sabato 11 ottobre 2025

Naturalismo politico, alternativo a destra e sinistra con gatto in evidenza

"Natura, libertà, responsabilità: una visione politica che mette al centro persone, territorio e conoscenza. Vogliamo sostituire il MoVimento 5 Stelle, noi siamo un Movimento serio". La frase-programma, tanto ambiziosa quanto impegnativa, campeggia nell'home page del nuovo sito del movimento Naturalismo politico, evoluzione di un progetto politico nato oltre dieci anni fa. Presidente è Anna Merolla, mentre il presidente onorario è Gabriele Nappi. colui che ha promosso la costituzione e l'evoluzione del movimento, nato - come si legge sempre all'interno del sito - "per offrire una terza via oltre la destra e la sinistra, forgiando una visione nuova che affonda le radici nella realtà concreta e nei valori permanenti della natura e dell’umanità". Per conoscere meglio le origini del movimento, vale la pena leggere qualche estratto più lungo riportato sul sito.
Il naturalismo fu introdotto da Hippolyte Taine, che individuò tre fattori decisivi per comprendere l’essere umano e la società: eredità, ambiente e tempo storico. Già Honoré de Balzac, nella prefazione alla Comédie humaine (1842), aveva anticipato questa visione, affermando che il romanzo doveva descrivere la società reale, con i suoi rapporti economici e le sue contraddizioni: un passo decisivo per superare i miti romantici e dare voce alla verità sociale. 
Con Gustave Flaubert, il naturalismo compie un salto di qualità: l'arte deve essere impersonale, capace di mostrare la realtà senza filtri, "come Dio nella creazione: invisibile e onnipotente". La letteratura, come la politica, deve abbandonare i sentimentalismi per affrontare i fatti con rigore. È però con Émile Zola che il naturalismo diventa metodo scientifico applicato alla società. Nel suo Romanzo sperimentale (1880), Zola afferma che lo scrittore – come lo scienziato – deve osservare, analizzare, sperimentare. Il romanzo diventa laboratorio sociale. Allo stesso modo, noi crediamo che la politica debba smettere di essere ideologia astratta e trasformarsi in strumento concreto di indagine e cambiamento. 
Accanto a loro, i fratelli Edmond e Jules de Goncourt portarono avanti l’idea di romanzo-documento, mostrando che la letteratura poteva farsi cronaca sociale, racconto vero delle condizioni di vita delle classi popolari. 
Infine, la scienza: il pensiero naturalista non sarebbe stato possibile senza la rivoluzione di Charles Darwin. La teoria dell’evoluzione ha reso evidente che anche l’uomo è parte della natura, sottoposto alle sue leggi e ai suoi processi. Nessuna politica può ignorare questa verità: il rapporto tra uomo, società e ambiente è inscindibile. La realtà sociale non è frutto di idealismi astratti, ma di condizioni concrete, osservabili, deterministiche. Noi raccogliamo questa eredità culturale e la trasformiamo in progetto politico.
Leggendo la biografia di Nappi, classe 1961, "nolano Doc" e "di fede francescana", laureato in scienze politiche e a lungo al lavoro nel settore tributario pubblico, emerge il profondo interesse per il naturalismo, sul piano filosofico e politico: egli è autore di vari testi (diffusi soprattutto in formato e-book), ma dal 2013 non si è accontentato solo di studiare il naturalismo, volendo anche portarlo ufficialmente in politica. Proprio in quell'anno, infatti, alle elezioni politiche Nappi presentò la lista Movimento naturalista italiano, che concorse solo nella circoscrizione Puglia per il Senato, con Nappi indicato quale capo della forza politica. Arrivarono 1131 voti (lo 0,06% a livello regionale) per il simbolo con tre sagome di alberi una davanti all'altra: fu un inizio, la base per portare avanti il progetto, magari su scala più ampia. 
Se nel 2016 il Movimento naturalista aveva concorso con l'Italia dei Valori e Valore Napoli a costituire una delle liste con cui Luigi De Magistris si era confermato sindaco di Napoli, nel 2020 Nappi aveva progettato di candidarsi alla presidenza della sua regione, la Campania (del resto il movimento ha sede a Pompei, terra di Lucrezio, poteta protonaturalista): il simbolo, più semplice, conteneva la parola "Naturalismo" al centro, ma faceva anche capire che l'idea era di costruire un "movimento internazionale". Le firme necessarie - ridotte a un terzo in quell'anno causa Covid-19 - furono regolarmente raccolte nella circoscrizione di Napoli, erano pronte (così scrisse Nappi su Facebook) a Salerno e Avellino, ma qualche problema legato alle sottoscrizioni e alle autenticazioni a Caserta e a Benevento portarono Nappi a scegliere di ritirarsi. 
Nel 2022 lo stesso progetto politico - ridenominato Naturalismo Liberale - partecipò insieme al Movimento dei disoccupati di Alfonso Alfano alle elezioni comunali di Taranto. Sempre nel 2022, peraltro, Nappi tornò ad affacciarsi alle vetrine più rilevanti della politica, cioè le bacheche del Viminale: tornò infatti a Roma per depositare - il 12 agosto, il primo giorno di deposito in cui l'attenzione per chi si mette in fila è massima - il simbolo del suo Naturalismo - Movimento internazionale, nel quale fece la comparsa un gatto bianco, con tanto di coda curvata: anche il gatto era un riferimento a Taine e alla sua Vita e opinioni filosofiche di un gatto, ma anche - per esempio - a Balzac e alla sua Casa del gatto che gioca a palla, o ai vari racconti dedicati ai gatti da Guy de Maupassant.
Oggi Nappi ha ingrandito decisamente il gatto, rendendolo un ingrediente essenziale del simbolo e un mezzo per veicolare il programma, imperniato su riforma della spesa pubblica e assistenza sociale, lotta alla corruzione e al clientelismo, riforma della sanità pubblica, tutela dell'ambiente e bonifica del territorio. Programma che lo stesso Nappi cercherà di portare avanti in vista delle elezioni regionali in Campania: questa volta non vuole mancare l'appuntamento e vuole partecipare con una propria lista. "La nostra visione, nutrita dalla cultura naturalista, è realistica e diretta ma anche colta e sofisticata - si legge ancora nel sito. - Come movimento vogliamo riportare la verità e i fatti al centro del dibattito pubblico, liberando il campo dalle utopie astratte e dalle polarizzazioni sterili. In ciò ci sentiamo eredi di un approccio positivista e sperimentale: proprio come i naturalisti dell'Ottocento applicavano il metodo scientifico allo studio della società, noi crediamo in una politica fondata sull’osservazione della realtà e sulla prova concreta. Per dirla con Aristotele, 'l'uomo è per natura un animale politico': la politica deve quindi ritornare a essere un'attività naturale, vicina ai bisogni reali delle persone e alle leggi di convivenza che derivano dalla nostra stessa natura umana"

giovedì 2 ottobre 2025

Toscana, simboli e curiosità sulla scheda


La quarta regione, tra quelle che sono chiamate al voto in questo turno elettorale autunnale, è la Toscana, che rinnova la Presidenza e il Consiglio alla scadenza naturale, essendosi svolte le precedenti elezioni proprio cinque anni fa. 
Il presidente uscente, Eugenio Giani, sostenuto dal centrosinistra, si ricandida (appoggiato da una coalizione più ampia) alle elezioni fissate per il 12 e il 13 ottobre, dovendosi confrontare con altri due aspiranti alla guida della giunta regionale; i tre candidati alla presidenza saranno sostenuti da 10 liste in tutto. Si tratta di numeri decisamente più ridotti rispetto al voto del 2020, quando i candidati alla presidenza erano 7 e le liste sulla scheda erano 15 (anche grazie a un taglio significativo delle firme da raccogliere, dovuto al voto in "epoca Covid-19"). 
I contrassegni delle liste saranno analizzati secondo l'ordine valido per la circoscrizione di Firenze 1; uno spazio alla fine sarà dedicato anche ai simboli che non finiranno sulla scheda (perché esclusi insieme alle loro liste o perché le rispettive forze politiche hanno ritenuto di non riuscire a raccogliere le firme in tempo utile e se ne sono lamentate davanti ai giudici amministrativi).
 
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Antonella Moro Bundu

1) Toscana Rossa

Unica donna in corsa per la guida della giunta regionale toscana è Antonella Moro Bundustorica attivista, fiorentina di madre sierraleonese, già candidata sindaca di Firenze nel 2019 per Sinistra Italiana, Potere al popolo! e Firenze città aperta. La sostiene una sola lista, Toscana Rossa, dichiaratamente di sinistra: il contrassegno contiene le miniature dei simboli del Partito della rifondazione comunista, di Potere al popolo! e di Possibile. Il rosso è il colore dominante, del cerchio interno tagliato in alto (per ospitare le miniature ricordate: nessuna di queste, peraltro, era in grado di evitare la raccolta delle firme, non essendo quelle forze state rappresentate da un gruppo consiliare creato almeno sei mesi prima del voto) e del nome della regione inserito in un romboide bianco in primo piano: a fianco di questo si può notare un piccolo fiocco con la bandiera palestinese, lo stesso che era stato visto in altri simboli della stessa area politica in precedenti turni di elezioni regionali (per esempio in Emilia-Romagna lo scorso anno). Sono poco leggibili di, perché molto sottili, le parole "Pace | ambiente | salute | lavoro" collocate a metà della parte tinta di rosso.
 

