sabato 16 luglio 2022

Se si votasse il 2 ottobre: uno scenario da "Viminale Beach" (e non solo)

Le dimissioni di Mario Draghi e l'apertura ufficiale di una crisi di governo - che, su richiesta del Presidente della Repubblica, sarà "riparlamentarizzata" tra martedì e mercoledì della prossima settimana, dopo il doppio voto sulla questione di fiducia favorevole al governo, ma con la scelta del MoVimento 5 Stelle di non partecipare alle chiame - segnano un passaggio di mezza estate che poche persone avevano immaginato, mentre ha colto di sorpresa anche molti dei soggetti appartenenti alla schiera dei #drogatidipolitica. Com'è costume di questo sito, non si propone alcun commento politico su questi fatti molto rilevanti (chi scrive ovviamente ha proprie idee, ma emergeranno eventualmente altrove); qualche riflessione, tuttavia, sembra ugualmente opportuna, a partire dal frammento di una notizia circolata nelle ore scorse e che ha un certo rilievo per chi frequenta questo spazio.
In particolare, dopo le dimissioni comunicate da Draghi a Sergio Mattarella e la richiesta di quest'ultimo di un nuovo momento di confronto parlamentare, sono circolate possibili date per le eventuali elezioni anticipate, nell'eventualità - da non escludere - che il Presidente del Consiglio in carica confermi le sue intenzioni e il Presidente della Repubblica, nei giorni successivi, provveda a sciogliere le Camere: si tratterebbe, in quell'ipotesi, delle prime elezioni politiche fissate in autunno in Italia. Si è citato spesso, dunque, il 2 ottobre come possibile data per tornare alle urne, in modo da consentire l'entrata in carica del nuovo Parlamento e la formazione del governo un po' in ritardo rispetto alle scadenze previste per le procedure di bilancio, ma potenzialmente ancora in tempo per rispettare i termini fondamentali ed evitare l'esercizio provvisorio; in questo senso, sarebbe ancora più conveniente votare la domenica precedente, il 25 settembre. Sicuramente è presto, oggi, per dire se una di queste date sia plausibile o addirittura probabile; di certo, però, si possono prendere come base per fare qualche ragionamento ad alta voce - messa per iscritto - e norme vigenti alla mano sul procedimento elettorale che ci si troverebbe davanti. Perché, se è normale preoccuparsi del momento del voto e di tutto quello che accadrà in seguito, chi studia le elezioni o ne è sinceramente appassionato si preoccupa anche dei passaggi che precedono - anche di varie settimane - il voto, poiché che concorrono in modo tangibile a determinarne l'esito.
Se dunque si votasse effettivamente il 2 ottobre (o, volendo seguire le indicazioni contenute nel "libro bianco" Per la partecipazione dei cittadini volto a ridurre l'astensionismo, anche parte del giorno successivo, come si era fatto fino al 1993, alle elezioni politiche del 1994 per rispettare la Pasqua ebraica, ancora tra il 2002 e il 2013, nonché nelle consultazioni del 2020 e del 2021 per evitare rischi di assembramento ai seggi potenzialmente rischiosi per la Covid-19), tutte le scadenze principali legate al procedimento elettorale risulterebbero concentrate nel mese di agosto. In particolare, seguendo i termini indicati dal d.P.R. n. 361/1957 che regola l'elezione della Camera, il deposito dei contrassegni presso il Ministero dell'interno dovrebbe avvenire tra il 19 e il 21 agosto (tra le ore 8 del 44° giorno e le ore 16 del 42° giorno precedente il voto), mentre il deposito delle liste e dei documenti legati alle candidature - da compiere presso presso la cancelleria della Corte d'appello dei rispettivi Uffici centrali circoscrizionali e regionali - si terrebbe tra il 28 e il 29 agosto (tra le ore 8 del 35° giorno e le ore 20 del 34° giorno che precede il voto).
