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sabato 11 gennaio 2025

M5S, alle origini del primo simbolo, tra idee, visioni e soluzioni grafiche: intervista a Maurizio Benzi (Casaleggio Associati)

Nelle scorse settimane si è parlato molto del dibattito interno al MoVimento 5 Stelle, legato soprattutto alla modifica dello statuto e alla ripetizione del voto chiesta da Beppe Grillo. Dopo che la nuova consultazione ha visto di fatto una conferma degli esiti del primo voto, per giorni si è parlato della possibilità che Grillo si opponesse - direttamente o tramite l'associazione fondata nel 2012 e presieduta da lui  - all'uso di quella grafica da parte dell'associazione M5S del 2017 presieduta da Giuseppe Conte: si è discusso di depositi (e rigetti) di domande di marchio, di associazioni e di un'emersa scrittura privata in base alla quale lo stesso Grillo sarebbe stato sollevato da responsabilità legate a eventuali contenziosi sul M5S in cambio della rinuncia a contestare al MoVimento del 2017 l'uso del nome e del simbolo
Mentre si scrive non risulta - al netto di errori o di azioni intraprese e non rese note - che Grillo o l'associazione M5S di cui è presidente abbiano deciso di rivendicare il nome e il simbolo originari e di contestarne la titolarità e l'uso al MoVimento guidato da Conte. Che questo accada o no, sembra opportuno cogliere l'occasione di capire meglio come nacque quel simbolo approdato nei consigli regionali di Piemonte ed Emilia-Romagna nel 2010 e in Parlamento nel 2013. Se già all'inizio del 2007 sul sito BeppeGrillo.it si era parlato di "Comuni a 5 stelle" identificando le stelle in altrettanti valori (energia, connettività, acqua, raccolta rifiuti, servizi sociali, in seguito riconfigurati in "acqua, ambiente, trasporti, energia, sviluppo", sostituendo poi l'energia con la connettività), solo alla fine del 2008 comparve - sullo stesso sito - il primo simbolo pensato per contraddistinguere ogni Lista CiVica a 5 Stelle e che sarebbe stato la base per i successivi emblemi del M5S, operante dal 2009. 
A dare forma al primo emblema nel 2008, traducendo in grafica le indicazioni di Gianroberto Casaleggio, è stato Maurizio Benzi: oggi lui è Head of Digital Strategy Consulting della Casaleggio Associati (di cui ora è CEO e partner Davide Casaleggio), ma tra il 2008 e il 2009 si occupava di diverse attività all'interno della società, tra cui alcuni aspetti del Blog di Beppe Grillo (in passato è stato indicato come creatore del primo Meetup "Grilli Milano", il 10 giugno 2005). Finora, che si sappia, la sola fonte diffusa in cui Benzi era indicato come autore del primo fregio "a 5 Stelle" era il libro Supernova di Nicola Biondo e Stefano Canestrari, pubblicato da Ponte alle Grazie nel 2018; contattato da questo sito, Benzi ha confermato di avere creato il simbolo sulla base delle indicazioni fornite da Casaleggio senior e ha accettato di rispondere via e-mail ad alcune domande sulla sua genesi. 
Ecco dunque le domande formulate e le risposte fornite da Benzi (che ringrazio per la disponibilità dimostrata e per avere mostrato per la prima volta alcune delle immagini alla base dello studio del simbolo della Lista CiVica a 5 Stelle). Le risposte e le immagini, a dispetto del tempo trascorso, sono utili per ricostruire meglio la storia grafico-politica del simbolo del M5S e anche per valutare l'opportunità di utilizzarlo ancora.

* * * 

L'origine del MoVimento va ricercata nelle cosiddette "Liste CiViche a 5 Stelle", annunciate sul sito Beppegrillo.it il 3 dicembre 2008, con tanto di simbolo associato: lo stesso simbolo depositato come marchio europeo il 14 novembre 2008. 
Mesi prima, alle amministrative di quell'anno, erano apparse alcune liste denominate "Amici di Beppe Grillo", ognuna con contrassegno diverso. Benzi, in base ai suoi ricordi, quale periodo si è iniziato a capire che sarebbe stato opportuno un simbolo di riferimento, in un primo tempo modificabile e adattabile e poi uguale per tutti?
È passato molto tempo e non sono disponibili molti archivi digitali che all'epoca venivano utilizzati. In generale penso sia utile precisare che Gianroberto Casaleggio aveva una visione di lungo periodo, ma sceglieva di procedere nel breve in funzione dei riscontri e dei risultati raggiunti, oltre che naturalmente del confronto con Beppe Grillo. Dunque era partito dall'idea di un simbolo delle Liste CiViche, utilizzabile e personalizzabile dal basso; nei mesi successivi ha deciso che sarebbe stato più efficace un simbolo univoco, maggiormente riconoscibile e utilizzabile in diversi contesti. Il periodo, per questo secondo passaggio, è sicuramente il 2009, ma non saprei essere più preciso. 

Immagini fornite da Maurizio Benzi, mostrate per la prima volta
Lei stesso ha parlato di indicazioni di Gianroberto Casaleggio per la preparazione del simbolo (e il figlio ricordava che il logo fu "disegnato sulla scrivania di mio padre"): ricorda queste indicazioni? Si trattò di un simbolo "buona la prima" o ci furono aggiustamenti progressivi, con varie versioni? 
È andata così. Premetto che ho seguito la creazione solo del primo simbolo "Liste CiViche". Partendo da un brief di Gianroberto, ho realizzato 3 versioni di base, ognuna con diverse varianti. Complessivamente ne erano state presentate almeno 10 differenti versioni, con variazioni nei font, posizionamenti e uso dei colori. Gianroberto era sempre molto esigente da questo punto di vista e, una volta scelta la versione su cui era maggiormente convinto, è entrato nel merito per chiedere ulteriori modifiche di dettaglio. Riguardo alle differenti versioni, ad accomunarle erano gli elementi di base richiesti come la "V" e le stelle in diverse forme. 

La "V carattere di fantasia" ispirata a V for Vendetta e già usata per il V-Day - non so se ha creato sempre lei quelle grafiche - com'è nata? 
L'ispirazione era dal film uscito in quegli anni, che era vicino ad alcuni concetti alla base del Blog di Beppe Grillo. Possiamo considerare il simbolo come un'espressione visiva di temi "underground" importanti per i cittadini, ma totalmente ignorati dai media mainstream. Fino al giorno dopo il primo V-Day i media nazionali non avevano mai dato alcuno spazio al blog, ai suoi contenuti, le "battaglie" e le migliaia di commenti che ogni giorno gli utenti scrivevano. L'idea di essere diversi e di uscire dagli schemi, anche per il simbolo, era alla base del pensiero di Casaleggio e Grillo. Gianroberto era uno studioso e analizzava scrupolosamente tutto quello che riteneva di valore: Questo significava ad esempio fare benchmark dell'esistente e individuare best practices. Tuttavia l'idea che mi sono fatto è che per il simbolo, come per molti altri aspetti, per lui era meglio partire da qualcosa di completamente diverso, piuttosto che da quello che non aveva nulla di valore per lui (i partiti dell'epoca). 

La scelta della forma delle stelle è stata casuale o rispondeva a qualche logica particolare?
La scelta delle stelle è stata fatta da Gianroberto, rispetto alle differenti proposte che citavo prima, secondo la versione che meglio rappresentava l'idea che aveva in mente. Dal punto di vista simbolico, ricordavano invece 5 punti cardine su cui si ritrovava la comunità che dal blog si indirizzava verso la politica.