Eugenio Giani

2) Eugenio Giani presidente - Casa riformista 

Seconda candidatura da considerare è quella del presidente uscente, Eugenio Giani, sostenuto da un "campo (più o meno) largo", articolato per l'occasione in quattro liste. La prima, nella circoscrizione Firenze 1, è Casa riformista, che come si sa è stata promossa soprattutto da Italia viva (ed è probabile che questo sia stato sufficiente ad abbattere la raccolta firme), ma vede l'adesione anche di esponenti di +Europa, Psi, Pri (formazioni che, insieme ad Azione, avevano lavorato a una possibile lista denominata Avanti con Giani)o. In questo caso, tuttavia, il nome della lista è stato collocato nella parte inferiore sfumata, sotto la casa stilizzata: il rilievo maggiore, all'interno del contrassegno, è dato all'altra parte del nome, Eugenio Giani presidente. Proprio il rilievo di questa espressione fa pensare che Casa riformista, almeno in Toscana abbia anche il ruolo di "lista del presidente" (anche perché, come si vedrà, tutte le altre liste della coalizione sono espressione di partiti e il nome del candidato presidente non figura altrove).
 

3) Alleanza Verdi e Sinistra

Seconda formazione della compagine di liste che appoggia la ricandidatura di Giani è Alleanza Verdi e Sinistra. Non c'è in realtà moltissimo da dire sul contrassegno, che fa il suo esordio alle regionali toscane (essendo stato concepito solo nel 2022, ma le due componenti erano già presenti alle ultime regionali, sia pure su fronti diversi: Europa Verde sosteneva Giani, Sinistra italiana appoggiava Tommaso Fattori) ma è identico alla versione due volte depositata al Viminale. La lista comprende anche candidati di Ecolò; a rappresentare EV è la consigliera uscente Silvia Noferi, già M5S (attualmente componente del gruppo misto).
 

4) Partito democratico

Parte essenziale della coalizione che appoggia la ricandidatura di Giani è la lista del Partito democratico; cinque anni fa aveva conquistato quasi tutti i consiglieri della compagine che aveva sostenuto il candidato divenuto Presidente. Proprio come allora, il Pd ha scelto di indirizzare alle schede elettorali il suo simbolo ufficiale ufficiale senza alcuna aggiunta o variazione: nemmeno in questo caso, infatti, il cognome di Giani ha trovato posto all'interno del cerchio.
 

5) MoVimento 5 Stelle

La vera novità all'interno del gruppo di formazioni che sostiene il presidente uscente e ricandidato è costituita dal MoVimento 5 Stelle, che nelle precedenti occasioni aveva sempre sostenuto proprie candidature autonome. L'accordo per queste elezioni è stato firmato da Giani e dalla precedente candidata Irene Galletti, con la presenza rilevante della vicepresidente nazionale del M5S Paola Taverna, per cui non è certo passato inosservato sui media. Nulla di particolare da dire sul simbolo del MoVimento, se non il fatto che si tratta della terza versione a finire sulle schede (2015 con Beppegrillo.it, 2020 con Ilblogdellestelle.it, 2025 con il riferimento al 2050 come anno della neutralità climatica). 
 

Alessandro Tomasi

6) Noi moderati - Civici con Tomasi

Terzo e ultimo candidato, tra quelli ammessi a concorrere a queste elezioni regionali, è Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia e proposto dal centrodestra. Prima lista da citare è quella presentata da Noi moderati, partito che - espressione di un gruppo parlamentare, al pari degli altri partiti della coalizione - ha avuto bisogno di pochissime firme per correre. Nel contrassegno, peraltro, trova posto anche la dicitura "Civici per Tomasi" (è in lista anche il consigliere regionale uscente Andrea ulmi, eletto con la Lega ma ora rappresentante della componente del gruppo misto Merito e lealtà), scritta che ha un rilievo appena inferiore rispetto a quello del nome del partito; per farle trovare posto, però, il ponte tricolore è stato "schiacciato" e deformato e in alto non è stato inserito il riferimento al Ppe.
 

7) Forza Italia - Unione di centro

Altra lista del centrodestra è quella dominata da Forza Italia, che occupa all'interno del contrassegno circa due terzi dello spazio: ha riservato per sé la parte superiore, a costo di ridurre le dimensioni della bandierina e - in misura minore - del cognome di Silvio Berlusconi. La parte inferiore, tinta di blu, serve invece a contenere il riferimento al candidato presidente e la miniatura - leggermente debordante - del simbolo dell'Unione di centro (anche nel 2020 l'Udc aveva fatto la lista con Fi, ma era stata citata solo con la sigla). L'impressione complessiva è di un contrassegno decisamente pieno.
 

8) Lega - Il Popolo della Famiglia

A sostegno di Tomasi c'è anche la lista della Lega, che partecipa con il suo contrassegno consolidato, molto simile a quello già visto nel 2020, tranne che per due particolari. Il primo, al di sotto del cognome di Matteo Salvini (che stavolta non ha rischiato di trovare un omonimo-cognonimo sulla scheda) non c'è la parola "premier", ma il riferimento alla regione; il secondo, a destra della statua di Alberto da Giussano c'è la miniatura del simbolo del Popolo della Famiglia, che ha concorso alla formazione delle liste. Questa è la sola lista della coalizione a non contenere il nome del candidato presidente.
 

9) È ora! - Lista civica per Tomasi presidente

L'unica formazione a sostegno di Tomasi che non esibisce alcun simbolo di partito è È ora! Lista civica per Tomasi presidente: non è quindi difficile identificare queste candidature come quelle da ritenersi più vicine all'aspirante presidente proposto dal centrodestra. Il contrassegno scelto è relativamente vuoto, basato soprattutto sulla prima parte del nome, "che rimanda a 'è ora di cambiare' e che racchiude un programma chiaro", come si legge nella nota che spiega il simbolo:  "In questa tornata elettorale si può cambiare, dopo 55 anni di potere senza alternanza democratica. È ora di farlo". Il blu carta da zucchero è leggermente dominante, insieme al Bianco dello sfondo, ma emerge nettamente l'espressione "È ora!" proposta in rosso scuro, mentre una serie di punti colorati si affianca al puntino del punto esclamativo, sottolinea il concetto; al centro c'è la dicitura maiuscola "Lista civica", ben visibile (pur essendo sottile) "come a rivendicare la volontà di entrare in Consiglio regionale per essere quel presidio civico per le istanze di tutti i toscani che fino ad oggi è mancato". 
 

10) Fratelli d'Italia

Chiude la coalizione di centrodestra e anche le liste presentate e ammesse a queste regionali toscane Fratelli d'Italia, che si distingue dalle altre elezioni viste finora per avere recuperato una conformazione del contrassegno più frequente negli anni scorsi e un po' messa da parte di recente: il riferimento giallo a Giorgia Meloni sta in alto, con "per" a fianco (a quel carattere sembra essersi ispirata la civica di Tomasi per la stessa preposizione), poco sopra al centro - sempre su fondo blu - è stato collocato il riferimento al candidato presidente - che, non a caso, aderisce a Fdi - e in basso trova posto il simbolo ufficiale del partito.
 
