mercoledì 15 gennaio 2025

Il simbolo della Lega, i marchi di Salvini e le nuove norme in materia

Si era quasi persa la memoria delle domande che Matteo Salvini aveva presentato nel 2018 per registrare come marchio tre versioni del simbolo della Lega, tutte accomunate dalla presenza dell'immagine del monumento al guerriero di Legnano (identificato nella figura di Alberto da Giussano): una era identica al contrassegno utilizzato per la prima volta alle elezioni politiche del 2018 (per tenere graficamente insieme la Lega Nord - senza la seconda parola - e la Lega per Salvini premier), un'altra era costituita dalla stessa grafica privata del segmento inferiore con la dicitura "Salvini premier" e la terza vedeva solo la statua all'interno della circonferenza, senza nemmeno la parola "Lega".
Due giorni fa un lancio di Adnkronos, puntualmente firmato da Antonio Atte, ha fatto sapere che lo scorso 9 gennaio l'Ufficio italiano brevetti e marchi ha accolto le tre domande di marchio depositate a metà di giugno del 2018 da Salvini (quando, oltre che leader delle due Leghe, era anche vicepresidente del Consiglio e ministro dell'interno da un paio di settimane). In quel lancio di agenzia ci sono alcune brevi dichiarazioni di Andrea Valente Cioncoloni, avvocato (dello Studio Consulenza Brevetti Cioncoloni Srl) che ha supportato Salvini nella pratica di deposito e registrazione dei segni distintivi. Secondo l'avvocato, in particolare, sarebbe "a tutti gli effetti il titolare del logo di Alberto da Giussano", mentre la lunghezza notevole - e non consueta - del procedimento di registrazione sarebbe dovuta "alle tempistiche d'ufficio. Ad ogni modo, i rilievi sono stati superati e siamo riusciti ad arrivare a dama".
Non è dato sapere formalmente quali siano stati i rilievi che l'Ufficio italiano brevetti e marchi ha mosso alle tre domande e cui il 31 luglio del 2023 il rappresentante di Salvini ha risposto. In mancanza di documenti originali (che potrebbero ovviamente smentire la tesi qui riportata), tuttavia, non è da escludere che quei rilievi riguardassero la nota e già trattata questione dei "segni con significazione politica" alla cui registrazione come marchio il Ministero dell'interno - quando è stato richiesto di un parere - si è sempre opposto, principalmente per non consentire o facilitare aggiramenti delle norme sul procedimento elettorale (come ha ricordato il recente caso del MoVimento 5 Stelle). In ogni caso, è probabile che alla fine il simbolo sia stato registrato come segno notorio (in base all'art. 8, comma 3 del codice della proprietà industriale), superando la previsione in materia di segni con significazione politica (contenuta all'art. 10, comma 2 della stessa fonte).  
Una volta appresa la notizia della registrazione dei marchi, viene spontaneo domandarsi quali effetti questa novità possa produrre. Innanzitutto si può rilevare che è più raro che sia il leader di un partito a chiedere personalmente la registrazione del simbolo del suo partito come marchio, essendo più frequente che a ciò provveda l'associazione stessa, in modo che in caso di cambio al vertice della forza politica non ci siano dubbi sulla titolarità dei diritti. Secondariamente, Matteo Salvini è titolare del marchio (anzi, di quei tre marchi, nonché di "Salvini premier", di "Prima gli Italiani" e del simbolo che fu di Noi con Salvini) e - si presume - dei diritti di sfruttamento economico dello stesso (o almeno è nella posizione di doverlo autorizzare), ma non del simbolo della Lega come segno politico o come elemento di identificazione: quello non può che restare nel patrimonio della Lega Nord e della Lega per Salvini premier. 
In terzo luogo, è ormai ben chiaro che la titolarità del marchio non comporta in automatico una titolarità del contrassegno elettorale, anche se uno dei tre marchi è identico al fregio utilizzato dalla Lega a partire dal 2018. Ciò vale a maggior ragione dopo che, lo scorso anno, in sede di conversione del decreto-legge n. 7/2024 ("decreto elezioni 2024"), è stata inserita con un emendamento di Fratelli d'Italia la disposizione - art. 2-bis - in base alla quale "La registrazione come marchio d'impresa di simboli o emblemi usati in campo politico o di marchi comunque contenenti parole, figure o segni con significazione politica non rileva ai fini della disciplina elettorale e, in particolare, delle norme in materia di deposito dei contrassegni, di liste dei candidati e di propaganda elettorale". La stessa norma che non garantirebbe alla Fiamma tricolore l'uso pacifico del suo simbolo ove la sua domanda di marchio venisse accolta (a causa dell'uso parlamentare della fiamma da parte di Fdi) non renderebbe automaticamente "più forte" la posizione salviniana sul piano elettorale; la forza, casomai, verrebbe anche qui dalla presenza del partito in Parlamento, che tutela di riflesso la Lega per Salvini premier attraverso la tutela [dell'affidamento] del suo elettorato dalla presentazione di eventuali simboli simili. Non è dato sapere perché Salvini allora avesse provveduto al deposito: erano ancora di là da venire le iniziative guidate da Gianni Fava e Gianluca Pini circa la possibilità di impiegare il simbolo della Lega Nord alle elezioni o il tentativo (non riuscito) di far riconvocare il congresso di quello stesso partito. In ogni caso, si vedrà se la registrazione come marchio dei simboli leghisti sarà invocata in qualche occasione e a quale scopo.

Nessun commento:

Posta un commento