giovedì 19 settembre 2019

Psi - Italia viva, un nome per un gruppo, nonostante il regolamento

Formalmente non esiste ancora, nel senso che nel sito del Senato ancora non si vede perché probabilmente manca ancora qualche passaggio, ma la strada che darà a Italia viva, il nuovo soggetto politico concepito e guidato da Matteo Renzi, un gruppo parlamentare autonomo anche al Senato è ormai tracciata e deve molto tanto a Riccardo Nencini, quanto al Partito socialista italiano, senza i quali la nuova compagine non si sarebbe nemmeno potuta concepire.
Innanzitutto vale la pena ragionare sui fatti, dunque a partire dalla dichiarazione rilasciata dallo stesso Nencini, eletto in Senato a marzo del 2018 nel collegio uninominale di Arezzo mentre era ancora segretario del Psi, e da Enzo Maraio, attuale segretario del Psi dopo l'ultimo congresso (straordinario): 
E' stato costituito un nuovo gruppo al Senato: Partito Socialista-Italia Viva. In merito alle indiscrezioni stampa degli ultimi giorni non è mai stata all'ordine del giorno la confluenza del Psi nel movimento che fonderà l'ex premier Matteo Renzi. Il Psi manterrà la sua autonomia politica e la propria identità. Il sostegno del Psi al Governo giallo-rosso rimane responsabile e leale. Il gruppo parlamentare avrà un taglio riformista che rafforzerà la nostra azione politica, nell'ottica dell’allargamento del campo del centrosinistra. Continueremo a vigilare affinché i punti inseriti dai socialisti nel programma di governo siano rispettati, a cominciare da lavoro, sanità, infrastrutture.
Nell'ultimo mese si era parlato a lungo della possibilità che Renzi costituisse un nuovo gruppo alla Camera mentre avesse più difficoltà al Senato, a causa delle modifiche regolamentari approvate alla fine della scorsa legislatura che scoraggiano la formazione di gruppi in corso di mandato; si era però già detto che quelle stesse norme sembravano concedere uno spazio per trasformare comunque in gruppo un partito nato dopo le elezioni, a patto di abbinare il nome della propria formazione politica a quello di uno dei "partiti o movimenti politici che si siano presentati alle elezioni uniti o collegati"
In effetti si era pensato soprattutto che allo scopo di consentire la nascita del nuovo gruppo fosse adatto Insieme - Italia Europa, la lista-cartello alla quale il Psi aveva partecipato col proprio simbolo insieme a Verdi, Area civica e “ulivisti”: il nome neutro avrebbe potuto facilitare la formazione di un gruppo autonomo, aperto anche all'ingresso di altri parlamentari, e non avrebbe esposto direttamente il partito. Viene dunque da chiedersi come mai non si sia seguita quella strada, che oggettivamente aveva punti di forza: probabilmente una spiegazione si trova considerando anche gli aspetti critici di quella soluzione. 
Il contrassegno di Insieme era stato depositato su mandato di Nencini, allora segretario Psi, ma anche di Natale Ripamonti (Verdi) e di Maurizio D’Amoreconfondatore dell'associazione EuropaNow! per gli Stati Uniti d'Europa, già dirigente del settore grandi eventi della Protezione civile e riconducibile all'area "prodiana" ("cresciuto con la Fabbrica del Programma, 2006" scrisse Silvia Bignami su Repubblica nel 2017); se si guarda la dichiarazione di trasparenza depositata al Viminale nel 2018 assieme all'emblema della lista, proprio D’Amore risulta essere tanto il legale rappresentante di Insieme, quanto il titolare del contrassegno. Ora, si deve considerare che Riccardo Nencini è stato eletto in Senato in quanto candidato vittorioso nel collegio uninominale di Arezzo, mentre non è risultato eletto nel collegio plurinominale Lombardia-02, dove era candidato per la lista Insieme che, come è noto, non ha raggiunto la soglia del 3%. Insieme, dunque, non poteva contare su nessun eletto proprio, visto che Nencini è entrato in Senato in rappresentanza della coalizione. Questo, in base al nuovo testo del regolamento, avrebbe comunque potuto consentire a Nencini di far valere il suo collegamento alla lista Insieme per costituire su quella base un gruppo; era però difficile pensare che l'uso del nome di un partito rimasto senza rappresentanti diretti in parlamento per consentire la nascita di un nuovo gruppo "in deroga" - per giunta a componente maggioritaria di una compagine politica diversa - non dovesse dipendere almeno in parte dal consenso dello stesso D'Amore, in quanto legale rappresentante di Insieme. Nessuno può sapere cosa avrebbe potuto rispondere D'Amore a un'eventuale richiesta di consenso all'operazione; si può però dire che avrebbe ben potuto negare il suo avallo a un'operazione non condivisa, da lui o da chi è vicino a lui
Il problema è però rimasto sulla carta, visto che il Psi ha permesso l’uso del suo nome e legherà il suo simbolo - quello che il consiglio nazionale deciderà, dopo l'esito della consultazione che ha visto prevalere il garofano - a quello che Renzi presenterà tra un mese. Se si bada al risvolto politico della questione, è evidente che con quest'operazione il Partito socialista acquista maggiore visibilità (nei lavori parlamentari e sui media) e, volendo, si assume una responsabilità ben maggiore pur continuando a essere in una situazione di "appoggio esterno" (il che, ovviamente, non significa affatto che sia prossima la nomina di un ministro o di un sottosegretario del Psi, né è stato chiesto, ma certamente ora le proposte socialiste possono avere una tribuna più rilevante). Una situazione, questa, che ha anche i suoi contro, se si considera che non pochi aderenti o simpatizzanti socialisti hanno accolto con piacere la notizia.
Al di là dell'aspetto politico, non può non colpire come una disposizione regolamentare introdotta meno di due anni fa con un chiaro intento restrittivo abbia permesso la nascita di un nuovo gruppo che rappresenta innanzitutto un partito che ha avuto un unico eletto (per giunta non sotto le proprie insegne), mentre la quasi totalità della nuova compagine rappresenta un partito nuovo, che non ha corso alle elezioni. Le regole nuove, insomma, non hanno affatto impedito una delle eventualità che si sarebbero volute bloccare. Difficile dire se la regola sia stata scritta (più o meno volutamente) male, se – come aveva scritto Salvatore Curreri su LaCostituzione.info prima delle elezioni, paventando uno scenario simile, ma pur sempre meno forzato – sia il sistema politico a essere irriformabile o se i problemi siano altri. Di certo, qualcuno in uno spiraglio di una regola nuova e dallo scopo ben chiaro è stato capace di vedere la via d’uscita, senza preoccuparsi di quanto fosse stretta o poco confortevole. Se sia stato bravo o furbo, ognuno la pensi come vuole; le regole, in ogni caso, non hanno funzionato come avrebbero dovuto. O come si pensava dovessero funzionare. 

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