È vero che il sito Beppegrillo.it (e in seguito gli altri indirizzi che l'hanno sostituito) era stato disposto ad arco per ricordare un sorriso? 
Devo dire che questo è un aspetto che non mi risulta.

Le varie versioni del simbolo a livello locale create nel 2009 (sono state molte: mi pare che solo a Reggio Emilia sia stato utilizzato il marchio ufficiale "liscio", senza ritocchi) erano elaborate in autonomia o ricevevano una sorta di "visto" o di assistenza a livello centrale?
È qualcosa che non ho mai seguito, ma ricordo che all'inizio c'era un'ampia libertà con una centralizzazione minima. Poi, vista la quantità di liste e di variazioni di ogni tipo, si è scelto di dare delle regole di utilizzo e una validazione, per evitare usi impropri. 

Il successivo simbolo del MoVimento risulta depositato il 30 settembre 2009, pochi giorni prima della nascita del M5S a Milano. Il ritocco in quella fase fu minimo ("MoVimento" al posto di "Lista CiVica" e un piccolo riequilibrio degli elementi nel cerchio): era l'unica soluzione considerata o si erano immaginati mutamenti più profondi?
Non ne sono al corrente, perché non me ne occupavo. L'idea di un cambiamento costante era comunque qualcosa alla base e c'era grande vivacità. Dunque non escludo che si fossero pensate anche altre strade.

Secondo le regole dei marchi, quello del MoVimento 5 Stelle è un segno "debole" alla nascita, perché - a parte la V di fantasia - gli altri elementi sono generici e si tutelerebbe solo la loro combinazione: più generica della parola "Movimento" in politica è solo la parola "Partito" e non può essere rivendicata da nessuno; le stelle sono "segni di uso comune" e 5 indicano un particolare livello di qualità. Di fatto però quel simbolo, nella sua parte sostanziale, si è conservato fino ad ora e fin dal 2013 ha ricevuto tutela contro chi voleva imitarlo. Secondo lei, come si è potuto rafforzare via via quel segno?
Su questo tema non ho un parere specifico.

Oltre 15 anni dopo, secondo lei, il simbolo conserva la sua forza o sarebbe utile/opportuno qualche cambiamento più o meno incisivo?
Dal mio punto di vista il simbolo rappresenta qualcosa che non esiste più. Il M5S oggi è un partito completamente diverso dal movimento nato dal blog di Grillo e dalle Liste CiViche. Trovo sbagliato e fuorviante continuare ad usare lo stesso simbolo (e lo stesso nome), quando sono radicalmente cambiati le idee, i valori e le pratiche che ne erano alla base. 

sabato 5 giugno 2021

Il "secondo tempo" del MoVimento 5 Stelle: nuovo statuto, e il simbolo?

