Se il Pd dopo le ultime amministrative può piangere, di certo il centrodestra in Italia non è nelle condizioni di ridere sul serio. Alcune città sono state (ri)conquistate, ma certe sconfitte bruciano (a partire da Milano, Varese e Latina) e il livello di frammentazione raggiunto qua e là (come a Roma e Torino) è pesante. Tra le poche certezze, il fatto che nessun partito del centrodestra potrà rimanere tale quale ad ora: se Forza Italia sta iniziando una mutazione al proprio interno (Alfredo Messina come amministratore straordinario al posto di Maria Rosaria Rossi, Valentino Valentini a capo della segreteria di Berlusconi), qualcosa si sta muovendo anche all'interno di Fratelli d'Italia.
Era stata proprio la leader, Giorgia Meloni, dopo il primo turno delle elezioni romane che la vedevano impegnata come potenziale sindaca, a riflettere sui dati usciti dalle urne. In un'intervista fatta due settimane fa da Daniele Di Mario per Il Tempo, commentando il 12% di Fdi (cui occorreva aggiungere il 4% della "sua" lista Con Giorgia), aveva tracciato questo quadro futuro: "È chiaro che il partito dovrà evolversi, bisognerà raccogliere a partire da Roma l’enorme potenziale di un movimento ancora inespresso. Certo, in alcune zone non siamo andati bene, in altre meglio. Dobbiamo ripartire dal territorio. Dovremo darci degli appuntamenti, ci sto riflettendo. L’obiettivo è avviare un’evoluzione di FdI per ricostruire il centrodestra con una proposta politica importante in vista delle politiche".
Ciò che ha detto Meloni non dovrebbe essere una novità assoluta: già dopo l'assemblea degli aderenti della Fondazione Alleanza nazionale (quella che aveva confermato a Fdi l'uso del simbolo di An), lo scorso ottobre, la futura candidata sindaca aveva annunciato - intervistata da Carlantonio Solimene, sempre per Il Tempo - nel giro di pochi mesi la celebrazione di "un congresso rifondativo che segnerà un’evoluzione", per cui l'evoluzione di cui ha parlato pochi giorni fa potrebbe coincidere con quella ipotizzata lo scorso ottobre (il congresso previsto all'inizio del 2016, del resto, non c'è stato). Si tratterebbe, a ben guardare, di una seconda evoluzione del partito: già l'attuale assetto di Fratelli d'Italia è frutto di un processo costituente iniziato alla fine del 2013 dopo l'esperienza di Officina per l'Italia e proseguito dopo che la Fondazione An aveva concesso per la prima volta l'uso dell'emblema di An (per il 2014).
Quale forma debba avere quell'evoluzione, tuttavia, non è ancora chiaro: probabilmente anche all'interno del partito si stanno vagliando varie ipotesi, anche piuttosto drastiche. Lo proverebbe un sondaggio somministrato via mail ai militanti e ai dirigenti di Fdi: un appuntamento periodico per loro, che peraltro già in passato fu utilizzato per saggiare gli umori della base sull'eventuale impegno politico della Fondazione An proposto dalla "mozione dei quarantenni". Ragionando sulle attività future, gli iscritti erano chiamati anche a riflettere sull'opportunità di sciogliere Fdi, fondando in parallelo un nuovo soggetto politico. La domanda, in sé, ovviamente non implica nulla, ma rende lecito pensare che qualcuno sullo scioglimento abbia riflettuto, almeno per un secondo.
Tutto questo, in ogni caso, si inserisce nel problema legato agli schieramenti alle prossime elezioni politiche, legati a doppio filo alla legge elettorale con cui si voterà. La questione è chiara: se si voterà con l'Italicum così com'è ora - e nessuno, a tutt'oggi, può garantire che non ci saranno ritocchi, voluti da molti, o che la Corte costituzionale a ottobre certamente non interverrà - non ci sarà spazio per le coalizioni e si dovrà cercare di presentare liste unitarie sotto un solo simbolo. Escludendo quasi con certezza che al quartier generale di Fratelli d'Italia si pensi a una corsa solitaria, occorrerebbe studiare nuove soluzioni, di alleanze ma anche di grafica: meglio un simbolo nuovo per tutto il centrodestra (o, magari, per un eventuale progetto da condividere con la Lega di Salvini) oppure un emblema-vetrina, che contenga le "pulci" dei vari partiti, a costo di affollare terribilmente il cerchio?
Nei prossimi mesi si dovrà lavorare molto per sciogliere il nodo; nel frattempo, qualcuno tra gli iscritti coglie l'occasione per chiedere di rinunciare definitivamente alla fiamma nel simbolo di Fdi. I sostenitori di questa posizione fanno notare che, alle ultime elezioni, si è avuta la conferma definitiva che i "vecchi" simboli non attirano più come un tempo, per cui è meglio archiviarli piuttosto che esporli a nuovi, sfortunati test elettorali. E se ancora ad ottobre Meloni puntualizzava che "il simbolo [di An, ndb] è servito a far capire chi siamo, ha reso chiaro che Fratelli d’Italia era l’unica strada per non far sparire la destra italiana dal Parlamento", altri dirigenti di Fratelli d'Italia - a partire da Fabio Rampelli - hanno mostrato dall'inizio scarso entusiasmo per quel riferimento al passato nel contrassegno. La fiamma tricolore continuerà a bruciare?
