Dopodomani si riaprirà il voto sui quesiti posti alle iscritte e agli iscritti al MoVimento 5 Stelle, dopo che Beppe Grillo, esercitando il suo potere da garante, ha chiesto di ripetere l'assemblea e la consultazione. Si guarderà con attenzione all'esito del voto sui quesiti che propongono di modificare lo statuto (specie quelli relativi all'eventualità di sopprimere il ruolo del garante o di ridimensionarne molto i poteri), ma prima ancora si guarderà alla percentuale dei votanti, visto che - sempre in base allo statuto - quando il garante chiede di ripetere il voto occorre che partecipi alla consultazione almeno la maggioranza assoluta degli aventi diritto (senza poter escludere nuove polemiche sull'ampiezza di quella platea elettorale).
La sera dell'8 dicembre si apprenderà se saranno prevalse le posizioni del presidente Giuseppe Conte o quelle di Grillo. Proprio lui oggi ha conquistato l'attenzione dei media per il suo discorso a bordo di un carro funebre, annunciato per le 11 e 03 (orario che rievocava l'11 marzo 2022, data di entrata in vigore dello statuto vigente) : ha sostenuto che i "grandi valori del MoVimento 5 Stelle [...] sono scomparsi in questi tre anni", anzi, sarebbero stati "traditi" ("siete diventati un partito che segue un "[mago di] Oz" - cioè Conte - un partito di gente che non riconosco più"), precisando che le sue proposte di progetto non avrebbero mai ricevuto risposte da Conte, che non si sarebbe fatto "mai trovare"; ha voluto correlare la proposta di eliminare il garante con la modifica al limite dei due mandati ("Io scompaio proprio in funzione dei due mandati; [...] 20 domande per coprirne tre", cioè quella sul garante, quella sui due mandati e la situazione del presidente); ha manifestato il suo disagio nel "vedere questo MoVimento, questo simbolo che ha rappresentato sudore, cuore, coraggio per milioni di persone, rappresentato da queste persone". Ha invitato di nuovo i vertici del M5S ad abbandonare le insegne di una storia in cui non potrebbero più identificarsi ("Coraggio: fatevi un altro simbolo, andate avanti e fate le vostre cose. Il MoVimento è morto, stramorto, però è compostabile: l'humus che c'è dentro non è morto"), per poi concludere: "Questo MoVimento avrà un altro decorso meraviglioso, che ci siate voi o no".
Quale sia il decorso di cui parla Grillo non è dato sapere. E se il riferimento al simbolo da cambiare potrebbe far pensare di nuovo alla possibilità che il fondatore (con Gianroberto Casaleggio) della "non associazione" M5S nel 2009 e (con il nipote Enrico e il commercialista Enrico Maria Nadasi) dell'associazione M5S nel 2012 revochi l'uso del simbolo a suo tempo da lui registrato come marchio, da alcuni giorni quello scenario sembra diventato meno attuale dopo che Adnkronos - con un articolo di nuovo a firma di Antonio Atte - il 29 novembre ha svelato parte del contenuto di una scrittura privata intercorsa proprio tra "Giuseppe Piero Grillo" e l'associazione MoVimento 5 Stelle fondata nel 2017 e attualmente guidata da Giuseppe Conte. Che quel documento esistesse era già stato anticipato, oltre che da Conte, da Alfonso Colucci, notaio e deputato del MoVimento - lo si è già ricordato nell'articolo di pochi giorni fa - ma solo ora si può ragionare su parte del contenuto; occorre premettere che il documento integrale non è stato reso disponibile, quindi si riflette unicamente su quanto è stato diffuso dall'agenzia.
In mancanza di una data visibile (il testo dell'agenzia precisa che era coperta da omissis), si può comunque intuire che la scrittura privata risale al 2021, visto che vi si parla della sede nazionale in via Campo Marzio, che risulta tale a partire dallo statuto approvato appunto nel 2021. Oggetto dell'accordo sarebbe, a quanto si apprende, la cosiddetta "manleva", cioè l'impegno del M5S a esonerare Beppe Grillo da ogni responsabilità patrimoniale in caso di azioni giudiziarie relative all'attività del MoVimento stesso; a quell'impegno, tuttavia, sarebbero corrisposte varie contropartite. Tra queste, il lancio di agenzia citava l'impegno dello stesso Grillo "a non formulare in proprio e quale legale rappresentante" tanto del M5S-1 (la "non associazione" del 2009) quanto del M5S-2 (l'associazione del 2012) "alcuna contestazione" verso il M5S-3 (fondato nel 2017 da Davide Casaleggio e Luigi Di Maio, poi sostituito come capo politico da Vito Crimi e - col diverso ruolo di presidente - da Giuseppe Conte) "con riguardo all'utilizzo del nome Movimento 5 Stelle e/o del simbolo": in particolare, non si sarebbe dovuto contestare né il simbolo registrato dal M5S-3 come marchio (quello con il sito Ilblogdellestelle.it), né il simbolo "come finora modificato e in futuro modificabile, in tutto o in parte", inclusa dunque la versione attuale col riferimento al 2050, inclusa anch'essa nello statuto.
