L'estate è ormai ufficialmente iniziata (anche se il caldo, in effetti, è già arrivato da un pezzo): storicamente questa è stata la stagione delle feste di partito, anche se i tempi sono inesorabilmente cambiati rispetto al passato. C'è chi, in compenso, invece che festeggiare, si ritrova per celebrare congressi, nonostante il citato caldo imperante: vale per il neonato Partito Liberal democratico (che il 28 e il 29 giugno si riunirà a Bologna a San Lazzaro di Savena) e vale per il Partito liberale italiano. Scorrendo le notizie circolanti in Rete, peraltro, si apprende che il congresso del Pli si dovrebbe tenere il 27/28 giugno, come pure il 4 luglio. Un doppio congresso? Un'illusione ottica di sdoppiamento, un miraggio magari causato dal suddetto caldo estivo?
Di congresso, in realtà, ce ne sarebbe solo uno mentre l'altro sarebbe convocato illegittimamente, a sentire ciascuna delle due parti in disputa. Una disputa che prosegue almeno dalla fine di luglio del 2022, cioè da quando - in vista delle elezioni politiche anticipate fissate per il 25 settembre - si tenne un consiglio nazionale autoconvocato d'urgenza, nel quale fu votata una delibera per dare pieno ed esclusivo mandato all'allora co-segretario Roberto Sorcinelli di rappresentare il partito per stipulare alleanze innanzitutto col centrodestra, presentare liste e depositare il simbolo; passò pure una mozione di "sfiducia/decadenza" dalle loro cariche dell'allora presidente Stefano De Luca e dell'allora co-segretario Nicola Fortuna (accusati, all'interno della stessa mozione, di gravi violazioni statutarie), in seguito dichiarati decaduti dall'iscrizione al Pli per la loro scelta di non riconoscere validità a quelle deliberazioni e di procedere a convocare direttamente gli organi del partito. De Luca e Fortuna contestarono tanto le accuse tanto quelle decisioni, ritenendole illegittime (con riferimento al consiglio nazionale del 30 luglio 2022, per difetto del quorum di autoconvocazione e del quorum costitutivo, per preavviso troppo ridotto, carenza di ordine del giorno, omessa convocazione di tutti gli aventi diritto, difetto di forma nella stesura del verbale e conferimento di poteri in contrasto con lo statuto); al pari, era stato contestato anche il congresso celebrato il 23 settembre 2022, con la conferma di Sorcinelli alla segreteria politica e di Francesco Pasquali alla presidenza del partito (incarico già svolto ad interim).
Una semplice visitina sul web può dare le dimensioni della querelle. Il 7 giugno, sul sito www.partitoliberaleitaliano.org, è apparso il seguente annuncio:
Cari amici, mentre si stanno svolgendo i Congressi Provinciali per l'elezione dei delegati, secondo quanto previsto dallo Statuto (un delegato ogni tre iscritti), desidero informarvi che il Congresso Nazionale si terrà, come deliberato dagli organi statutari competenti, nei giorni 27 e 28 Giugno 2025 presso Salaria Sport Village (Via S. Gaggio, 5, 00138 Roma RM)
I lavori avranno inizio il giorno 27 alle ore 17 per l’apertura dei lavori, l’elezione del Consiglio di Presidenza del Congresso e della Commissione Verifica Poteri. Il successivo giorno 28 i lavori congressuali riprenderanno con la Redazione del Segretario, il dibattito politico, la presentazione delle mozioni e si concluderanno con l’elezione dei nuovi Organi Statutari (Garante, Presidente, Segretario Nazionale, Tesoriere, Probi Viri e Consiglio Nazionale). Quest'ultimo si riunirà immediatamente dopo per eleggere la Direzione.Grazio Trufolo - Segretario Nazionale
Dal 10 giugno, sulla pagina Facebook del partito, oltre all'annuncio del congresso per il 27-28 giugno, sono tuttavia apparse anche altre comunicazioni, dalle quali si evinceva che, a valle di un provvedimento giudiziario, la stessa pagina Fb era tornata nella disponibilità del gruppo legato a Stefano De Luca, tuttora indicato come presidente nazionale, e a Trufolo (indicato come segretario). Sulla stessa pagina, ancora gestita per conto della segreteria Sorcinelli, il 6 maggio, si era indicato il 4 luglio come data per il nuovo congresso (indicato come XXXIII, in continuità con quelli del Pli "storico", anche se in effetti risulta che il partito attuale sia stato rifondato anche giuridicamente nel 1997 come Partito liberale, poi rinominato Pli nel 2004). La notizia era apparsa anche sul sito www.partitoliberale.it, tuttora amministrato dal gruppo dirigente guidato da Sorcinelli e Pasquali e proprio lì, il 16 giugno, in risposta ai post apparsi su Fb, è stato pubblicato il seguente "comunicato ufficiale" (riportato per intero, per mera completezza, come i testi sopra indicati).