Un mese e mezzo fa si era annunciata l'ormai prossima separazione delle strade tra MoVimento 5 Stelle e l'Associazione Rousseau. Ora può dirsi che quel distacco sia quasi del tutto completato, dopo che Giuseppe Conte ha comunicato, attraverso i suoi canali social, l'inizio del "secondo tempo" del M5S, dopo l'annuncio della consegna dei dati degli iscritti al 
MoVimento da parte dell'associazione Rousseau, con cui sarebbe stato raggiunto un accordo.
L'esatto contenuto di questo non è stato esplicitato (al di là di determinate voci divulgate dai media, al di là al presumibile patto di riservatezza stipulato tra le parti). Ci si deve limitare a quanto scritto sul profilo di Conte: "Dopo tanti anni di collaborazione era giusto che tutto si concludesse con un accordo. [...] Mi sono direttamente confrontato con Davide Casaleggio e abbiamo trovato una soluzione, che consentisse la partenza di questa nuova fase, mettendo fine alle varie pendenze e onorando i pagamenti. Le strade si dividono ma con pieno rispetto da parte nostra. Casaleggio è un nome che evocherà sempre la storia del Movimento e chi non rispetta la propria storia non rispetta se stesso. È stato un lungo confronto, ma sono contento di poter dire che ogni parola, ogni telefonata e discussione avuta in queste settimane è una pietra che poggiamo alla base del nuovo progetto politico. Ringrazio in particolare Vito Crimi, con cui abbiamo concordato un cronoprogramma e che in questo periodo non si è mai risparmiato". 
In concreto, ciò significa che i dati sono stati consegnati (o almeno è iniziata la consegna), ma naturalmente ciò non avverrà gratuitamente, bensì a fronte del pagamento di una parte del denaro che l'associazione Rousseau ritiene di dover ricevere dal MoVimento e (soprattutto) dai suoi portavoce, necessario anche per pagare i fornitori dell'associazione stessa (e dopo il pagamento, se la consegna dei dati finora fosse stata parziale, potrebbe così essere completata).
Naturalmente Conte nelle sue parole non manca di sottolineare che l'accordo è motivato anche dalla decisione che il Garante per la protezione dei dati personali ha preso il 1° giugno, a partire dalla segnalazione presentata da Vito Crimi in qualità di legale rappresentante del M5S il 12 maggio (e integrata una settimana dopo). Quel provvedimento ha ingiunto all'associazione Rousseau, "responsabile del trattamento dei dati degli iscritti al Movimento 5 Stelle", di consegnare al M5S - che invece del trattamento di quei dati è il titolare: entrambe le posizioni sarebbero state indicate da Grillo il 25 aprile 2016 - i dati personali dei suoi iscritti (senza più trattarli in seguito, salvo "l'ulteriore trattamento dei dati personali di quegli iscritti rispetto ai quali l’Associazione Rousseau sia al contempo autonomo titolare del trattamento") entro cinque giorni.
In effetti Crimi aveva chiesto anche, attraverso l'avvocato del M5S Francesco Cardarelli, di ottenere subito la disponibilità dei domini dei siti movimento5stelle.it e tirendiconto.it; in compenso, la persona responsabile della protezione dati di Rousseau ha detto di aver ricevuto due richieste di trasferimento dati da parte di persone diverse che si ritenevano legittimate (una è Crimi, l'altra è probabile che sia Silvio Demurtas, che il tribunale di Cagliari a febbraio aveva nominato curatore speciale del M5S all'interno di una causa legata al provvedimento di espulsione di Carla Cuccu, salvo poi revocarlo a fine maggio perché - appunto - avrebbe voluto farsi autorizzare a chiedere i dati degli iscritti per farli votare su Cuccu, cosa ritenuta oltre i suoi compiti). Il M5S, nel ribadire la propria richiesta, aveva anche precisato di aver nominato nuovi responsabili del trattamento dei dati e di ritenere che le questioni patrimoniali (i debiti non ancora onorati dagli eletti del M5S verso Rousseau) non facessero venire meno l'obbligo di restituire tutti i dati a richiesta del titolare del trattamento; Rousseau aveva ribadito di non essersi rifiutata di consegnare i dati, avendo invece chiesto di avere istruzioni da "un soggetto effettivamente munito della capacità di esprimere la volontà dell’Associazione titolare dei dati" (e rivendicando come legittimo l'invio di mail agli eletti per sollecitarli al pagamento del contributo alle spese sostenute per i servizi erogati, in quanto rientrante "nell’ambito del servizio 'Tirendiconto' che l'Associazione Rousseau eroga ai singoli parlamentari e/o consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle", un rapporto che l'associazione avrebbe avuto con gli eletti in maniera autonoma rispetto al trattamento legato all'adesione al M5S).
Per il Garante Privacy - in particolare, il suo presidente, che ha adottato il provvedimento in via di urgenza - non sono emersi "profili di illiceità" del trattamento dei dati da parte di Rousseau, ma  dei trattamenti medesimi; in compenso, essendo "circostanza incontestata che il Movimento sia il titolare del trattamento", questi ha "diritto di disporre dei dati personali degli iscritti per utilizzarli, limitatamente al perseguimento delle proprie finalità", dunque tali dati dovevano essere consegnati nelle forme richieste dal M5S.
In effetti non è d'accordo con il provvedimento del Garante Privacy Davide Casaleggio: in un post di oggi sul Blog delle Stelle (dall'inequivocabile titolo Il fu MoVimento 5 Stelle) ha parlato di "premesse che ritengo errate"; con riguardo all'individuazione del legale rappresentante del M5S cui consegnare i dati, ha voluto sottolineare che, invece che seguire la strada di un nuovo "voto democratico" per individuarlo e legittimarlo, "in questi giorni gli organi politici del MoVimento 5 Stelle ed il Garante della privacy hanno deciso, prendendosi ovviamente anche la piena responsabilità di tutte le conseguenze, di indicare chi fosse", evidentemente senza il passaggio da lui auspicato. "Se si cerca legittimazione politica in un tribunale, vuol dire che la democrazia interna è fallita" ha aggiunto, annunciando che "al completamento del passaggio dei dati, mi disiscriverò dal MoVimento 5 Stelle come tanti hanno deciso di fare negli ultimi mesi. Questo non è più il MoVimento e sono certo non lo avrebbe più riconosciuto nemmeno mio padre". Colui che, come ha ricordato in altre occasioni, aveva disegnato il simbolo del MoVimento 5 Stelle.
Ora, se è chiaro che - come lo stesso Conte ha precisato - il nuovo corso del MoVimento 5 Stelle avrà bisogno di "un'altra piattaforma telematica, che terrà vivo il filo diretto con i nostri attivisti", al momento si sa solo che saranno presto (entro il mese?) resi noti il nuovo testo dello statuto del M5S e la Carta dei principi, che poi saranno sottoposti al voto (prima ancora che ci si pronunci sulla nuova leadership). Al di là delle riflessioni concrete che il caso appena ricordato può generare - in particolare: è opportuno, prima ancora che legittimo, che un soggetto diverso dal partito o da un suo organo sia responsabile del trattamento dei dati personali degli iscritti a un soggetto politico? Certamente ora la situazione è assai più complessa rispetto ad alcuni anni fa e magari il partito non è in grado di fare tutto da sé, ma la domanda è importante - è giusto chiedersi anche se il "secondo tempo" (ammesso che non sia già il terzo o il quarto) del MoVimento 5 Stelle avrà effetti anche sul suo simbolo
Il fatto che sia stato Gianroberto Casaleggio a concepirlo - e sarebbe interessante che Davide spiegasse come: si è provato in alcune occasioni a chiedere un'intervista per saperne di più, finora senza successo - non può costituire ovviamente un titolo di proprietà: il marchio attuale - con la dicitura ilblogdellestelle.it - è stato registrato a novembre 2018 e depositato all'inizio di quell'anno dal M5S (avendo come rappresentante l'avvocato Andrea Ciannavei); naturalmente in precedenza Beppe Grillo aveva depositato il marchio con il suo sito all'interno. Il nucleo del simbolo dunque potrebbe non mutare, mentre è assai probabile che cambi il riferimento al sito, anche per dare un taglio netto con un dominio che non appartiene direttamente al MoVimento. Naturalmente, però, è sempre possibile che Conte intenda imprimere un mutamento più corposo, che conservi qualche dettaglio di connessione con l'esperienza politica che lo ha portato a Palazzo Chigi tra il 2018 e l'inizio del 2021, ma marchi nettamente il "secondo tempo". 
Probabilmente tra qualche giorno se ne saprà di più, anche se è probabile che il MoVimento, la V di fantasia e le stelle restino al loro posto, almeno per un po'. Già che ci si è, peraltro, vale la pena di notare che, se su alcuni aspetti Giuseppe Conte si è già espresso (a partire dalla questione dei limiti al numero dei mandati, ritenendo opportuno affrontarla più in là), non ha ancora detto nulla sull'eventualità che, sotto la sua guida, il MoVimento 5 Stelle possa darsi caratteristiche statutarie che gli permettano di iscriversi al Registro dei partiti e dei movimenti politici, cosa che consentirebbe di accedere tanto alla contribuzione agevolata, quanto alla ripartizione del 2 per mille. Non se ne è parlato, bisogna dargliene atto, ma non lo si può escludere del tutto: si tratterebbe ovviamente di un passaggio non indolore, che produrrebbe altre fratture, ma trasformerebbe il M5S in un partito a tutti gli effetti, integrandolo in pieno nel quadro politico. Per qualcuno sarebbe un tradimento, per altri il segno che il MoVimento è diventato adulto o si appresta a diventarlo. Questione di punti di vista, volendo.

venerdì 23 aprile 2021

M5S e Rousseau, le strade si dividono. Che ne sarà del simbolo?