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Sembra opportuno anche dare conto delle iniziative di tre simboli che sulle schede non finiranno, se non altro perché in loro nome sono stati presentati due ricorsi, peraltro respinti dai giudici amministrativi.
Si era rivolto al Tar Toscana già prima della presentazione delle candidature il Movimento sociale Fiamma tricolore: il partito, guidato da Daniele Cerbella e difeso da Marco Tarelli (vicesegretario e abogado), lamentava come la necessità, per le liste non presenti con proprio gruppo in Consiglio regionale, di raccogliere circa 8mila firme (per concorrere in tutta la Regione) creasse evidenti sproporzioni rispetto alle forze politiche "quasi esonerate" perché, visti i tempi di indizione delle elezioni, dette raccolta doveva sostanzialmente svolgersi tutta nel mese di agosto, con le difficoltà che questo comporta per l'assenza delle persone a causa delle vacanze. La lamentela si traduceva in una richiesta di annullare e, in via cautelare, sospendere in questa stazione il decreto che aveva indetto le elezioni, individuando una data successiva che non comprimesse il diritto a presentare candidature.
Il Tar, però, ha giudicato il ricorso irricevibile, ritenendolo tardivo: il decreto di indizione, infatti, era stato pubblicato sul bollettino regionale il 18 agosto, avrebbe dovuto essere impugnato entrò i tre giorni successivi, mentre l'impugnazione risalirebbe al 15 settembre. 
Vale peraltro la pena di sottolineare che uno ricorso simile era stato presentato ancora prima da Democrazia sovrana popolare e dal suo potenziale candidato presidente Hubert Ciacci (imprenditore già vicino alla Lega): nell'atto, tra l'altro, ci si lamentava del fatto che, svolgendosi le elezioni alla scadenza naturale del consiliatura, sarebbe stato possibile possibile in dire con anticipo le elezioni regionali, in modo da consentire alle liste non rappresentate in consiglio di avviare la raccolta firme fruendo di tutti i 180 giorni antecedenti la scadenza della presentazione delle candidature indicati dalla legge n. 53/1990 per cercare i sottoscrittori, mentre la necessità di indicare sui moduli di presentazione della lista anche la data della competizione elettorale ha limitato il periodo utile sostanzialmente a un solo mese: sulla base di questo, sì gliel'ho chiesto di sospendere e annullare l'indizione del voto, ma potenzialmente anche la disapplicazione della norma regionale in materia di sottoscrizione delle liste o una sua rilettura costituzionalmente conforme, da tradurre in una riduzione del numero delle firme richieste. Il Tar, in compenso, ha ritenuto il ricorso inammissibile (perché la raccolta firme era ancora possibile e non c'era nessuna supposta immediata lesione di diritti che potesse giustificare l'impugnazione del decreto di indizione prima del voto) e pure infondato: "la raccolta delle sottoscrizioni finalizzate alla presentazione delle liste non presuppone la previa pubblicazione del decreto presidenziale di indizione delle elezioni, ben potendo avvenire anche prima della sua adozione", considerando pure che "il comma 4 dell’art. 11 della L.R.T. 51/2014 non prevede che i moduli (peraltro sempre disponibili da parte degli interessati) debbano indicare la data esatta delle elezioni" (buono a sapersi...), mentre ogni lamentela di incostituzionalità sarebbe stata in contrasto con la natura accelerata del processo amministrativo pre-elettorale e, comunque, non fondata ("il sistema legislativo regionale [...] non impedisce alle formazioni politiche che intendono partecipare alla competizione elettorale [...] di predisporre l’organizzazione necessaria alla raccolta delle firme con congruo anticipo rispetto alla fissazione della data di svolgimento della stessa").
Aveva invece presentato proprie liste tra il 12 e il 13 settembre Forza del Popolo, il partito fondato e guidato da Lillo Massimiliano Musso, scegliendo come candidato presidente Carlo Giraldi, medico e fondatore del Centro Medico Amico. Tutte le liste però in un primo tempo non erano state ammesse per la ritenuta mancanza di un congruo numero di certificati di iscrizione alle liste elettorali dei sottoscrittori; in seconda battuta, dopo aver chiesto il riconteggio anche dei certificati su supporto Usb, la lista è stata riammessa nella circoscrizione Firenze 1, ma non nelle altre, così liste e candidatura a Presidente sono state ricusate. Forza del Popolo ha presentato ricorso, allegando che una parte dei certificati cartacei non erano ancora stati consegnati dai comuni o lo erano stati a ridosso della consegna e che dunque era possibile anche l'integrazione dopo il termine per presentare le liste.
Per il Tar Toscana, però, il ricorso non era fondato. I giudici avevano innanzitutto sostenuto che "i certificati di iscrizione nelle liste elettorali dei sottoscrittori [fossero] stati prodotti in parte in formato cartaceo e in parte in formato digitale su supporto USB", al punto che "tale massiva e disorganizzata produzione documentale, oltre che non di facile consultazione (trattandosi di certificati talvolta di immediata lettura e talaltra consultabili mediante collegamento alla e-mail trasmessa dal Comune) non ha consentito di procedere a una compiuta verifica dei certificati prodotti e al corretto accertamento della corrispondenza di detti certificati con il relativo sottoscrittore". Secondariamente, rispetto alla lamentela della lista per cui sarebbe stato possibile consegnare i documenti mancanti e ricevuti in ritardo anche oltre le ore 12 del 15 settembre (giorno successivo alle contestazioni degli uffici circoscrizionali), il collegio ha ritenuto che "la produzione alluvionale di documentazione effettuata dalla ricorrente" (ritenuta "copiosa e confusa", di non "pronta e facile consultazione da parte del Collegio e non [...] compatibile con il celere esame proprio del rito elettorale, che richiede tempi immediati per la pubblicazione della sentenza e che non ammette dilazioni temporali per compiere attività istruttoria") non fosse idonea "a comprovare la non imputabilità del ritardo, non essendo state fornite in giudizio prove di facile riscontro circa la completezza e della idoneità dei certificati fatti pervenire alla Commissione". 
Nemmeno il ricorso al Consiglio di Stato ha avuto esito migliore: il collegio ha anzi sposato un orientamento più restrittivo, per cui il termine delle ore 12 del 29° giorno prima del voto per depositare i documenti richiesti sarebbe perentorio, per contemperare "il principio del favor partecipationis con le esigenze di celerità e certezza del procedimento elettorale", così non si sarebbe potuto depositare alcun documento dopo il 15 settembre (e direttamente all'Ufficio centrale regionale). Quanto alle richieste di considerare anche i certificati informatici (consegnati in tempo) che avrebbero consentito di raggiungere il numero sufficiente, i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che il ricorso non avesse contestato nel dettaglio "fatti - id est, la regolarità dei certificati digitali e la loro riferibilità ai sottoscrittori della lista - specificamente smentiti dagli stessi provvedimenti oggetto di impugnazione, se non previa specifica contestazione (anche) di quanto attestato da questi ultimi in punto di fatto"; di più, non avrebbe potuto "che ridondare in danno del presentatore della lista l'inadeguatezza delle modalità di produzione dei documenti al fine di dimostrare il possesso di requisito di legge per la presentazione della lista; in particolare, è legittimo motivo di esclusione l'inadeguatezza della produzione digitale dei certificati elettorali a consentire all’ufficio elettorale il controllo agevole ed immediato della corrispondenza dei certificati elettorali con i sottoscrittori della lista che deve essere garantito nel procedimento elettorale". La vicenda contenziosa, peraltro, potrebbe non essere terminata: il sito di Forza del Popolo indica che "le elezioni regionali toscane sono a rischio di annullamento, perché se si prova (come è) che i certificati erano sulla chiavetta sin dal primo deposito per almeno tre circoscrizioni (Arezzo, Firenze 4 e Siena), sulla cui validità di produzione in digitale lo stesso Consiglio di Stato si è espresso favorevolmente, creando un precedente nazionale importantissimo, dopo la proclamazione degli eletti il TAR Toscana sarà chiamato ad entrare nel merito". Delle candidature alle regionali toscane, dunque, probabilmente si parlerà ancora a lungo.

mercoledì 1 ottobre 2025

Calabria, simboli e curiosità sulla scheda

 

La terza regione a votare, in questo turno autunnale sparso di elezioni regionali, è la Calabria, chiamata al voto domenica 5 e lunedì 6 ottobre. Si tratta, com'è noto, di un'elezione anticipata, dovuta alle dimissioni del presidente Roberto Occhiuto, eletto quattro anni fa ma dimessosi a fine luglio (quanto all'annuncio, concretizzatosi l'8 agosto) dopo la notizia di un avviso di garanzia a suo carico emesso dalla procura della Repubblica di Catanzaro. Lo stesso Occhiuto, peraltro, ha scelto fin dall'inizio di ripresentarsi, dunque tornerà sulla scheda elettorale: insieme a lui ci saranno altri due candidati e in tutto concorreranno 15 liste. La competizione è più ristretta rispetto a quella del 2021: le candidature alla presidenza erano state quattro, ma soprattutto i simboli sulla scheda erano ben 21. Le liste verranno passate in rassegna seguendo l'ordine sorteggiato per la circoscrizione Nord.
 
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Roberto Occhiuto

1) Democrazia cristiana - Unione di centro

La coalizione più numerosa in queste elezioni regionali calabresi è quella che appoggia Roberto Occhiuto, presidente dimissionario e ricandidato, espressione del centrodestra unito: potrà contare su ben otto liste. La prima - almeno nel cosentino - è quella presentata insieme da Democrazia cristiana e Unione di centro: il contrassegno si basa su quello dell'Udc, per l'azzurro del fondo e le vele di Democrazia europea e del Centro cristiano democratico in filigrana, ma lo scudo crociato al centro e in primo piano è quello utilizzato nel corso degli anni dalla Dc di Gianni Fontana e Renato Grassi (come emerge dal carattere Helvetica): la Dc coinvolta in questo caso, formalmente, è quella guidata da Totò Cuffaro (che rinuncia, in questo caso, alla bandiera bianca crociata, visto che l'Udc non ha certo da eccepire sull'uso dello scudo per la lista comune), ma partecipa anche la Dc con Rotondi.
 

2) Lega

Seconda lista della coalizione di centrodestra è quella presentata dalla Lega, alla sua terza partecipazione consecutiva alle elezioni regionali calabresi. Il contrassegno utilizzato è praticamente identico a quello visto le volte precedenti, con Alberto da Giussano al centro, il nome "Lega" in alto, il cognome di Matteo Salvini (giallo) e il riferimento alla regione nel segmento blu in basso; i dettagli di differenza che emergono dal simbolo usato a Cosenza (il tono del giallo e lo spessore del bordo del cerchio) forse sono dovuti alla riproduzione del disegno sul manifesto. Nulla che possa essere determinate, in ogni caso, nel riconoscimento del fregio o nell'orientare il voto.
 

3) Forza Azzurri

Come quattro anni fa, Occhiuto potrà contare anche sul sostegno di Forza Azzurri, lista di chiara matrice "forzista" (per i colori impiegati e l'uso di un carattere bastoni marcato corsivo, anche se questa volta non è impiegato un Helvetica, ma probabilmente un Twentieth Century). Rispetto al 2021, sotto al tricolore non è più stato inserito il nome del candidato alla presidenza, anche se è rimasto lo stesso del precedente turno elettorale: questo comunque consente di dare più rilievo al nome della lista.
 

4) Forza Italia

Ovviamente nella coalizione di centrodestra si ritrova anche il simbolo di Forza Italia, vale a dire il partito cui Occhiuto appartiene e per il quale è stato consigliere regionale e deputato: lo stesso partito ha rivendicato - come in passato - la Calabria come regione guidata da un proprio esponente). Rispetto alla precedente elezione, la bandierina è tutta contenuta nel cerchio, anche per la presenza del riferimento al Partito popolare europeo nella parte superiore del contrassegno; paradossalmente si è in parte ridotto il rilievo del riferimento al candidato presidente (non presente nei contrassegni degli altri partiti della coalizione), stavolta ospitato in bianco nel segmento blu inferiore, che nel 2021 non c'era (e infatti stavolta il contrassegno sembra pienissimo).

5) Noi moderati 

Fa parte da pochi mesi del Partito popolare europeo (e lo esplicita nel proprio simbolo) anche Noi moderati, che partecipa per la prima volta alle regionali calabresi, ovviamente nell'ambito del centrodestra. Il partito guidato da Maurizio Lupi schiera l'ultima versione del suo simbolo, con il nome blu in carattere bastoni corsivo maiuscolo su fondo bianco, sormontante un elemento tricolore che rimanda a un arco o a ponte.
 