In questi giorni i sottoscritti, Segretario e Presidente del PLI, sono oggetto di insulti personali, post diffamatori conditi da false accuse calunniose da parte dell’ex presidente del PLI Stefano De Luca, di un suo seguace e un parente di quest’ultimo. Costoro hanno messo in campo una vera e propria azione coordinata di carattere diffamatorio e calunnioso - di cui risponderanno in sede penale - nei confronti nostri e di tutti i dirigenti e gli iscritti del PLI. Dopo che il De Luca si è impossessato della pagina Facebook del partito, lui e i suoi due seguaci stanno falsamente affermando che vi sarebbero “numerose ordinanze collegiali del tribunale di Roma tutte ovviamente favorevoli ai legittimi rappresentanti del Partito” che nel loro immaginario sarebbero loro stessi.
Occorre quindi dare conto della complessa e lunga vicenda, giudiziaria e non, che vede contrapposti gli attuali legittimi rappresentanti del PLI, ovvero i sottoscritti, l’ex cosegretario nazionale Claudio Gentile e il presidente del Consiglio nazionale Diego Di Pierro tutti da una parte e, dall’altra, Stefano De Luca, l’anziano ex presidente destituito da ogni carica il 30 luglio 2022 e poi espulso dal Partito il 2 agosto 2022. Diciamo subito che, non avendo impugnato la sua espulsione nel termine perentorio di sei mesi come prescritto dall’art. 24 del codice civile, egli è irrimediabilmente, volente o nolente, un soggetto ESTRANEO al Partito Liberale Italiano. Men che meno, dunque, può affermare di esserne il legale rappresentante.
La vicenda ha origine nel luglio 2022 quando l’allora Consiglio nazionale del PLI (massima assemblea che elegge le cariche e così le può revocare), riunitosi in auto convocazione come previsto dallo statuto, approvò una mozione di sfiducia politica nei confronti del De Luca, destituendolo dalla carica di Presidente. Ciò in quanto si andava verso l’ennesimo congresso gestito in maniera assai poco trasparente (per essere generosi…) dal De Luca, che pretendeva di sostituirsi alla segreteria nazionale nella formazione dell'elenco degli iscritti. Questo, peraltro, avvenne dopo circa 25 anni di ininterrotta tirannia da parte dello stesso sul partito. Anni in cui il PLI, per soddisfare gli interessi di pochi, ha finito col perdere ogni rappresentatività politica nel Paese. Stufi di questa situazione ormai incancrenita, i consiglieri nazionali del 2022 fecero un atto di straordinario coraggio, destituendo il "tiranno".
Questi ovviamente non si diede per vinto e cercò di ribaltare la legittima deliberazione del consiglio nazionale infischiandosene delle regole statutarie e creando, di fatto, un’organizzazione parallela. Per questo motivo, il 2 agosto 2022 venne espulso e, a seguire, vennero espulsi quei pochi altri che tentarono di seguirlo in quest’azione contro il Partito. Successivamente, tentò di depositare il simbolo del PLI - attraverso una sua delegata - alle elezioni politiche del 2022. Ma tale tentativo venne clamorosamente bocciato prima dal Ministero dell'Interno e poi, in sede di reclamo, dalla Suprema CORTE DI CASSAZIONE, che statuì IN VIA DEFINITIVA che il De Luca o altri soggetti a lui riferibili non avevano alcun diritto a qualificarsi quali rappresentanti legali del PLI né, tantomeno, ad utilizzarne il nome ed il simbolo. Diritto che spettava, viceversa, esclusivamente ai sottoscritti. Grazie a quella decisione definitiva del massimo organo giudiziario del Paese, abbiamo mantenuto e tuttora manteniamo il pieno diritto di rappresentare il PLI, checché ne dica il De Luca o i suoi sodali.
Da allora il De Luca ha promosso una miriade di azioni - ordinarie e cautelari, un vero e proprio stalking giudiziario - contro i sottoscritti e il PLI, bramando unicamente la sua rivalsa personale, essendo chiaro e pacifico che tutti gli iscritti del PLI non abbiano alcuna intenzione di essere rappresentati da lui. Di recente, ha chiesto al tribunale che ordinasse ai sottoscritti di consegnargli il sito web del PLI e le pagine social, e tutto ciò che appartiene al PLI, nonché che pronunciasse un’ordinanza inibitoria nei nostri confronti. Le sue domande sono state RESPINTE E RIGETTATE dal tribunale collegiale, peraltro con un'ordinanza firmata (anche quale estensore) direttamente dal presidente della Sezione Imprese del tribunale.
