L'effetto del passato che si riaffaccia, o almeno l'impressione che sia così, in francese ha il suono morbido - pure se contratto - del déjà vu. Meno morbida e meno poetica, ma sempre più diffusa è la sensazione di "già visto" in campo politico. Sarà che spesso riappare chi - anche solo per poco tempo - ha fatto parte delle cronache, dei commenti e persino dei "retroscena", sarà che le proposte di programma su vari temi raramente sono originali (ammesso che ciò sia possibile e, soprattutto, ragionevole) e che persino i nomi e le grafiche con cui ci si dovrebbe distinguere finiscono spesso per somigliarsi; sta di fatto che molte persone credono sovente di trovarsi di fronte all'ennesimo politico o partito fotocopia. Quel giudizio, ovviamente, può essere tanto ingeneroso quanto devastante, potendo minare dall'inizio la strada di un progetto politico.
In certi casi però la memoria dei #drogatidipolitica si attiva immediatamente ed è difficile lasciare da parte il pensiero che quell'attivazione sia stata espressamente voluta da chi ne ha creato le condizioni. Difficile pensare a qualcosa di diverso, in particolare, guardando la grafica, diffusa solo qualche manciata di ore fa, per il progetto politico legato al nome di Ernesto Maria Ruffini, sino alla fine dello scorso anno direttore dell'Agenzia delle entrate, dimessosi senza risparmiare polemiche verso chi dipingeva la scelta di combattere l’evasione come "una scelta di parte e addirittura qualcosa di cui vergognarsi". Già prima delle dimissioni si era iniziato a parlare di Ruffini come persona potenzialmente in grado di "riorganizzare un centro, dare forza a un centro del centrosinistra, diventare l'atteso 'federatore' del campo largo" (così aveva scritto Marco Iasevoli su Avvenire). Dopo le smentite, è arrivato un atto concreto: il 1° marzo è stata costituita l'associazione Più Uno, con sede a Roma in viale Carso, avente tra i suoi scopi, come si legge all'art. 3 dello statuto, "attivare, convogliare e catalizzare lo straordinario potenziale civico esistente nel nostro paese e mettere in rete esperienze di impegno civile, impegno che è necessario per dare una prospettiva condivisa alle sorti del nostro sistema democratico", nonché "favorire l'impegno sociale e far riscoprire i legami e le responsabilità verso la comunità, quali fondamento di libertà e orizzonti in grado di superare i confini e destini dei singoli", sostenere "la costruzione di una società improntata al bene comune e al benessere collettivo, impegnandosi fin da subito a creare spazi di confronto e proporre nuove idee" per migliorare la qualità del dibattito politico, riavvicinare i cittadini al confronto civile e alla partecipazione. Tutto ciò vedendo nell'integrazione europea "l'unico percorso perseguibile di pace e benessere del popolo europeo, [...] in cui l'Italia deve tornare ad essere protagonista ai capofila ispirandosi ai principi fondamentali alla base della nostra costituzione" e volendo valorizzare "lo straordinario lavoro di organizzazioni no-profit che ogni giorno sostengono le crepe sociali e le fragilità umane nelle periferie delle città e affrontano anche le problematiche che attraversano i centri della città".
Fin qui e nei molti altri propositi non è difficile ritrovare le caratteristiche di un progetto politico (nel senso più ampio e, volendo, più nobile del termine) di matrice cristiana e democratica: ciò non stupirebbe nemmeno troppo, anche considerando che il padre di Ruffini, Attilio, era stato a lungo deputato della Democrazia cristiana e che uno dei fratelli, Paolo, come giornalista ha avuto una lunga esperienza alla guida - oltre che di Rai3 - di Tv2000 e del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede. Poi però lo sguardo cade sulla grafica che è stata scelta per il nome dell'associazione: appena si vedono quelle sei lettere in carattere bastoni blu e con l'accento rosso, è quasi impossibile non ripensare subito all'Ulivo concepito visivamente per Romano Prodi da Andrea Rauch nel 1995 (la genesi è stata raccontata a questo sito dallo stesso autore con dovizia di particolari).
Ancora di più, riesce quasi impossibile credere che quel rimando non sia stato scientemente voluto. Innanzitutto la costituzione dell'associazione Più Uno va di pari passo con la pubblicazione del libro omonimo, edito da Feltrinelli, dal contenuto chiaramente politico. Il carattere impiegato in copertina (New Century Schoolbook), tuttavia, è coerente con quelli impiegati dall'editore per tanti altri suoi volumi; è invece ben diverso dal Futura Black usato ora per comporre il logotipo dell'associazione e anche i colori che tingono il testo somigliano davvero moltissimo al blu e al Rosso senti da Rauch nel 1995. A onor del vero, il sito più.uno riporta una grafica simile a quella della copertina, con i cerchi colorati che si sovrappongono (ha qualche drogatodipolitica incallito potrebbe tornare in mente anche il varo grafico di Italia unica di Corrado Passera, ma l'esito un poco felice ne sconsiglierebbe il richiamo).
