Nessuno, forse, ci avrebbe creduto, ma in Parlamento - alla Camera - è questione di ore la coesistenza di due gruppi quasi con lo stesso nome, con il segretario di un partito che abbandona il proprio gruppo (ma non la propria formazione, almeno per ora) per fondarne un altro, ritenendolo ovviamente quello più autentico e originale. Il caso è ovviamente quello di Scelta civica per l'Italia, che giusto ieri ha visto traslocare nel gruppo misto quattro deputati, compreso il segretario del partito - e viceministro dell'economia nel governo Renzi - Enrico Zanetti (gli altri sono Mariano Rabino, Giulio Cesare Sottanelli e Angelo Antonio D'Agostino). Già questa situazione di "separati in casa" (ove la casa è il partito) meriterebbe di per sé attenzione, ma gli ultimi accadimenti di ieri hanno reso praticamente unica la situazione: il tutto è compendiato da una dichiarazione dello stesso Zanetti.
Le prime fasi della vicenda sono ricostruite soprattutto dal Fatto Quotidiano (in un articolo di Giulio Simeone e Giorgio Velardi). Premessa necessaria: solo a marzo, quando fu celebrato il matrimonio tra ciò che restava di Scelta civica e i Moderati di Giacomo Portas, fu proprio quest'ultimo - e sempre al Fatto - a dichiarare che "quando ci si sposa, di solito, al matrimonio si invitano i parenti e gli amici, non gli sconosciuti" come Verdini, appunto, sebbene nelle settimane precedenti si fosse vociferato proprio di una partecipazione di Ala - allora ancora senza simbolo - alla nascita del nuovo soggetto politico.
Mercoledì, invece, in una lunga direzione pomeridiana del partito, come sottolineato da Zanetti, sarebbe stato dato "mandato al Segretario di revocare la denominazione politica del partito al gruppo parlamentare, laddove il gruppo avesse proseguito con dinamiche tali da determinare una maggioranza di componenti iscritti al partito, ma sistematicamente inadempienti rispetto agli obblighi di contribuzione verso lo stesso, nonché una partecipazione dei componenti del gruppo non iscritti al partito attiva e determinante nell'assunzione di decisioni rilevanti nel rapporto tra partito e gruppo". Tradotto, o i deputati di Scelta civica pagano le quote (gli eletti devono contribuire di più dei semplici iscritti) e i non iscritti al partito hanno meno peso, o il gruppo deve mollare nome (e simbolo).
Subito dopo la direzione, tuttavia, si è riunito il gruppo dei deputati di cui il segretario fa parte, per eleggere il direttivo dello stesso. Zanetti aveva chiesto di rinviare l'adunanza, che però si è svolta ugualmente e, a detta dello stesso Zanetti, in mancanza del numero legale (avrebbero partecipato 10 deputati su 20, quando ne servivano 11): i presenti, compresi tutti i non iscritti a Sc (che appunto avrebbero dovuto essere depotenziati, stando alla decisione del vertice del partito), avrebbero eletto un direttivo i cui componenti - secondo Il Fatto - erano in gran parte contrari alla proposta di confluenza di Ala in Scelta civica (formulata da Zanetti - scrive il Fatto - probabilmente per avere più peso in maggioranza come gruppo e recuperare rappresentanza al Senato, mentre i verdiniani avrebbero potuto entrare ufficialmente in maggioranza e avere incarichi di governo).
Il gruppo, dunque, ha confermato alla guida Giovanni Monchiero, antiverdiniano al pari di Gianfranco Librandi, Giovanni Palladino, Antimo Cesaro e Andrea Mazziotti Di Celso. Una "legittima, ma palese sfida a quanto poco prima deliberato dalla Direzione del partito", che ha indotto Zanetti a traslocare nel gruppo misto, assieme ad altri tre deputati, per evitare che "proseguisse la finzione giuridica di un gruppo espressione di un partito che invece è evidentemente un rispettabile gruppo misto senza alcuna base politica".
Il tutto si è compiuto ieri con la proposta di costituire il gruppo "Scelta Civica - Verso Cittadini per l'Italia", "in linea - scrive ancora Zanetti - con la prospettiva politica di denominazione deliberata dagli organi direttivi del partito e su cui ci sarà il futuro confronto congressuale": un gruppo che dovrebbe comprendere, oltre a Zanetti e agli altri fuoriusciti da Scelta civica, i deputati di Ala (tra cui Francesco Saverio Romano, Ignazio Abrignani, Luca d'Alessandro, Giuseppe Galati, Massimo Parisi, Giovanni Mottola, Monica Faenzi, Giorgio Lainati) e Marco Marcolin di Fare!; questo che dovrebbe essere il primo passo verso la nascita di "un nuovo soggetto politico che mira ad aggregare le forze del centro di ispirazione liberaldemocratica", come sezione italiana dell'Alde (anche se alle europee, come è noto, la lista Alde - Scelta europea era andata male).
