lunedì 10 agosto 2020

Campania, lista Caldoro e Udc nello stesso contrassegno (strapieno)

Tre giorni fa era arrivata la notizia ufficiale, attraverso una nota diffusa da Ciro Falanga, attualmente coordinatore dell'Unione di centro per la Campania (ma già parlamentare e sotto molti occhi nella scorsa legislatura: eletto nel 2013 con il Pdl-Fi, transitato nei Conservatori e riformisti e approdato fino a fine legislatura in Ala). "Per evitare inutili frammentazioni e, peggio ancora, quell'accozzaglia di liste che caratterizza lo schieramento pro De Luca, con il grave rischio di confondere l’elettorato, l'Udc ha deciso, di comune accordo con Stefano Caldoro, di puntare su una sola proposta politica. Presenteremo pertanto, in Campania, una lista unica, insieme con quella del nostro candidato governatore, nella quale potranno trovare spazio tutti quei candidati che condividono i nostri stessi principi liberali e di democrazia".
Concretamente, dunque, con la decisione di costituire il cartello Caldoro presidente - Udc, lo schieramento di Caldoro perde almeno una lista.  Al di là della volontà dichiarata di contenere il livello di frammentazione (che in effetti formalmente diminuisce), anche solo per evitare di creare simboli non in grado di eleggere alcun rappresentante, sembra che la prima ragione alla base della contrazione delle liste sia legata all'indisponibilità di molte persone a candidarsi, al punto da non riuscire a coprire tutti i posti nelle varie circoscrizioni. Il problema, a dire il vero, riguarderebbe anche altre formazioni: se ne parla da giorni, per esempio, con riferimento ad Alleanza di centro per la Campania, formazione fondata e guidata da Francesco Pionati, anche se lui si dice tuttora convinto di riuscire a presentare liste autonome, senza doversi aggregare ad altre formazioni. Appare poi assai probabile che, nelle liste Caldoro-Udc sia ospitato anche qualche candidato di Cambiamo!: non è per nulla scontato, difatti, che il gruppo di Giovanni Toti riesca a costituire proprie liste, non tanto per il numero di firme da raccogliere ma per mancanza di persone disponibili a presentarsi (il che significa anche, peraltro, sostenere spese per la candidatura, questione non di poco conto per una forza politica di nuovo conio). 
In tutto ciò, se la frammentazione sembra diminuire, aumenta al contrario il grado di complicazione delle proposte in campo; in più, a subire le prime conseguenze nefaste della decisione di costruire un cartello elettorale sembra essere il contrassegno di lista e, in particolare, la parte destinata al gruppo Caldoro presidente: il risultato grafico finale, infatti, appare decisamente pieno, ammassato e poco efficace. Si può cercare di comprendere il risultato, frutto peraltro - a quanto si apprende - di una non facile mediazione tra le componenti politiche coinvolte, ma è impossibile mettere da parte le perplessità. 
Alla fine il cerchio risulta equamente diviso, ma la grafica legata all'ex presidente Caldoro esce piuttosto male, soprattutto per quella striscia tricolore visibilmente tagliata e nemmeno a livello del diametro orizzontale, ma più in basso: è probabile che ciò sia stato fatto per cercare di dare un po' più di visibilità al gruppo di Caldoro (e per ricordare che, nel simbolo originario, la stessa striscia copriva anche lo spesso bordo del cerchio), ma all'occhio dà piuttosto l'effetto di un simbolo i cui elementi sono "azzeccat' c''a sputazzella" (tanto per offrire una citazione recente di Marisa Laurito); nel semicerchio superiore, poi, il livello di compressione è altissimo perché subito sotto la scritta è stato inserito anche il garofano del Nuovo Psi, dando così visibilità al partito che cinque anni fa aveva comunque partecipato alla stessa lista (come testimoniava, tra l'altro, la presenza nella lista di Napoli di Guido Marone, membro del coordinamento nazionale del partito).
Miglior trattamento sembra essere stato riservato alla grafica dell'Udc, con le vele e lo scudo crociato ridotti di dimensione per stare integralmente nel semicerchio inferiore e il nome assai ridotto di dimensioni. Già, le vele e il nome. Perché - incredibile a dirsi - nemmeno in Campania è stato usato il simbolo dei Popolari - Unione democratici cristiani che un mese fa era stato diffuso, tra l'altro proprio nella versione pensata per la Campania. Ci sono dunque le vele, che allora non erano state riportate per non sporcare lo scudo, il nome resta "Unione di centro" invece che "Unione democratici cristiani" (che avrebbe segnalato una realtà comunque a trazione Udc, ma almeno in parte diversa) e nessuna traccia dei Popolari. Il che è ancora più curioso, se si considera che sui Popolari sembrava aver insistito molto Giuseppe Gargani nelle settimane scorse, anche solo per evitare che quella parola fosse usata solo dai De Mita nella loro lista schierata con De Luca.
Se il simbolo dell'alleanza Nuovo Psi - Udc presentato per la Puglia aveva già fatto pensare a una battuta d'arresto del progetto della Federazione popolare dei democratici cristiani, l'emblema campano sembra aver tolto ogni dubbio su questo. Anche nelle Marche resteranno le vele e il nome "Unione di centro", ma nel segmento superiore rosso, in effetti, si legge "Popolari Marche", come nel simbolo esemplificativo che la Federazione guidata da Gargani aveva diffuso. Compromesso grafico? Probabilmente no: il contrassegno, infatti, è proprio lo stesso che aveva partecipato alle scorse elezioni regionali, anche se allora era parte del centrosinistra che aveva sostenuto Luca Ceriscioli, mentre questa volta l'Udc ha aderito alla coalizione che appoggia la corsa di Francesco Acquaroli (Fdi). Nessuna traccia del progetto politico nuovo, dunque, ma solo un elemento dal passato.
Lo stesso, peraltro, può dirsi anche per la Liguria, dove peraltro l'Udc schiera una lista insieme al Nuovo Psi, richiamato questa volta con il suo simbolo integrale, anche se ridotto alle dimensioni di una "pulce" e costretto all'interno del segmento rosso superiore, tra il confine del cerchio e la scritta "Liguria", ridotta per l'occasione. Cinque anni fa la lista non era presente, perché l'Udc aveva concorso con il Nuovo centrodestra alle candidature sotto il simbolo di Area popolare; questa volta invece il partito di Cesa torna, anche se nella sola Liguria non usa il nome completo, ma solo la sigla Udc, che può stare per Unione di centro, ma anche per Unione democratici cristiani (che poi, come si è ricordato più volte, altro non è che la prima parte del nome del partito). In Liguria, insomma, qualcosa forse del progetto originario si è salvato. Chissà. 

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