lunedì 7 febbraio 2022

M5S, sospesi statuto (simbolo nuovo incluso) e presidenza di Conte

Quando un apparecchio presenta problemi, è esperienza comunque che spesso sia più conveniente cambiarlo che ripararlo. Anche con questo spirito, da quanto si sa, alla fine del 2017 si era fondata un nuovo soggetto denominato MoVimento 5 Stelle (il terzo, dopo la "non associazione" del 2009 e l'associazione del 2012), senza procedere a nuove modifiche dello statuto del M5S-2 (2012) e del "non statuto" del M5S-1 (2009) che potessero essere contestate in sede giudiziaria; anche le norme statutarie del 2017, però, sono state modificate due volte, a febbraio e ad agosto del 2021, dando al MoVimento l'assetto attuale. Le ultime modifiche allo statuto, tuttavia, al momento risultano sospese, dopo che il tribunale civile di Napoli ha accolto - in sede di reclamo - la richiesta di tre iscritti al M5S e residenti nel capoluogo partenopeo; la stessa ordinanza ha sospeso anche la successiva delibera con cui è stato indicato Giuseppe Conte come presidente.  

L'atto introduttivo

La nuova vicenda contenziosa è sorta nel mese di settembre 2021, quando - come si diceva - tre persone residenti a Napoli, iscritte al MoVimento 5 Stelle e difese dall'avvocato Lorenzo Borré avevano citato l'associazione (nella persona del presidente Giuseppe Conte), chiedendo di dichiarare nulle o annullare le delibere con cui si era approvato il testo del nuovo statuto (2-3 agosto 2021) e si era eletto Conte alla presidenza del M5S (5-6 agosto 2021); in alternativa, nell'atto di citazione si chiedeva al tribunale di dichiarare nulli o annullare, all'interno dello statuto vigente, almeno gli artt. 10, lett. c) (relativo alle forme di convocazione dell'assemblea degli iscritti), 23 (sulla previsione di un preventivo tentativo di conciliazione delle controversie, da devolvere in caso di insuccesso a un collegio arbitrale) e 25 (disposizione che contiene le norme transitorie, nelle quali si regola tra l'altro la designazione del primo Presidente del MoVimento, indicato dal Garante ed eletto dall'Assemblea a maggioranza semplice). In attesa del giudizio di merito, peraltro, gli attori avevano chiesto di sospendere in via cautelare le stesse delibere.
L'atto introduttivo del processo aveva lamentato vari vizi degli atti. In particolare, secondo gli attori era già invalida la convocazione, non essendo avvenuta con le forme previste dallo statuto allora vigente (cioè "sul sito internet del MoVimento 5 Stelle", che per gli iscritti coincideva con "il sito www.movimento5stelle.it della piattaforma Rousseau", l'unico richiamato nello statuto, mentre si è utilizzato il nuovo sito www.movimento5stelle.eu, non indicato dallo statuto e - per gli attori - non autorizzato dal comitato direttivo né comunicato ufficialmente agli iscritti) e non essendo comunque stata estesa a tutte le persone iscritte all'associazione M5S. In particolare, sarebbero state esclusi dal voto (e non convocate all'Assemblea) tutti gli associati da meno di sei mesi: ciò sulla base dell'art. 6, lettera a) dello statuto allora in vigore, in base al quale "l’Assemblea è formata da tutti gli iscritti con iscrizione in corso di validità al momento