La sensazione che il rimando alla stagione rivista sia tutt'altro che casuale aumenta considerando le parole pronunciate da Ruffini alla sua ultima partecipazione a DiMartedì, il 10 giugno, intervistato da Giovanni Floris: "Son cresciuto con i comitati per l'Ulivo: sono stati una stagione straordinaria, senza nulla togliere ai partiti". Lo stesso strumento immaginato "per riportare le persone a partecipare, a sentirsi coinvolte, ad essere in qualche modo partecipi di un sogno futuro", vale a dire i Comitati "Più Uno", che Ruffini vorrebbe far nascere in ciascuna delle province italiane per essere promotori "di partecipazione politica, di discussione e di voto consapevole", non possono che ricordare i Comitati per l'Italia che vogliamo alla base dell'esperienza prodiana citati dallo stesso ex direttore dell'Agenzia delle entrate.
Chi conosce e ricorda bene le vicende della politica italiana successiva nel 1994, del resto, sa bene che le parentele grafiche con l'Ulivo non costituiscono certo una novità. Nel 1999, infatti, pochi mesi dopo la caduta per un voto del suo (primo) governo, Romano Prodi si convinse a costituire un proprio partito in tempo per partecipare con una lista alle elezioni europee, un po' per andare alla conta (a dispetto dei piani altrui) e un po' per preparare il futuro. Alla fine si decise - probabilmente su indicazione di Arturo Parisi - di utilizzare l'asinello come simbolo per il nuovo partito-lista e di usare il nome "i Democratici", senza alcun riferimento esplicito all'Ulivo (da ricostruire con il tempo); nonostante questo, all'agenzia Advcreativi di Ancona che fu incaricata di dare forma al simbolo fu abbastanza chiaro fin dall'inizio - come ha dichiarato a questo sito il suo fondatore, Francesco Cardinali - "che il lettering del simbolo doveva restare lo stesso dell'Ulivo".
L'Ulivo fu comunque recuperato nel 2001 per contrassegnare la coalizione guidata da Francesco Rutelli (che non ebbe però la stessa fortuna del 1996) e nel 2004 con una leggera variante - Uniti nell'Ulivo, con il ridisegno del simbolo affidato a Bruno Magno - per distinguere alle europee la lista unitaria di Ds, Margherita, Sdi e Repubblicani europei. Nel 2005, però, nell'ultimo anno della legislatura, si iniziarono a scaldare i motori per le regionali dello stesso anno e guardando soprattutto alle politiche dell'anno successivo: si iniziò quindi a preparare una coalizione larga, anzi larghissima, che potesse contenere tanto Fausto Bertinotti quanto Clemente Mastella. La leadership di Prodi sarebbe stata confermata in autunno con le primarie della coalizione, ma già il 10 febbraio fu presentato pubblicamente il simbolo dell'Unione, con l'emiciclo parlamentare tinto dei colori dell'arcobaleno e il nome scritto con lo stesso carattere dell'Ulivo, ma stavolta colorato di verde (ma sempre con un apostrofo rosso, tutto obliquo stavolta).
E se alla scelta del nome pare abbia lavorato Annamaria Testa a Milano, a dare forma al simbolo era stata ancora una volta la Advcreativi di Cardinali, che sull'Unità dell'11 febbraio 2005 (il giorno dopo la presentazione del nuovo emblema) aveva concorso a spiegare la genesi della grafica. Grafica arcobaleno che paradossalmente finì sulle schede delle elezioni regionali del 2005, ma non su quelle delle elezioni politiche del 2006 (tranne che in Alto Adige), visto che la nuova legge elettorale consigliava di colpire in coalizioni multiliste.
Dopo quell'evento elettorale - e il naufragio del secondo governo Prodi - rimase solo il rametto dell'Ulivo, inserito obtorto collo nel simbolo del Partito democratico da Nicola Storto (e mantenuto fino a oggi contro la volontà di colui che lo disegnò, cioè Rauch). Ora che il Pd non è più quello di Matteo Renzi ma continua a essere oggetto di critiche, soprattutto da parte dei moderati, sembra pronto a partire qualcuno che spera di intercettare - come federatore o ricostruttore - varie sensibilità dell'area progressista, magari rievocando lo spirito del 1995-96 anche grazie ai colori. Chissà se Più Uno diventerà partito e se i colori dell'Ulivo conviveranno con quel che resta del rametto in due simboli diversi...
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