Quello di oggi sembra un giorno rilevante nella storia politica (e forse giuridica) del MoVimento 5 Stelle: già i giorni precedenti ne avevano costituito le premesse, ma l'annuncio dell'ormai prossima separazione delle strade tra M5S e Associazione Rousseau è di oggi, dunque valeva la pena aspettare a occuparsene. La notizia è contenuta in un post uscito sul sito Ilblogdellestelle.it (che fino ad ora è stato individuato, almeno dalla fine del 2017, come principale spazio di espressione del M5S, accanto al sito www.movimento5stelle.it che conserva la sua funzione di "deposito" dello statuto, dei rendiconti e degli altri documenti ufficiali richiesti dalle norme in vigore) a firma della stessa Associazione Rousseau. 
Il post - dal titolo Oggi siamo a terra, ma ci rialzeremo - rappresenta la conseguenza dell'ultimatum lanciato attraverso lo stesso sito l'8 aprile: il punto più delicato, anche allora - come già era emerso da mesi - era il credito consistente che l'Associazione Rousseau, presieduta da Davide Casaleggio, riteneva di vantare non tanto verso il MoVimento, quanto piuttosto verso le singole persone elette sotto il simbolo del M5S a norma dell'art. 5 del codice etico del M5S, in base al quale ogni eletto al Parlamento italiano ed europeo (o in un consiglio regionale) sarebbe tenuto a "erogare un contributo economico destinato al mantenimento delle piattaforme tecnologiche che supportano l’attività dei gruppi e dei singoli parlamentari e consiglieri e del finanziamento del cd. 'Scudo della Rete' (ovvero il fondo per gli oneri necessari per la tutela legale)". Dopo la riduzione dei servizi annunciata già nel 2020, l'8 aprile era stata appunto indicata una data limite - il 22 aprile, ieri - oltre la quale sarebbe stato necessario "eliminare ambiguità, rinvii e mancate scelte", prendendo "decisioni definitive": il debito cumulativo delle persone elette, che dall'inizio del 2020 aveva raggiunto un "enorme ammontare", insieme alle decisioni non prese dal MoVimento, secondo Casaleggio avevano reso insostenibile la situazione. Il post di oggi, a poche ore dalla scadenza dell'ultimatum, dimostra che non c'è stato alcun accordo nella direzione auspicata da Rousseau.
La questione, ovviamente, non era e non è solo di natura economica: in apertura dello scritto di oggi si fa riferimento anche alla mancata condivisione di "un progetto comune con responsabilità e perimetri ben definiti dei ruoli reciproci" e al mancato raggiungimento di "un accordo di partnership per rafforzare e chiarire il legame tra Rousseau e il Movimento". L'aspetto economico è però certamente il più rilevante, avendo l'Associazione Rousseau "dovuto comunicare a tutto il personale di Rousseau che siamo costretti ad avviare le procedure per la cassa integrazione", pur senza chiudere al momento la piattaforma e i relativi servizi (certamente di molto ridimensionati). Non manca un accenno polemico rilevante dal punto di vista giuridico, nel passaggio in cui si indica che i patti (legati alla fornitura dei servizi) saranno onorati da Rousseau "fino a che non siano consensualmente modificati da soggetti legittimati a farlo, nel rispetto delle regole che la comunità del MoVimento ha deciso di darsi": il riferimento è all'individuazione della figura del legale rappresentante del M5S, dopo la votazione delle modifiche allo statuto che a febbraio avevano sostituito il Capo politico con un Comitato direttivo, non ancora insediato, e dopo la decisione del Tribunale di Cagliari di nominare un curatore speciale per il MoVimento costituito nel 2017 (ritenendo che i ritocchi allo statuto non potessero far ritenere Vito Crimi ancora Capo politico, lasciando dunque l'associazione priva di legale rappresentante).
Nel ricordare il lungo periodo di vita della "struttura" Rousseau (nata di fatto ben prima che nascesse un'associazione e una piattaforma con quel nome, si sottolinea nel post: "era ed è stato, negli anni, il metodo che ha guidato tutto il percorso di nascita, crescita ed evoluzione del MoVimento 5 Stelle"), si annuncia "un nuovo progetto con nuovi attori protagonisti", per portare avanti la visione di Gianroberto Casaleggio (magari attraverso il manifesto Controvento, lanciato il 10 marzo); allo stesso tempo, vista la situazione economica delicata, sempre nella speranza di recuperare almeno parte del denaro atteso dai parlamentari del M5S, Rousseau avrà comunque bisogno di "trovare strategie di sostenibilità per il futuro". Per questo si è detto che la piattaforma "diventerà uno spazio aperto, laico e trasversale. Uno spazio per dare voce a tutti coloro che vorranno aggregare persone attorno a battaglie, temi o proposte. Uno spazio che ha l’ambizione di realizzare la più grande 'lobby' dei cittadini attivi". L'idea, dunque, sembra essere fare qualcosa di simile a quanto si è fatto sin qui, anche sulla base dell'esperienza maturata, ma nella consapevolezza che "il futuro della politica si giocherà su un campo totalmente diverso e [...] avrà forme relazionali e organizzative totalmente differenti da quelle attuali", soprattutto perché "le future strutture sociali e politiche saranno sempre più interdipendenti da una infrastruttura globale creata dalle piattaforme digitali"
Sempre oggi, ovviamente, è uscita la "versione" del MoVimento 5 Stelle, sulla sua pagina Facebook. Il testo è breve, quindi lo si riporta per intero: 
La democrazia diretta, la partecipazione, il coinvolgimento degli iscritti nelle decisioni non dipendono dal singolo strumento utilizzato ma dalla volontà del Movimento 5 Stelle di affidarsi alla democrazia diretta avvalendosi prioritariamente di strumenti digitali. Questa volontà rimane invariata, il nostro cuore pulsante è la democrazia diretta, qualunque sia lo strumento utilizzato. Le scelte dell'associazione Rousseau dell'ultimo anno evidenziano la volontà di quest'ultima di svolgere una parte attiva e diretta nell'attività politica. Questa volontà è incompatibile con una gestione "neutrale" degli strumenti che devono servire ad attuare la democrazia diretta nel Movimento. Il Movimento 5 Stelle, nell'ambito del nuovo progetto politico in corso di definizione, ha pertanto avviato tutte le procedure necessarie per dotarsi degli strumenti digitali necessari ad assicurare la partecipazione degli iscritti al Movimento 5 Stelle ai processi decisionali.
Queste poche righe preludono alla necessità di continuare il percorso del M5S senza l'ausilio della piattaforma Rousseau (e comunque dei servizi forniti dall'associazione) e con l'evidente necessità di dotarsi di nuovi strumenti che consentano di fare più o meno ciò che la piattaforma usata sin qui permetteva. O, comunque, ciò che il nuovo corso del MoVimento 5 Stelle richiederà. Ovviamente è presto per capire cosa la nuova piattaforma (o comunque il soggetto fornitore di servizi) dovrà consentire, se non altro perché è probabile che nelle prossime settimane si avrà notizie di nuove modifiche statutarie, probabilmente non limitate alla sola leadership del M5S (e al ruolo di Giuseppe Conte).
Naturalmente varie questioni restano in campo e dovranno essere necessariamente sistemate, a partire dalla gestione e titolarità dei siti: ilblogdellestelle.it è stato registrato proprio dall'Associazione Rousseau e il referente è proprio Casaleggio Jr. Quel sito, tra l'altro, figura anche nel simbolo attuale del MoVimento 5 Stelle, dunque non è escluso che quella parte possa cambiare, esattamente come si è modificata nel corso del tempo (prima Beppegrillo.it, poi Movimento5stelle.it). A proposito del simbolo, a questo punto sarà chiaramente in discussione (come e in che termini, lo si capirà) quell'accordo - emerso dalla lettura degli ultimi rendiconti relativi al M5S-2 (quello fondato all'inizio del 2013 con atto notarile) in base al quale il simbolo di proprietà di quell'associazione (MoVimento, le 5 stelle e il sito Movimento5stelle.it) è stato "dato in uso gratuito all'associazione Rousseau": evidentemente quell'uso - che non dava certo alcuna pretesa sulla titolarità del segno - era ancillare alle operazioni che Rousseau doveva compiere (essendo la piattaforma legata alle attività del M5S).
Il punto più delicato, al momento, sembra essere costituito dai dati degli iscritti al MoVimento 5 Stelle, di cui è responsabile il M5S stesso, ma che - a quanto pare di capire - sono nelle mani proprio di Rousseau. Si tratta indubbiamente di un'anomalia, che chiaramente pone un serio problema: al di là dei risvolti giuridici della questione (che presto dovranno essere affrontati), senza dati degli iscritti è quasi impossibile operare politicamente. Non a caso, in una delle cause avviate nel corso del tempo contro Beppe Grillo e il M5S (2012 e 2017), il Tribunale di Genova aveva ritenuto necessario che i dati degli iscritti fossero consegnati al curatore speciale del MoVimento del 2009, onde poter operare di nuovo (sia pure dovendo costruire un altro sito come sede). Certamente la consegna non sarà cosa immediata e semplice (specie se si considera il credito che l'Associazione Rousseau ritiene di avere): in ogni caso, è lecito attendersi novità nei prossimi giorni o, almeno, nelle prossime settimane.

giovedì 28 novembre 2019

Simbolo M5S, esclusiva negata al primo MoVimento. E ora?