Non pago di ciò, il De Luca ha riproposto le medesime domande che gli sono state ancora rigettate dal giudice monocratico ed ora si trovano pendenti in sede di reclamo. In questa complessa situazione, è riuscito a farsi attribuire (provvisoriamente) la pagina Facebook del PLI, utilizzandola immediatamente per spargere notizie false e diffamatorie nei confronti nostri e di tutti i legittimi organi del PLI, spargendo altresì la falsa notizia che il congresso nazionale si terrà il 27 e 28 giugno invece che il 4 luglio (come è effettivamente). Per far ciò, peraltro, ha utilizzato il medesimo evento Facebook da noi creato, modificando le date. Chi aveva ricevuto l’invito per il congresso del 4 luglio ora vedrà la data erronea del 27/28 giugno e, cosa ancora più grave, risulterà invitato dai sottoscritti o da altri iscritti legittimi del PLI (in quanto avevamo effettivamente inviato loro l’invito corretto).Si tratta, in tutta evidenza, di un espediente diretto a trarre in inganno i delegati eletti ai congressi provinciali per spingerli a partecipare al suo evento al fine di trarne l’indebito vantaggio di risultarne legittimato. Sinora abbiamo preferito - per il bene e l’immagine del Partito, unica nostra preoccupazione - evitare di dar risalto pubblico alla vicenda. Ma le recenti vicende ci hanno costretto a dover prendere pubblicamente posizione. Ora ci auguriamo che il tribunale di Roma metta uno stop definitivo alle brame di un soggetto che ormai non rappresenta altri che sé stesso e a cui non importa nulla di ricostruire l’immagine di un partito glorioso che lui stesso ha devastato.
Il 4 luglio a Roma si terrà il congresso nazionale del PLI. Congresso al quale, peraltro, avevamo consentito anche a lui di partecipare e di confrontarsi democraticamente (previa presentazione di nuova domanda di iscrizione, essendo egli un soggetto oggi estraneo al PLI). Il De Luca NON ha presentato domanda di iscrizione, evidentemente non avendo intenzione di sottoporsi democraticamente al giudizio degli iscritti. Dunque, De Luca era e rimane un soggetto estraneo al PLI. Ma, suo malgrado, il partito appartiene solo e soltanto agli iscritti. Non a lui, certamente. Ma neppure a noi e nessun altro: i rappresentanti di un partito sono e devono essere sempre pro tempore. Se il 4 luglio la nostra mozione prevarrà, saremo ancora - come lo siamo ora - il Segretario Nazionale e il Presidente del PLI. Per ulteriori due anni. Poi si vedrà.
Roberto Sorcinelli (Segretario Nazionale PLI) - Francesco Pasquali (Presidente Nazionale PLI)
Lo scambio non poteva certo fermarsi qui. Infatti sul sito amministrato in nome e per conto di De Luca e Trufolo è stata pubblicata una "relazione sullo stato dei contenziosi relativi al Pli, redatta dai legali di fiducia, la quale smentisce puntualmente le esternazioni di Sorcinelli e Pasquali apparse sul sito storicamente appartenente al Pli di cui ancora indebitamente fanno uso". Quella relazione (che a questo link si può leggere integralmente), firmata dagli avvocati Nicola De Luca (che aveva già riassunto in video, sulla pagina Fb del Pli, la medesima situazione giudiziaria) e Giuseppe Ardone, ripercorre le tappe successive alla ricusazione da parte del Viminale (confermata dall'Ufficio elettorale centrale nazionale, non esattamente dalla Cassazione, benché l'Uecn sia costituito presso la sede della Suprema Corte) del contrassegno del Pli, depositato il 12 agosto 2022 in nome e per conto di Nicola Fortuna (tappe di cui questo sito si è occupato nel dettaglio allora).
La relazione degli avvocati De Luca e Ardone fa riferimento a una vicenda giuridica e giudiziaria complessa, dipanatasi nel corso di circa due anni e mezzo senza ricevere troppa notorietà, al di là - salvo errore - delle note con cui lo studio legale D'Aiello e De Luca - lo stesso che si era occupato del contenzioso tra Pli e Partito dei liberali europei, con vittoria del primo nel giudizio cautelare (anche in sede di reclamo) - aveva reso note due ordinanze tra quelle emesse (nel 2023 e nel 2024) e del "botta e risposta" sul sito del quotidiano L'Opinione delle Libertà, risalente al 2023 e tuttora leggibile. Vale forse la pena riassumere - in base a quanto risulta a chi scrive, senza pretesa di completezza - la situazione del contenzioso, essendo pronti a integrare il racconto con le ulteriori puntate della vicenda. Proprio la complessità di questa, peraltro, suggerisce di limitarsi a riportare il contenuto delle decisioni, evitando il più possibile di commentarlo vista la delicatezza della situazione (tuttora connotata da un alto tasso di litigiosità); per mero scrupolo, si precisa - anche se dovrebbe essere ovvio - che quanto si scriverà di seguito si basa esclusivamente sul contenuto delle ordinanze, senza attingere a documenti di parte (fatte salve le loro parti eventualmente citate nelle decisioni).
