giovedì 28 giugno 2018

Simboli sotto i mille (2018): il Centro-Sud (di Massimo Bosso)

Nel nostro viaggio tra i microcomuni (sotto i mille abitanti) delle regioni del Nord Italia abbiamo trovato spesso liste di partiti nazionali o di formazioni che in qualche modo avevano partecipato anche alle ultime elezioni politiche (in molti casi senza grosso successo, ma si sono incontrati anche simboli presenti in parlamento, dalla Lega a Fratelli d'Italia). Non era fuori luogo pensare, in quei casi, a strategie politiche di vario tipo, volte in ogni caso a ottenere visibilità e magari qualche eletto sul territorio: l'operazione è stata condotta per anni e questa volta è riuscita, per esempio, al Partito valore umano, al Popolo della Famiglia e a CasaPound.
Andando nel Centro-Sud questo fenomeno sparisce completamente: si entra in un mondo completamente diverso in cui sbucano liste di movimenti semisconosciuti - ce ne scusino gli interessati, anche se in fondo lo sanno pure loro - almeno per l'elettorato nazionale. E' vero che presentare una lista in vista di elezioni politiche, regionali o anche solo in comuni superiori comporta dispendio e necessità di un minimo di struttura ed organizzazione; è altrettanto vero, però, che depositare un simbolo presso il Ministero degli Interni in occasione di elezioni nazionali, anche solo per far conoscere o ricordare al mondo la propria esistenza, non è poi un adempimento cosi arduo, specialmente per chi opera in regioni limitrofe alla capitale. Compreso il Molise, ma questo merita un discorso a parte.

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A parziale smentita di quanto scritto sopra, vale la pena iniziare con le poche liste che hanno un collegamento a soggetti nazionali, se non altro perché hanno particolarità che meritano di essere evidenziate. A Romagnano al Monte, in provincia di Salerno, si è per esempio presentata una lista denominata Italia agli italiani; il simbolo, però, è diverso da quello usato dal cartello Forza Nuova - Fiamma Tricolore alle ultime politiche (è diversa la font del nome, qui interamente in Arial Bold molto schiacciato in orizzontale, il tricolore occupa tutta la parte superiore mentre il fondo è nero sfumato). La matrice dell'iniziativa, in compenso, è inequivocabile: sulla copertina della pagina Facebook del candidato sindaco, Daniele Gioia, compare tuttora tra l'altro il simbolo di Forza Nuova. La lista ha però ottenuto solo 3 voti, pari all'1,08%, e nessun seggio; a dispetto del cattivo risultato, la presentazione non è priva di senso (come si è detto in qualche caso analizzato nel pezzo sul Nord), visto che nel 2013 agli elettori si era presentata una sola lista.
A Greci, nell'avellinese, è comparsa invece una lista Democrazia Cristiana – Udc, con tanto di scudo crociato mutuato dalla "vecchia" Dc-Pizza cui è stata sovrapposta la sigla Udc. Nelle urne il simbolo ha ottenuto solo 10 voti - in pratica il 2,11% - ma era l'unico altro finito sulla scheda oltre a quello della lista vincente (Greci guarda al futuro), dunque tanto è bastato ad assicurare alla lista i tre seggi di minoranza. La cosa più difficile, casomai, è capire con certezza quali gruppi della diaspora democristiana si possano ricondurre a questo emblema in particolare: visto che lo stesso simbolo è comparso ad Avellino, il sospetto è che ci sia lo zampino di Gianfranco Rotondi, convinto di poter unire senza problemi il nome Democrazia cristiana (che lui sostiene di avere in uso) alla sigla dell'Udc (apportata da Cesa, che a questo giro non protesterebbe nemmeno per lo scudo crociato).