Ci è voluto oltre un anno e mezzo per arrivare a una prima sentenza nel procedimento iniziato a febbraio del 2018 davanti al tribunale di Genova dal curatore speciale del MoVimento 5 Stelle nato nel 2009 contro le associazioni omonime (costituite nel 2012 e nel 2017): la richiesta di ottenere la disponibilità del sito www.movimento5stelle.it e di vedersi riconoscere l'esclusiva titolarità del nome e del simbolo del M5S, con tanto di risarcimento dei danni, è stata respinta. La notizia è di una settimana fa  - la sentenza, datata 4 novembre, è stata resa pubblica il 21 - ma non ha avuto troppo spazio sui media (pur essendo stata diffusa da Adnkronos), probabilmente perché di fatto nulla cambia sul piano politico e giuridico; non per questo, tuttavia, la pronuncia non merita di essere analizzata con attenzione. 

* * *

Non è inutile ricordare che il 12 gennaio il tribunale di Genova aveva nominato un curatore speciale per il MoVimento 5 Stelle fondato nel 2009 (d'ora in avanti M5S-1), accogliendo il ricorso con cui un gruppo di iscritti della prim'ora aveva rilevato l'esistenza di un conflitto di interessi di Beppe Grillo per il ruolo apicale rivestito nei tre MoVimenti, soggetti non coincidenti tra loro (nelle regole interne e nei programmi), dunque confondibili. Il curatore, l'avvocato Luigi Cocchi, alla fine di febbraio si era rivolto sempre al tribunale di Genova, chiedendo che fosse inibito l'uso del nome e del simbolo a Grillo nonché alle associazioni denominate MoVimento 5 Stelle, fondate nel 2012 (M5S-2) e nel 2017 (M5S-3, fondato tra l'altro il 20 dicembre 2017 solo da Luigi Di Maio e Davide Casaleggio, come si è appreso durante questo processo, dopo il deposito dell'atto costitutivo): secondo il curatore i segni spettavano solo alla "non associazione" del 2009 (il M5S-1), perché altrimenti questa non avrebbe visto tutelata la propria identità personale e la sua possibilità di agire (a che serve chiamarsi in un modo se i propri segni identificativi vengono usati da altri?). Cocchi aveva anche chiesto che Grillo consegnasse al M5S-1 le banche dati degli iscritti alla "non associazione", così da permettere ai nuovi rappresentanti del soggetto nato nel 2009 di ricostituire i rapporti di comunicazione e informazione con i loro iscritti.
La questione era già stata affrontata dai giudici in sede cautelare: il curatore temeva che i diritti del M5S-1 potessero essere pregiudicati irreparabilmente dalla confondibilità delle tre associazioni tutte chiamate M5S. In prima battuta, il 27 marzo, le richieste di Cocchi erano state respinte, ritenendo che ci fosse una differenza tra la "non associazione" del 2009 ("destrutturata") e quelle nate in seguito, qualificabili come partiti dunque "con una indubbia evidenza di rilievo pubblico"; in più, lì si sostenne che il M5S-1 non aveva provato di essere titolare del nome e del simbolo o anche solo del diritto a usarli e si ritenne che la pretesa di ottenere i dati degli iscritti fosse "sproporzionata e sbilanciata, in rapporto alle esigenze di tutela della privacy [...] per essere supportata da una quarantina di iscritti all'associazione, a fronte di circa 150mila". 
Cocchi, tuttavia, presentò reclamo: il 24 maggio dello scorso anno un collegio di giudici emise un'ordinanza con conclusioni in parte diverse. In effetti il verdetto rimase identico sulla parte dei segni distintivi: per i magistrati non c'erano indizi a suffragio della titolarità esclusiva del nome e del simbolo in capo alla "non associazione" del 2009 (anche il M5S-2 risultava titolare del diritto al nome e la contrarietà all'uso del nome da parte di 45 persone su 150mila iscritti non sarebbe stata indicativa di una contrarietà generale). In compenso, il collegio di reclamo ritenne di non doversi occupare in sede cautelare delle richieste sull'accesso esclusivo al sito (riconoscendo la complessità della questione), ma decise che per poter aprire un nuovo sito che assicuri l'operatività dell'associazione (come "sede" della stessa) la "non associazione" doveva disporre dei dati degli iscritti, quindi Grillo doveva consegnarli (e ciò era conforme alle norme sulla privacy). 