Era stata proprio la leader, Giorgia Meloni, dopo il primo turno delle elezioni romane che la vedevano impegnata come potenziale sindaca, a riflettere sui dati usciti dalle urne. In un'intervista fatta due settimane fa da Daniele Di Mario per Il Tempo, commentando il 12% di Fdi (cui occorreva aggiungere il 4% della "sua" lista Con Giorgia), aveva tracciato questo quadro futuro: "È chiaro che il partito dovrà evolversi, bisognerà raccogliere a partire da Roma l’enorme potenziale di un movimento ancora inespresso. Certo, in alcune zone non siamo andati bene, in altre meglio. Dobbiamo ripartire dal territorio. Dovremo darci degli appuntamenti, ci sto riflettendo. L’obiettivo è avviare un’evoluzione di FdI per ricostruire il centrodestra con una proposta politica importante in vista delle politiche".
Ciò che ha detto Meloni non dovrebbe essere una novità assoluta: già dopo l'assemblea degli aderenti della Fondazione Alleanza nazionale (quella che aveva confermato a Fdi l'uso del simbolo di An), lo scorso ottobre, la futura candidata sindaca aveva annunciato - intervistata da Carlantonio Solimene, sempre per Il Tempo - nel giro di pochi mesi la celebrazione di "un congresso rifondativo che segnerà un’evoluzione", per cui l'evoluzione di cui ha parlato pochi giorni fa potrebbe coincidere con quella ipotizzata lo scorso ottobre (il congresso previsto all'inizio del 2016, del resto, non c'è stato). Si tratterebbe, a ben guardare, di una seconda evoluzione del partito: già l'attuale assetto di Fratelli d'Italia è frutto di un processo costituente iniziato alla fine del 2013 dopo l'esperienza di Officina per l'Italia e proseguito dopo che la Fondazione An aveva concesso per la prima volta l'uso dell'emblema di An (per il 2014).
Quale forma debba avere quell'evoluzione, tuttavia, non è ancora chiaro: probabilmente anche all'interno del partito si stanno vagliando varie ipotesi, anche piuttosto drastiche. Lo proverebbe un sondaggio somministrato via mail ai militanti e ai dirigenti di Fdi: un appuntamento periodico per loro, che peraltro già in passato fu utilizzato per saggiare gli umori della base sull'eventuale impegno politico della Fondazione An proposto dalla "mozione dei quarantenni". Ragionando sulle attività future, gli iscritti erano chiamati anche a riflettere sull'opportunità di sciogliere Fdi, fondando in parallelo un nuovo soggetto politico. La domanda, in sé, ovviamente non implica nulla, ma rende lecito pensare che qualcuno sullo scioglimento abbia riflettuto, almeno per un secondo.
Tutto questo, in ogni caso, si inserisce nel problema legato agli schieramenti alle prossime elezioni politiche, legati a doppio filo alla legge elettorale con cui si voterà. La questione è chiara: se si voterà con l'Italicum così com'è ora - e nessuno, a tutt'oggi, può garantire che non ci saranno ritocchi, voluti da molti, o che la Corte costituzionale a ottobre certamente non interverrà - non ci sarà spazio per le coalizioni e si dovrà cercare di presentare liste unitarie sotto un solo simbolo. Escludendo quasi con certezza che al quartier generale di Fratelli d'Italia si pensi a una corsa solitaria, occorrerebbe studiare nuove soluzioni, di alleanze ma anche di grafica: meglio un simbolo nuovo per tutto il centrodestra (o, magari, per un eventuale progetto da condividere con la Lega di Salvini) oppure un emblema-vetrina, che contenga le "pulci" dei vari partiti, a costo di affollare terribilmente il cerchio?
Nei prossimi mesi si dovrà lavorare molto per sciogliere il nodo; nel frattempo, qualcuno tra gli iscritti coglie l'occasione per chiedere di rinunciare definitivamente alla fiamma nel simbolo di Fdi. I sostenitori di questa posizione fanno notare che, alle ultime elezioni, si è avuta la conferma definitiva che i "vecchi" simboli non attirano più come un tempo, per cui è meglio archiviarli piuttosto che esporli a nuovi, sfortunati test elettorali. E se ancora ad ottobre Meloni puntualizzava che "il simbolo [di An, ndb] è servito a far capire chi siamo, ha reso chiaro che Fratelli d’Italia era l’unica strada per non far sparire la destra italiana dal Parlamento", altri dirigenti di Fratelli d'Italia - a partire da Fabio Rampelli - hanno mostrato dall'inizio scarso entusiasmo per quel riferimento al passato nel contrassegno. La fiamma tricolore continuerà a bruciare?
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