* * *
1) Verso la fine di ottobre del 2022, dunque un mese dopo le elezioni politiche e dopo il congresso di settembre, il Partito liberale italiano rappresentato da Sorcinelli e Pasquali aveva presentato un ricorso ex art. 700 c.p.c. presso il tribunale civile di Roma contro De Luca e Fortuna, chiedendo in via cautelare che fosse ordinato loro "di cessare immediatamente ogni uso del nome, del contrassegno e di ogni altro segno identificativo del Partito Liberale Italiano": ciò sulla base del fatto che né De Luca né Fortuna avrebbero impugnato la delibera circa la loro decadenza dalla qualità di iscritti (e dalle loro cariche) e, nonostante ciò, avrebbero proseguito "nel tentativo di danneggiare il Pli" (si cita dall'ordinanza) ottenendo il blocco del conto corrente del partito e utilizzandone il simbolo per manifestazioni. Per De Luca e Fortuna, invece, il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile o comunque infondato, ritenendo che la delibera del consiglio nazionale del 30 luglio 2022 che li aveva "destituiti" fosse "affetta da plurimi connotati di illegittimità" (si legge sempre nell'ordinanza), mentre sarebbero state regolari la direzione nazionale del 1° agosto e il consiglio nazionale del 5 agosto che avrebbe deciso di "revocare ogni deliberazione assunta" il 30 luglio (delibera che sarebbe stata comunque impugnata in altra sede, alla pari degli atti congressuali del settembre 2022), dunque Sorcinelli e Pasquali non sarebbero stati legittimati a rappresentare il partito.
Il 25-26 febbraio 2023 la giudice Cristina Pigozzo (XVI sez. civ. imprese) aveva accolto il ricorso del Pli rappresentato da Sorcinelli e Pasquali, disponendo che De Luca e Fortuna - non potendosi qualificare come presidente e segretario del partito - dovessero cessare l'uso "illegittimo del nome, del simbolo e di ogni altro segno distintivo del Partito Liberale Italiano. Per il tribunale la delibera del consiglio nazionale del 30 luglio 2022 era "ancora efficace e non sospesa" (pur essendo stata impugnata da un'altra associata, senza che però fosse stata disposta la sospensione), era stata redatta nella forma dell'atto pubblico e il notaio avrebbe accertato la rispondenza alle norme statutarie vigenti dell'(auto)convocazione del consiglio (da parte di 15 membri sui 63 allora previsti), mentre i vizi contestati da De Luca e Fortuna non ne mettevano in discussione l'esistenza giuridica. Quanto alla revoca della delibera da parte del consiglio nazionale del 5 agosto 2022, per la giudice era stata disposta da un organo convocato "dall'asserita Segreteria Nazionale e dal Presidente già dichiarato destituito e, quindi, allo stato, non [poteva] ritenersi promanare dal Pli"; di più, il verbale della direzione nazionale del 1° agosto che aveva poi convocato il consiglio del 5 agosto non sarebbe stato redatto con atto pubblico e il notaio "non avrebbe potuto attestare la legittimità della costituzione dell'organo" (poiché la delibera di decadenza di De Luca dalla presidenza del partito non era stata sospesa). Sarebbe mancata, dunque, la convocazione "prima facie in modo legittimo" del consiglio nazionale del 5 agosto che avrebbe revocato le delibere precedenti.
2) De Luca e Fortuna, tuttavia, impugnarono l'ordinanza della giudice Pigozzo, proponendo reclamo (Fortuna in seguito ha rinunciato e il giudizio cautelare nei suoi confronti si è estinto). Il collegio della XVI sezione civile del tribunale di Roma - presieduto da Giuseppe Di Salvo (lo stesso giudice che nel 2002 e nel 2004 dovette esprimersi sull'azione iniziata dal Cdu contro Alessandro Duce per bloccare il suo tentativo di "risvegliare" la Democrazia cristiana) e avente come relatrice la giudice Flora Mazzaro - il 16 maggio - 12 giugno 2023 ribaltò la prima decisione, accogliendo il reclamo di Stefano De Luca. La decisione - la prima citata nella relazione De Luca - Ardone - venne motivata dal collegio con la "insussistenza del fumus boni iuris" (cioè della possibilità che il diritto rivendicato, alla base della richiesta di tutela cautelare, esista e sia accertato in sede di merito). Per i giudici era "pacifico tra le parti" (cioè incontestato) che si fossero susseguite due delibere del consiglio nazionale - quella del 30 luglio con cui si era rimosso De Luca dalla presidenza e quella del 5 agosto con cui si era revocata la decisione precedente - "alla presenza o comunque, con la partecipazione, in entrambi i casi, di taluno dei suoi membri", mentre si contestava reciprocamente - e in modo quasi speculare - la legittimità delle stesse per violazioni di legge o dello statuto.