della sua convocazione. Con regolamento adottato dal Comitato di Garanzia, su proposta del Comitato direttivo, può essere introdotta una restrizione alla partecipazione alle Assemblee con riferimento agli iscritti da meno di 6 mesi ed agli iscritti destinatari di provvedimenti disciplinari di sospensione od espulsione". Il regolamento citato (e contenente l'esclusione dal voto in Assemblea degli iscritti da meno di sei mesi) esiste, ma - stando alle lamentele degli attori - a monte sarebbe mancata la proposta del comitato direttivo, non essendo mai stato eletto (per cui il comitato di garanzia non avrebbe potuto deliberare di sua iniziativa) e comunque il regolamento non sarebbe stato pubblicato. 
Non sarebbe stato legittimo, così, escludere dal voto gli iscritti con "anzianità" minore di sei mesi: questo, a sua volta, avrebbe avuto effetti sulla validità delle deliberazioni. In particolare, il quorum di validità delle votazioni doveva calcolarsi sul numero degli iscritti e non su quelli con diritto di voto aventi almeno 6 mesi di "anzianità" (più basso), in base al testo allora vigente dell'art. 6 dello statuto. Di più, il voto non su singole e individuate disposizioni statutarie rinnovate, ma su uno statuto del tutto nuovo avrebbe di fatto cambiato alla radice l'identità dell'associazione, richiedendo - a detta degli attori - l'unanimità o almeno il consenso ben più oneroso rispetto all'ordinario, previsto dall'art. 21, commi 2 e 3 del codice civile.
Anche il fatto che la votazione sia avvenuta sulla piattaforma SkyVote, diversa da quella prevista sullo statuto (cioè Rousseau) sarebbe stato - per chi aveva iniziato il giudizio - fonte di invalidità: non sarebbe stato rispettato lo statuto (nelle parti in cui prevedeva il voto su Rousseau: lo stesso Grillo, del resto, aveva chiesto e ottenuto che il voto sul comitato direttivo avvenisse su Rousseau - a dispetto dei problemi già in essere con l'associazione omonima - proprio per evitare che vi fossero ricorsi sul punto) e il cambio di piattaforma sarebbe stato il motivo di varie illegittime esclusioni dal voto.
Quanto alle singole illegittimità delle nuove disposizioni statutarie fatte valere nell'atto di citazione, esse colpivano - oltre all'art. 10 nella parte in cui prevede nuove regole sulla convocazione dell'Assemblea - l'art. 23 (che sacrificherebbe il diritto dei soci di rivolgersi direttamente al tribunale per tutelare i loro diritti, "imponendo" la via dell'arbitrato) e l'art. 25 (perché, nel dettare regole ad hoc per l'indicazione del primo Presidente del MoVimento 5 Stelle, con il voto su un candidato unico indicato dal garante, avrebbe violato il diritto di ciascun associato di candidarsi alle cariche elettive).
Sulla base di queste lamentele, un'eventuale dichiarazione di nullità o annullamento del voto sul nuovo statuto avrebbe travolto anche la validità del voto sulla presidenza di Giuseppe Conte; per coloro che hanno intrapreso l'azione, in ogni caso, l'esito di quel voto sarebbe stato comunque invalido per autonomi vizi di quella procedura (tra questi, anche il fatto che lo stesso Conte non sarebbe risultato iscritto all'associazione in tempo utile e, dunque, non sarebbe stato eleggibile).

