Visualizzazione post con etichetta città ideale. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta città ideale. Mostra tutti i post

giovedì 24 marzo 2022

#IoApro - Rinascimento a "congresso" (e Sgarbi riprende la Città ideale)

Anticipata da settimane e annunciata da giorni, ieri si è concretizzata la nuova reincarnazione di Rinascimento, il partito fondato nel 2017 da Vittorio Sgarbi. Si tratta più esattamente di un'alleanza - o, volendo ragionare in termini imprenditoriali, di una joint venture - con #IoApro, il soggetto politico fondato e guidato da Umberto Carriera, ristoratore di Pesaro noto per avere scelto - fin dagli ultimi mesi del 2020 - di tenere aperti i suoi locali a dispetto delle prescrizioni limitative contenute nei decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri (con lo strascico di sanzioni e impugnazioni di cui i media hanno dato conto a tempo debito). 
Ieri, in particolare, all'Hotel Parco dei Principi a Roma si è tenuto il "1° Congresso Nazionale" (così era scritto sul banner diffuso in rete) di #IoApro - Rinascimento, ufficializzando così anche sul piano politico-organizzativo il sostegno che Sgarbi ha dato fin dall'inizio alle iniziative dei ristoratori che, quanto lui, ritenevano ingiuste e illegittime alcune limitazioni imposte dai d.P.C.M. ("Carriera, resistendo, ha trasformato la sua attività in un'attività politica - ha detto ieri Sgarbi, come si può sentire dal suo discorso ripreso da Radio Radicale - è bastato aspettare per ottenere ragione da vari tribunali, il tempo e la magistratura hanno dato soddisfazione"). Sotto il motto "Tu sei quello che sai" ("La battaglia per la ragione è la battaglia della mia vita: significa avere ragione alla fine, ma anche usarla, perché la competenza, la conoscenza e la capacità dipendono dallo studio) si è svolto questo evento di presentazione, di un tenore che ha trovato la sua orchestra (così si è espresso Sgarbi), parlando di "Italia da salvare nella sua integrità" (parlando di anche di giustizia, patrimonio naturale e artistico) e di un piano da mettere in campo da qui al momento delle elezioni. "Abbiamo esattamente un anno da qui al momento del voto - ha aggiunto il deputato - per non essere presi in giro da partiti finti con personaggi velleitari, come sono stati i 5 Stelle. In quel nuovo Parlamento, più piccolo, dobbiamo esserci per dire le cose che io ho detto da solo con pochi altri usciti dal M5S, ma per dire chi siamo e quanto contiamo occorre passare per questo primo esame delle elezioni amministrative".
Il primo traguardo, dunque, dovrebbe essere quello del voto in primavera, presentando ove sarà possibile - si è parlato di una settantina di comuni - liste "ciniche", solitarie (anche a Pesaro, con Carriera candidato sindaco): "Vogliamo che si sappia - ha precisato Sgarbi - che noi siamo un'oasi, un punto di riferimento, un'isola in mezzo a un mondo contaminato che, dal Pd ai 5 Stelle ha tradito non solo i suoi elettori, ma anche le sue stesse posizioni". Con riguardo alle elezioni politiche, invece, dovendo - con le norme elettorali attualmente in vigore - immaginare schieramenti di coalizione, "occorrerà trovare, con la nostra totale autonomia, un accordo col centrodestra", cercando comunque di intercettare soprattutto i voti del dissenso non più raccolti dal M5S e quelli in uscita da partiti che hanno tradito la loro identità, "come Forza Italia in alcuni casi".
Durante l'evento è stato proiettato il probabile contrassegno elettorale, già diffuso online nei giorni precedenti. La parte inferiore del simbolo è dedicata a Rinascimento, che per l'occasione lascia il dettaglio della michelangiolesca Creazione di Adamo e recupera La Città ideale, il dipinto conservato a Urbino (come a voler aumentare il tasso di "marchigianità" del progetto, visto che Carriera è appunto pesarese). Sopra al nome del partito e dello stesso Sgarbi (meno evidente rispetto al passato, anche per il carattere piuttosto sottile impiegato, sul fondo bianco) c'è invece l'emblema di #IoApro: si tratta di "un logo raffigurante una finestra con due ante aperte: quella di sinistra di coIore verde e quella di destra di colore rosso mentre nel centro di colore bianco viene riportata l'immagine dell'Italia di colore nero". La descrizione è quella contenuta all'interno dello statuto riportato nel sito di #IoApro - Rinascimento: si tratta in effetti dello statuto (allegato all'atto costitutivo) del solo movimento #IoApro, costituito ufficialmente il 17 luglio 2021 con atto notarile; come fondatori e figure di vertice il sito indica Momi El Hawi (fiorentino, a sua volta ristoratore) quale presidente, Umberto Carriera come segretario nazionale, Biagio Passaro e Lorenzo Nannelli (presso il cui studio legale il movimento ha ufficialmente sede) come consiglieri nazionali (l'atto costitutivo indicava tra i fondatori anche Antonino Alfieri, inizialmente scelto come presidente). 