Tra gli impegni presi da Grillo rientrerebbe anche una sorta di "divieto di concorrenza": il fondatore del M5S, in particolare, non dovrebbe "prestare collaborazione funzionale e/o strutturale ad altre associazioni che hanno quale finalità quella di svolgere attività in contrapposizione e/o concorrenziale" col M5S. Nel commentare questa disposizione, Antonio Atte nota che "qualora dovesse verificarsi una scissione o dovesse nascere una nuova forza politica filo-grillina antitetica al Movimento di Conte, Beppe Grillo non potrebbe lavorare con o per questa nuova formazione"; in effetti, è probabile che l'impegno sia anche più gravoso, nel senso che Grillo in teoria non potrebbe prestare - ammesso che voglia davvero farlo - la sua collaborazione con alcun partito, visto che ogni altra forza politica di fatto si porrebbe in concorrenza, se non addirittura in contrapposizione col M5S-3.
Sempre nella scrittura privata si leggerebbe che l'accordo lì contenuto "è senza termine di durata", essendone prevista la risoluzione (dunque il venir meno) "solo con lo scioglimento dell'Associazione Movimento 5 Stelle" e in quel caso Grillo potrebbe beneficiare dell'esonero dalla responsabilità solo per "i contenziosi radicati entro 5 anni decorrenti dalla data di scioglimento" del M5S-3 (ma lo stesso documento fa salvi gli effetti "della manleva 2018", con riferimento al precedente accordo con cui, alla vigilia delle elezioni politiche del 2018, era stata concessa un'analoga copertura legale).
Secondo chi ha commentato per primo il contenuto della scrittura privata divulgato da Adnkronos, quell'accordo renderebbe impossibile qualunque azione di Beppe Grillo legata al simbolo, di cui pure l'associazione da lui presieduta (quella del 2012) è titolare. Sicuramente contestazioni "simboliche" sono scoraggiate, ma non è affatto detto che siano escluse. Non è dato sapere se l'accordo contenuto nella scrittura privata preveda anche delle penali nell'eventualità in cui una delle parti venga meno al patto; qualora non ci fossero penali, tuttavia, resterebbe aperta per Grillo la possibilità di rinunciare al proprio vantaggio (la manleva) per poter riacquisire la facoltà di revocare al M5S-3 l'uso del simbolo concesso all'atto della sua fondazione e, dunque, di contestare l'uso dei simboli attuali.
Questa scelta, ovviamente, potrebbe generare contenziosi e, in ogni caso, potrebbe non essere risolutiva in sede elettorale, visto che - come si è ricordato pochi giorni fa - le norme in vigore da decenni tutelano con priorità le forze politiche presenti in Parlamento, incluso il M5S. In sede civile, tuttavia, un'eventuale decisione di un giudice che - anche solo in via cautelare - inibisse l'uso del nome e del simbolo al M5S-3 potrebbe avere effetti assai rilevanti, potenzialmente simili a quelli dell'ordinanza del tribunale di Napoli che, all'inizio del 2022, sospese cautelarmente le modifiche statutarie e dell'elezione di Giuseppe Conte alla presidenza, di fatto paralizzando temporaneamente il MoVimento; ciò, naturalmente, ammesso che un giudice sia disposto a ritenere corrette le ragioni alla base delle eventuali pretese di Grillo.