La decisione

In sede cautelare - dunque quando non si discute sul merito, ma si valuta con una cognizione sommaria se è opportuno adottare i provvedimenti richiesti dalle parti prima che queste ricevano pregiudizi gravi e irreparabili - il tribunale di Napoli in un primo tempo (per l'esattezza il 24 dicembre) ha respinto le domande degli iscritti al MoVimento 5 Stelle (non si dispone dell'ordinanza, dunque non si possono analizzare più in dettaglio le argomentazioni del primo giudice). Coloro che avevano interpellato il tribunale, però, hanno scelto di impugnare quella decisione e - come previsto dal codice di procedura civile - la questione è stata riesaminata da un collegio di tre giudici, che ha deciso giovedì 3 febbraio, ma l'ordinanza è stata resa nota oggi. 
Il collegio ha risolto in fretta una questione relativa alla competenza (toccherà al giudice in sede di merito decidere se sarà competente a pronunciarsi su quella causa in particolare, ma di certo sulle domande in sede cautelare deve decidere lo stesso tribunale investito della causa di merito), per poi concentrarsi sul merito del contenzioso, anche se in modo non troppo approfondito, trattandosi appunto di un procedimento cautelare.
I giudici del collegio, dunque, hanno ritenuto che le deliberazioni dell'Assemblea del MoVimento 5 Stelle sullo statuto e sull'elezione del Presidente dello stesso M5S fossero invalide, sospendendole entrambe. Quanto al voto sullo statuto, l'unico motivo di nullità di cui si occupa l'ordinanza è l'assenza del quorum deliberato richiesto dallo statuto allora vigente: occorreva che partecipasse almeno la maggioranza assoluta degli iscritti e quella quota della metà più uno si doveva calcolare sul totale dei soci (come prevedeva l'art. 6 dello statuto), non "depurato" degli iscritti da meno di sei mesi (come suggerito dal diverso art. 4, relativo invece alle consultazioni degli iscritti). 
Dalla lettura dell'ordinanza emerge che, secondo il MoVimento, la mancanza di proposte da parte del comitato direttivo circa la partecipazione degli iscritti da meno di sei mesi non avrebbe comunque impedito al comitato di garanzia di escludere questi dal voto attraverso la redazione del regolamento relativo alle assemblee. I giudici del collegio di reclamo non hanno contestato l'esclusione in sé: del resto, storicamente i partiti hanno richiesto la maturazione di una minima "anzianità" di iscrizione per accedere ai momenti qualificanti della loro vita interna, per evitare di riconoscere troppo peso a persone iscritte poco prima dei congressi o di altri eventi assembleari. Il problema, invece, è stato aver praticato quell'esclusione senza seguire la procedura indicata dallo statuto stesso, dunque una proposta di regolamento da parte del comitato direttivo (mai eletto) e la successiva adozione del testo regolamentare da parte del comitato di garanzia (un iter espressamente previsto dall'art. 6 dello statuto allora vigente per l'Assemblea degli associati - organo cui spetta decidere sulle modifiche statutarie - e non dall'art. 4 per la consultazione degli iscritti; il fatto che il nuovo testo dell'art. 10 preveda l'automatica esclusione dei soci "non abbastanza anziani" dalle deliberazioni, poi, per i giudici significa che prima occorreva seguire il percorso espressamente previsto per ottenere il medesimo risultato). 
A onor del vero, come si intuisce dalle comunicazioni ufficiali pubblicate sul sito del M5S, esisteva una proposta di regolamento contenente l'esclusione di coloro che avevano un'insufficiente "anzianità", ma era stata fatta nel 2018 dal capo politico secondo il testo previgente dello statuto (quello del 2017) e poi approvata dal Comitato di Garanzia: probabilmente chi esercitava le funzioni di guida del MoVimento al momento della convocazione dell'Assemblea (Vito Crimi, come Presidente del Comitato di Garanzia) ha ritenuto che quel regolamento approvato dal Comitato di Garanzia fosse ancora valido e applicabile, visto che il comitato direttivo previsto dallo statuto modificato a febbraio 2021 non era mai stato eletto e dunque non avrebbe potuto proporre nulla. Questo ragionamento, però, evidentemente non ha convinto i giudici del reclamo.
Il mancato conteggio, ai fini della determinazione della platea degli elettori, degli iscritti con meno di sei mesi di anzianità per i giudici di reclamo ha alterato in modo determinante l'esito del voto. Il quorum strutturale della maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto richiesto in prima convocazione doveva infatti essere calcolato non sui 113.894 iscritti da almeno sei mesi, ma sui 195.387 associati effettivamente iscritti al momento del voto; considerando che hanno votato 60.940 soci (già di per sé meno degli 81.839 iscritti non considerati), il quorum richiesto in prima convocazione risultava non raggiunto, dunque la delibera risultava annullabile per violazione dello statuto e qualunque socio poteva chiederne l'annullamento. Ciò, per il collegio, è sufficiente per travolgere anche la validità del voto che ha portato Giuseppe Conte alla presidenza del M5S (carica che, peraltro, non era prevista dallo statuto vigente di certo fino ad agosto).
Stabilita l'esistenza del fumus boni iuris (dunque del concreto sospetto che le lamentele di chi aveva iniziato il giudizio fossero fondate), i giudici hanno ritenuto verificato anche l'altro requisito, cioè il periculum in mora: se la delibera sullo statuto e quella sulla presidenza avessero continuato a produrre effetti, si sarebbero creati "pregiudizi molto rilevanti per la stabilità della stessa organizzazione associativa". Tanto i soci quanto l'associazione, anzi, avrebbero interesse a che l'associazione funzionasse "nel rispetto delle regole statutarie che nel loro insieme ne sovraintendono la forma, lo scopo e l’agire": inutile invocare, secondo il collegio, la l'opportunità di non turbare l'attuale vita del M5S "se ciò si fonda su comportamenti che risultano contrari alle regole che fondano l’esistenza dell’associazione". 