Tornando al simbolo, la parte che riguarda #IoApro può facilmente ricordare qualcosa ed è più che normale: l'idea delle porte aperte tricolori era stata già utilizzata - e sviluppata graficamente allo stesso modo - per il marchio elaborato per le iniziative della campagna #IoApro, ma nell'apertura della porta, al posto della sagoma dell'Italia, c'erano le posate stilizzate di colore nero. Vale la pena segnalare che - come già fatto notare dai media all'epoca - quel segno è stato depositato come marchio il 16 marzo dello scorso anno e registrato a settembre (tra l'altro anche per la classe 45, relativa a "Servizi giuridici; servizi di sicurezza per la protezione di beni e di individui; servizi personali e sociali resi da terzi destinati a soddisfare necessità individuali"): a chiedere la registrazione del marchio è stata la Confederazione imprese unite per l'Italia di Massa-Carrara.
Lo statuto di cui si è detto prima indica anche, per punti (riportati nella forma "#IoApro a..."), il programma del partito: l'elenco inizia con cinque punti strettamente connessi alla situazione legata alla pandemia, dunque con "il ripristino di tutte le libertà costituzionali", la riapertura di ogni attività economica, l'abolizione definitiva della distinzione cromatica tra zone (ancora attiva al momento della fondazione del partito) la fine dell'emergenza sanitaria e anche "l'impedimento di qualsiasi obbligo vaccinale" (ma si auspica anche "la rimozione dalla carica di Ministro della Salute del dott. Roberto Speranza"). Si propone poi di abolire il bollo auto e ogni tassa relativa al suolo pubblico per le attività economiche con il fatturato fino a 5 milioni di euro, di prorogare fino a fine 2023 la moratoria sui mutui, di eliminare per tre anni i canoni Rai e Siae per le attività di ristorazione (e, in generale, il canone Rai per chi ha più di 65 anni); si vorrebbero poi togliere i limiti all'uso del contante e le commissioni sui pagamenti via Pos (equiparando i costi bancari ai livelli europei), introdurre ammortizzatori sociali anche per i lavoratori autonomi e intervenire sul costo del lavoro (riducendolo e azzerando per tre anni i contributi su ogni nuova assunzione), valutando pure una quota minima di due terzi di persone cittadine italiane tra i dipendenti di ogni azienda (contrastando invece l'immigrazione clandestina e i progetti di introdurre lo ius soli). Contrario a ogni "nuova imposizione fiscale", #IoApro punta invece sulla "connessione Internet gratuita a tutte le famiglie con figli a carico", su vari bonus (per chi viene in vacanza o fa il viaggio di nozze in Italia e per chi ha figli, ma eliminando il reddito di cittadinanza) e su una flat tax al 20%, rimodulando piuttosto l'imposizione esistente (tassando del 30% le multinazionali che vendono servizi in Italia, prevedendo una patrimoniale straordinaria all'1% per redditi superiori al milione di euro, ma "solo sulle liquidità con ridistribuzione") e deducendo ogni costo relativo alle attività imprenditoriali e professionali.
Vittorio Sgarbi non fa parte dunque dell'organigramma di #IoApro: da tenore quale si dichiara, resta probabilmente a capo del suo Rinascimento, ma prepara la strada comune in vista del primo appuntamento elettorale utile, in preparazione a ciò che accadrà alle elezioni politiche del 2023. Quali simboli finiranno nelle bacheche del Viminale? Quello di Rinascimento, quello di #IoApro o quello composito (com'era accaduto con il tandem Rinascimento-Mir, anche se poi Sgarbi si candidò in Forza Italia e ottenne di far cancellare il suo nome dal contrassegno)? Occorrerà attendere qualche manciata di mesi per saperlo.

