Si è già avuto modo di dirlo: le elezioni europee tendono naturalmente alla complicazione dei contrassegni politici, per il tentativo di tenere insieme sotto un unico emblema più anime, anche abbastanza diverse, generalmente con lo scopo principale di superare gli sbarramenti più o meno espliciti e di acchiappare almeno un seggio. Non si dimentichi mai, tuttavia, che la vera fabbrica di simboli è data dalle elezioni comunali: solo raramente le insegne dei partiti nazionali vengono utilizzate così come sono, spesso capita che siano personalizzate o reinterpretate da iscritti e simpatizzanti locali. Parte allora il gioco di riduzioni, dettagli, distorsioni e addizioni, con effetti grafici non di rado discutibili, per lo meno quando a partorire il logo finale è una persona anche di buona volontà, ma di pessimo gusto (e che magari ha imparato a usare Photoshop con qualche corso venduto in edicola).
Per carità, a volte per fortuna ci sono le eccezioni: può capitare che due simboli siano fusi o accostati, senza che il risultato gridi vendetta al dio della grafica, risultando anzi perfino gradevoli. E' il caso, ad esempio, della lista che ha stravinto - superando il 60% - le elezioni comunali a Calcinaia, cittadina in provincia di Pisa. La lista, che ha eletto come sindaco Lucia Ciampi (prima cittadina uscente, dunque al suo secondo mandato), era frutto dell'alleanza tra Partito democratico e Sinistra ecologia libertà: il lavoro di gruppo era visibile anche graficamente. Il rametto di ulivo che è ancora presente nel contrassegno dei democratici era in bella vista al centro del contrassegno, con la parte inferiore innestata nel segmento rosso tipico del logo di Sel: era come se (e politicamente sarebbe un azzardo, bisogna ammetterlo) il partito di Vendola fosse il terreno di coltura della formazione indubbiamente maggioritaria. Il Pd in qualche modo è richiamato anche dalla parola "centrosinistra", con il verde che precede il rosso, mentre la font utilizzata per scrivere la parola somiglia a quella impiegata da Sel proprio per il vocabolo "sinistra".
Il risultato grafico, si diceva, è anche gradevole e soprattutto armonico, dando l'impressione che il contrassegno sia stato curato con attenzione. Certamente colpisce che il Pd sia rappresentato non dal suo vero emblema (quello con le iniziali ideato nel 2007 da Nicola Storto), ma dal rametto di Ulivo che era stato coniato oltre un decennio prima, tutto questo mentre Prodi - che più di chiunque altro aveva voluto l'Ulivo - non è mai parso così lontano dal partito che ancora oggi usa quel segno.
La coerenza, in ogni caso, è salvaguardata, perché il Pd faceva parte a pieno titolo dell'alleanza che ha vinto le elezioni. Non andò esattamente così nel 2012, ad Avezzano, quando tra i candidati a sindaco della località aquilana rispuntò Mario Spallone, prossimo a compiere 95 anni, già primo cittadino avezzanese dal 1993 al 2003, oltre che medico personale di Togliatti e titolare di varie cliniche. Intervistato dal Corriere, non lasciò nulla all'immaginazione: "Io sono comunista, stalinista! Io non ho niente a che fare con quella robaccia del Pd! Io sto con quel galantuomo bolscevico di Oliviero Diliberto".
Qualche problema? In sé e per sé no, ci mancherebbe. Il fatto è che nel contrassegno della sua lista civica, denominata "Per la Marsica e per Avezzano", non c'era né un segno locale, né - per dire - la doppia bandiera del Pdci di Diliberto; c'era invece, ben visibile, l'Ulivo, con il rametto inspiegabilmente virato al nero. Il tutto, per giunta, mentre il Pd era regolarmente presente sulle schede a sostegno del candidato sindaco Giovanni Di Pangrazio, poi vittorioso al ballottaggio.
Le norme certamente avrebbero impedito a Spallone di utilizzare il rametto democratico (tanto più che per lui apparteneva a un partito-robaccia), ma la sottocommissione elettorale circondariale fu decisamente generosa e non se la sentì di rovinare l'entusiasmo con cui il medico aveva intrapreso la sua ultima avventura elettorale (sarebbe passato a miglior vita un anno dopo). Anche con il dispettuccio "ulivesco", però, Spallone non riuscì a raccogliere più dell'1,41% e la sua lista si limitò a sfiorare lo 0,6%, quindici volte di meno del Pd. Praticamente un dato inversamente proporzionale alle dimensioni del rametto.
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