Per i membri del collegio, lo spazio per ritenere/dichiarare inesistente la delibera di un organo - dopo la riforma del diritto societario disposta col d.lgs. n. 6/2003 e secondo la giurisprudenza della Cassazione civile (v. la sentenza n. 26199/2021), applicabile anche alle associazioni - sarebbe ridotto rispetto al passato ("se [...] una norma sanziona un determinato fatto con una conseguenza giuridica negativa in quanto esso venga ad esistenza con i connotati essenziali della fattispecie da essa descritta, ne consegue che una delibera nulla o annullabile in base alle legge non possa che essere considerata esistente, seppur viziata"): volendo tutelare la "stabilità degli atti sociali" e la "certezza delle situazioni giuridiche conseguenti", di fatto non si sfugge alla regola per cui un atto ritenuto viziato dev'essere impugnato entro un termine più o meno ristretto. Di fatto il ricorso del Pli di Sorcinelli e Pasquali non avrebbe chiesto di "impugnare, ai sensi dell'art. 23 c.c." la delibera del consiglio nazionale 5 agosto 2022 per farla dichiarare nulla o per ottenerne l'annullamento (e, intanto, la sospensione): anche quella delibera, dunque, fino a un'eventuale decisione che l'avesse invalidata doveva essere considerata esistente ed efficace, quindi gli atti del 30 luglio 2022 - inclusa la decadenza dalla presidenza di De Luca - dovevano considerarsi revocati. Si sarebbe potuto parlare di inesistenza se l'atto "incriminato" non fosse stato in alcun modo imputabile al partito, ma per i giudici la partecipazione di almeno un iscritto al consiglio nazionale del 5 agosto (come a quello del 30 luglio) avrebbe escluso alla radice quest'ipotesi. Sarebbe bastato questo a non far ritenere "provata la titolarità dei poteri di rappresentanza" del Pli in capo a Sorcinelli e Pasquali, mentre verosimilmente De Luca avrebbe auto diritto, quale presidente del partito, "a rappresentare l’associazione Pli e a spenderne il nome, il simbolo e altri segni distintivi".
3) Un nuovo ricorso era stato presentato da Roberto Sorcinelli e Francesco Pasquali a nome del Pli contro Stefano De Luca, con nuova richiesta di tutela cautelare dopo l'ordinanza di reclamo appena vista. Il nuovo procedimento era iniziato sia per contestare che il 5 agosto 2022 si fosse mai svolta alcuna riunione del consiglio nazionale, sia soprattutto per far valere - come fatto nuovo - che proprio il consiglio nazionale del Pli, il 23 giugno 2023, dopo l'ordinanza di reclamo dello stesso tribunale di Roma, era stato convocato dal nuovo presidente dell'organo, Diego Di Pierro (intervenuto a favore del Pli) e aveva "esplicitamente disconosciuto l'asserita riunione tenuta dal sig. De Luca e la conseguente delibera del 5 agosto 2022", negando che fosse "in alcun modo riferibile al Partito Liberale Italiano" e revocandola - al pari di ogni atto compiuto da De Luca nel ruolo da lui rivendicato - per ogni evenienza, oltre a prendere atto "della definitività della espulsione irrogata al Sig. De Luca per omessa impugnazione nel termine di cui all’art. 24 c.c.". Non volendo riconoscere a De Luca "qualsivoglia rappresentanza o funzione" e volendo reagire alle azioni (ritenute "di disturbo") dello stesso, Sorcinelli e Pasquali avevano chiesto di nuovo al tribunale di Roma di ordinare a De Luca di smettere di usare il nome e il simbolo del Pli e di "cessare immediatamente qualsivoglia pubblicazione, informativa e/o comunicazione inveritiera, capziosa e tendenziosa con la quale tenti [...] di accreditarsi quale iscritto e/o titolare di cariche o financo 'presidente' del Partito liberale italiano";
Il giudice Maurizio Manzi (della XVI sezione civile del tribunale di Roma) il 12 luglio 2023 aveva accolto il ricorso del Pli, pur sottolineando che - come eccepito da De Luca nella sua difesa - non si poteva chiedere nuova tutela cautelare "a fronte di un quadro fattuale sostanzialmente immutato" (essendo necessario l'emergere di fatti nuovi per rivalutare la situazione) e ritenendo che al tempo della precedente ordinanza la delibera del consiglio del 5 agosto fosse valida ed efficace. Il magistrato aveva infatti rilevato che la delibera del 23 giugno 2023 - con cui lo stesso organo aveva disconosciuto la "revoca" del 5 agosto 2022 - doveva considerarsi un fatto nuovo sopravvenuto, sufficiente non a far dichiarare decaduto ed espulso De Luca, ma almeno a fondare il fumus boni iuris del Pli guidato da Sorcinelli e Pasquali (e a far ritenere che, in un clima molto più litigioso e in potenziale peggioramento, il diritto rivendicato dovesse essere protetto subito in via cautelare per non rischiare di comprometterlo del tutto, a tutela "degli interessi patrimoniali del partito nonché a presidio del tessuto ideologico e di credibilità dello stesso").