6) Occhiuto presidente

Se nel 2021 di fatto Forza Azzurri poteva essere considerata come la "lista del presidente", questa volta condivide il titolo con la formazione Occhiuto presidente, la cui natura è impossibile equivocare. Il nome e il simbolo non potrebbero essere più semplice: la lista, infatti, si distingue con un cerchio bianco lievemente bordato di nero, così come è nero il nome scritto su due righe - unico elemento del contrassegno - con il cognome il evidenza maggiore. Il carattere usato (probabilmente un Calibri o un font simile) è lo stesso utilizzato per il riferimento al candidato nella parte inferiore del contrassegno di Forza Italia.
 

7) Sud chiama Nord - Partito animalista

La coalizione che appoggia Occhiuto conta anche sul contributo della lista condivisa tra Sud chiama Nord e il Partito animalista, che per la prima volta - salvo errore - si trovano a condividere la posizione sulle schede elettorali. Si tratta invece certamente del debutto calabrese per il partito fondato da Cateno De Luca, mentre la formazione guidata da Cristiano Ceriello quattro anni fa era schierata a sostegno di Amalia Bruni (dunque del centrosinistra). Nel contrassegno leggera prevalenza è data a Sud chiama Nord, che occupa la parte superiore del contrassegno, stavolta organizzato senza alcuna inclinazione (con il semicerchio giallo che contiene il nome e, sotto, la fascetta rossa con la dicitura "Per le autonomie"), mentre in basso su fondo bianco trova spazio il Partito animalista, con le caratteristiche impronte canine collocate a fianco del nome nero e rosso (pur proposto con caratteri diversi rispetto al passato).
 

8) Fratelli d'Italia

La coalizione di centrodestra si chiude con la lista di Fratelli d'Italia, già convintamente a sostegno del candidato proposto quattro anni fa. Rispetto ad allora, per altro, è cambiato il contrassegno utilizzato: in quella occasione era stato impiegato il simbolo ufficiale del partito, contenente solo il nome della forza politica sopra alla fiamma tricolore senza base trapezoidale; questa volta invece viene schierato il contrassegno (con la stessa struttura cromatica) utilizzato anche alle elezioni europee dell'anno scorso, con il nome del partito in alto, il riferimento molto evidente a Giorgia Meloni al centro e la fiamma ancora in basso, leggermente ingrandita.
 

Pasquale Tridico

9) Tridico presidente

Seconda candidatura alla guida della giunta regionale calabrese è quella di Pasquale Tridico, ex presidente Inps. Saranno sei le liste a sostenerlo, inclusa l'unica formalmente non legata esplicitamente a forze politiche, denominata semplicemente Tridico presidente. "Il simbolo che abbiamo scelto - aveva spiegato in una nota lo stesso candidato alla fine di agosto - vuole parlare a tutti, con i colori e le forme della nostra Calabria, del mare e del sole con l'accento rosso del progresso"; al centro c'è dunque il sole nel cielo azzurro, nella parte inferiore il mare di colore molto scuro contiene il riferimento al candidato, mentre le due parti sono separate da un piccolo elemento rosso vermiglio, quasi arancio. A quanto si sa, la lista contiene anche candidati riferibili a DemoS - Democrazia solidale.
 

10) MoVimento 5 Stelle

Tridico potrà contare ovviamente sull'appoggio del MoVimento 5 Stelle, vale a dire il soggetto politico nelle cui liste si è candidato ed è stato eletto al Parlamento europeo nel 2024. Il contrassegno è conforme all'ultimo simbolo ufficiale del M5S, adottato proprio nel 2021 in coincidenza con la "rivoluzione statutaria" (e infatti sulle schede delle elezioni precedenti c'era proprio lo stesso fregio, già con il riferimento al 2050 come anno della neutralità climatica nel segmento inferiore rosso, sotto al nucleo grafico-nominale del MoVimento.
 

11) Partito democratico

Se quattro anni fa si poteva dire che il M5S si era alleato con il Partito democratico, questa volta sembra di poter dire che è il Pd ad avere stretto l'alleanza con il MoVimento, insieme alle altre forze della coalizione, visto che il candidato sostenuto è chiaramente riconducibile al M5S. Anche per questo, non stupisce affatto che il contrassegno della lista contenga esclusivamente il simbolo ufficiale del partito, senza alcuna connotazione territoriale (nel 2021 c'era il riferimento alla Calabria) e senza il nome del candidato all'interno.
 

12) Democratici Progressisti

Il riferimento "con Tridico presidente", a dire il vero, è inserito - in bianco su segmento verde - nel contrassegno della lista Democratici Progressisti, presenza costante alle regionali in Calabria dal 2014, anche se nel 2021 aveva concorso come "pulce" all'interno del contrassegno del Partito animalista. Lista civico-politica di area dem, ha mantenuto lo stesso nome, le stesse pennellate astratte di colore verde e rosso per creare il tricolore, mentre al posto del nome della regione è stato messo (come detto) il riferimento al candidato. 
 

13) Casa riformista

Fa parte della coalizione di "campo largo" (più o meno) anche la lista Casa riformista, vale a dire la formazione elettorale promossa da Italia viva (come è dichiarato proprio nella parte inferiore del contrassegno) per queste regionali. Il simbolo adottato per la Calabria era stato proprio quello che era stato diffuso nei giorni scorsi per lanciare il progetto politico-elettorale riformista - nato per controbilanciare Pd, Avs e M5S nella coalizione locale - da Matteo Renzi, a toni sfumati di blu e di fucsia (stessi colori che caratterizzano il nome nel simbolo di Iv), con la casetta stilizzata al centro e l'espressione 'per la Calabria" (un po' manoscritta, un po' bastoni) collocata sul segmento inferiore curvilineo sfumato. La lista contiene anche esponenti di +Europa, Psi, Azione (almeno parte del partito), Pri e Mezzogiorno federato.
 

14) Alleanza Verdi e Sinistra

La coalizione del "campo largo" (più o meno) si completa con la lista di Alleanza Verdi e Sinistra, che debutta alle regionali calabre con il proprio contrassegno consolidato fin dal 2022, senza nessuna modifica o ritocco territoriale. In effetti, più che per il simbolo, si è parlato delle liste di Avs per l'esclusione dell'ex sindaco di Riace e parlamentare europeo Domenico "Mimmo" Lucano, ritenuto incandidabile per la condanna (con pena sospesa di 18 mesi di reclusione) per falso nel processo "Xenia", esclusione confermata dal Tar e dal Consiglio di Stato, e per la candidatura della filosofa Donatella Di Cesare.
 

Francesco Toscano

15) Democrazia sovrana popolare

Il quadro delle candidature calabresi si chiude con il terzo aspirante presidente, vale a dire Francesco Toscano, presidente nazionale di Democrazia sovrana popolare. Si tratta, a ben guardare, nell'unica candidatura di un leader nazionale a queste regionali. Il partito schiera sulla scheda elettorale il suo nuovo simbolo (con acronimo al centro, elemento tricolore in alto e corona blu-toni recante il nome leggermente tagliata/aperta nella parte superiore), illustrato al nostro sito da Marco Rizzo, coordinatore nazionale, qualche settimana da. Se però nelle Marche la sigla del partito era stata rimpicciolita proprio per lasciare più spazio al cognome di Rizzo, in questo caso viene utilizzato il fregio ufficiale senza alcuna variante; in compenso Rizzo è candidato in tutte le circoscrizioni e al Nord è anche capolista.
 

lunedì 29 settembre 2025

Unione liberale, una fenice per ricominciare ad agire (al di là del Pli)

Venerdì scorso, 26 settembre, è stata divulgata l'esistenza di un nuovo soggetto politico dell'area liberale, che nasce dalle ultime vicende delicate che hanno interessato quello stesso campo politico. A presentare Unione liberale, alla sala stampa della Camera dei deputati, sono stati Francesco Pasquali, Claudio Gentile Alberto Aschelter, che fino a pochi mesi fa avevano agito come dirigenti del Partito liberale italiano (Pasquali, in particolare, come presidente, mentre Gentile ne era stato co-segretario dal 2020 al 2022 e Aschelter - segretario romano - era membro della direzione nazionale come lo stesso Gentile): la conferenza stampa di venerdì, invece, sembra voler rappresentare un nuovo punto di partenza, per le idee e per l'azione politica, simboleggiata tra l'altro con un emblema nuovo, distinto da un arco tricolore e da una fenice altrettanto tricolore che nasce da una fiamma rossa.
 

