente piaciute al citato Clemente Mastella (che, dopo aver staffilato a più riprese il "pariolino" della "Calenda greca", ha comunque precisato "Bisogna iniziare subito a costruire il centro e correre il rischio, io sono per un centro che possa stare anche da solo, a prescindere dalla legge elettorale, anche perché spesso si fa all'ultimo minuto e non possiamo aspettare, perché avremmo una fragilità intrinseca"); sono intervenuti anche Ettore Rosato (per Italia viva: "Evitiamo di fare dieci costituenti di centro, mettiamo insieme le nostre energie che sono di più dei partiti") e Mariastella Gelmini (per il governo, anche se ha precisato di essere intervenuta "non per cercare collocazioni politiche", ma per il confronto sui temi del suo ministero), oltre che Antonio Noto (che ha tentato di tracciare un identikit del centro e del suo elettorato).
Chi ha organizzato quel Cantiere ne è convinto: "il Centro è stato grande quando è stata grande l'Italia" (e, si deve supporre, viceversa), eppure "c'è il rischio che scompaia dall'atlante della politica italiana", come ha detto nel suo intervento iniziale Gaetano Quagliariello. Proprio lui ha rivendicato la scelta di avere avviato la costruzione di qualcosa di nuovo e autonomo, piuttosto che cercare ospitalità in altri partiti per cercare di ottenere lo stesso risultato. Ciò si è tradotto in "una traversata nel deserto per rimanere fedeli non tanto alle idee, ma a una visione, perché l'area del centro non scomparisse": per fare questo, visto che nel deserto della traversata capita di frequente di sentirsi soli, per Quagliariello è stato opportuno cercare "di fare un pezzo di strada insieme ad altri compagni, in maniera inclusiva, con umiltà e disponibilità, a volte anche troppo. Per questo abbiamo cambiato tante sigle". Lui stesso, pensando a sé, ha ricordato il passaggio da IDeA a Cambiamo! a Coraggio Italia (quando ancora era visto come un progetto comune Toti-Brugnaro) a Italia al Centro: "un po' come i vecchi comunisti, diciamo: Pci, Pds, Ds, poi Pd, ora forse D, poi speriamo si fermino, sennò non rimane più niente...", anche se ha rivendicato di aver "cambiato sigle per non cambiare idee" (frase certamente non nuova) e di averlo fatto "dalla parte giusta della storia".
La versione dell'atto costitutivo |
Alle ultime elezioni amministrative, nei casi in cui Italia al Centro ha partecipato con il suo simbolo ufficiale all'interno di altri contrassegni (come a Parma e a Palermo), si è solitamente vista una seconda versione del fregio, che ha concentrato il nome tutto nella parte superiore blu (che per l'occasione era stata ampliata, occupando circa il 60% del cerchio), mentre il segmento arancione inferiore conteneva il riferimento a Toti, come era avvenuto già con Cambiamo!. Altrove, invece, erano state usate altre versioni, o relativamente simili al simbolo nazionale, con la posizione della città evidenziata sulla sagoma dell'Italia (a L'Aquila) o della regione (a Catanzaro), oppure molto diversi, com'è accaduto in Liguria a Genova e alla Spezia, a prevalenza decisamente arancione con il riferimento a Toti in enorme evidenza.
Ieri, invece, è apparsa una nuova versione, ulteriore variazione di quello nazionale con il riferimento a Toti. Innanzitutto il nome è stato riscritto, lasciando da parte il carattere Impact e sostituendolo con il Nexa (o per lo meno molto somigliante: era lo stesso carattere di Scelta civica e del Nuovo centrodestra); il cerchio è di nuovo sostanzialmente diviso a metà, anche se il diametro è leggermente crescente e coperto da un tricolore costituito da tre strisce (quella rossa, in alto, molto più sottile delle altre), interrotte al centro per fare spazio alla preposizione "con"; nella parte inferiore, poi, il riferimento a Toti è ancora più evidente che in passato, riprendendo in sostanza il simbolo della lista Toti delle regionali 2020 e delle liste liguri di Italia al Centro di quest'anno.
Nel giro di poche settimane, dunque, sono apparse varie versioni e aggiustamenti successivi dello stesso simbolo. E sarà che, come ha detto lo stesso Toti in apertura del suo discorso finale, tutti "i cantieri sono un po' disordinati", ma le cose erano andate quasi nello stesso modo con Cambiamo!, che in pochi giorni aveva fatto circolare ben tre versioni del simbolo, anche se poi non era più cambiato di fatto. Nell'attesa di vedere se anche in questo caso l'emblema si stabilizzerà, si attende di scoprire se Vinciamo Italia - rappresentata nel Cantiere di ieri da Marco Marin - svelerà il suo simbolo e, nel caso, che destino avrà.
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