Certo, alla base resta sempre il problema non secondario della registrazione di un simbolo come marchio, di per sé poco compatibile con il mondo dei partiti e con quello delle elezioni: "La tendenza a registrare i simboli dei partiti come marchi è contrastata a livello giurisprudenziale, dove si ritiene che il diritto di proprietà individuale sul marchio non può sacrificare integralmente il diritto al suo da parte di un soggetto collettivo come un partito politico", ha dichiarato il costituzionalista Salvatore Curreri a Emilia Patta del Sole 24 Ore, in un articolo pubblicato oggi. Lui cita pure una vecchia ordinanza del tribunale di Palermo - sezione impresa e proprietà industriale (del 4 marzo 2015), emessa con riguardo all'associazione Dim, cioè Democrazia in Movimento e già analizzata a suo tempo su queste pagine: al suo interno si legge che "La specifica funzionalità del marchio, destinato ad individuare un prodotto o una attività commerciale, delimita l’ambito di tutela accordata, che mira proprio ad evitare il rischio di confusione tra i consumatori, sia per assicurare il diritto di esclusiva al suo titolare, sia per salvaguardare la buona fede dei soggetti contraenti. Il segno distintivo, così come il nome del partito politico, pare invece inquadrabile nella disciplina del nome di cui all’art. 7 c.c., quale strumento di individuazione del soggetto, e tutelato quale espressione dell’identità personale del gruppo di individui associati che si riunisce sotto l’ombrello di una determinata idea politica".
Per Curreri, ciò significa che "il simbolo di un partito appartiene non ad un soggetto ma alla comunità politica che in esso si riconosce e che in tal senso può agire in sua tutela secondo l’art. 7 del codice civile". In teoria questa dovrebbe essere la norma e se ne può condividere lo spirito; non si può però ignorare come tanto il M5S-2 (nel 2013), quanto il M5S-3 (nel 2018) abbiano di fatto partecipato alle elezioni con uno statuto in cui si diceva espressamente che il contrassegno impiegato era stato concesso in uso da un diverso soggetto, che di quell'emblema era "unico titolare". Non si è trattato in effetti dell'unico, né del primo caso di "simbolo in concessione": nel 2006, per dire, lo statuto dell'associazione La Rosa nel Pugno - Laici liberali socialisti radicali conteneva la specificazione in base alla quale il simbolo della rosa nel pugno veniva concesso in uso esclusivo al nuovo soggetto giuridico fino al 2011 dal Partito radicale; dal 2014 fino al 2018, poi, lo statuto di Fratelli d'Italia conteneva il riferimento alla delibera del cda della Fondazione An che aveva concesso l'uso del simbolo di Alleanza nazionale. Certo, un conto è la concessione da parte di un soggetto collettivo, un altro conto è la concessione da parte di una singola persona (Beppe Grillo). Occorre dire che lo statuto originario del M5S-3 non è mai stato sottoposto - che si sappia - alla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e controllo dei rendiconti dei partiti politici: non è quindi dato sapere se il passaggio in cui si parlava espressamente della concessione in uso del simbolo da parte del M5S-2 sarebbe stato oggetto di rilievi (formali o informali) di qualche natura. Il decreto-legge n. 149/2013 (che detta un minimo di regole sulla "democrazia interna" dei partiti) si limita a rilevare - all'art. 3, comma 1 - che il simbolo "costituisce elemento essenziale di riconoscimento del partito politico", che nello statuto dev'essere descritto (potendo "anche essere allegato in forma grafica) e che nome, sigla e simbolo "devono essere chiaramente distinguibili da quelli di qualsiasi altro partito politico esistente", senza che sia esclusa la possibilità di un simbolo "in concessione".
Nel frattempo, attraverso la rete si è diffusa la notizia della nascita (già il 27 novembre scorso) di un'associazione del terzo settore denominata Figli delle Stelle Odv: questa, nata sulla scorta di un documento presentato in vista dell'assemblea M5S, si propone di "rendere onore ai temi e ai principi che ci hanno accomunato e guidato nel corso di questi mesi", al fine di "garantire impegno sociale al servizio dei territori, per sostenere cultura socio-politica e volontariato civico nel solco del pensiero di Gianroberto Casaleggio", promuovendo "la partecipazione alla vita democratica e culturale del Paese in particolare tra i giovani" e garantendo "la sopravvivenza e la diffusione dei valori del vero MoVimento". A costituire l'associazione, guidata da Alessia De Caroli, sono stati soprattutto attiVisti che hanno contestato l'assemblea costituente di novembre (ritenendola poco trasparente) e intendono essere punto di riferimento per chi sente traditi i principi originari del M5S. Per l'occasione il gruppo - che ha precisato di non essere in contatto con Grillo - si è dato un fregio, nel quale emergono evidenti su fondo bianco cinque stelle (di forma e colore diversi rispetto a quelle del simbolo) e una persona con megafono (che ricorda un po' il megafono da cui escono le stelle del sito Ilblogdellestelle.it, un po' l'omino del Fatto Quotidiano). Difficile, molto difficile che - nonostante la forma circolare - quel simbolo sia stato pensato con un occhio alle schede elettorali; più probabile è che serva da aggregatore in vista di futuri sviluppi, all'interno del MoVimento ma magari non solo.
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