Un passo indietro al 4 luglio (e all'ordinanza del giorno prima) 

Per capire meglio come si sia arrivati alla nascita di una nuova iniziativa politica (non è il caso, per ora, di parlare di partito) in ambito liberale occorre tornare al 4 luglio scorso, giorno in cui era stato convocato il XXXIII congresso del Partito liberale italiano: l'appuntamento era stato deciso a maggio, quando segretario del Pli risultava essere Roberto Sorcinelli e come presidente era indicato - lo si diceva - Francesco Pasquali. 
Il 3 luglio, tuttavia, il Tribunale di Roma ha pubblicato e notificato l'ordinanza - l'ultima, in ordine di tempo, di una non breve serie per un contenzioso che va avanti da tre anni - con cui aveva valutato i reclami presentato dallo stesso Pasquali e da Stefano De Luca contro l'ordinanza di prime cure emessa a metà marzo dal medesimo tribunale in composizione monocratica (col giudice Maurizio Manzi). Vale la pena ricordare che, considerando le domande ex art. 700 c.p.c. avanzate da De Luca, il Tribunale aveva respinto quelle con cui era stato chiesto di ordinare a Sorcinelli e Pasquali di astenersi dal vantare le qualità di segretario e presidente del Pli (ritenendo, in sostanza, che essendo già stata sospesa  in un altro giudizio cautelare le delibere congressuali con cui Sorcinelli e Pasquali erano stati indicati nei rispettivi suoli, si dovesse attendere il giudizio di merito per indicare chi rappresentasse davvero il partito, senza anticipare la tutela); in compenso, il giudice aveva ordinato alla piattaforma Meta "di apportare le modificazioni richieste" circa l'amministrazione della pagina Facebook fino alla sentenza di merito (per cui, dal 10 giugno scorso, il gruppo vicino a De Luca aveva recuperato la gestione di quella stessa pagina). L'esito di quell'ordinanza, evidentemente, aveva scontentato tanto Pasquali quanto De Luca, che avevano proposto reclamo per le parti della decisione a loro sfavorevoli.
L'ordinanza di reclamo, pronunciata da un collegio presieduto da Giuseppe Di Salvo (già presidente dei due collegi di reclamo precedenti) e avete come relatrice Enrica Ciocca, non era di semplice lettura. In ogni caso, la richiesta di Stefano De Luca di ordinare a Roberto Sorcinelli e Francesco Pasquali di non spendere le qualifiche di segretario e presidente del Partito liberale italiano non era per il collegio un "doppione" delle domande precedenti: chiedere di non impiegare più quei titoli era cosa diversa dal chiedere di "dare attuazione alla sospensione" delle delibere alla base delle stesse qualifiche. Posto che le delibere che avevano "destituito" ed espulso De Luca e mutato il quadro dirigente erano state sospese (da varie ordinanze pronunciate tra il 2023 e il 2024), per cui lo stesso De Luca appariva ancora il presidente del Pli, il fatto che Sorcinelli e Pasquali avessero continuato ad agire "come se fossero investiti di poteri gestori e rappresentativi del PLI, ingenerando confusione tra gli iscritti e, in generale, i terzi, tra cui banche, istituzioni, rappresentanti di altri partiti" sarebbe bastato a fondare il sospetto che la richiesta di De Luca fosse fondata (fumus boni iuris); risultando poi opportuno disporre la tutela cautelare richiesta per evitare pregiudizi irreparabili per lo stesso De Luca e per il partito, per i giudici era giusto inibire a Sorcinelli e Pasquali di qualificarsi come segretario e presidente del Pli (o di tenere "qualunque comportamento che possa ingenerare nei terzi il convincimento che i medesimi sono i legittimi rappresentanti del PLI"), prevedendo pure - per rafforzare l'ordine, che richiedeva per forza la collaborazione dei destinatari - un'astreinte di 1000 euro, cioè una sanzione da pagare per ogni altra violazione dell'inibitoria decisa. 
Lo stesso collegio di reclamo, peraltro, aveva accolto le lamentele di Pasquali (e Sorcinelli) circa l'ordine a Meta di modificare l'accesso alla pagina Fb del Pli in ottemperanza all'ordinanza dell'agosto 2024 dello stesso tribunale. Quell'ordine, secondo la nuova ordinanza, era "in insanabile contrasto con l'estromissione della suddetta società" e, in più, puntava "a dare esecuzione ad un'ordinanza pronunciata in un separato giudizio, che ha sua propria fase esecutiva e, come detto, in quanto afferente alla sospensione di una deliberazione adottata dal Pli, è già ex se esecutiva, senza necessità di attuazione": per queste ragioni, i giudici hanno annullato l'ordine stesso dal dispositivo dell'ordinanza precedente.
La stessa ordinanza, per quanto interessa qui, aveva ritenuto "non valutabili" le ulteriori richieste di Stefano De Luca - formulate a maggio - circa il congresso già annunciato per il 4 luglio (per cui Sorcinelli e Pasquali avrebbero dovuto evitare di curare altre attività relative a quell'assise, ritenuta ex ante illegittima se non inesistente, o fornire i verbali degli organi convocanti perché se ne potesse valutare l'impugnazione): essendo stato convocato il congresso dopo il reclamo, nel procedimento cautelare ante causam nel quale era stata resa l'ordinanza non ci sarebbe stato spazio per quella tutela (visto che la convocazione del congresso non era stata impugnata). Di certo però, l'inibitoria (con tanto di astreinte) pronunciata a carico di Sorcinelli e Pasquali avrebbe reso quasi impossibile qualificare la riunione del 4 luglio come "congresso del Pli" senza che gli stessi Sorcinelli e Pasquali corressero il rischio di tenere comportamenti in grado di "ingenerare nei terzi il convincimento che i medesimi [fossero] i legittimi rappresentanti del Pli".
Per questo motivo il 4 luglio, in una sala Capranichetta dell'hotel Nazionale piuttosto affollata, si è comunque tenuto un incontro di coloro che erano stati convocati lì, ma non un congresso del Pli, formalmente "dis-det-ta-to", come scandito in sala dal presidente del consiglio nazionale uscente, Diego Di Pierro (lo si può ascoltare nella registrazione di Radio Radicale): "quello di oggi - aveva detto - non è un incontro del Partito liberale, ma un incontro tra amici che pensano di fare i liberali e vogliono sapere come fare a portare le idee liberali in Italia". "Stiamo lottando perché sia fatta giustizia, non condividiamo l'ordinanza che ci è stata recapitata ma dobbiamo rispettarla", aveva detto subito dopo Sorcinelli, che parlava a titolo personale "per la legittimazione politica che voi ci riconoscete: si può essere liberali a prescindere dal nome che si dà al contenitore. Noi abbiamo una presenza sul territorio che è testimoniata dalla vostra presenza qui oggi: centinaia, migliaia di persone che si riconoscono non nel partito, ma nella nostra proposta politica e noi oggi di questo vogliamo parlare". "Per quanto mi riguarda - aveva aggiunto Pasquali - l'esperienza con il Partito liberale è terminata nella giornata di ieri: per sentirsi liberali non necessariamente bisogna riscontrarsi all'interno del partito. Io e Stefano stiamo pagando pegno per una scelta che abbiamo assunto qualche anno fa, insieme a molti di voi, in buona fede, per cercare di dare un 'contributo' alla dimensione liberale e magari pensando di darlo al Paese. Non ci siamo riusciti, complice anche questa situazione litigiosa che oggi è nelle aule di tribunale. Noi da lì vogliamo uscire: la comunità liberale non può essere lacerata e non può finire soltanto per questioni legate alla legittimità dei ruoli. Dopo l'ordinanza di ieri mi sento ancora più liberale e sento il dovere di esserlo ancora di più".
L'atmosfera, alla Capranichetta, non era stata tranquilla: la notizia dell'ennesima pagina in carta bollata della storia liberale aveva destabilizzato molti. "Il nostro difetto negli ultimi anni - aveva detto Claudio Gentile, co-segretario del Pli dal 2020 al 2022 - forse è stato proprio l'aver frequentato più le aule dei tribunali che quelle parlamentari e sarebbe davvero giunto il momento di tornare a frequentare le seconde piuttosto che le prime. Abbiamo fatto per questo paese ottime cose, anche se non abbiamo neanche l'orgoglio e la capacità di ricordarle; ne possiamo fare molte altre, ma non abbiamo bisogno del simbolino con la scritta 'Partito liberale italiano'". Su questo punto, però, non c'era accordo: se di fatto l'assemblea è stata trasformata in un incontro del "Comitato 4 luglio per la riunificazione dei liberali" (proseguito il giorno dopo con altri momenti di riflessione) per poter continuare a discutere pur in un contenitore diverso, c'era chi insisteva per continuare regolarmente con il congresso convocato, per il quale tante persone si erano radunate lì da varie parti d'Italia: "Gli ordini dei giudici si rispettano, l'ordinanza chiede a Sorcinelli e Pasquali di non arrogarsi il titolo, ma lo fa da ieri, ex nunc, non ex tunc - aveva detto Franco Capasso, avvocato, rivendicando il proprio ruolo di responsabile giustizia del partito - quindi questo congresso, legittimamente convocato, deve prima di tutto dichiarare in un documento che prende atto dell'ordinanza del tribunale e chiede a segretario e presidente di dimettersi, ma contestualmente decide di continuare la propria attività e chiede la riassunzione della causa di merito e la sospensione dell'ordinanza di reclamo". "Entro il 22 maggio - aveva aggiunto Elena Vigliano, fondatrice dell'associazione Stato Minimo e componente della direzione nazionale - si sono iscritte al Pli, in modo tracciato attraverso il sito, diverse centinaia di persone, non per un segretario o un presidente ma per un progetto. La decisione del tribunale non investe le iscrizioni o gli organi locali, che non si possono cancellare con un tratto di penna: sicuramente i rappresentanti che indicati nell'ordinanza in questo momento devono mettersi da parte, ma gli iscritti hanno tutto il diritto in questo consesso di prendere delle decisioni, istituendo la commissione di verifica poteri e verificando i delegati rimasti".
La confusione, dunque, non era poca. "Dobbiamo chiarire una questione fondamentale - aveva chiesto quasi subito in una "mozione d'ordine" Piero Cafasso, segretario campano - Questo è il congresso del Pli, come dice Capasso, o dobbiamo abbandonare la battaglia tirandoci da parte, come dice Pasquali?" La sua idea era di far decidere gli iscritti, quali "veri titolari" del partito; altre voci, in seguito, avevano riproposto il dubbio, divise tra chi il congresso avrebbe voluto celebrarlo comunque, anche "a ranghi ridotti", e chi avrebbe preferito darsi comunque un'organizzazione sotto altro nome per poter continuare a operare senza rischi di azioni legali. Alla fine, nel pomeriggio, si era proceduto alla verifica dei delegati presenti, indicati in numero di cinquanta (anche se qualche ora prima erano molti di più), ma al momento di individuare un "consiglio nazionale" applicando le norme statutarie del Pli - che avrebbero richiesto un minimo proprio di cinquanta membri - qualcuno dei pres nti ha chiesto di non essere incluso e dunque - salvo errore - l'assemblea si è chiusa, dichiaratamente, con un "nulla di fatto". Il tutto mentre alcune persone, sul territorio, avevano detto di voler continuare l'attività politica attraverso nuovi contenitori nati ad hoc, come per esempio i Liberali autonomisti sardi di Carlo Murru e Simone Paini.
Tra gli interventi di quella giornata, sul piano simbolico-nominale, qui se ne vogliono citare soprattutto due. Il primo è un passaggio delle parole appassionate di Cafasso: "Io propongo che il prossimo consiglio cambi il simbolo: via lo straccetto e, al suo posto, una bella bandiera - la nostra - con 'PLI' ben impresso, che fuoriesce da un faro come fascio luminoso ad indicare la via; un colore nuovo vivace, giovane e distintivo, il turchese; in più un segno di saluto, la 'L' di 'Libertà'". Il secondo è un estratto dalla "mozione" di Bianca Elena Maserti, componente del consiglio nazionale: all'inizio del suo intervento aveva detto di aver suggerito a Sorcinelli come possibile nome alternativo per continuare a fare politica proprio Unione liberale ("Se andate a vedere la storia del Partito liberale nel 1913 esisteva l'Unione liberale che comprendeva la destra di Cavour e alcuni giolittiani: da lì sarebbe nato il seme del Partito liberale. Quello poteva essere un momento di sosta, per ricominciare dalle origini"). Di fatto, quel nome oltre due mesi e mezzo è stato recuperato.
 