sabato 9 maggio 2020

Lista civica nazionale, quando si voleva proporre una Città ideale

Chi non ha sperato o sognato, almeno una volta, di vivere in una "città ideale", dal punto di vista dei servizi, delle bellezze, dei ritmi e di ogni altra cosa possa tradursi dello star bene? Difficile comunque farlo, anche solo a livello locale; eppure, nella storia simbolica della politica italiana, c'è stata una fase in cui qualcuno aveva immaginato di estendere quel progetto all'intero paese. Veniva da pensare questo guardando al simbolo che era stato elaborato per il progetto della Lista civica dei cittadini per la Repubblica, o se si preferisce la Lista civica per la Repubblica dei cittadini: l'emblema, in fondo, consentiva entrambe le letture e di certo non si trattava di un caso.
Il progetto era legato a un manifesto, lanciato nel 2007. I primi quattro firmatari erano Elio Veltri (medico, a lungo sindaco socialista di Pavia, consigliere regionale e parlamentare Pci-Pds, poi tra i fondatori dell'Italia dei Valori), Oliviero Beha (giornalista e scrittore, naso sportivo e cresciuto fantasista), Francesco "Pancho" Pardi (docente di urbanistica, tra i promotori delle manifestazioni per la libera informazione e la giustizia nella stagione dei "girotondi", non ancora parlamentare Idv) e Roberto Alagna (allora consigliere regionale in Lazio, dopo un lungo impegno politico-amministrativo nella capitale) e costituivano il comitato promotore; li seguivano vari altri nomi in gran parte noti (Dario Fo, Beppe Grillo, Franca Rame, Lidia Ravera, Antonio Tabucchi, Marco Travaglio, Franco Barbato, Gianni Barbacetto, Andrea Cinquegrane, Armando Della Bella, Giuseppe Ielo, Stefano Montanari, Cristina Naso, Rita Pennarola, Sonia Toni e Gianni Zamperini). Si mirava a "restituire dignità alla Politica, intesa come servizio al Paese, di rilanciare democrazia ed economia, dopo anni di decadenza, attraverso la partecipazione dei cittadini, il controllo sul potere politico e l'impegno diretto nella gestione della cosa pubblica". 
Critico tanto con il centrodestra, quanto verso il centrosinistra per come aveva agito (senza abrogare le norme della stagione berlusconiana ritenute illegittime) e per come si stava apprestando ad agire con la nascita del Partito democratico (che si annunciava "come la somma di due nomenclature politiche in sella da oltre 20 anni, degli errori commessi e delle responsabilità della grave malattia in cui versa il paese", come si aggiungeva che "la sopravvivenza di due piccoli partiti comunisti è garantita da battaglie ideologiche che coprono l'assenza di cultura istituzionale, da carenze progettuali e da pratiche spartitorie"), il manifesto voleva rivolgersi tanto agli elettori di centrosinistra non interessati a quelle proposte politiche, quanto a quelli del centrodestra "che hanno a cuore i valori della Costituzione", nella convinzione che i rispettivi schieramenti non fossero "emendabili": "Chiedere all'attuale ceto politico di cambiare politica, regole e comportamenti sarebbe come chiederne il suicidio". Contro gli intrecci tra politica, amministrazione ed affari, occorreva puntare di nuovo sui principi fondamentali democratici della separazione dei poteri e dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, per cui era necessario "rendere attuali i valori costituzionali riguardanti la responsabilità dei partiti di fronte alla legge, contrastare i conflitti di interesse e ridurre drasticamente i costi della politica", oltre che ridare attenzione all'ambiente e rinvigorire il combattimento contro le mafie.
Il varo del progetto risale al 6 ottobre 2007, alla manifestazione che si tenne in piazza Farnese a Roma, con il significativo titolo Dal V-Day alla Lista Civica Nazionale. Già, perché nel frattempo - tra l'8 e il 9 settembre di quello stesso anno - si era tenuto il V-Day (sì, il Vaffanculo-Day) - in varie piazze d'Italia, compresa Bologna: proprio lì era intervenuto Beppe Grillo, organizzatore di quella grande manifestazione collettiva, a sostegno della sua campagna "Parlamento pulito", legata a una proposta di legge d'iniziativa popolare (per rendere incandidabili o sospendere dal mandato coloro che avessero svolto due mandati parlamentari o fossero stati condannati per reati dolosi o colposi gravi, nonché per introdurre la preferenza nelle leggi elettorali politiche) che raccolse oltre 350mila firme. Evidentemente i promotori avrebbero voluto dare un seguito a quell'evento col botto, ritenendo la loro manifestazione una sorta di naturale evoluzione; non mancò ovviamente la puntuale polemica, con Grillo che disse di non avere nulla a che fare con quella manifestazione romana e Beha che replicò dicendo che anche lui aveva firmato il manifesto e non si era espresso contro il titolo della manifestazione quando gli era stato sottoposto da Veltri. 
