Le ricerche spesso iniziano senza avere bene idea del luogo in cui conducono: si parte per la curiosità e il desiderio di approfondire, nell'ignoranza di cosa si troverà, della mole di informazioni da scoprire (grande o piccola, soddisfacente oppure no) e del tempo che sarà necessario. Ieri, per esempio, si è scritto della domanda di marchio per (la prima versione del logo di) L'Italia c'è, depositata tra la fine del 2021 e l'inizio del 2022 da Piercamillo Falasca e da Gianfranco Librandi. Chi però frequenta - suo malgrado - con una certa assiduità questo sito potrebbe essere stato colto, leggendo l'articolo, da un dubbio: "ma non avevo già trovato altri articoli in cui si parlava di marchi politici depositati da Librandi?". Il dubbio è legittimo e, soprattutto, fondato: consultando la banca dati dell'Ufficio italiano brevetti e marchi, infatti, risultano ben 42 domande di marchio depositate a nome di Gianfranco Librandi (alcune accolte, altre rifiutate, altre ancora in via di esame).
Alcuni di quei segni distintivi sono di chiara natura imprenditoriale, il che non stupisce, essendo il depositante un imprenditore da anni; proprio in base a quell'approccio imprenditoriale (che porta a tutelare i possibili marchi per la propria attività), tuttavia, lo stesso Librandi - eletto per la prima volta alla Camera nel 2013 in Scelta civica - deve aver ritenuto opportuno depositare a proprio nome - proprio dalla fine del 2013 - ben 38 domande di marchio per segni che appaiono adatti per iniziative collettive civili o politiche e, in effetti, alcuni di questi sono stati usati per questo (pur con qualche adattamento). Curiosamente, non rientra tra queste 39 il simbolo della forza politica fondata da Librandi nel 2009, all'atto della sua uscita dal Pdl, vale a dire l'Unione italiana: quel simbolo - con le iniziali accostate su fondo blu chiaro, un arco di stelle e un nastro tricolore - è comunque stato registrato come marchio, ma direttamente dall'associazione Unione italiana, con sede a Saronno (e a rappresentarla è la stessa persona che si ritrova nelle altre domande.
Passare in rassegna le domande di marchio presentate da Librandi (a volte da solo, a volte assieme ad altre persone) equivale a un viaggio nell'ultimo decennio politico italiano, almeno in quell'area "moderata" e "centrista" (ammesso che queste parole abbiano davvero un senso) nella quale l'imprenditore e politico ha operato ed è stato candidato ed eletto. La prima domanda di marchio, in effetti, risale alla fine di ottobre del 2013: Librandi aveva cercato di registrare il simbolo di Scelta civica (lista nella quale era stato eletto alla Camera) in un momento già difficile per quel partito (Mario Monti si era dimesso da presidente giusto pochi giorni prima, in un clima di ruggini tra la componente libdem e quella cattolica del soggetto politico): aveva dunque depositato proprio il contrassegno con cui si era candidato, privato però dell'espressione "con Monti per l'Italia"), ma la domanda di marchio fu respinta.
Occorre attendere due anni (dunque il mese di ottobre del 2015) per trovare un'altra richiesta presentata dal deputato (rimasto in Scelta civica) e questa volta andata a buon fine: a giugno del 2017 è stato registrato il marchio We Change, nel corso del tempo associato ad alcune iniziative politiche organizzate dallo stesso Librandi e che hanno visto la sua presenza.
Alla fine del 2015, tuttavia, il parlamentare ha depositato altri due fregi, questa volta di forma rotonda e legati al medesimo tema. Potenzialmente erano già pronti per essere utilizzati i due emblemi della Lega italiana: uno aveva la parola "Lega" in verde (in un tempo in cui nel simbolo della Lega Nord era ancora presente il Sole delle Alpi di quel colore), con tre sagome generiche di persone a mezzo busto e il dettaglio di una spada (cioè l'elsa, l'impugnatura, e una parte di lama, che poteva ricordare una croce pur non essendola); l'altro ripeteva il nome due volte, ad arco, con la spada intera su uno scudo (riprodotti anch'essi due volte), mentre nel cerchio centrale c'erano le figure stilizzate, a clipart, di sei persone su fondo azzurro sfumato. Non si accorse quasi nessuno di quel deposito, almeno fino a quando si iniziò a parlare della trasformazione del Carroccio in partito nazionale e ci si domandava se Matteo Salvini avrebbe semplicemente tolto la parola "Nord" o magari avrebbe percorso altre soluzioni, quali appunto "Lega italiana". "Quando ho depositato questo marchio - aveva dichiarato Librandi all'Adnkronos - immaginavo si potesse dare vita a una Lega italiana. Poi dopo invece sono entrato nel Pd e ho fatto altre scelte", precisando che mai avrebbe ceduto il simbolo a Salvini ("Ultimamente è diventato aggressivo e offensivo, si sta avvicinando pericolosamente al M5S e mi spaventa non poco").