4) Insoddisfatto dell'esito dell'ordinanza, Stefano De Luca presentò di nuovo reclamo, ritenendo che il primo giudice avesse commesso errori di valutazione. Il collegio della XVI sezione civile (specializzata in materia d'impresa) del tribunale di Roma, presieduto dalla giudice Mazzaro - che aveva già steso l'ordinanza di maggio-giugno - e avente come estensore Guido Romano (lo stesso che aveva dichiarato il "consiglio nazionale" della Democrazia cristiana del 30 marzo 2012 e che nel 2016 aveva disposto la convocazione dell'assemblea degli iscritti della Dc su richiesta del preteso 10% degli iscritti), il 25 settembre 2023 (con pubblicazione il 15 gennaio 2024) accolse il reclamo (si tratta della seconda ordinanza citata nella nota degli avvocati De Luca e Ardone). Ritenendo corretto applicare anche in quel giudizio cautelare ciò che era già stato indicato nell'ordinanza di reclamo precedente circa l'inesistenza della deliberazione di un organo di un'associazione (sostenendo che vi fosse spazio qualora quella deliberazione non fosse stata in alcun modo imputabile al partito), il collegio osservò che - come evidenziato da De Luca in sede di reclamo - alla riunione del 12 giugno 2023 del consiglio nazionale non avrebbe "partecipato alcun soggetto riconducibile al Partito liberale, in quanto tutti i soggetti che compaiono nel relativo verbale erano stati precedentemente espulsi o comunque non più iscritti all'associazione".
Ciò non sarebbe bastato a far dichiarare inesistente la delibera di revoca delle decisioni del 5 agosto 2022, ma per i giudici era sufficiente a far ritenere, incidentalmente e in sede cautelare, che quella delibera non potesse "essere idonea a regolare i rapporti all’interno dell’associazione" e comunque non fosse un "fatto nuovo" per fondare il potenziale diritto del Pli rappresentato da Sorcinelli e Pasquali a ottenere l'inibitoria nei confronti di De Luca. Questi, tra l'altro, non sarebbe stato convocato alla riunione del 12 giugno 2023 e ciò per i giudici, oltre che motivo di potenziale illegittimità della delibera, era "ancora più grave se si pone mente al fatto che il predetto sarebbe stato espulso proprio attraverso l'adozione di tale deliberazione". Tra le conseguenze di queste riflessioni, per il collegio c'era il fatto che De Luca - sia pure con rilievo probabilmente da riferire al giudizio cautelare - rivestiva "ancora la carica di Presidente del'Associazione" e non gli si poteva "vietare di comportarsi come legale rappresentante del Partito Liberale" (anche se i precedenti non univoci della disputa giuridica relativa al Pli hanno indotto i giudici a compensare le spese).
5) A luglio del 2023, in compenso, Stefano De Luca aveva agito a sua volta contro il Pli, basandosi sulla prima ordinanza collegiale ricordata (quella che aveva respinto il ricorso del Pli rappresentato da Sorcinelli e Pasquali ritenendo non inesistente e tuttora efficace il deliberato del consiglio nazionale del 5 agosto 2022). Rivendicando su tale base la permanenza nel proprio ruolo di presidente nonché la validità del Congresso del 7-9 ottobre 2022 da lui indetto (e da cui sarebbe uscito confermato presidente), De Luca aveva chiesto innanzitutto la nomina di un curatore speciale per il Pli (nominato effettivamente dal giudice Manzi dopo la seconda ordinanza collegiale appena ripercorsa, nella persona dell'avvocato Luigi Amerigo Bottai), per poi domandare che la delibera del 23 giugno 2023 fosse dichiarata inesistente perché non riferibile al Pli o fosse sospesa per la sua sospetta nullità; aveva chiesto anche di dichiarare che "l'unica persona con ruoli e poteri di rappresentanza del Pli" era lui stesso, non invece Sorcinelli e Pasquali.
Il 21 aprile 2024, tuttavia, il giudice Manzi ha dichiarato inammissibile la richiesta di dichiarare inesistente o sospendere la delibera del 23 giugno 2023: dopo la seconda ordinanza collegiale (prima richiamata), "avrebbe dovuto attendersi la decisione" di primo grado del tribunale sul punto, senza chiedere altre tutele cautelari; in più, per il giudice non era mutato "il quadro fattuale rispetto a quello" valutato nella stessa ordinanza collegiale pubblicata a gennaio, quindi non c'era motivo di prendere altri provvedimenti cautelari (il giudice peraltro ha considerato "irrituale" anche la richiesta del curatore speciale del Pli di far dichiarare il difetto di poteri di De Luca per la mancata impugnazione della sua esclusione dal partito entro sei mesi, perché questo avrebbe ampliato l'oggetto della decisione del procedimento).
6) Stefano De Luca ha scelto di opporre reclamo contro l'ordinanza appena commentata, richiedendo ancora una volta l'intervento di un collegio di giudici: come presidente è stato indicato di nuovo Di Salvo (presidente di sezione), Flora Mazzaro era di nuovo membro della triade, mentre l'estensore era Paolo Goggi (autore a sua volta - nel 2022 - di un paio di pronunce in materia di Democrazia cristiana e scudo crociato). Questo nuovo collegio di seconde cure ha accolto il reclamo di De Luca, in un'ordinanza del 24 luglio 2024 (pubblicata il successivo 5 agosto, stessa data del consiglio nazionale difeso da De Luca), terzo provvedimento indicato nella nota degli avvocati De Luca e Ardone.