E ora?

L'ordinanza, dunque, ha sospeso le due deliberazioni dell'Assemblea del MoVimento (su statuto e presidenza) "in attesa dell'esito del giudizio di merito" (che, ovviamente, potrebbe confermare quanto deciso in sede cautelare oppure prendere decisioni ancora diverse). I giudici non hanno ritenuto rilevante il fatto che ora potrebbero sorgere vari problemi, a partire dalle questioni legate all'uso della vecchia piattaforma Rousseau: per loro si tratta "di eventuali aspetti di carattere meramente operativo suscettibili di svariate possibili soluzioni la cui individuazione resta concretamente riservata agli organi della associazione".
Cosa comporta questo in concreto? Mentre restano sospese le citate delibere, torna efficace lo statuto previgente (con le modifiche effettuate a febbraio). Molto più delicata è la questione relativa alla governance del M5S: il voto per eleggere il comitato direttivo, previsto per luglio, non si era poi tenuto e si dovrebbe dunque procedere innanzitutto a questo adempimento, toccando al Garante (cioè a Beppe Grillo) avviare le procedure. Come piattaforma, esattamente come a luglio, si dovrebbe usare per sicurezza Rousseau, anche perché formalmente non è previsto che un organo associativo diverso dal comitato direttivo autorizzi l'uso di piattaforme diverse (anche immaginare una nuova supplenza del Garante, per ragionevole che appaia, sarebbe comunque rischioso).
Tra l'altro, fino alla definizione del giudizio di merito, se il MoVimento scegliesse di presentare candidature alle prossime elezioni amministrative, potrebbe scegliere di tornare al contrassegno che contiene il sito Movimento5stelle.it: sarebbe quello, infatti, il simbolo ufficiale del M5S, visto che la sospensione del nuovo statuto (meglio: della delibera che l'ha adottato) riguarda anche l'emblema che contiene il riferimento al 2050. Occorre altrettanto rilevare, però, che l'associazione M5S (quella fondata nel 2017) ha depositato come marchio il simbolo utilizzato negli ultimi mesi: la domanda è ancora in esame, ma questo non ostacolerebbe comunque la possibilità per il MoVimento di usare il segno in sede elettorale, né permetterebbe ad altri soggetti di usarlo.
In ogni caso, quella resa nota oggi è un'altra situazione molto delicata che il MoVimento 5 Stelle è chiamato ad affrontare e su cui ha comunque bisogno di riflettere, innanzitutto per capire come procedere. Certamente il fatto che occorra un intervento della magistratura per ripristinare la "legalità statutaria" all'interno di una forza politica (come di una qualunque associazione) può suonare come una sconfitta, ma non è il caso di lanciare allarmi o gridare allo scandalo: occorre piuttosto - in ognuno dei tanti casi che la politica italiana ha conosciuto e probabilmente conoscerà in futuro - sforzarsi di rispettare in pieno le regole che ci si è dati con lo statuto (e, a monte, è il caso di scriverle cercando di renderle il più possibile realizzabili e chiare). Una volta che il mancato rispetto si è consumato (anche se qui, ovviamente, manca ancora un pronunciamento di merito da parte dei giudici), occorre invece impegnarsi per risolvere i problemi sul tavolo, incluso il valutare le ragioni delle parti che hanno intrapreso l'azione prima che i giudici si esprimano nel merito. Un ragionamento simile, per esempio, ha portato alla recente transazione tra +Europa e coloro che avevano impugnato gli atti del secondo congresso del partito e ad alcuni atti presupposti (incluse le delibere di alcune modifiche statutarie "in zona Cesarini"). Questa certamente è solo una delle opzioni percorribili: toccherà alle parti (tutte) decidere come agire.

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