I media in questi giorni hanno dato notevole spazio alla morte di Furio Colombo, sia per il suo lungo impegno giornalistico, sia per la parentesi politica (deputato Pds-Ds dal 1996 al 2001, eletto nel collegio di Torino 6 sotto le insegne dell'Ulivo; senatore Ds dal 2006, fu rieletto alla Camera per il Pd nel 2008). La notizia era certo meritevole di attenzione, ma chi appartiene alla categoria dei #drogatidipolitica potrebbe notare come abbia avuto assai meno risonanza la morte - lo stesso giorno di Colombo, il 14 gennaio - di un'altra persona che ha incrociato la politica, pur avendo operato soprattutto in altri ambito: Pellegrino Capaldo.
Accanto alla sua formazione economica (e del suo lungo insegnamento universitario) e della sua rilevante esperienza come banchiere (a capo della Cassa di Risparmio di Roma dal 1987 e della Banca di Roma tra il 1992 e il 1995, ma non mancarono pagine più delicate, come il ruolo di proboviro per l'affaire Ior-Banco ambrosiano, o più oscure, come il coinvolgimento nella vicenda Federconsorzi), infatti, non può certamente essere dimenticata la lunga militanza all'interno della Democrazia cristiana. Più che in questo, però, l'esponente dei #drogatidipolitica può trovare interesse soprattutto in un'esperienza decisamente più effimera, ma a suo modo determinante nella storia della Seconda Repubblica: Capaldo, infatti, fu tra coloro che concorsero alla nascita dell'Unione democratica per la Repubblica, vale a dire l'Udr vagheggiata, voluta e poi abbandonata (due volte) da Francesco Cossiga.
Il 19 febbraio 1998 - a meno di due anni dalle elezioni che avevano segnato la vittoria dell'Ulivo e avevano portato per la prima volta Romano Prodi a Palazzo Chigi - il Corriere della Sera diede notizia di un pranzo dell'ex Presidente della Repubblica, già intento a pensare alla sua creatura politica di centro e da collocare nettamente al di fuori del Polo di centrodestra, con Ciriaco De Mita, Biagio Agnes e, appunto, Capaldo, fuori da Banca di Roma da quasi tre anni ma con un'aura da superconsulente non solo economico (e dalla storia certamente democristiana come gli altri commensali). Che il percorso di riavvicinamento di Cossiga alla politica italiana - ammesso che, da senatore a vita, se ne fosse mai allontanato - fosse iniziato da mesi era cosa nota: il 18 novembre, per esempio, si tenne una riunione all'Hotel Leonardo da Vinci in cui parlarono proprio Cossiga (che regalò all'inizio una battuta fenomenale rivolta ai fotografi, tuttora ascoltabile attraverso Radio Radicale: "Innanzitutto bisogna vedere quanti di voi hanno le PELLICCOLE nella macchina: la mia lunga esperienza mi DICCE che la maggior parte delle fotografie non SONNO scattate!") e il politico che in quel momento più si era esposto a lavorare per un polo moderato alternativo alla sinistra, vale a dire Bruno Tabacci. E proprio Tabacci fece sapere, parlando coi giornalisti, che il progetto si era mosso all'inizio "anche con l'aiuto di un gruppo di intellettuali che attorno al professor Capaldo credo intendono a riprendere il cammino [...] e hanno voglia, per quel che riguarda il mondo cattolico, richiamati anche in un recente convegno dal cardinal Ruini, di impegnarsi, e per quel che riguarda intellettuale di altre aree [...] di concorrere a costruire questo disegno che vorrebbe sfuggire a un certo tentativo egemonico che ci appare in atto".
Il cammino lo avrebbero ripreso, ma più avanti, quando formalmente l'Udr era già nata come soggetto politico. Il 28 giugno 1998 sempre il Corriere diede notizia del varo di un nuovo soggetto politico (non un partito), denominato Movimento per l'Europa popolare (Mep), di cui pubblicò come inserzione a pagamento anche il manifesto: Capaldo era tra i firmatari, ma c'erano anche - tra gli altri - presidenti emeriti della Corte costituzionale (Francesco Paolo Casavola e Antonio Baldassarre), Angelo Maria Petroni (futuro consigliere d'amministrazione Rai), l'economista ed ex (e futuro) ministro Paolo Savona, il giurista Sergio Cotta e soprattutto Emilio Colombo, ex presidente del Parlamento europeo e solo tre anni prima impegnato in prima linea nella battaglia per non portare il Ppi nel centrodestra. In vista delle elezioni europee del 1999 e per promuovere maggiormente l'Unione politica (insieme a quella monetaria), Capaldo e gli altri volevano dare un contributo determinante alla creazione di una "corretta dialettica tra forze politiche europee - diverse per valori, principi, programmi e struttura - essenziale per lo sviluppo democratico delle istituzioni europee e per il conseguimento dell'Unione politica". E se a "sinistra" si stava consolidando lo schieramento progressista, "costituito dai tradizionali partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti europei, cui vanno aggregandosi i partiti già comunisti, uniti nel Partito socialista europeo", occorreva che anche in Italia si componesse "un vasto schieramento - autenticamente democratico - che si inquadri o si riferisca al Partito popolare europeo e ai suoi impegni politici e programmatici per l'Europa" (il che poteva lasciar sospettare che, nello schieramento di centrodestra di quel momento, il tasso di democrazia non fosse del tutto soddisfacente, anche solo con riguardo ad alcuni dei suoi membri; non si dimentichi, tra l'altro, che Forza Italia in quel periodo non era ancora partito membro del Ppe, anche se i suoi europarlamentari erano iscritti al gruppo popolare europeo). Il Mep, in particolare, si proponeva "di concorrere alla diffusione della storia, dei valori, dei principi politici e del programma del Partito popolare europeo, in collaborazione con i partiti e i movimenti che li condividono" e voleva concorrere "alla promozione, alla formazione e al sostegno di liste comuni o comunque collegate al Partito popolare europeo nelle prossime elezioni per il Parlamento dei popoli dell'Unione".