L'ordinanza collegiale ha richiamato il provvedimento con cui - ai fini di quel procedimento e della valutazione della concessione di misure cautelari - il 15 gennaio 2024 si era ritenuta probabilmente inesistente o invalida la deliberazione del 23 giugno 2023; ha però ricordato che quella stessa pronuncia era legata a un procedimento precedente (avviato da Sorcinelli e Pasquali in nome del Pli) e che i principi giuridici richiamati in quel contesto dovevano "essere applicati anche nel caso di specie al fine di valutare, questa volta in via diretta e non meramente incidentale, l’esistenza e la validità della delibera in oggetto". Se dunque la precedente ordinanza collegiale aveva espresso dubbi sull'esistenza della riunione/delibera del consiglio nazionale del 23 giugno 2023 solo per ritenere non fondata la richiesta del Pli di adottare provvedimenti cautelari nei confronti di De Luca, in questo caso i giudici hanno ritenuto - sulla base della stessa previsione di inesistenza o invalidità - che la richiesta di tutela cautelare di De Luca dovesse essere "accolta integralmente", "con conseguente accertamento della inesistenza della deliberazione del Consiglio Nazionale del Partito Liberale Italiano del 23.06.2023".
7) In quello stesso procedimento originato dal reclamo e proprio sulla base dell'ordinanza collegiale appena ripercorsa, in pendenza del giudizio di merito De Luca aveva chiesto allo stesso tribunale di ordinare a Sorcinelli e Pasquali di astenersi dal qualificarsi come rappresentanti del Pli, "cessando qualunque comportamento pubblico o privato possa ingenerare nei terzi, e in particolare negli aderenti al Pli, il convincimento che i medesimi sono i legittimi rappresentanti del Pli" [nel frattempo, tra l'altro, si erano celebrate varie elezioni, comprese quelle regionali sarde, in cui il partito aveva presentato proprio liste, anche con altre forze politiche, ndb], di fornire tutte le informazioni sulla tesoreria (e di provvedere al rendiconto della gestione) e di trasferire allo stesso De Luca le credenziali dei canali social e del sito del partito, ritenute necessarie per poter diffondere pubblicamente le proprie posizioni politiche a nome del Pli; lo stesso ordine veniva richiesto nei confronti delle società fornitrici dei relativi servizi internet.
Il collegio, presieduto sempre da Di Salvo e di nuovo con Goggi relatore, l'11 dicembre 2024 ha rigettato le richieste di De Luca. La decisione sembra fondarsi su una questione molto tecnica, cioà sulla possibilità di applicare il procedimento d'attuazione di un provvedimento cautelare (regolata dall'art. 669-duodecies del codice di procedura civile, per cui "[...] l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di
consegna, rilascio, fare o non fare avviene sotto il controllo del
giudice che ha emanato il provvedimento cautelare il quale ne determina
anche le modalità di attuazione e, ove sorgano difficoltà o
contestazioni, dà con ordinanza i provvedimenti opportuni, sentite le
parti. Ogni altra questione va proposta nel giudizio di merito") anche ai provvedimenti d'urgenza che hanno sospeso la deliberazione di un organo associativo e, in particolare, al caso concreto. Per i giudici quel procedimento in astratto sarebbe stato applicabile, ma occorreva considerare che la sospensione della delibera del consiglio nazionale (23 giugno 2023) ritenuta probabilmente inesistente aveva già prodotto "una situazione giuridica nuova, sostanzialmente analoga a quella precedente" (perché quella delibera, pur esistente e ancora valida, è stata privata temporaneamente dei suoi effetti) e che in sede cautelare il giudice poteva solo determinare le "modalità di attuazione sulla base del dictum cautelare, senza alcun potere integrativo": in concreto, gli ordini richiesti da De Luca con il suo ricorso non sono stati ritenuti "direttamente desumibili dal provvedimento cautelare di sospensione, che
di fatto verrebbe ad essere integrato e non meramente attuato" (per cui il ricorrente, se quegli ordini fossero stati disposti, avrebbe potuto ottenere qualcosa di "non previsto dal provvedimento cautelare di sospensione e non
ottenibile neanche all’esito del giudizio di merito", volto solo a far dichiarare inesistente o invalida la delibera del 23 giugno 2023). Di più, per il collegio il tribunale nemmeno alla fine di quel giudizio di merito avrebbe potuto obbligare Sorcinelli e
Pasquali "all'esecuzione di un facere infungibile" (nel senso che occorrerebbe comunque la collaborazione dei soggetti per ottenere quel risultato) non previsto dal provvedimento cautelare di cui si chiedeva l'attuazione.