Si può ora analizzare il contenuto della sentenza di primo grado, dopo aver ricordato che, a sostegno delle posizioni del curatore speciale del M5S-1, sono intervenuti 23 iscritti alla "non associazione" del 2009 (legati al "Comitato per la Difesa dei Diritti dell'Associazione M5S", che nel 2018 era riuscito a ottenere dal presidente del tribunale di Genova la nomina del curatore speciale, e difesi tra l'altro dall'avvocato Lorenzo Borrè). In prima battuta, la giudice Paola Luisa Bozzo Costa - la stessa che aveva emesso la prima ordinanza di rigetto totale ha dovuto sciogliere varie questioni preliminari, tra le quali le contestazioni di Grillo e dei M5S-2 e 3 relative alla nomina del curatore speciale. Da una parte le parti interessate non avrebbero impugnato nei termini il decreto di nomina del curatore ritenuto viziato; dall'altra è risultato indubbio il ruolo di Grillo come capo politico dell'associazione del 2009, così come era evidente l'esistenza di un conflitto di interessi, visto che Grillo, quale legale rappresentante del M5S-2, avrebbe compiuto "comportamenti contrari agli interessi dell'associazione 2009". 
Nel merito, il tribunale ha confermato la condanna di Beppe Grillo a consegnare al M5S-1 le banche dati degli iscritti a quell'associazione, come aveva deciso il collegio di reclamo (e a differenza di quanto sostenuto nella sua ordinanza dalla stessa giudice Bozzo Costa). Per il tribunale non c'è la prova che l'associazione del 2009 sia titolare del sito e del dominio www.movimento5stelle.it (il M5S-2 è registrant del dominio dal 16 novembre 2015: questo l'avrebbe ricevuto dalla Casaleggio associati che, a sua volta, il 9 novembre 2010 l'aveva acquistato dal privato che lo aveva creato il 9 ottobre 2009); emergerebbe però che il soggetto che ha esercitato il servizio di hosting per il sito "ha offerto tale servizio, asseritamente, a titolo di cortesia e, ad un certo punto, ha deciso di fornirlo solo all’Associazione 2017, 'sfrattando' di fatto l'Associazione 2009". Al M5S-1, dunque, "in assenza del sito è obiettivamente impedita qualsiasi attività": da "non statuto" la sua sede coincide con l'indirizzo www.movimento5stelle.it. E se pure non si è dimostrata l'esistenza di un accordo perché quello spazio web fosse assicurato alla sola associazione del 2009 (non potendosi obbligare il gestore o il M5S-3 a dare al M5S-1 l'accesso esclusivo al sito), la "non associazione" poteva continuare la sua attività - registrando un altro dominio e ricreando un sito simile a quello da cui è stata "sfrattata" - solo disponendo dei dati essenziali degli iscritti per poterli contattare: questi sono stati consegnati dopo l'udienza di prima comparizione al curatore speciale, anche se pare che questi non li abbia ancora usati perché - sbagliando, secondo la giudice - riteneva che non gli fosse ancora consentito
Il tribunale ha però confermato l'ordinanza emessa a seguito del reclamo anche quanto alla titolarità del nome e del simbolo del MoVimento 5 Stelle, negando dunque che i segni identificativi del M5S spettassero in esclusiva alla "non associazione" operante dal 2009. Posto che la causa verteva in materia di diritti della personalità (e non di diritti di utilizzo economico di segni distintivi: il simbolo del M5S è stato registrato come marchio, ma qui si discute dell'uso del segno come elemento di identificazione di uno o più soggetti), si è chiarito dall'inizio che "nessuna delle parti convenute ha mai contestato a parte attrice il diritto di fare uso del nome (e neppure del contrassegno) descritto in giudizio": qui però si discuteva della richiesta del M5S-1 di essere dichiarato unico titolare dei segni di identificazione, censurando l'uso da parte delle altre associazioni come usurpazione. 
Per la giudice qui non ci sono state scissioni in seguito a trasformazioni radicali di partiti (inevitabili pensare alle vicende di "falce e fiammella" relative al Pci-Pds e al Msi-An; le parti hanno citato anche il caso - o, volendo, la saga - della Dc) per cui si è discusso del diritto all'uso di nomi e simboli. Qui c'è invece - torna un'osservazione fatta dalla giudice nella sua prima ordinanza di rigetto - un contenzioso tra "una associazione non riconosciuta che, pur svolgendo principalmente attività politica finalizzata alle competizioni elettorali, esclude espressamente di essere un partito politico (così come di poterlo diventare in futuro) e rifiuta di farsi imbrigliare dalle regole ordinamentali limitando al minimo anche le proprie", ossia la "non associazione" del 2009 (M5S-1) e "due associazioni che, invece, hanno svolto e stanno svolgendo attività politica in quanto partito, avendo struttura e regolamentazioni in conformità alle prescrizioni ordinamentali", cioè le associazioni costituite nel 2012 (M5S-2) e nel 2017 (M5S-3). La prima sarebbe un'associazione "destrutturata, nella quale la comunità degli aderenti si è riconosciuta per l'assenza di intermediazioni, di apparati, di organi di rappresentanza, di gerarchie"; le altre sono "strutturate, regolamentate e svolgono [...] attività politica in qualità di partiti, con una indubbia evidenza e rilevanza pubblica". ll sorgere delle associazioni del 2012 o del 2017 per il tribunale non ha comportato scissioni: ciò non emerge dagli atti costitutivi del M5S-2 e del M5S-3 (risulterebbe anzi l'intento "di proseguire l'impegno ed indirizzo politico intrapreso dall'associazione 2009") e le parti non hanno mai detto nulla di simile in giudizio.
La giudice riconosce, come aveva fatto nella sua prima ordinanza, che l'uso del nome e del simbolo da parte del M5S-2 e (soprattutto) del M5S-3 appare "astrattamente idoneo a svilire la funzione identificativa del nome e del simbolo dell’Associazione 2009": i soggetti operano nello stesso contesto socio-politico e il M5S costituito nel 2017 partecipa direttamente alle elezioni, cosa che il M5S del 2009 non poteva fare. Mancherebbe però la prova che la "non associazione" sia "titolare in via esclusiva di nome e simbolo e che le controparti ne abbiano fatto uso indebito": le scarne regole del "non statuto", in particolare, parlano all'art. 3 del nome "abbinato a un contrassegno registrato a nome di Beppe Grillo, unico titolare dei diritti di uso dello stesso". Altri documenti avrebbero provato la titolarità del simbolo (registrato da Grillo anche come marchio, ma qui inteso come segno identificativo) in capo a Grillo, come l'annuncio - il 17 novembre 2015 - di voler togliere sul suo nome dall'emblema e l'apertura del voto per decidere come sostituirlo e le indicazioni del "non statuto" sulla necessità di specifica autorizzazione del titolare per usare il marchio. 
Non è poi stato provato che ad autorizzare detto uso alle elezioni sia stato, in qualunque fase, il M5S-1, in quanto titolare esclusivo di quel diritto: deporrebbe in tal senso la nuova versione del "non statuto" del 2015 (che attribuisce la titolarità dell'emblema all'associazione M5S, quella costituita nel 2012 in vista della partecipazione alle elezioni e che nel frattempo aveva ricevuto da Grillo i diritti sull'emblema, come risulta dall'atto costitutivo). Anche nel regolamento del MoVimento, adottato nel 2016 - oggetto di un altro contenzioso civile, ancora in corso presso il tribunale di Roma - si ribadisce il potere del capo politico - Grillo - di autorizzare e di fatto di inibire l'uso del simbolo; proprio Grillo, del resto, come legale rappresentante del M5S-2 ha depositato il contrassegno al Viminale.
Lo stesso uso, nel simbolo del M5S, della V maiuscola "con grafia di fantasia" e delle 5 stelle nel cerchio era stato mutuato dall'emblema creato per la "Lista CiVica a 5 Stelle", progetto direttamente legato a Beppe Grillo fin dal lancio dell'iniziativa "comuni a 5 Stelle" nel 2007, proseguito con le prime liste civiche (senza nome e immagine coordinata) nel 2008, fino alla presentazione delle Liste CiViche I'8 marzo 2009, tutto mediante il blog www.beppegrillo.it. Per inciso, nella parte che richiama le tappe che hanno preceduto la nascita del MoVimento la sentenza riproduce quasi per intero un mio articolo giuridico, che la rivista Federalismi.it pubblicò nel 2013; si riconosce bene la stessa ispirazione, al di là di inevitabili - e non sempre appropriate - variazioni testuali, nella parte relativa alla natura giuridica del M5S-1, che a dispetto dei nomi usati ("non associazione" e "non statuto") si configura come una vera e propria associazione dotata di un vero statuto (non di un atto costitutivo, a quanto si sa), ma ha richiesto la costituzione di associazioni distinte per concorrere alle elezioni locali nei primi anni. Tutto ciò fa dire al tribunale che nome e simbolo non rientrano "nel patrimonio comune ed esclusivo dell'associazione 2009", essendo stati condivisi "con altre associazioni locali che si sono fatte carico di partecipare formalmente alle consultazioni elettorali quanto meno fino al 2012" ed essendo il simbolo registrato a nome di Grillo, il quale avrebbe avuto il potere di "decidere sull'uso dell'emblema [...] (e, di riflesso, anche sul nome)" con riguardo a militanti ed eletti M5S.
Circa la progressiva coesistenza di tre soggetti denominati MoVimento 5 Stelle, per la giudice sarebbe indice non di un conflitto politico, ma di "una progressiva trasformazione dell'associazione 2009 nei suoi aspetti organizzativi interni e soprattutto strutturali ed istituzionali", mentre sarebbe stata evidenziata una "continuità nel solco con la tradizione politica dell'associazione 2009": mancherebbe il "rischio di sviamento per gli elettori" e, secondo il tribunale, pure "la lamentata perdita di democraticità diretta che sarebbe stata la cifra esclusiva dell'associazione 2009" (mentre, in base agli atti prodotti nella causa, essa sarebbe stata messa in ombra dall'inizio dalla "forte centralizzazione del potere decisionale nelle mani del leader"; la stessa titolarità esclusiva del simbolo in capo a Grillo sarebbe stata "in sostanziale contrasto con la filosofia dell'orizzontalità (uno vale uno) e dell’assenza di un leader"). Al contrario, atto costitutivo e statuto dell'associazione del 2017 (M5S-3) "prevedono le procedure relative alla selezione delle candidature ed alla definizione dei programmi e delle politiche da sostenere in parlamento, la possibilità per iscritti di esprimersi rispetto alle decisioni interne", indicano altre procedure per eleggere gli organi interni e sfiduciare il capo politico; sono invece venute meno le prerogative della leadership e "l'infrastruttura informatica deputata alla gestione dei processi decisionali [...] risulta [...] chiaramente identificata e soggetta a controlli da un organismo indipendente ad evidente vantaggio della democrazia diretta".
Mancherebbe infine il presupposto per parlare di usurpazione di nome e simbolo da parte delle associazioni costituite nel 2012 e nel 2017, perché non ci sarebbe un uso contro la volontà della "non associazione" del 2009: per il tribunale il numero di iscritti al M5S-1 che hanno formalmente lamentato l'uso confusorio dei segni identificativi del Movimento (anche aderendo all'iniziativa giudiziaria in esame) è troppo contenuto per potersi parlare di contrarietà della maggioranza (o almeno di una consistente minoranza) di soci della "non associazione" all'uso del nome e del simbolo fatto dai MoVimenti costituiti in seguito.