Tempo un altro paio di mesi e Librandi depositò due coppie di simboli per ottenerne la registrazione come marchi. Il 9 febbraio e l'11 marzo 2016, infatti, risultano essere state presentate domande di marchio per i simboli di Siamo italiani, associazione fondata dagli europarlamentari di Forza Italia Lara Comi (saronnese come Librandi, il quale aveva anche acquistato il dominio del sito a settembre del 2015), Salvatore Cicu e Aldo Patriciello: di quell'associazione questo sito si era già occupato nell'estate del 2016. Il primo emblema depositato aveva l'Italia tridimensionale sullo sfondo grigio (variante di "Siamo milanesi", altra creatura di Librandi, abbondantemente vista alla fine del 2015 e nei mesi successivi nel capoluogo lombardo, in vista delle elezioni comunali), ma si era scelta di fatto la seconda, con un tricolore su fondo blu e il nome bianco al centro.
Sempre l'11 marzo, lo stesso Librandi risulta aver depositato altre due domande di marchio, relative ai segni denominati Moderati per l'Italia e Siamo moderati: il primo soprattutto testuale, con la bandiera tricolore nella parte alta su fondo bianco; il secondo con il nome raddoppiato e anche qui col cerchio centrale azzurro scuro, ma con il tricolore a nastro leggermente avvolto al centro. La prima domanda non venne accolta (non è dato sapere perché), mentre la seconda è stata regolarmente registrata.
Nulla si sa del progetto cui questi due emblemi potevano essere legati; di certo, però, per Scelta civica si preparavano settimane complesse, con il segretario Enrico Zanetti favorevole a un percorso comune con i verdiniani di Ala e la maggioranza del gruppo parlamentare contraria a questo. Quando - il 12 ottobre 2016 - la Camera decise che il nuovo gruppo che Zanetti e alcuni altri deputati di Sc scelsero di formare assieme ad Ala aveva titolo per rappresentare Scelta civica e per utilizzarne il nome, mentre quello vecchio avrebbe continuato a esistere ma con un altro nome, il gruppo decise di denominarsi Civici e innovatori. Non stupisce così che il 24 ottobre 2016 risultino depositate ben cinque domande di marchio, tutte accolte e tutte variazioni sul tema "Civici e innovatori", con il tricolore e il blu come ingredienti principali (si segnala, in quattro casi su cinque, l'uso dello stesso carattere impiegato da Scelta civica). In una la bandiera tricolore appariva sotto un "lembo piegato" del simbolo, con il nome blu e azzurro sotto; in un'altra (sul modello di soluzioni grafiche già viste qui) il nome si ripeteva due volte con il nastro tricolore un po' arrotolato nel mezzo (su fondo azzurro scuro). Lo stesso nastro tornava in altre tre versioni del simbolo, strettamente imparentate tra loro, con il nome posto sempre nella parte superiore (con la E più grande, azzurra, in una font graziata): una con fondo tutto bianco e nome blu (e azzurro); una uguale a questa, ma con lo sfondo posto sotto al tricolore tinto di blu; una terza a colori invertiti (parte superiore blu, con testo bianco e azzurro, parte inferiore bianca). Com'è noto alla fine Civici e innovatori optò per un altro fregio, mai adattato alla forma rotonda e - che si sappia - mai finito sulle schede.
