Mentre si attende che per regioni e comuni il quadro delle candidature sia reso ufficiale dal sorteggio delle posizioni su schede e manifesti (e che si definiscano i ricorsi pendenti), fa notizia qualche caso legato alle ricusazioni - anche solo in prima battuta - di contrassegni alle elezioni amministrative. La vicenda più clamorosa sembra per ora riguardare Matera, sia per il numero di liste coinvolte (online si legge di quattro, ma in pratica sono addirittura sei), sia per la ragione che ha mosso tutte le richieste di sostituzione dei simboli: quella legata all'uso di "immagini e soggetti religiosi". Il tema su questo sito è stato trattato in più di un'occasione, senza nascondere molti dubbi su come la norma in questione viene applicata (tanto a livello centrale, quanto nelle consultazioni locali), ma il caso di cui oggi si viene a conoscenza merita davvero una riflessione.
A Matera, in particolare, sono state presentate 19 liste, a sostegno di 6 candidati sindaci, e sono state tutte ammesse. Il numero è rilevante, ma non è certo da record: nel 2015 le liste erano 24 (sempre per 6 aspiranti sindaci), nel 2010 e nel 2007 erano 20, mentre nel 2002 ci si era fermati a 11. Il record, casomai, riguarda il fatto che ben 6 emblemi risultano essere mutati via via, proprio a causa di una lettura molto rigorosa della disposizione che impone di ricusare "i contrassegni riproducenti immagini o soggetti di natura religiosa" (art. 33, comma 1, lett. b del d.P.R. n. 570/1960).
In particolare, risulta che in sede di deposito ufficiale della documentazione delle liste (tra il 21 e il 22 agosto), ben sei formazioni avessero presentato un emblema elettorale che comprendeva una stilizzazione della facciata cattedrale della Madonna della Bruna e di sant'Eustachio o anche solo del suo campanile: due sagome ben note agli abitanti materani. Lo stesso, evidentemente, poteva dirsi per i componenti della Commissione elettorale circondariale, chiamata a valutare l'ammissibilità dei contrassegni: riconoscendo in ciascuno di questi emblemi la riproduzione di un soggetto di natura religiosa, hanno chiesto ai presentatori delle liste di sostituire il contrassegno, in modo che fosse rimosso il problema.
Considerando che alla fine tutte le liste presentate sono state ammesse, tutti coloro cui è stato chiesto di modificare la grafica hanno colto l'invito della commissione. Il punto, tuttavia, non è questo. Non ci sono dubbi su come debba essere considerata una croce latina o greca (a meno che sia la croce rossa, ma anche qui in passato non sono mancate censure), il Sacro Cuore di Gesù o altre immagini religiose, inclusi i ritratti; si potrebbe già discutere sulle statue, che potrebbero essere viste come monumento legato a un territorio più che come un soggetto religioso.
Non a caso, la sentenza n. 732/1994 del Consiglio di Stato - riportata anche nelle Istruzioni per la presentazione e l'ammissione delle candidature preparate dal Viminale - nota che la disposizione che vieta i soggetti religiosi "siccome limitativa di un diritto di libertà (giustificata sia dal rispetto per le immagini ed i soggetti religiosi, che debbono restare estranei alle competizioni politiche, sia dall'intento di evitare ogni forma di suggestione sugli elettori), va interpretata in senso restrittivo, sicché la riproduzione vietata è solo quella che consiste in una copia, più o meno fedele, ma sempre ben riconoscibile, dell'originale. Nella fattispecie [...] nell'immagine contenuta nel contrassegno [...] il Collegio ravvisa soltanto la generica rappresentazione di un combattente armato di spada".
Ora, una chiesa o un campanile sono un soggetto religioso, in effetti, ma se sono inseriti in un contesto più ampio, in cui emergono all'interno di un paese o addirittura sono richiamati solo per la loro sagoma, si possono ancora considerare tali? A rigore si potrebbero definire "copie dell'originale", volendo citare la sentenza appena vista, ma è la stessa pronuncia a precisare che la disposizione dev'essere interpretata in senso restrittivo.
Difficile dire come siano andate le cose davvero, ma se qualche dubbio si poteva avere sull'opportunità del contrassegno della lista Matera 3.0 (a sostegno del candidato sindaco Domenico Bennardi), per la precisione con cui erano ricostruiti il campanile e la facciata con tanto di rosone (di fatto si trattava degli unici elementi di rilievo del simbolo), si sarebbe avallata con molta più leggerezza la legittimità dei fregi di Matera patrimonio comune (candidato sindaco Rocco Sassone) e delle tre liste civiche a sostegno di Giovanni Schiuma (Matera per Schiuma sindaco, Innoviamo Matera e Materafutura): nei primi due il campanile e la cattedrale erano rappresentati solo in silhouette, negli altri addirittura era tracciata solo la skyline della torre campanaria. In tutti questi casi, comunque, si è dovuto operare la sostituzione, rimuovendo il campanile - che risulta praticamente decapitato - e, quando era troppo evidente, anche il profilo della cattedrale (che di solito però resta e non è più riconoscibile).
Il sospetto è che l'evidenza che cattedrale e torre avevano nel simbolo di Matera 3.0 fosse tale da aver indotto i componenti della commissione a ricusare l'emblema; a quel punto, però, questi devono avere preferito chiedere che fossero sostituiti anche gli altri contrassegni che avevano impiegato lo stesso soggetto, per evitare che la decisione fosse avvertita come discriminatoria, diretta solo contro una lista e non contro le altre cinque. Già, perché oltre alle formazioni già viste - e il fatto che siano così tanti ad aver voluto impiegare quei segni dovrebbe far pensare che sono avvertiti come patrimonio territoriale di tutti, non come soggetti religiosi - ha dovuto sostituire il suo simbolo anche la lista Matera 2029, presentata a sostegno di Luca Braia, che riportava sì una stilizzazione della facciata e del campanile, ma da quest'ultimo sembravano originare delle onde circolari multicolori, come a dire che da lì si sarebbe propagato tanto il suono delle campane, quanto il cambiamento futuro. Curiosamente, il simbolo sembra addirittura aver subito un passaggio intermedio: la pagina Facebook della lista, infatti, riporta come immagine profilo anche una versione del simbolo in cui non si riconosce più la cattedrale e il campanile è talmente assottigliato da sembrare un'antenna o un traliccio che emette le onde. Se questa prima variazione è stata consegnata davvero alla commissione, non dev'essere stata accettata, perché nel giro di alcune ore è comparsa una terza immagine, in cui non c'è più traccia del campanile-antenna e le onde partono dal riferimento all'anno 2029. A quel punto, però, il simbolo finale sembra in tutto e per tutto il marchio di un istituto statistico o di una radio privata. Segno che forse, per voler rispettare alla lettera una disposizione - andando ben oltre l'intenzione di chi aveva pensato di introdurla - si è finito per esagerare. E vale la pena che questo non accada ancora.
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