La conferenza stampa e il simbolo

Fatte queste premesse, si può tornare alla presentazione di venerdì 26 settembre, resa possibile alla sala stampa della Camera grazie a Italia viva, in particolare a Roberto Giachetti (a nome del quale era prenotata la sala) e all'ex deputato (oggi consigliere regionale in Lazio) Luciano Nobili, che era intervenuto anche il 4 luglio alla Capranichetta: "Sono qui solo per ascoltare e dare il mio grande e sincero in bocca al lupo a questa esperienza cui date vita: a galassia liberale purtroppo vive stagioni complicate, però io sono convinto che invece le idee liberali riformatrici che rappresentate e [...] che cerco di portare avanti nella mia attività, sia nel partito Italia viva che nella mia attività politica più generale, sono invece più vive che mai e sono più necessarie che mai, in un mondo purtroppo sempre più complicato in cui le autocrazie sembrano sempre più forti e in cui le democrazie liberali sembrano sempre più spaventate e sempre più in difficoltà. Penso che di queste idee [...] sia fondamentale che ci sia una pluralità di voci [...] e poi spero anche che nel tempo ovviamente queste voci trovino la formula politica per lasciarsi alle spalle le battaglie [...] con le carte bollate, perché poi invece quello che conta è la politica". 
I primi tratti della nuova esperienza li ha offerti Claudio Gentile, come si è detto ex co-segretario Pli: "Ho il compito di fare da trait d'union tra quello che è stato il momento storico del Pli 2.0, cioè quello che, dopo lo scioglimento precedente post-ciclone giudiziario del 1994, ricostruimmo a Roma il 4 luglio 1997 e il seguito della storia. Avevamo pensato in quest'anno di celebrare sia il compleanno del Pli sia il congresso del Pli 3.0, perché nel frattempo erano avvenuti dei cambiamenti anche abbastanza importanti, ma invece che proseguire con un nuovo compleanno [il 4 luglio 2025] siamo morti. O meglio, è morto un certo modo di vedere la politica liberale in questo Paese e auspico che non solo sia deceduto, ma che nessun infermiere si prenda la briga di rianimarlo in nessun modo possibile. Credo che Unione liberale sia un progetto assolutamente serio, ambiziosissimo, che nel nome nasconde esattamente il progetto politico: dare ai liberali di questo Paese una casa che li contenga possibilmente tutti, perché in tanti si appropriano dell'aggettivo 'liberale' per connotare quella che spesso e volentieri è una scatoletta vuota, che corrisponde più o meno ad un nome e un cognome dietro a una tastiera collegata ad internet, che poi alla fine si rivela sempre inequivocabilmente priva di contenuti". Al di là dei ricordi più recenti, Gentile ha descritto il desiderio di riconnettersi a proprio modo all'esperienza liberale nella storia politica italiana: "In noi che veniamo da una esperienza anche dolorosa, come quella descritta negli ultimi tempi, stamattina prevale il desiderio, più che di una rinascita, di una continuazione con una tradizione che in questo Paese proviene dai tempi del Risorgimento, proseguita [...] con la Resistenza, con il dopoguerra, con la Costituente, e i liberali in Parlamento ci sono sempre stati, tranne che negli ultimi due-tre decenni, dopo la dissoluzione che rammentavo prima. [...]  Noi vogliamo riconquistare quella autorevolezza che aveva Giovanni Malagodi quando si alzava per parlare e tutti ascoltavano quello che aveva da dire. [...] Siamo sempre stati il partito della razionalità, vogliamo esserlo di nuovo [...] con un brand che rinasce dalle ceneri". 
Proprio questa è la lettura da dare al simbolo, nel quale spicca l'immagine della fenice che rinasce dal fuoco: "questa - ha segnalato Gentile - ha esattamente la funzione di ricordare agli italiani che i liberali in qualche modo a questo Paese possono far comodo, che hanno intenzione di porsi al servizio dell'Italia tutta e di tutti gli elettori [...] e che attraverso questo ambiziosissimo Progetto vogliamo riportare un po' più di liberalismo in questo Paese e un po' meno di sovranismo, di populismo, di reddito di cittadinanza, di super bonus per le villette più o meno ricostruite o rimodernate a spese degli italiani e più merito, più attenzione e soprattutto più rispetto per le istituzioni". Quanto agli archi verde e rosso collocati nella parte superiore del fregio, sopra al nome scritto in blu, "non rappresentano la bandiera italiana, disegnata in maniera surrettizia - ha concluso lo stesso Gentile - ma l'emiciclo del Parlamento, rappresentato in quel simbolo perché vuole essere la definizione del nostro rispetto per le istituzioni parlamentari: siamo da sempre parlamentaristi e abbiamo sempre avuto a cuore il sistema proporzionale, anche quando avvantaggiava personaggi che magari avremmo desiderato forse non vedere rappresentati nel Parlamento italiano, ma questo è il nostro faro illuminante. Le istituzioni hanno necessità di essere protette e nessuno meglio dei liberali è capace di farlo". 
"Abbiamo l'ambizione - ha aggiunto per parte sua Francesco Pasquali - di introdurre nel dibattito politico una sorta di neologismo: 'sovranlibertà'. Questo non vuol dire sovranismo, ma significa che oggi la libertà non può essere garantita se non è garantita la sovranità: come liberali guardiamo alla libertà dell'individuo, ma anche alla sovranità del Paese, sovranità che oggi l'Italia non ha, sul piano della sicurezza come dal punto di vista digitale. Noi abbiamo il sogno di uno Stato strategico, uno Stato leggero, al servizio del cittadino, ma uno Stato in cui regni una sorta di responsabilità, alla quale abbiamo collegato la proposta politica 'debito zero per i nostri figli': chiediamo alla politica che ogni nuova norma, ogni nuova legge possa garantire che nessun costo verrà fatto gravare sulle nuove generazioni; questo vorrebbe dire fare attenzione agli sprechi, avere un comportamento responsabile e guardare al futuro. Stiamo elaborando anche altre proposte, ma Unione liberale oggi è una tela bianca che deve essere disegnata insieme anche ad altre realtà del mondo liberale, spesso suddiviso in mille galassie". Per Pasquali "anche in altri partiti presenti in Parlamento ci sono molti liberali, alcuni lo sono e magari non lo sanno; Unione liberale vuole sensibilizzare su alcuni temi e quindi ci dobbiamo interrogare costantemente sulle possibili ricette liberali oggi, con quello che sta accadendo in Europa e nel mondo. Stiamo partendo davvero dal basso, abbiamo un carico storico alle spalle importante, dovremo essere all'altezza di attualizzarlo, partendo dai territori edarci magari un appuntamento dopo la primavera per cercare di darci un'organizzazione, ma il dato di fondo è che non sarà un simbolo, un percorso precedente o diatribe giudiziarie a fermare un pensiero che oggi deve contaminare il Paese, perché mai come oggi a mio avviso c'è bisogno davvero di tenere alta la bandiera della libertà". 
"Noi oggi - ha concluso Alberto Aschelter - stiamo rappresentando una grandissima ambizione: farci portatori di quel dubbio del quale siamo figli e tentare di creare una casa, uno spazio che possa accogliere appunto le diverse anime liberali. Noi siamo qui per dialogare, non per allearci con qualcuno per mandare a casa un terzo, ma per farci portatori di una serie di idee, convinti che queste possano trovare delle orecchie e pertanto ci si possa lavorare insieme. Non è dato sapere dove ci porterà il percorso, ma sicuramente vale tutto il cammino".
La conferenza ha evocato solo in parte lo scontro politico-giuridico in area liberale, culminato - per ora - nell'ordinanza del 3 luglio scorso; qualcosa in più ha detto Pasquali in un'intervista a Lanfranco Palazzolo di Radio Radicale, rilasciata subito dopo la conferenza stampa. A Palazzolo che chiedeva quanto il nuovo progetto politico rinascesse dal "non congresso" di luglio, Pasquali ha risposto: "Quella del 4 luglio 2025 è una giornata che resta comunque impressa nei nostri cuori: doveva essere un momento celebrativo di congresso e di entusiasmo, con iscritti da tutta l'Italia, perché noi quando facciamo i congressi, facciamo gli iscritti. La delusione è stata tanta, il tribunale temporaneamente ha preso questa decisione: ci sono state diverse tappe, che in teoria rischiano di proseguire negli anni. Quindi con un gruppo di amici che ricoprivano diversi ruoli all'interno del Pli abbiamo deciso di rimetterci insieme e di privilegiare le idee liberali a quello che poteva essere il vecchio simbolo: quindi per noi l'augurio a chi oggi sta utilizzando il vecchio simbolo è che possa farlo nel migliore dei modi, perché tra liberali possiamo litigare, ma c'è un rispetto di fondo per chi difende la libertà, ma non vogliamo limitarci a diatribe giudiziarie, quindi nella serenità siamo voluti uscire fuori da quell'esperienza, abbiamo voluto essere propositivi e lanciare un messaggio aggiornato del liberalismo. Sottoporremo le nostre proposte anche agli altri partiti presenti in Parlamento, con la serenità che non sarà un simbolo o un altro a poter fare la differenza, ma la tenacia degli uomini che portano avanti questa idee e soprattutto l'apertura che per noi Unione liberale deve avere: siamo molto fiduciosi di poter coinvolgere molti liberali che magari nella fase delle diatribe giudiziarie possono essere disgustati, e quello non diventa più politica, ma altro".
A distanza di vari mesi, cosa divideva davvero il gruppo rimasto vicino a Stefano De Luca da quello che sta lavorando alla costruzione di Unione liberale? Se lo è chiesto Palazzolo, girando la domanda a Pasquali: "Ci divide un aspetto anche generazionale: sicuramente Stefano De Luca ha rappresentato un pezzo importante del percorso dei liberali in questo Paese, gli va riconosciuto il merito nel 1997 di aver rispolverato e issato nuovamente la bandiera dei liberali, ma la nostra generazione ha una visione e una percezione del mondo diversa e questo ha generato un conflitto anche politico; sono poi intervenute vicissitudini giudiziarie, come capita anche ad altri partiti. Il Partito liberale non aveva neanche particolari patrimoni da difendere, ma era soltanto una questione organizzativa, purtroppo finita nei tribunali invece che in un'arena pubblica; abbiamo preferito quindi questa nuova strada". Una nuova strada marcata, come si è detto, da un nuovo simbolo, ritenuto da Pasquali "fortemente evocativo: cercheremo di seguire il destino dell'araba fenice, cioè di rinascere e volare verso l'alto". Saranno le prossime settimane e i prossimi mesi a delineare il volo del progetto, grazie alle persone che ne fanno parte o che vorranno aderire.