In ogni caso, quel giorno sotto la pioggia di Piazza Farnese si parlò concretamente di "Lista civica nazionale" e quell'etichetta divenne comune in quell'ambiente, a dispetto del nome "ufficiale" che era stato scelto in precedenza: lo dimostra il fatto che, alcuni giorni dopo la manifestazione (precisamente il 18 ottobre), Roberto Alagna abbia depositato come marchio il simbolo pensato per le liste, ma in bianco e nero e - appunto - con la denominazione integrata "Lista civica nazionale per la Repubblica dei cittadini". Quella lista, tuttavia, non arrivò sulle schede delle elezioni politiche (e in seguito non lasciò di sé altre tracce), ma nemmeno nelle bacheche del Viminale: una "Lista civica nazionale", in effetti, ci fu, ma si trattava di "Io non voto", progetto di Carlo Gustavo Giuliana che nel 2006 era sbucato per la prima volta, nel suo rosanero tutto palermitano, tra i vari contrassegni depositati.
Si diceva però del simbolo e del suo depositante. Centro grafico dell'emblema era appunto la Città ideale, o per lo meno la sua rappresentazione più nota secondo il quadro ignoto esposto a Urbino, con al centro una rotonda. Si trattava di una stilizzazione (comunque piuttosto ben fatta) bicolore, color granata e grigio chiaro, con una serie di edifici rappresentati in prospettiva che richiamavano in qualche modo quelli dell'opera urbinate. Ebbene, se in effetti il simbolo visto prima non arrivò sulle schede, gli elettori avevano già visto e avrebbero visto ancora altre sue interpretazioni, in fondo tutte legate tra loro.
In particolare, nel 2005 alle elezioni regionali del Lazio, tra le formazioni a sostegno della candidatura di Piero Marrazzo per il centrosinistra c'era anche la Lista civica con il nome del candidato presidente e, al centro, proprio la rotonda della Città ideale urbinate, pur se virata al rosso. Quella formazione elesse quattro consiglieri, tutti in provincia di Roma: tra questi, c'era proprio Roberto Alagna, con una lunga esperienza civico-politica alle spalle. Nel 2001, infatti, era stato eletto consigliere comunale a Roma nella lista civica Roma per Veltroni, mentre in precedenza era stato eletto come consigliere (1989) e come presidente (1992-1994) nel II Municipio. 
Forte della sua esperienza civica, già dal 2002 Alagna aveva promosso la costituzione della Rete delle Liste civiche italiane (Coordinamento Civico Nazionale - Cittadini per), con l'intento di valorizzare il ruolo e il significato delle esperienze civiche locali, "rafforzandone l'iniziativa e sostenendone i processi di crescita diretti a proiettarle in una dimensione istituzionale più ampia". Nell'organo nazionale di coordinamento c'era appunto Alagna, assieme ad Emilio Arcuri (Primavera Siciliana), Franco Barbato (Rete Civica Campana, futuro parlamentare Idv e non solo), Roberto Damiani (deputato, eletto con la Margherita ma nel gruppo misto, divenuto poi presidente di Governo civico), Alfonso Pisicchio (Rinnovamento Puglia), Clara Puppo (Insieme per Monza). Evidentemente anche quella lista delle regionali si inseriva in quel contesto. Da quell'esperienza, in un certo momento, si pensò una prima volta (dopo una riunione il 5 novembre 2005) di creare una lista nazionale, di fatto schierata nel centrosinistra, a sostegno di Prodi: già allora si pensò di utilizzare il simbolo della Città ideale.
Le cose poi andarono diversamente e, in effetti, quella formazione non arrivò alle elezioni; in compenso, in quel 2006, almeno in un caso la Città ideale finì sulle schede. Tra le formazioni a sostegno della candidatura a sindaco di Milano di Bruno Ferrante, infatti, c'era anche la lista che avrebbe dovuto supportare la corsa autonoma di Dario Fo e che, invece, entrò a far parte della compagine di centrosinistra. Uniti con Dario Fo per Milano, però, si contrassegnò proprio con la Città ideale, con la stessa forma (cioè con gli edifici a contorno della rotonda) e stilizzazione che si sarebbe vista più avanti; l'immagine, tuttavia, fu tinta dei colori dell'arcobaleno, per caratterizzare ulteriormente quella proposta. Non ci si stupisce, così, a trovare anche Fo tra i firmatari del manifesto del 2007.
Nel 2008, come si è detto, non arrivò la sospirata lista alle politiche (anche se in giro per l'Italia più di una formazione locale prese il nome di "Lista civica dei cittadini"), ma la grafica con la rotonda sarebbe tornata. Nel 2010, infatti, a sostegno della candidatura alla presidenza del Lazio di Emma Bonino c'era anche la Lista civica cittadini/e per Bonino: stessa grafica della Civica nazionale e, naturalmente, nella lista provinciale di Roma c'era anche Roberto Alagna, che arrivò secondo nelle preferenze (ma quella volta, causa vittoria di Renata Polverini, la lista ottenne un solo seggio in tutta la regione, dunque non ebbe riconfermato il seggio). 
Nelle elezioni regionali successive, il simbolo della Lista civica nazionale non sarebbe più tornato e, salvo errore (e non potendo conoscere tutte le realtà locali), nemmeno altrove. La Città ideale, in compenso, per un attimo sembrò pronta a tornare: tra la fine del 2017 e l'inizio del 2018 era infatti circolata una versione alternativa del simbolo dell'ultimo partito - in ordine di tempo - fondato da Vittorio Sgarbi, Rinascimento, presentato con il Mir di Gianpiero Samorì, che invece del dettaglio della Creazione di Adamo di Michelangelo della Cappella Sistina (il dito di Dio che sfiora quello di Adamo) conteneva proprio il centro della Città ideale. Al Viminale, poi, arrivò la versione michelangiolesca e dell'opera urbinate non si ebbero altre tracce. Ma in fondo potrebbe sempre tornare utile, a chi volesse dare l'idea di armonia e buon governo (sperando di poter mantenere la promessa).