Ora, la novità di un segretario che, fermo nel suo incarico, abbandona un gruppo parlamentare e ha intenzione di fondarne un altro fa indubbiamente scalpore (quasi quanto il sostanziale ingresso in un gruppo di maggioranza dei verdiniani, cosa che secondo alcuni dovrebbe portare alle dimissioni da viceministro di Zanetti), ma la vicenda porta con sé varie questioni tecniche, tutt'altro che di poco conto. Con le ultime defezioni, per esempio, il gruppo di Scelta civica per l'Italia è sceso sotto i 20 membri e per rimanere in piedi, evitando lo scioglimento e la trasformazione in componente del gruppo misto, dovrebbe ricevere una deroga dall'Ufficio di presidenza di Montecitorio, secondo quanto previsto dall'art. 14.2 del regolamento della Camera: esso richiede che il gruppo rappresenti "un partito organizzato nel Paese", che questo abbia presentato col proprio simbolo liste in almeno 20 collegi (Scelta civica lo ha fatto) e che abbia eletto almeno un deputato direttamente, ottenendo almeno 300mila voti (ne sono arrivati oltre 2,8 milioni).
Zanetti però non si è dimesso da segretario di Scelta civica (partito che in autunno andrà a congresso: l'idea originaria era di trasformarsi nell'aggregazione di civiche Cittadini per l'Italia e di confluire nei Moderati, ma chissà se ora andrà così...) e, visto il deliberato della direzione, ha il potere di revocare il nome al gruppo parlamentare. Andrebbe in tale senso la proposta di costituire di un gruppo che contenga tanto il nome Scelta civica, quanto quello di Cittadini per l'Italia. Un gruppo che, se rimanesse sotto i 20 membri, dovrebbe essere costituito in deroga, utilizzando sempre i requisiti di presenza elettorale che Scelta civica ha dimostrato: difficilmente l'ufficio di presidenza di Montecitorio (in cui peraltro siede Stefano Dambruoso di Sc) potrebbe consentire la coesistenza di due gruppi sostenuti dalla stessa deroga, dovendo negare il beneficio a uno dei due. Quasi impossibile, a quel punto, che sia declassato a componente del misto il gruppo del segretario di Sc.
Sarebbe l'anticamera di una scissione di partito (visto che gruppi e partiti sono soggetti diversi)? Possibile, ovviamente. Figure chiave sono Zanetti, come segretario e titolare del potere di revoca del nome al gruppo, e Settimo Minnella, tesoriere e (salvo errore) in quanto tale legale rappresentante del partito. L'uso del simbolo, dunque, passa innanzitutto attraverso di loro, come anche attraverso il Comitato di presidenza, nel quale siedono anche altre 12 persone, compreso il capogruppo antiverdiniano Monchiero (ma rimarrà, dopo la nascita del nuovo gruppo?). Si vedrà in seguito che pieghe prenderà la vicenda; per ora, resta molta tensione e molta confusione.
Mercoledì, invece, in una lunga direzione pomeridiana del partito, come sottolineato da Zanetti, sarebbe stato dato "mandato al Segretario di revocare la denominazione politica del partito al gruppo parlamentare, laddove il gruppo avesse proseguito con dinamiche tali da determinare una maggioranza di componenti iscritti al partito, ma sistematicamente inadempienti rispetto agli obblighi di contribuzione verso lo stesso, nonché una partecipazione dei componenti del gruppo non iscritti al partito attiva e determinante nell'assunzione di decisioni rilevanti nel rapporto tra partito e gruppo". Tradotto, o i deputati di Scelta civica pagano le quote (gli eletti devono contribuire di più dei semplici iscritti) e i non iscritti al partito hanno meno peso, o il gruppo deve mollare nome (e simbolo).
Subito dopo la direzione, tuttavia, si è riunito il gruppo dei deputati di cui il segretario fa parte, per eleggere il direttivo dello stesso. Zanetti aveva chiesto di rinviare l'adunanza, che però si è svolta ugualmente e, a detta dello stesso Zanetti, in mancanza del numero legale (avrebbero partecipato 10 deputati su 20, quando ne servivano 11): i presenti, compresi tutti i non iscritti a Sc (che appunto avrebbero dovuto essere depotenziati, stando alla decisione del vertice del partito), avrebbero eletto un direttivo i cui componenti - secondo Il Fatto - erano in gran parte contrari alla proposta di confluenza di Ala in Scelta civica (formulata da Zanetti - scrive il Fatto - probabilmente per avere più peso in maggioranza come gruppo e recuperare rappresentanza al Senato, mentre i verdiniani avrebbero potuto entrare ufficialmente in maggioranza e avere incarichi di governo).