Ovviamente (quasi) tutto si può fare: se tornare subito al voto sarà l'unica soluzione possibile la si dovrà praticare senza indugi. Di certo, tuttavia, se le forze politiche vorranno creare le condizioni per votare la prima domenica di ottobre, dovranno anche adattarsi a compiere in piena estate le operazioni fondamentali necessarie per concorrere alle elezioni (e lo stesso, ovviamente, accadrebbe se si votasse l'ultima domenica di settembre, con il deposito dei contrassegni da anticipare al 12-14 agosto e quello delle liste da concentrare tra il 21 e il 22 agosto). Durante la Repubblica italiana, come si è anticipato, le elezioni politiche non si sono mai tenute in autunno; per trovare l'ultima elezione politica autunnale nella storia d'Italia occorre tornare al Regno e al voto del 1919 (il primo, tra l'altro, a prevedere come obbligatori i contrassegni sulla scheda, anche sulla base dell'introduzione del sistema elettorale proporzionale con scrutinio di lista e del suffragio universale maschile), fissato per il 16 novembre, comunque ad autunno inoltrato (evidentemente non c'erano gli obblighi stringenti di oggi legati al bilancio) e anche in passato non si è mai votato prima del 22 ottobre (accadde nel 1865).
Se invece si decidesse di percorrere questa via inedita, i partiti e i cartelli elettorali dovrebbero rassegnarsi all'idea di un fine settimana lungo da trascorrere almeno in parte a "Viminale Beach": nessuno ovviamente porterebbe ombrelloni, sabbia e sdraio negli austeri corridoi del piano terra del palazzo in cui ha sede il Ministero dell'interno, ma quasi certamente si vedrebbero pattuglie di persone venute per depositare i simboli e gli altri documenti richiesti (dunque, sulla base delle norme elettorali oggi in vigore, lo statuto o la dichiarazione di trasparenza, le eventuali dichiarazioni di collegamento, il programma e la designazione di chi depositerà le liste) in tenuta ultraestiva, con regolare ascella pezzata (se non peggio) e mani sudate quanto il resto del corpo, farsi largo accompagnate da personale del ministero che invece potrebbe essere compiutamente vestito (al pari di coloro che saranno in divisa, per quanto estiva). Quanto alla fila sulla piazza del Viminale, momento iconico che da sempre apre le procedure elettorali nazionali ma già depauperato dalla riforma del 2017 che ha richiesto un sovrappiù di documenti, potrebbe essere definitivamente stroncata da eventuali misure anti-Covid-19 (che magari suggerissero la prenotazione degli appuntamenti per il deposito, sarebbe da capire in che modo), ma soprattutto dal terrore di dover trascorrere in quella piazza con poca ombra, oltre che la notte prima dell'apertura dei cancelli, anche la giornata precedente, con il caldo agostano romano che non perdona.
Se quella del deposito dei simboli è l'immagine più nota, anche con punte di narrazione pop notevoli, non si può trascurare il passaggio successivo della presentazione delle liste. Anche perché, se le liste vanno depositate tra il 28 e il 29 agosto (o una settimana prima), chi deve raccogliere le firme ha tempo fino a quegli stessi giorni (anche se, guardando anche agli altri adempimenti, a partire dalla raccolta dei certificati, è bene chiudere un po' in anticipo). E se il problema non tocca coloro che hanno una rappresentanza qualificata in Parlamento (in base alla norma inserita nella legge di conversione del decreto elezioni, in seguito all'emendamento Magi-Costa riformulato dalla commissione, si tratta di M5S, Pd, Lega, Fi e Fdi, già esentate in base alle norme precedenti, nonché di Leu, Italia viva, Coraggio Italia, Noi con l'Italia, +Europa e forse anche Psi e - ma è meno probabile - Udc), sarebbero costrette alla raccolta firme sotto il solleone tutte le altre forze politiche, quelle presenti in Parlamento (a partire da Alternativa, ItalExit - con Gianluigi Paragone che aveva gridato alla "porcatina" in Senato - e Insieme per il futuro, qualunque nome prenderà il progetto legato a Luigi Di Maio; si devono poi contare anche le altre forze che avevano partecipato alle elezioni nel 2018, ma hanno avuto solo in seguito rappresentanza e visibilità parlamentare, come Potere al Popolo!, il Partito comunista e Italia dei valori) e quelle che stanno nascendo in queste settimane fuori dalle Camere. Se poi una lista non esentata volesse entrare in coalizione con almeno una lista esonerata, avrebbe l'ulteriore handicap di dover attendere (oltre che la formalizzazione della coalizione) la scelta dei candidati comuni nei collegi uninominali da indicare sui moduli per la raccolta firme, potendo contare su un tempo ridottissimo per quell'adempimento fondamentale (come denunciato ripetutamente da +Europa, anche davanti alla Corte costituzionale, anche se l'esito non è stato quello sperato).