mercoledì 17 settembre 2025

Marche, simboli e curiosità sulla scheda


Come si è detto, il 28 settembre si voterà per le elezioni regionali - oltre che in Valle d'Aosta - anche nelle Marche; in quella regione, però, le urne resteranno aperte anche fino alle ore 15 di lunedì 29 settembre. Sono 6 gli aspiranti presidenti della Giunta regionale, incluso l'uscente Francesco Acquaroli; in tutto conteranno a loro sostegno 18 liste, lo stesso numero di simboli finiti sulla scheda cinque anni fa (ma allora i candidati alla presidenza erano stati 8).
Questi contrassegni - che in seguito saranno analizzati secondo l'ordine sorteggiato per la circoscrizione provinciale di Ancona - non esauriscono tuttavia i simboli presenti sulla scheda. L'art. 11 della legge elettorale (legge n. 27/2004), infatti, al comma 3 prevede che ogni candidatura alla presidenza della giunta regionale debba essere "altresì accompagnata da un modello di contrassegno del candidato Presidente della Giunta, semplice o composito, anche figurato, in triplice esemplare, che rappresenta il contrassegno della rispettiva coalizione"; l'art. 16, che si occupa delle schede elettorali, al comma 2 precisa che a destra del rettangolo o dei rettangoli coi simboli delle liste provinciali (con tanto di righe per le preferenze) "è riportato il nome e cognome del candidato alla carica di Presidente della Giunta collegato, affiancato dal contrassegno del candidato stesso", contrassegno "che può essere costituito anche dall'insieme dei contrassegni delle liste collegate" (comma 3). Sembra utile precisare che, sempre in base all'art. 16, "l'elettore può anche esprimere soltanto il voto per il candidato Presidente, senza alcun voto di lista, tracciando un segno sul simbolo o sul nome del candidato prescelto", ma non è possibile il voto disgiunto (come recita il comma 9, "Sono nulli i voti espressi a favore di una lista provinciale e di un candidato Presidente non collegato alla lista stessa"). I simboli degli aspiranti presidenti verranno riportati solo quando risulteranno diversi da quelli delle liste presentate, altrimenti verranno semplicemente segnalati.

* * *

Claudio Bolletta

Il sorteggio ha collocato in prima posizione - nella circoscrizione di Ancona - la candidatura di Claudio Bolletta, classe 1958, pensionato con una lunga attività da imprenditore nell'ambito dei servizi di sicurezza. Bolletta distingue la sua candidatura con un simbolo che riporta semplicemente - in nero su fondo bianco - il proprio nome e cognome. La scelta di differenziare il contrassegno del candidato da quello della sola lista a suo favore rientra probabilmente nella strategia - già sperimentata in altre occasioni - di non proporre all'elettore due volte il simbolo di lista, per evitare che metta la croce soltanto sul simbolo "del presidente", dal momento che (come si è detto sopra) quel voto non si comunicherebbe automaticamente alla lista.
 

1) Democrazia sovrana popolare

L'unica lista che sostiene la candidatura di Bolletta è Democrazia sovrana popolare, che presenta per la prima volta sulle schede elettorali il suo nuovo simbolo, con la sigla come elemento dominante sotto al tricolore (e con la corona blu leggermente tagliata, con il nome nella parte inferiore). In questo caso, però, siamo già di fronte a una variante elettorale del simbolo stesso: il contrassegno, infatti, ha ridotto leggermente il peso del tricolore e della sigla, dando lo stesso rilievo dell'acronimo al cognome di Marco Rizzo, coordinatore nazionale del partito.
 

Beatrice Marinelli 

2) Evoluzione della rivoluzione

La seconda candidatura sorteggiata è di Beatrice Marinelli, cofondatrice, tra gli altri, dei comitati "Pro Ospedali Pubblici delle Marche" (contro la privatizzazione della sanità) e "E ora basta Italia" (contro le misure restrittive adottate in epoca Covid-19). La sostiene la lista Evoluzione della rivoluzione, nata sul territorio regionale "da associazioni, comitati, professionisti e cittadini che, negli ultimi anni, non hanno chinato la testa - si legge nella nota diffusa all'inizio dell'attività - di fronte ad imposizioni calate dall'alto ed hanno agito sul territorio, con azioni concrete". Su Fb si legge che Edr è "un movimento politico e un laboratorio civico permanente, che si propone di rappresentare, dando loro voce, tutti coloro che, negli ultimi anni, hanno scelto di astenersi dal voto, perché sono rimasti delusi dal frazionismo personalistico, o sconfortati dalla sostanziale inutilità di battaglie politiche di piccoli orizzonti, infarcite di proposte banali ed inadeguate". Come contrassegno di lista - adottato anche come emblema della candidata - è stato scelto un simbolo complesso, così descritto nella domanda di marchio (depositata a fine marzo da Marinelli e Lorenzo Giuliodori, rispettivamente al primo e al secondo posto in lista ad Ancona): "cerchio di colore antracite contenente, al centro, un dodecagono di colore rosso che ne occupa, in modo uniforme, circa il 90% della superficie circolare, e caratterizzato da una sfumatura di rosso più scuro ai bordi e rosso più chiaro e brillante via via che ci si sposta più al centro, dove si trova il disegno di un lupo di colore ore, con lo sguardo rivolto in alto a destra e con le quattro zampe che poggiano su una scogliera color antracite, affacciata su uno specchio d'acqua di colore arancio brillante che riflette il sole giallo dorato che sorge sullo sfondo a destra; sopra al disegno del lupo, disposta a semicerchio, da sinistra verso destra, vi è la scritta dorata 'Evoluzione della rivoluzione'". Perché il lupo? Perché - come si trova su alcuni post di Fb - "non ha padroni" e "noi siamo il branco, loro sono il gregge. Tu con chi stai?".
  

Lidia Mangani 

3) Partito comunista italiano

Al terzo posto tra coloro che aspirano alla guida della giunta regionale delle Marche il sorteggio ha collocato Lidia Mangani, già insegnante e dirigente scolastica, a lungo militante e consigliera comunale del Prc e del Pdci. A candidarla è il Partito comunista italiano, che si presenta con il proprio simbolo ufficiale (con la doppia bandiera - rossa con falce, martello e stella in alto, tricolore italiana in basso - con aste scure e la sigla in carattere bastoni in basso), impiegato anche come contrassegno della candidata alla presidenza.
 

Francesco Gerardi 

4) Forza del popolo

In provincia di Ancona il sorteggio ha curiosamente collocato una dopo l'altra le candidature sostenute da una sola lista: la quarta è quella di Francesco Gerardi, docente di storia e filosofia in corsi liceali, giornalista s sceneggiatore, marchigiano di origine pur avendo trascorso molti anni in Emilia. Si candida col sostegno di Forza del popolo, partito al quale egli stesso aderisce. Il contrassegno di lista (e della candidatura a presidente) è molto simile a quello che Fdp - partito fondato e guidato da Lillo Massimiliano Musso - ha utilizzato in altre occasioni: al centro c'è il simbolo vero e proprio (con l'acronimo bianco su fondo blu e rosso), su fondo bianco, contornato dal nome del partito e da un arco tricolore; sotto si colloca la dicitura "con amore e libertà" e, nella parte inferiore, un segmento blu contiene il riferimento al candidato presidente e alla regione.
 