Il gruppo, dunque, ha confermato alla guida Giovanni Monchiero, antiverdiniano al pari di Gianfranco Librandi, Giovanni Palladino, Antimo Cesaro e Andrea Mazziotti Di Celso. Una "legittima, ma palese sfida a quanto poco prima deliberato dalla Direzione del partito", che ha indotto Zanetti a traslocare nel gruppo misto, assieme ad altri tre deputati, per evitare che "proseguisse la finzione giuridica di un gruppo espressione di un partito che invece è evidentemente un rispettabile gruppo misto senza alcuna base politica".
Il tutto si è compiuto ieri con la proposta di costituire il gruppo "Scelta Civica - Verso Cittadini per l'Italia", "in linea - scrive ancora Zanetti - con la prospettiva politica di denominazione deliberata dagli organi direttivi del partito e su cui ci sarà il futuro confronto congressuale": un gruppo che dovrebbe comprendere, oltre a Zanetti e agli altri fuoriusciti da Scelta civica, i deputati di Ala (tra cui Francesco Saverio Romano, Ignazio Abrignani, Luca d'Alessandro, Giuseppe Galati, Massimo Parisi, Giovanni Mottola, Monica Faenzi, Giorgio Lainati) e Marco Marcolin di Fare!; questo che dovrebbe essere il primo passo verso la nascita di "un nuovo soggetto politico che mira ad aggregare le forze del centro di ispirazione liberaldemocratica", come sezione italiana dell'Alde (anche se alle europee, come è noto, la lista Alde - Scelta europea era andata male).
Ora, la novità di un segretario che, fermo nel suo incarico, abbandona un gruppo parlamentare e ha intenzione di fondarne un altro fa indubbiamente scalpore (quasi quanto il sostanziale ingresso in un gruppo di maggioranza dei verdiniani, cosa che secondo alcuni dovrebbe portare alle dimissioni da viceministro di Zanetti), ma la vicenda porta con sé varie questioni tecniche, tutt'altro che di poco conto. Con le ultime defezioni, per esempio, il gruppo di Scelta civica per l'Italia è sceso sotto i 20 membri e per rimanere in piedi, evitando lo scioglimento e la trasformazione in componente del gruppo misto, dovrebbe ricevere una deroga dall'Ufficio di presidenza di Montecitorio, secondo quanto previsto dall'art. 14.2 del regolamento della Camera: esso richiede che il gruppo rappresenti "un partito organizzato nel Paese", che questo abbia presentato col proprio simbolo liste in almeno 20 collegi (Scelta civica lo ha fatto) e che abbia eletto almeno un deputato direttamente, ottenendo almeno 300mila voti (ne sono arrivati oltre 2,8 milioni).
Zanetti però non si è dimesso da segretario di Scelta civica (partito che in autunno andrà a congresso: l'idea originaria era di trasformarsi nell'aggregazione di civiche Cittadini per l'Italia e di confluire nei Moderati, ma chissà se ora andrà così...) e, visto il deliberato della direzione, ha il potere di revocare il nome al gruppo parlamentare. Andrebbe in tale senso la proposta di costituire di un gruppo che contenga tanto il nome Scelta civica, quanto quello di Cittadini per l'Italia. Un gruppo che, se rimanesse sotto i 20 membri, dovrebbe essere costituito in deroga, utilizzando sempre i requisiti di presenza elettorale che Scelta civica ha dimostrato: difficilmente l'ufficio di presidenza di Montecitorio (in cui peraltro siede Stefano Dambruoso di Sc) potrebbe consentire la coesistenza di due gruppi sostenuti dalla stessa deroga, dovendo negare il beneficio a uno dei due. Quasi impossibile, a quel punto, che sia declassato a componente del misto il gruppo del segretario di Sc.
Sarebbe l'anticamera di una scissione di partito (visto che gruppi e partiti sono soggetti diversi)? Possibile, ovviamente. Figure chiave sono Zanetti, come segretario e titolare del potere di revoca del nome al gruppo, e Settimo Minnella, tesoriere e (salvo errore) in quanto tale legale rappresentante del partito. L'uso del simbolo, dunque, passa innanzitutto attraverso di loro, come anche attraverso il Comitato di presidenza, nel quale siedono anche altre 12 persone, compreso il capogruppo antiverdiniano Monchiero (ma rimarrà, dopo la nascita del nuovo gruppo?). Si vedrà in seguito che pieghe prenderà la vicenda; per ora, resta molta tensione e molta confusione.
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