L'elenco dei simboli con una certa notorietà si conclude con due emblemi che non si possono definire come legati a partiti nazionali, ma sono noti ai veri drogati di politica per essere comparsi nelle bacheche del Viminale. E' il caso del Partito delle Buone Maniere dell'imprescindibile Giuseppe Cirillo (che peraltro nelle scorse settimane si aggirava tra i palazzi romani della politica con un vistoso completo tricolore). Stavolta, accanto alla mano che offre il fiore, al posto del riferimento ai "dispositivi anti-molestie" compare una banda irregolare a fasce bianche e nere: non si tratta di un tentativo di acchiappare voti da tifosi juventini - improbabile, visto che le liste sono presentate solo in Campania - ma del riferimento alle "strisce pedonali portatili" inventate da Cirillo per diffondere il verbo delle Buone Maniere e dell'Educazione civica. Fini certamente nobili, ma i risultati lasciano a desiderare: le due liste presentate a San Lupo (nel beneventano) e a Letino (in provincia di Caserta, in cui le formazioni in corsa erano addirittura 8, per 921 elettori e 515 votanti) in tutto hanno raccolto solo un voto, a San Lupo dove il candidato sindaco era proprio Cirillo. Tutto questo ai più può sembrare un inutile ed incomprensibile dispendio di energie, ma si parla pur sempre del "Dr. Seduction", che non si risparmia mai…
Sulle schede si è visto anche anche il simbolo di Italia dei dirittimovimento nato nel 2006 e legato al giornalista romano Antonello De Pierro, che aveva depositato al Viminale il simbolo nel 2014 e anche a gennaio: il suo partito, a differenza di altre formazioni anonime, ha un sito web piuttosto ben fatto ed aggiornato. Italia dei diritti si presenta in soli due comuni in provincia di Roma, Cervara e Roccagiovine: nel primo sono arrivati solo 2 voti, nel secondo - dove era candidato a sindaco proprio De Pierro - ben 12 (6,93%). Questi hanno surclassato i 3 voti ottenuti dalla terza lista presentata (Progetto popolare, se ne riparlerà) e hanno assegnato a Italia dei diritti i tre seggi riservati all'opposizione in questo comune di 263 abitanti.
Iniziando il viaggio tra le liste assai meno conosciute, si comincia da L'Altra Italia, il cui emblema è stato avvistato in Lazio e in alcune regioni vicine. Sulla pagina Facebook della formazione non c'è molto, ma sulla collocazione a destra del gruppo non ci sono dubbi: la grafica, semplice ma diretta e a suo modo originale, è dominata da un'aquila tricolore, ricavata - l'occhio non mente - dalle lingue della fiamma tricolore del Msi, adattate con una certa cura. L'Altra Italia si è presentata a Gagliole (nel maceratese), Campodimele (in provincia di Latina), Varco Sabino (nel reatino) e nella beneventana San Lupo. Di queste quattro liste spalmate in tre regioni, quella di Varco Sabino ha pescato il jolly: i 155 votanti si sono trovati solo due liste sulla scheda e a L'Altra Italia sono bastati 9 voti (il 7,25%) per mandare in consiglio il leader nazionale, Cosimo Damiano Cartelli, ed altri due candidati; negli altri comuni, invece, non si è andati oltre lo 0,57%...