Dopo il lancio del movimento - al quale aderì anche Cesare Romiti, subito dopo aver lasciato l'incarico di presidente e amministratore delegato Fiat - dovette passare qualche mese per la sua prima iniziativa pubblica: questa si tenne il 19 novembre 1998, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani (gentilmente concessa dal presidente del Senato - del Ppi, dunque ex democristiano - Nicola Mancino). Nel frattempo - va detto - Tabacci aveva già preso una certa distanza da Cossiga e dall'Udr nel frattempo nata, lasciandone il ruolo da vicesegretario per avvicinarsi decisamente al Ccd di Pierferdinando Casini e invocandone l'apertura ai laici. "Siamo venuti a porre la nostra tenda vicino alla politica attiva, ma non dentro il palazzo" disse in apertura dell'evento l'ex Ppi e Ccd Stefania Fuscagni, presentando tra l'altro il simbolo del movimento, già presente sulla pagina pubblicata dal Corriere ed elaborato dal pubblicitario e comunicatore Gavino Sanna: si trattava di una rielaborazione del rosone della cattedrale di Strasburgo, "un messaggio della tradizione cristiana, ma anche della cultura e della spiritualità laica" (ricordando, in qualche modo, anche il disegno dello zodiaco della meridiana solstiziale della basilica di San Miniato al Monte di Firenze). Il logo era leggermente rettangolare e - anche per la finezza dei tratti e dei caratteri - mal si prestava a essere impiegato come contrassegno elettorale; il Mep, del resto, non nasceva come partito, pur agendo in ambito politico e pre-politico.
Capaldo, in quell'evento di presentazione del movimento di cui era divenuto presidente - e cui comunque Cossiga avrebbe aderito - chiarì per bene questo punto: "Abbiamo individuato nel Partito popolare europeo il quadro di riferimento in linea con le nostre idee; vogliamo operare perché anche nel nostro Paese, permanendo una logica bipolare, nasca un grande partito di ispirazione cristiana e liberaldemocratica che si ponga in alternativa netta a un partito, che immaginiamo ugualmente grande, di ispirazione socialista. [...] Alcuni hanno voluto vedere nella nostra iniziativa, dei nostri modesti sforzi, il tentativo di risuscitare la Democrazia cristiana, ora per incoraggiare questo tentativo, ora per condannarlo. Ma la Dc, con i suoi errori ma anche ovviamente con i suoi grandi meriti nella storia del nostro Paese, non può essere rifondata in un contesto storico così diverso. La Dc è stata in gran parte un insieme di culture politiche diverse, costrette a stare insieme da uno stato di lotta contro il comune nemico, sullo sfondo di un mondo di visioni contrapposte in blocchi. D'altra parte, il Partito popolare europeo non è una Democrazia cristiana: è la casa comune di partiti che si richiamano al riformismo laico e cristiano, allo stato di diritto e alla democrazia rappresentativa; in esso confluiscono cattolici, ma anche tanti protestanti, ebrei, laici e perfino musulmani, votati alla causa comune della costruzione liberal-democratica dell'Europa. Il movimento a cui abbiamo dato vita non è e non sarà non sarà mai un partito politico: pur ritenendo che in una società come la nostra sia fondamentale il ruolo della politica e dei partiti politici, noi non puntiamo a fare un partito o a collegarci strettamente a un partito, ma non vogliamo neppure essere un puro asettico centro culturale, un centro studi".
In effetti il Mep non fu mai un partito e il logo di Sanna non finì mai sulle schede; anche quello dell'Udr cossighiana (e mastelliana), in compenso, ci finì ben poco, arrivando dilaniata alle europee del 1999 (con i cossighiani che depositarono il simbolo senza usarlo e i mastelliani che inaugurarono il campanile dell'Udeur). Il movimento promosso da Capaldo continuò a operare, con più intensità fino al 2000 e in modo meno serrato - ma senza sparire - in seguito (legato soprattutto ai nomi di Giuseppe Gargani e Angelo Sanza); Capaldo, in compenso, promosse e guidò la Fondazione Nuovo Millennio, per occuparsi comunque di formazione e studio (dando avvio a una Scuola politica). Quell'impegno, come quelli precedenti in università e in ambito bancario, quasi certamente meritano più attenzione e considerazione rispetto alle vicende che intrecciarono l'Italia politica tra il 1997 e il 1999, ma per chiunque appartenga al novero dei #drogatidipolitica si tratta di dettagli che hanno un valore immenso, come il riemergere di un logo che non fu simbolo (ed era troppo delicato per esserlo), ma merita di essere ricordato con la stessa cura con cui fu pensato.
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