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Le parti e ogni interprete non possono far altro che prendere atto del contenuto della sentenza; non è improbabile che il curatore del M5S-1, essendosi visto rigettare tutte le sue richieste in materia di nome e simbolo, decida di impugnare la decisione e rivolgersi alla corte d'appello (non possono invece farlo gli iscritti intervenuti, potendo limitarsi a intervenire nell'eventuale giudizio di secondo grado instaurato da Cocchi). Per quanto rileva qui, alcuni punti devono essere rapidamente analizzati. 
Innanzitutto, stupisce che ancora si sottolinei la differenza tra il M5S-1, "non partito destrutturato" e le due associazioni omonime, che si sono comportate come partiti, facendo discendere riflessioni e decisioni da tale differenza. Sul piano giuridico - più rilevante di quello organizzativo - i tre soggetti sono identici, essendo tutte associazioni non riconosciute (anche il M5S-1, che si qualifica come "non associazione"); di più, tanto il M5S-2 (2012), quanto il M5S-3 (2017) non hanno mai assunto la qualifica giuridica di "partiti politici" per scelta, non avendo mai sottoposto - a quanto si sa e almeno fino ad ora - il loro statuto all'esame della Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici, istituita dal decreto-legge n. 149/2013 e incaricata di valutare la rispondenza degli statuti ai requisiti di legge. Anche dopo le modifiche fatte per adeguare gli statuti a molte delle previsioni normative, il MoVimento non ha mai avviato quel procedimento, probabilmente per non essere in condizione di fruire del denaro pubblico e delle agevolazioni che la legge riserva ai partiti i cui requisiti di democraticità sono stati verificati; tuttavia, se di partiti si parla, lo si deve fare in termini tecnici (certo, il M5S-2 e il M5S-3 hanno presentato e presentano i rendiconti e gli altri documenti economici legati alla partecipazione alle elezioni sovralocali, ma ciò non rende il M5S un partito). Di più, tuttora vari eletti del M5S rivendicano come il MoVimento non sia un partito e mai lo diventerà: un conto sono le parole e un conto sono le forme giuridiche, ma occorrerebbe intendersi e chiarirsi una volta per tutte.     
Nella sentenza poi, pur riconoscendo il conflitto di interessi in capo a Grillo per i ruoli rivestiti nelle tre associazioni denominate MoVimento 5 Stelle, si risolve la questione dei rapporti tra i M5S inquadrandola come "progressiva trasformazione dell'associazione 2009 nei suoi aspetti organizzativi interni e soprattutto strutturali ed istituzionali", connotata da "continuità nel solco con la tradizione politica dell'associazione 2009". Di continuità giuridica ovviamente non si può parlare: c'è un atto costitutivo di un nuovo soggetto e non risulta nemmeno siano stati attivati i meccanismi di trasformazione previsti dall'art. 42-bis del codice civile. Si è visto in passato come la continuità politica tra il M5S-1 e il M5S-3 non sia piena, anche solo per la questione delle alleanze, prima non contemplate mentre ora queste sono possibili (e si sono verificate, come nel caso dell'Umbria); è però noto che al giudice sono preclusi giudizi di natura politica, dunque non si può chiedere al tribunale di valutare quanta continuità politica (o di "ortodossia") vanti l'uno o l'altro soggetto. Alcune cose però si possono dire. Innanzitutto, utilizzare il metro della continuità politica per avallare l'uso di un segno identificativo è in parte pericoloso: si rischia di consentire a chiunque voglia porsi in continuità con un soggetto associativo/politico esistente l'uso del nome e della grafica di quel soggetto, senza che questo possa opporsi. Chiaramente qui tutto si complica perché il nome del M5S-1 era anche contenuto in un marchio poi registrato, quindi i due piani di fatto si sono confusi... e forse per questo si dovrebbe evitare di registrare un emblema politico presente o futuro come marchio, proprio come auspica il Ministero dell'interno) e perché i soggetti in posizione di comando in quelle associazioni erano pochissimi e in accordo tra loro; il problema, tuttavia, va posto. 
Occorre poi aggiungere un'altra questione. Dopo la nascita del M5S-3 alla fine del 2017 (tra l'altro a opera di due soggetti - Di Maio e Davide Casaleggio - che non avevano cariche né nel M5S-1 né nel M5S-2, salvo poi trovarsi nella disponibilità esclusiva del sito-sede della "non associazione": nella sentenza non si trova nulla sul punto), l'operatività di questa è parsa configurarsi a tutti gli effetti come una "migrazione" di iscritti dal M5S-1 al M5S-3. In altre parole, si era immaginato un vero e proprio travaso, che avrebbe dovuto portare alla fine allo "svuotamento" del M5S-1, ritenuto evidentemente non più idoneo dal punto di vista giuridico e organizzativo per operare. Ora, si può discutere sul fatto che il M5S-3 abbia oggetto e finalità contrastanti con il M5S-1 (paradossalmente è la stessa giudice a rilevare importanti differenze sul piano della leadership e della democrazia diretta tra le due associazioni); se però quei contrasti ci sono, è chiaro che - come recita il "non statuto" - l'iscrizione al M5S-3 non è compatibile con quella al M5S-1, comportando perdita dei requisiti di ammissione e, dunque, il venir meno della qualità di socio. Ciò ha gli stessi effetti di un recesso, con ciò che ne consegue quanto alla possibilità che altri utilizzino il nome e il simbolo dell'associazione. 
Già, perché a quel punto si porrebbe un problema serio. Dice la giudice che nessuno ha mai contestato al M5S-1 il diritto a usare il nome o il simbolo (senza il dominio di Grillo, ma forse anche senza quello del M5S, di cui non dispone più... e che dire del simbolo senza sito, registrato come marchio da Grillo?). Se è così, occorre porsi alcune domande: che accadrebbe se il curatore speciale organizzasse una manifestazione di rilievo nazionale con nome e simbolo del M5S, essendo incontestato il suo diritto a usarlo? Il M5S-3 (come utente) e il M52-2 (come titolare) non reagirebbero, oppure lamenterebbero un rischio di confusione, non trattandosi più di un uso limitato e poco visibile? 
Altra questione finora non presentatasi e, volendo, ancor più grave: che succederebbe se, a fronte di una congrua raccolta firme, il curatore speciale presentasse o facesse presentare liste nazionali con quel contrassegno? Qualcuno invocherebbe e applicherebbe le norme elettorali che, per tutelare gli elettori, vietano l'uso di simboli usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento (nel 2013 il M5S-2, dal 2018 il M5S-3), ma allora che ne sarebbe del diritto del M5S-1 a utilizzare nome e simbolo (pur se non in via esclusiva), fin qui non contestato? Si chiederebbe una semplice modifica per differenziarlo formalmente dall'altro emblema o, più probabilmente, verrebbe imposto un cambio totale di grafica, magari non accettando neanche minimi rimandi grafici all'esperienza del M5S (una stella, un carattere rosso di una parola nera), adducendo che - come si è ampiamente visto - il diritto elettorale è lex specialis rispetto a quello dei segni identificativi ed le sentenze sul piano civile non rilevano in sede di elezioni? Non toccava ovviamente occuparsi di questo alla giudice qui impegnata, ma evidentemente si tratta di conseguenze della sentenza su cui gli studiosi sono chiamati a interrogarsi: che senso ha riconoscere a un soggetto di natura politica il diritto al nome, se poi in sede elettorale non può farne uso?
Quanto all'argomento numerico per confutare l'esistenza di una volontà dell'associazione M5S-1 contraria all'uso di nome e simbolo da parte degli altri due soggetti omonimi, pare che il tribunale non abbia minimamente tenuto in conto - perché non se ne trova traccia nella motivazione - il fatto che la situazione giuridica soggettiva dell'associazione è autonoma da quella degli associati: l'esistenza dei diritti dell'associazione, difatti, prescinde da un semplice computo numerico degli associati favorevoli o contrari a una determinata decisione (anche se, naturalmente, l'argomento non sarebbe stato inserito dalla giudice nella sentenza se il numero delle lamentele fosse stato ben più consistente).       
Sulla questione del sito, infine, senza entrare nei dettagli sulla titolarità dello stesso - i primi passaggi nella sentenza non sono chiarissimi e da quel testo non ci sono tutti gli elementi per analizzare a fondo il trasferimento del dominio dal creatore alla Casaleggio associati - è opportuno almeno notare che, come ha rilevato la stessa giudice nella sentenza, la sede del MoVimento 5 Stelle nato nel 2009 è fissata nel sito www.movimento5stelle.it, ma lì si dice anche che "i contatti con il MoVimento sono assicurati esclusivamente" grazie a una pagina-form interna a quello stesso sito. Ciò significa che, pur disponendo di nuovo dei dati degli iscritti, il M5S-1 non sarebbe in grado di rispettare uno dei pochi contenuti del suo stesso "non statuto"; per poterlo cambiare, dovrebbe comunque modificare lo statuto stesso, secondo procedure indicate per relationem dal regolamento del M5S e che comunque richiedono la disponibilità del sito da cui il M5S-1 è stato "sfrattato". Si tratta di problemi di non poco conto, che in un modo o nell'altro sono stati sollevati dagli iscritti intervenuti; nella sentenza, però, non c'è traccia di riflessioni sul punto. 
Non è giusto concludere la riflessione senza ammettere che qualunque decisione in materia doveva, deve e dovrà fare i conti con un problema concreto: un conto è mettere in dubbio decisioni dei vertici del M5S con effetto limitato a poche persone o a livello locale (ciò ha riguardato, ad esempio, le vicende processuali di Roma, Napoli e Genova, i cui ricorsi sono stati vittoriosi in sede cautelare, anche solo di reclamo); ben altro conto è attaccare decisioni di rilievo nazionale, che possono avere effetti sull'attività generale del soggetto politico. In altre parole, nel giudizio richiesto ai magistrati sulla validità di atti del M5S non può non avere un peso il fatto che eventuali vizi o comportamenti attaccabili sul piano giuridico potrebbero minare la legittimità della forza politica che nel 2018 era risultata più votata e attualmente comunque gode di una percentuale a due cifre: a prescindere da come stiano realmente le cose, i giudici chiamati a esprimersi vengono caricati di una responsabilità pesante, con cui è inevitabile fare i conti in qualunque senso. Per questo, nell'analizzare le decisioni - mettendone in luce punti di forza e di debolezza - occorre non perdere mai di vista il rispetto per le persone e la comprensione per la delicatezza della situazione che si trovano tra le mani.