Gianfranco Librandi ha continuato a depositare marchi "potenzialmente politici" anche in seguito, ma per alcuni mesi si è limitato a quelli denominativi, dunque relativi alle sole parole e non anche a una grafica: Obiettivo Italia a dicembre del 2016, I Dialoganti alla fine di gennaio del 2017, Forza Europa a metà marzo del 2017 (depositato con Benedetto Della Vedova, che avrebbe poi guidato un'iniziativa politica con lo stesso nome, che più avanti avrebbe condotto alla nascita di +Europa) e la denominazione Civici e innovatori un mese più tardi. Con il tempo si avvicinava la fine della XVII legislatura, ma arrivava anche il tempo delle elezioni regionali lombarde. Il 25 ottobre 2017 Librandi depositò il simbolo Obiettivo Lombardia, con la sagoma verde della regione e a fianco un elemento rosso con i rilievi montuosi lombardi stilizzati; il contorno blu spesso del cerchio aveva quattro "tacche" bianche, volendo ricordare un "mirino". Il 2 gennaio la stessa grafica fu ridepositata più elaborata: nel simbolo fu aggiunta l'espressione "per le autonomie" e il cerchio venne inserito in un quadrato verde (colore della regione) a vertici stondati. Il simbolo sarebbe arrivato sulle schede delle elezioni regionali, a sostegno della candidatura di Giorgio Gori, pur non riuscendo a ottenere eletti (mentre Librandi tornò in Parlamento, stavolta nelle liste del Pd, al quale aveva aderito alla fine della XVII legislatura).
Per un anno non risultano altri depositi a nome dell'imprenditore e parlamentare, ma il 14 febbraio 2019 - a circa tre mesi e mezzo dalle elezioni europee - Librandi e Carlo Calenda presentarono domanda di marchio per il simbolo Siamo europei, almeno per la prima versione "ufficiale" svelta proprio da questo sito, ma mai utilizzata dallo stesso Calenda. Il nome in primo piano - composto con due caratteri diversi e piuttosto evidenti - ricordava quello di altri progetti "librandiani" già visti in questa pagina; sul fondo non c'erano ancora le stelle e il fondo blu, ma piuttosto la sagoma dell'Europa. Curioso (e non troppo gradevole all'occhio) lo stratagemma di inscrivere il tradizionale cerchio in un quadrato, scelta fatta forse per evitare seccature in sede di valutazione del marchio (col rischio che segni con significazione politica troppo evidenti potessero avere il parere negativo del Viminale proprio per la forma tonda); in ogni caso, da qui in avanti, sarà proprio la forma quadrata o rettangolare a prevalere nei depositi di Librandi.
Praticamente un anno dopo (10 febbraio 2020) si trova un'altra domanda di marchio, a nome questa volta del solo Librandi. Dopo il filone "siamo", è stato ripreso il filone "obiettivo", con la presentazione di Obiettivo Italia, anche se in questo caso non si può certo parlare di una grafica pronta per essere spesa sulle schede elettorali: l'idea è di una tessera bianca con il nome stampato sopra in blu e azzurro, con un nastro verde e rosso che la circonda, quasi come fosse un dono. In quel caso, tuttavia, la richiesta è stata respinta e non è dato sapere perché (esito curioso, considerando che il marchio verbale era stato invece regolarmente registrato a nome di Librandi).
A novembre del 2020, un mese e mezzo dopo il primo turno elettorale ampio dell'epoca Covid-19, era già tempo di iniziare a pensare alle elezioni amministrative milanesi dell'anno successivo: se la pandemia non avesse creato altri problemi, si sarebbe votato regolarmente in primavera ed era bene farsi trovare preparati. Il 9 novembre, dunque, Librandi depositò due coppie di domande di marchio, tutte accolte: una si basava sullo slogan A Milano si lavora, l'altra sull'etichetta Lavoriamo per Milano; in entrambi i casi c'era un quadrato diviso in due, la parte superiore bianca (con scritta rossa) e quella inferiore blu o azzurra (con scritta bianca), mentre nella parte superiore potevano essere presenti quattro circonferenze blu e rosse alternate, a richiamare l'idea degli ingranaggi (dunque del lavoro e della "catena").