venerdì 13 novembre 2015

Dario e Franca: i "misteri buffi simbolici" della coppia Fo-Rame

Era l'anno del Signore 2006. Si votava per rinnovare il Parlamento, ma anche le amministrazioni di varie città grandi, tra le quali Milano. I due contendenti principali, lo si è già ricordato, erano Letizia Brichetto Arnaboldi in Moratti per il centrodestra e Bruno Ferrante per il centrosinistra. Tra le liste a suo sostegno, anche quella di chi, poche settimane prima, era stato un suo sfidante (avversario sembra francamente una parola troppo forte): Dario Fo. Il nome del candidato dell'Unione, in effetti, era uscito dalle primarie e l'ex prefetto era riuscito a prevalere con una certa nettezza; a contendergli quel ruolo, tra gli altri, anche l'attore, che cinque anni prima aveva invece rinunciato alla corsa.
Quella volta, al contrario, si mise d'animo e si misurò con gli elettori di centrosinistra, portando a casa comunque il 23.1% dei voti. Fo, che aveva indubbiamente perso le primarie, evitò però di tendere tranelli a Ferrante e all'interno della coalizione di centrosinistra schierò una propria lista, Uniti con Dario Fo per Milano. Non stupisce che il nome fosse stato indicato in rosso, per dare un buon risalto rispetto alle altre scritte nere; la parte più interessante, tuttavia, riguardava la grafica scelta. 
Se salta all'occhio come le figure centrali siano reinterpretate in una logica "arcobaleno", una banda dopo l'altra, ancora più curioso è il monumento centrale del contrassegno. A meno di errori clamorosi, infatti, il palazzo di forma tondeggiante è esattamente quello della Città ideale, il quadro di autore ignoto che disegna il centro storico ideale e viene ripreso spesso come modello, perfezione ed equilibrio. Non sarebbe chiaro il motivo che ha portato Dario Fo - poi eletto consigliere - ad adottare quel tema, al di là dell'intenzione di rendere Milano una nuova "città ideale", all'insegna della pace e del pluralismo.
Nello stesso anno, 2006, Franca Rame era stata candidata dall'Italia dei valori ed eletta al Senato; pochi ricordano tuttavia che cinque anni prima era già scesa in campo, sempre nell'ambito del centrosinistra. Tra le liste a sostegno di Sandro Antoniazzi, sfidante perdente di Gabriele Albertini (che a Palazzo Marino era dunque stato confermato), spuntò anche un cielo stellato blu, con un nome insolito per le liste, ma decisamente evocativo, "Miracolo a Milano". 
Il film scritto da Zavattini, chiaramente, era poco più che una scusa per instillare l'idea del rinnovamento possibile e necessario in terra meneghina. Come se, in fondo, piazzare un pezzo di cielo stellato su un contrassegno (immaginato generosamente anche sopra il lettore) servisse a invitare il lettore al rispetto e all'ascolto della loro "legge morale". Sarebbe davvero stato un miracolo, di quelli potenti e difficili da cancellare.