Pensando a tutto questo, non può non venire in mente il dibattito parlamentare svoltosi poco prima dell'estate del 2020 alla Camera, quando si stava convertendo il "decreto elezioni" di allora e di fatto si stava portando il voto verso i giorni del 20-21 settembre, per evitare periodi di recrudescenza della Covid-19. Due interventi risultarono particolarmente d'impatto. Il primo era di Riccardo Magi (+Europa - Radicali italiani):
Stiamo dicendo [...] a dei cittadini, a dei giovani o meno giovani che in alcuni comuni italiani volessero avere l'ardire di promuovere una lista civica per competere alle prossime elezioni comunali del 20 di settembre, che il mese di agosto loro lo dovranno trascorrere nelle piazze italiane, a 40 gradi all'ombra, con la mascherina, a convincere i passanti, anche loro con la mascherina, a fermarsi e a convincerli, senza potersi far capire in maniera agevole, senza potergli sorridere, ad andare sotto un gazebo che sarà lì nella piazza, nel quale precedentemente avranno convinto un autenticatore - voglio vedere a trovarlo, perché magari questi giovani che vorranno promuovere questa lista civica non avranno, affacciandosi per la prima volta alla vita politica, dei consiglieri comunali disponibili ad autenticargli le firme, quindi chi troveranno? Un notaio? Chi troveranno, un cancelliere di tribunale? A quale spesa, a quale costo? - a trascorrere delle ore nel mese di agosto sotto un gazebo per raccogliere le firme di cittadini sottoscrittori di quelle liste, prendendo il documento ad uno ad uno di questi cittadini per verificarne l'identità, scrivendone i dati anagrafici sul modulo, facendolo firmare, passandogli la penna, riprendendosi poi la penna e svolgendo questa operazione per molte migliaia di firme.

Il secondo era di Francesco Paolo Sisto (Forza Italia):
È evidente che se io voto il 6 settembre, o il 13 o il 20 settembre - cioè, prima voto -, questo in primo luogo impedisce una campagna elettorale nel mese di agosto. Ci andremo sotto gli ombrelloni a chiedere il voto, ammesso che ci possiamo andare (perché anche questo è tutto da vedere)? Le firme si raccoglieranno mangiando il ghiacciolo?
Anche depurati dei riferimenti alle elezioni comunali e alle misure più severe (e, si spera, non più attuali) legate al contagio da Coronavirus, questi due interventi conservano la loro forza immaginifica. Così, tra una camicia pezzata nei corridoi del Viminale, un gazebo con 40 gradi all'ombra e un ghiacciolo, ci si permette di augurarsi che questi scenari non diventino realtà e che si voti a scadenza naturale, per ragioni assai più pratiche che politiche. Dopodiché, come si diceva prima, (quasi) tutto si può fare e, se sarà necessario, lo si farà. Ma è bene sapere a cosa si va incontro per riflettere a dovere e, nel caso, prendere le proprie contromisure.

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