Qualche mese dopo si sarebbe adottata la seconda denominazione, lavorando però su una diversa idea grafica, cioè quella del fumetto (già in passato adottata da Giuseppe Sala). Il 31 maggio 2021, infatti, Librandi ha depositato il quadrato "Lavoriamo per Milano" con blu e un tocco di fucsia (più affine al partito Italia viva, cui aveva aderito a settembre del 2019) e la parte superiore bianca trasformata in nuvoletta da fumetto; la soluzione sarebbe stata adottata (pur se con la nuvoletta "a specchio") proprio dalla lista Lavoriamo per Milano - I Riformisti, curata appunto da Librandi alle amministrative milanesi del 3-4 ottobre 2021. Il 22 marzo, in compenso, il parlamentare aveva forse pensato di estendere l'idea del lavoro a una dimensione nazionale: aveva infatti depositato i marchi Lavoriamo per l'Italia (con un quadrato tricolore, la struttura simile ai marchi visti prima e, nella parte superiore, ruote dentate stilizzate ma chiaramente riconoscibili) e Officine politiche italiane (qui la grafica non è visibile, ma la descrizione racconta di un "quadrato bordato di nero diviso orizzontalmente in 2 metà da striscia blu, caricata della parola 'politiche' in maiuscolo bianca font lt Oksana; la parte superiore di bianco caricata in alto di 3 ingra-naggi blu di diverse dimensioni allineati a triangolo e, verso il divisore, della parola 'Officine' in maiuscolo verde font Futura Light; in basso della parola 'italiane' in maiuscolo cremisi font Soeraputera allineata in alto sino al divisore").
Dal mese di novembre 2021, peraltro, Gianfranco Librandi appare in frenetica attività: da allora al 19 gennaio risulta aver depositato ben dieci domande di marchio, inclusa quella relativa a L'Italia c'è. Il 3 novembre, in particolare, risulta presentata domanda di marchio (da Librandi e Piercamillo Falasca) per la Libera associazione i Riformisti italiani europei. Anche qui c'è un quadrato, nella parte inferiore tinto di blu scuro, mentre la parte verbale è concentrata tutta nella metà superiore a fondo bianco: la parte più evidente è rappresentata dall'espressione "i riformisti", giocata sul colore arancione (simile al tono impiegato dalla testata Il Riformista, senza che questo ovviamente dovesse impegnarla in alcun modo, essendo diverso il carattere impiegato).
Il 2 dicembre, invece, le domande depositate risultano essere addirittura sei per altrettante (potenziali) "libere associazioni"; la struttura grafica è la stessa già vista prima, mentre a cambiare è solo il nome e, in due casi, il colore. Quattro marchi sono strettamente imparentati tra loro (nomi scritti in rosso e bianco, nelle due metà del quadrato), per i nomi Fare Repubblica, Nuova Repubblica, Siamo Repubblica e Noi Res Publica: per queste quattro domande i richiedenti risultano essere Librandi, Falasca e Gennaro Migliore (deputato di Italia viva, già Pd). Le altre due domande presentate nello stesso giorno impiegano invece le parole Concreta e Concretezza, scritte in arancione nella parte superiore e riflesse nella parte inferiore blu; in questi due casi i richiedenti sono solo Librandi e Falasca.
Il 21 dicembre sempre Librandi e Falasca hanno presentato richiesta di marchio per l'associazione Al lavoro! (un marchio con la grafica ridotta al minimo, al di là di una sottile linea tricolore al di sotto della parola); del segno distintivo L'Italia c'è depositato il 3 gennaio di quest'anno si è già detto ieri. L'ultima domanda - fino al momento in cui si scrive - presentata da Librandi e Falasca risale al 19 gennaio: il nome inserito nella struttura quadrata questa volta è Associazione degli Italici.
Con questo post non si intende minimamente dare un giudizio sui segni che Gianfranco Librandi (da solo o con altre persone) ha scelto di depositare nel corso degli anni. Da un certo punto di vista, anzi, la decisione di presentare domanda di marchio per ciascuno di questi - nonostante si traduca nell'uso di uno strumento pensato per un altro ambito: i segni politici o civili, più che protetti come marchi, dovrebbero essere usati in concreto - presenta un risvolto apprezzabile: dal momento che le domande di marchio sono pubbliche, il deposito rappresenta un sistema piuttosto trasparente per conoscere i progetti politici che "bollono in pentola" e (se il deposito è stato curato direttamente da una o più persone) chi li vorrebbe portare avanti, anche a costo di mettere a rischio l'effetto sorpresa. Di certo, nessuna persona impegnata in politica - che si sappia e, ovviamente, salvo errore - risulta avere depositato un numero così alto di domande: già solo per questo, valeva la pena di impegnarsi in questa carrellata.
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