Altra formazione di destra è Progetto Popolare, anche se per i lettori di questo sito non è certo una novità, avendo quel gruppo già presentato liste nel Centro-Sud, in particolare in Molise. Quest'anno, però, avendo un po' più di tempo a disposizione per ricerche accurate e approfondite, è emersa una continuità con il Movimento sociale italico, formazione che aveva partecipato a diverse tornate elettorali, anche in comuni superiori (ad esempio a Colleferro nel 2011, quando aderì alla coalizione di centrodestra, risultata poi vincitrice, ottenendo un dignitoso 1,73%). Visitando il loro sito internet non si nota solo che la casella di posta elettronica è la stessa del MS italico: alcuni nomi proposti in passato nelle liste del Msit, infatti, sono presenti anche nelle nove liste presentate nel 2018. Quest'anno la lista compare a Filettino (nel frusinate), nella citata Campodimele, nei comuni reatini di Belmonte e Rocca Sinibalda, nelle citate Cervara e Roccagiovine in provincia di Roma, a Letino in provincia di Caserta (già vista per il Partito delle Buone Maniere) e, nel meraviglioso mondo del Molise, a Sessano e Castelpizzuto in provincia di Isernia. A dispetto delle varie corse elettorali, nessuna ha dato risultati significativi: in 5 comuni Progetto popolare ha ottenuto zero voti, in due uno solo, a Cervara ben 2 ed a Roccagiovine addirittura 4 (il 2,31%), ma come si è visto i tre seggi dell'opposizione se li è presi l'Italia dei Diritti (con 12 voti). Bottino finale di 9 liste, 8 voti: un dispendio di energie francamente incomprensibile, almeno elettoralmente parlando.
Eppure, in quanto si è visto fin qui, un minimo di logica e strategia politica, forse - si ripete, forse - la si trova: altrove è praticamente impossibile vederne anche solo un briciolo. Per esempio, se nel 2016 e 2017 in combinata con Progetto Popolare trovavamo quasi sempre Lega Molise e Basta Privilegi politici, nel 2018 sono scomparse… in compenso è sbucata una misteriosa formazione Stella Popolare, con tanto di stella rossa come simbolo: si è detto "misteriosa" perché anche mettendosi a cercare informazioni in Rete non se ne trova alcuna traccia, né su Facebook (eppure è molto più facile aprire una pagina, rispetto a un intero sito) né sul web in generale. 
Ad aumentare l'alone di mistero (o, più semplicemente, di improbabilità dell'operazione), c'è il fatto che questa lista appare rivolta a un elettorato di sinistra, ma in ogni comune in cui si presenta sulla scheda compare anche il simbolo di Orgoglio Tricolore, che invece dal nome sembra collocarsi piuttosto a destra: anche di Orgoglio Tricolore, peraltro, non sappiamo molto, se non che il contrassegno proposto è completamente diverso da quello utilizzato dalla omonima lista per le comunali di Fiumicino.
Le due liste sono presenti ovviamente in vari comuni molisani (Macchia Valfortore, Montorio, Ripabottoni, Sessano, Castelpizzuto, Campochiaro, Salcito) e anche in Campania, nella sola Letino: tutti nomi già visti o destinati a essere citati di nuovo proprio per l'inconsueto numero di liste presentate. Solo a Salcito, in provincia di Campobasso, per dire, sulla scheda ne sono finite 11 (diconsi undici...).
Questo sforzo immane, alla fine dei conti, spesso non produce alcun risultato o, nella migliore delle ipotesi, raccoglie pochissimi voti (anche solo uno o due): evidentemente, una volta presentata la lista, non si procede a nessuna azione di propaganda elettorale. Viene allora da pensare che lo scopo di quelle liste non sia prendere voti o comunque fare attività politica, ma tutt'altro: sull'argomento, però, sarà il caso di tornare a breve.
Tutto questo, ovviamente, non prima di aver notato che tra i simboli finiti sulle schede a giugno quest'anno si è visto anche un Movimento Forconi - La Voce del Popolo: il simbolo è diverso da quello a fondo nero depositato a gennaio al Viminale, ma il nome è lo stesso e dovrebbe trattarsi - anche con spighe e tricolore - del medesimo soggetto politico. Dove poteva spuntare questa lista, se non a Salcito? Mettetevi per un attimo, vi prego, nei panni di un elettore di un comune di 667 abitanti che si trova ben 11 – un-di-ci! – simboli sulla scheda, nove dei quali del tutto estranei al paese: e meno male che i salcitesi erano allenati, visto che nel 2013 di liste ne erano state presentate sette. Allora i Forconi non c'erano, stavolta sì, ma forse gli elettori non lo sapevano: anzi, uno solo, l'unico che li ha votati.

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