Matteo Ricci

Il quinto posto tra le candidature spetta a Matteo Ricci, già sindaco di Pesaro sostenuto da una maggioranza di centrosinistra e attualmente parlamentare europeo eletto nel 2024 con il Pd. In questa competizione potrà contare sul sostegno di sette liste: distingue la propria candidatura con il contrassegno che contiene la denominazione della sua coalizione, cioè "Alleanza del cambiamento", proposta in rosso su fondo bianco, mentre il segmento inferiore giallo contiene il riferimento alla candidatura (nel mezzo c'è un segmento azzurro e rosso ondulato). Al di là delle liste, di seguito analizzare, vale la pena consultare il programma della coalizione per vedere l'elenco completo delle forze che costituiscono la compagine a sostegno di Ricci.
 

5) Progetto Marche vive

Prima lista della coalizione a sostegno di Ricci è Progetto Marche vive, anche è facile leggere solo "Progetto Marche". Nella parte superiore si vede la sagoma della regione campita con sfumature tra fucsia, blu e arancione (con il contorno leggermente staccato), mentre nel segmento curvilineo inferiore (tinto con una sfumatura analoga) trova posto il riferimento al candidato. Proprio i colori utilizzati e anche il carattere corsivo e handwriting con cui sono state scritte le parole "progetto" e "vive" fanno intuire che nella lista c'è una forte impronta di Italia viva (anche se formalmente le candidature non rientrano nel progetto "Casa riformista"), ma si apprende che alla lista concorrono anche altre forze, come  Base per il Cambiamento, Popolari per Ancona e DemoS.
 

6) Avanti con Ricci

Viene qualificata espressamente come "progetto civico" la formazione Avanti con Ricci: in effetti la lista contiene candidati espressi da vari soggetti politici (come Partito socialista italiano, Partito repubblicano italiano, Volt, +Europa, Socialisti liberali riformisti) e movimenti civici. Nessuno di quei simboli è entrato a fare parte del contrassegno di lista: nella parte superiore c'è un segno pennellato tricolore che finisce in una bandiera europea, al centro su fondo arancione spicca la parola "Avanti" (che può rimandare in qualche modo al socialismo, senza però usare la grafica coordinata a suo tempo proposta dal Psi), mentre in basso il riferimento al candidato occupa il segmento blu; il contorno del cerchio è tinto di vari colori sfumati.
 

7) Pace salute lavoro

Terza lista della coalizione è Pace salute lavoro, presentata dalla formazione civica Dipende da noi (che nel 2020 aveva autonomamente sostenuto la candidatura di Roberto Mancini) e dal Partito della rifondazione comunista. La struttura del contrassegno - con la parte superiore rossa contenente il nome e il segmento inferiore curvilineo verde con le miniature dei due simboli - è già comparsa in altri appuntamenti elettorali territoriali, ma è uno dei pochi casi in cui il Prc è nella stessa coalizione del Pd.
 

8) Partito democratico

Si parlava appunto del Partito democratico, vale a dire il soggetto politico cui Matteo Ricci appartiene. Pure quest'anno viene confermata la scelta di inserire, al di sotto del logo elaborato nel 2007 da Nicola Storto, il riferimento al candidato presidente, ma questa volta nel segmento rosso - a base rettilinea, non più concava - rientrano tanto il nome quanto il cognome, visto che sono brevi e c'è spazio per entrambi.

 
9) Lista civica Matteo Ricci presidente

Se prima si sono incontrate due formazioni più o meno civiche (pur se promosse soprattutto da partiti), in questo caso la Lista civica Matteo Ricci presidente è identificabile come la formazione più vicina al candidato della coalizione; all'interno di essa, peraltro, figurano anche alcuni candidati legati al partito Possibile. La lista ha scelto di distinguersi con i colori della campagna elettorale di Ricci, dunque il lilla per lo sfondo e il verde chiarissimo per il nome del candidato, con il cognome in particolare evidenza al centro.
 

10) Alleanza Verdi e Sinistra

Fa parte della coalizione - "campo largo" a sostegno di Ricci anche l'Alleanza Verdi e Sinistra, alla prima partecipazione alle elezioni regionali marchigiane (essendosi formata come cartello alle politiche del 2022), ma a suo modo presente anche nell'ultimo appuntamento elettorale (i Verdi in particolare nel 2020 erano nella lista Rinasci Marche, mentre Sinistra italiana aveva promosso la lista Dipende da noi). Il contrassegno elettorale, anche in questo caso, è identico a quello coniato in vista delle elezioni del 2022, senza alcuna variazione o aggiunta territoriale.
 

11) MoVimento 5 Stelle

Completa la coalizione su cui potrà contare Ricci il MoVimento 5 Stelle, che cinque anni fa aveva sostenuto un proprio candidato alla presidenza della giunta regionale, Gian Mario Mercorelli, non essendosi realizzata l'Alleanza con il centrosinistra che sosteneva Mangialardi. Rispetto al 2020 si è modificato il simbolo, che allora aveva nella parte inferiore l'indirizzo del sito Ilblogdellestelle.it; questa volta, invece, c'è il noto riferimento al 2050 come anno dell'auspicata neutralità climatica, collocato su un segmento rosso al di sotto del nucleo simbolico tradizionale.
 

Francesco Acquaroli


L'ultimo candidato estratto, almeno in provincia di Ancona, è il presidente uscente, Francesco Acquaroli. La sua coalizione di centrodestra (con alcune formazioni civiche) comprende lo stesso numero di liste rilevato in quella di Ricci, dunque sette; Acquaroli, tuttavia, ha scelto di distinguere la sua candidatura con un contrassegno che richiama lo slogan e la grafica della campagna elettorale, dunque con l'espressione "Più Marche" in bianco su fondo blu, sottolineata di giallo. Non è ripetuto il nome del candidato e questo probabilmente eviterà che qualche elettore sia indotto a mettere la croce solo sul simbolo del presidente, suggerendo piuttosto di segnare unicamente la lista che si intende votare.
 

12) Unione di centro - Liste civiche

Prima lista sorteggiata della coalizione di Acquaroli è quella dell'Unione di centro, che conferma la sua presenza sulle schede e all'interno del centrodestra. Se lo scudo crociato in primo piano resta assai ben visibile al centro del contrassegno, nella parte superiore non c'è più il riferimento "Popolari Marche", ma la dicitura "Liste civiche": essa si riferisce al Movimento politico Liste civiche, nato innanzitutto a Osimo su impulso di Dino Latini e proprio da quel simbolo è mutuato il fregio ondulato tricolore che emerge, sia pure con un po' di fatica, sul segmento rosso che caratterizza il simbolo dell'Udc.
 

13) Forza Italia

Come seconda lista della coalizione di centrodestra il sorteggio ad Ancona a indicato quella di Forza Italia. Nel 2020 nella parte inferiore del contrassegno elettorale era stata inserita, in un segmento blu, la dicitura "Civici per le Marche"; questa volta invece viene utilizzato il simbolo ufficiale, con la bandierina che è nuovo interamente visibile (e non più debordante) in posizione centrale, avendo al di sotto solo il cognome di Silvio Berlusconi mentre nella parte superiore è disposto ad arco in riferimento al Partito popolare europeo.
 

14) I Marchigiani per Acquaroli

La terza posizione nella coalizione del presidente uscente, sulla scheda della provincia di Ancona, è occupata dalla lista I Marchigiani per Acquaroli, anche in questo caso facilmente identificabile come la formazione più vicina al presidente in cerca di riconferma. Nel contrassegno, a fondo giallo, picca una "M" maiuscola verde (il colore del logo della regione, insieme al nero), leggermente tagliata al centro per ospitare parte del nome; si legge assai poco la parola "presidente" sullo snodo centrale della M, mentre è leggermente più visibile l'espressione "Civici Concreti Competenti", collocata ad arco nella parte inferiore.
 

15) Fratelli d'Italia

Non poteva ovviamente mancare, all'interno della coalizione di centrodestra, la lista di Fratelli d'Italia, di cui è espressione proprio il presidente uscente. Non stupisce, in questo senso, che il partito abbia scelto di utilizzare esattamente lo stesso contrassegno schierato sulle schede cinque anni fa, che adotta un modello non ancora incontrato in questa serie di elezioni regionali: il nome della leader Giorgia Meloni (frattanto divenuta presidente del Consiglio) è collocato in alto, al centro c'è il cognome del candidato sostenuto, mentre in basso c'è il simbolo ufficiale di Fdi.
 

16) Civici Marche

Fa parte della coalizione in appoggio ad Acquaroli anche la lista Civici Marche, che fa riferimento al consigliere regionale Giacomo Rossi. Rivendica di essere la sola lista civica Docg, esistendo già dalle elezioni regionali precedenti e avendo operato durante tutta la legislatura. Già da anni i Civici avevano abbandonato l'albero con cui avevano concorso alle elezioni del 2020, scegliendo l'immagine di un picchio verde, che evoca il Piceno e le stesse Marche; al di sotto è stato inserito il riferimento al candidato presidente in grande evidenza.
 

17) Noi moderati

Presenta la sua lista all'interno della coalizione di centrodestra anche Noi moderati: il partito guidato da Maurizio Lupi si affaccia per la prima volta sulle schede delle elezioni regionali marchigiane e si presenta con l'ultima versione del suo simbolo, con il tricolore che occupa la parte inferiore del cerchio (insieme al riferimento ad Acquaroli) e il rimando al Partito popolare europeo aggiunto di recente, dopo l'ammissione al Ppe come partito membro.
 

18) Lega

Chiude la coalizione in appoggio ad Acquaroli e l'intera scheda elettorale la lista della Lega, che ha deciso anch'essa di non cambiare la propria immagine rispetto a cinque anni fa: il contrassegno schierato, infatti, è esattamente identico a quello del 2020, conforme a quello adottato a partire dalle elezioni politiche del 2018, fatta eccezione per la sostituzione della parola "premier" sotto al cognome di Matteo Salvini con il riferimento alla regione chiamata al voto.