martedì 15 maggio 2018

Bordighera, due palme al posto della chiesetta, ma era necessario?

Nella fase di deposito dei contrassegni per le prossime amministrative, la Liguria ha dato grandi soddisfazioni: oltre al caso relativo ad Alassio, di cui si è detto ieri, un altro contenzioso è stato evitato a Bordighera, comune inferiore imperiese molto vicino a Sanremo. La questione ha riguardato l'emblema scelto dalla lista Bordighera vince, che ha candidato a sindaco Vittorio Ingenito: nessun problema con il nome della lista - più simile a un auspicio, che toccherà ovviamente agli elettori confermare o smentire - ma proprio con il simbolo scelto settimane prima per marcare questa campagna elettorale.
Si trattava, a ben guardare, di un emblema piuttosto ben congegnato, con il fondo blu per richiamare un cielo rassicurante e la parte inferiore azzurra a ricordare il mare, solcato a sinistra da tre vele, inserite una dopo l'altra per formare il tricolore. Il problema, casomai, poteva venire da quanto era riportato sulla destra, ossia la sagoma bianca di una chiesetta che i bordigotti (ossia gli abitanti di Bordighera) conoscono bene: si trattava della chiesa di Sant'Ampelio, patrono cittadino, costruita proprio sul capo omonimo. 
Qualcuno, a un certo punto, deve aver ricordato all'aspirante sindaco e ai promotori della lista - anche se l'emblema era già stato ampiamente utilizzato su manifesti e altro materiale di propaganda, cartaceo o digitale - che la legge elettorale per le amministrative prevede il divieto di utilizzare nel contrassegno "immagini e soggetti religiosi". Sui quotidiani è spuntato addirittura il riferimento a una sentenza dei giudici amministrativi, la n. 1366/2012, emessa dalla sezione V del Consiglio di Stato (anche se sui media, vai a capire perché, si era parlato del Tar Abruzzo, che si era espresso sì sulla questione attraverso la sezione di Pescara, ma con la decisione n. 487/2011), in base alla quale "i contrassegni, per essere ricusati, devono avere un significato religioso univoco e costituire un richiamo immediato e diretto per la popolazione che abbia a riferimento quel credo religioso". 
Tanto è bastato a qualcuno e a vari giornalisti per scrivere che, essendo la chiesetta "inequivocabilmente luogo di culto, ancora attivo", si era certamente di fronte a un simbolo religioso, dunque a rischio di ricusazione. Forse, però, la sentenza del Consiglio di Stato - che tra l'altro confermava la legittimità dell'uso di una statua di San Giorgio in lotta nella lista Popoli democratica - era il caso di leggerla tutta: "La natura religiosa di una 'rappresentazione' - si legge nella pronuncia - [...] va quindi necessariamente definita in base alla sua evoluzione storico-sociale, e non già in base all'intera possibile espansione della 'sfera culturale-religiosa' accumulata in una storia millenaria, con mutevoli rivolgimenti di assetto sociale e politico", considerando pure che le norme che vietano l'uso di immagini o soggetti di natura religiosa limitano una libertà, sia pure con ragione ("giustificata sia dal rispetto per le immagini ed i soggetti religiosi, che devono restare estranei alle competizioni politiche, sia dall'intento di evitare ogni forma di suggestione sugli elettori") e dunque la loro lettura dev'essere restrittiva. 
Perché un emblema sia bocciato, dunque, "occorre che le immagini abbiano - non una semplice somiglianza con immagini religiose o una risalente radice nelle stesse, ma - una valenza religiosa univoca, diretta e attuale per la popolazione". Una chiesa è certamente un soggetto religioso, ma è anche un segno del territorio. La chiesetta in questione, in particolare, per la sua posizione singolare si connota certamente come un elemento del paesaggio, che marca un particolare luogo: se riportata in una raffigurazione complessiva, non evoca certo il sentimento religioso dei fedeli, ma soltanto il territorio in cui si trova e la sua identità. Francamente, dunque, i margini per una bocciatura erano decisamente risicati. 
Qualcuno, probabilmente, ha preferito evitare grane, dunque ai primi dubbi ha tolto la chiesetta della discordia. Sul Secolo XIX si legge che all'interno del gruppo si era proposto di mettere al suo posto l'immagine del "Marabutto", ossia dell'ex polveriera e dei tre cannoni che si trovano nella pineta comunale e rimandano alle storiche difese dei bordigotti contro i saraceni (e uno dei candidati si era affrettato a precisare: "noi non vogliamo fare la guerra a nessuno"). Alla fine, però, al posto della chiesa sono state messe due palme, che a Bordighera non mancano di certo: stavolta niente da dire per nessuno, anzi, per il candidato sindaco il nuovo simbolo "mantiene la sua impostazione originaria e rimane pienamente riconoscibile". Magari qualche sostenitore convinto, se la lista vincerà, invece che un salto alla chiesetta per ringraziare, farà una festa sotto le palme...

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