8) Da ultimo, Stefano De Luca nel mese di gennaio si è rivolto di nuovo al tribunale civile di Roma, con un nuovo ricorso ex art. 700 c.p.c. contro Sorcinelli e Pasquali, riformulando in sostanza buona parte delle domande - astensione dal vantare le qualità di segretario e presidente del Pli, trasferimento delle informazioni di tesoreria e rendiconto, con sanzioni in caso di inadempimento - già presentate in sede di attuazione del provvedimento cautelare
dell'agosto 2024 (e respinte con l'ordinanza richiamata subito sopra); il ricorso era però anche rivolto alle società Meta e
Aruba, perché il tribunale potesse ordinare loro di "resettare le credenziali di tutti i canali di comunicazione" web del partito, fornendone di nuove a De Luca, "data l'acclarata indisponibilità di Sorcinelli e
Pasquali" (così si legge nell'ordinanza) a trasferire al ricorrente l'accesso. Sorcinelli e Pasquali avevano chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile (per l'intervenuta "destituzione" dalla carica di presidente ed espulsione di De Luca) o comunque infondato (anche per il fatto che la questione era già stata affrontata in altre sedi).
Sulle domande si è espresso di nuovo il giudice Maurizio Manzi, con un'ordinanza composita (). Da un lato egli ha respinto le richieste di inibitoria nei confronti di Sorcinelli e Pasquali, ribadendo quanto già deciso dall'ordinanza di dicembre 2024 (la delibera del 23 giugno 2023, sospesa provvisoriamente, già non produceva più effetti e non si poteva invocare "l'adozione di un pronunciamento cautelare parallelo di natura
anticipatoria - a mezzo della richiesta di specificare chi sia l’unico
legale rappresentante dell’organizzazione di partito - nelle more
dell'adozione delle pronuncia di merito". Il provider Aruba aveva già provato di non avere più rapporti con il Pli (non essendo più né il registrar del dominio del sito www.partitoliberale.it, né il fornitore del servizio di hosting del sito stesso), dunque anche nei suoi confronti il ricorso è stato respinto. Quanto alla società Meta Platforms (fornitrice, tra l'altro, delle piattaforme social Facebook e Instagram), aveva chiesto di essere estromessa dal procedimento, dichiarandosi disponibile a ottemperare "alla ordinanza che fosse stata emessa": su tale base, il giudice le ha ordinato "di apportare le modificazioni richieste (ponendo in essere le condotte volte a tener conto dei mutati assetti nella direzione del partito) nell'arco temporale intercorrente fra la proposizione della istanza cautelare sino alla adozione della pronuncia di merito in prime cure (salva la valutazione, per l’arco temporale successivo, delle statuizioni adottande in sede di giudizio di cognizione ordinaria di primo grado)". Sulla base di quest'ordine può spiegarsi il "passaggio di mano" - dal 10 giugno - dell'amministrazione della pagina Facebook del Pli (mentre chi si riconosce nella presidenza di De Luca ha costituito un diverso sito - www.partitoliberaleitaliano.org - non potendo accedere a quello sotto il dominio storico www.partitoliberale.it, attivo almeno dal 2001, tuttora amministrato da chi si riconosce nella leadership di Sorcinelli e Pasquali); risulta peraltro che l'ordinanza sia oggetto di reclamo, del quale ancora non si conosce l'esito.
Ricostruito - si spera nel modo meno incompleto possibile - il quadro delle ordinanze emesse finora, ci si limita a poche osservazioni (senza entrare in commenti). Da un lato, si è di fronte a otto decisioni - se non è sfuggito qualcosa - tutte di natura cautelare e, come tali, provvisorie e transitorie: le sentenze di primo grado dei rispettivi giudizi di merito, ove si arrivasse alla loro emissione, potranno quindi decidere in modo diverso a seguito di una cognizione piena e non "a prima vista". Dall'altro lato, è altrettanto vero che quelle stesse ordinanze (in particolare le tre collegiali di reclamo, indicate ai punti nn. 2, 4 e 6, nonché le decisioni più recenti ai punti nn. 7 e 8) esistono, producono effetti e, fino al loro eventuale superamento, occorre tenerne conto.
Va inserita in questo contesto la "doppia convocazione" del XXXIII congresso del Pli, che assai probabilmente genererà nuovi contenziosi. Questi, come quelli già avviati (e tuttora pendenti con riguardo al merito), finiranno per riguardare anche l'uso del nome e del simbolo del partito: non tanto la titolarità di quei segni di identificazione, quanto la legittimazione a utilizzarli. L'art. 25 dello statuto precisa che "[i]l Presidente e il Segretario Nazionale hanno disgiuntamente la rappresentanza legale del Partito nei confronti dei terzi ed in giudizio, e sono i custodi ed i responsabili del logo e del simbolo del Partito" e gli stessi "esercitano la facoltà di concedere le deleghe per l’utilizzo del logo e del simbolo, su richiesta degli organi territoriali del Partito per uso elettorale e/o propagandistico ed in ogni altra occasione". Chi dunque si ritiene legittimamente segretario o presidente rivendica per sé l'uso legittimo del simbolo, negando che altri soggetti possano essere titolati. Si resta dunque in attesa degli sviluppi della questione politica e - soprattutto - giuridica, per poterne dare conto e aiutare la comprensione.
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