lunedì 11 marzo 2019

M5S, svelato l'atto costitutivo del 2017. Grillo e il simbolo? Solo comparse

Non c'è due senza tre e il quattro… ancor non c'è. Verrebbe da dire questo leggendo con attenzione la notizia, rilanciata oggi da varie testate (a partire dal Corriere della Sera cartaceo, con un articolo a firma di Emanuele Buzzi), della divulgazione dell'atto costitutivo del MoVimento 5 Stelle del 2017, vale a dire la terza associazione con quel nome, resa nota alla fine del 2017 e che ha partecipato alle elezioni politiche del 2018 e a tutti gli appuntamenti elettorali successivi.
Va chiarito subito, infatti, che non c'è un M5S-4, vale a dire un quarto soggetto giuridico, dopo la "non associazione" M5S nata nel 2009, l'associazione M5S costituita nel 2012 con un primo atto notarile e profondamente modificata nel 2015 e, appunto, il M5S-3 della cui costituzione lo stesso "Blog delle Stelle" aveva dato notizia negli ultimi giorni del 2017. In quell'occasione, erano stati resi noti solo lo statuto e il codice etico della nuova associazione (nonché il regolamento per le "parlamentarie" 2018), peraltro "in carta libera", cioè con il testo inserito in un normale documento e non mostrano la scansione dell'atto notarile; da ieri invece è stato possibile conoscere anche il testo dell'atto costitutivo del M5S-2017, con le "novità" che esso contiene. 
Il motivo per cui questo atto - rogato dal notaio milanese Valerio Tacchini - è stato reso noto solo ora lo ha spiegato ad Adnkronos Lorenzo Borré, l'avvocato che ha seguito praticamente tutte le cause prima di coloro che erano stati espulsi dal MoVimento (a Roma e Napoli), poi del "gruppo Cassimatis" di Genova, fino a quelle relative all'impugnazione delle modifiche al "non statuto" e al "regolamento" - vicende che, nel complesso, hanno indotto Beppe Grillo e i vertici del M5S a concepire un "contenitore nuovo" - e al contenzioso più importante, quello seguito proprio alla costituzione del M5S-3. In particolare, la pubblicazione dell'atto costitutivo per Borrè sarebbe collegata "al processo pendente a Genova tra Movimento 5 Stelle del 2009 e Movimento 5 Stelle creato nel dicembre 2017 da Davide Casaleggio e Luigi Di Maio", cioè alla causa intentata dagli aderenti al M5S-1 contro - tra l'altro - chi rappresenta il M5S-3, per rivendicare la titolarità dei segni distintivi (per il momento non riconosciuta dal tribunale) e ottenere i dati degli iscritti al MoVimento per poter operare (il giudice ha già disposto in tal senso e, prima ancora, aveva nominato un curatore speciale per il M5S-2009, ritenendo che Grillo fosse in conflitto di interessi per il ruolo ricoperto nelle associazioni fondate successivamente).
Nelle tre pagine dell'atto costitutivo, il dato che si è fatto emergere con maggiore evidenza è la presenza di due soli fondatori, vale a dire Luigi Di Maio e Davide Casaleggio: il capo politico e l'unico rimasto in vita tra i fondatori dell'associazione Rousseau (costituita in aprile 2016 assieme al padre Gianroberto Casaleggio). C'è anche un piccolo "qui-pro-quo" sul nome, poiché i due dichiarano di voler costituire il "Movimento 5 Stelle", ma in tutto il resto dell'atto il nome è "MoVimento 5 Stelle", con la V maiuscola e non è un particolare da poco: fino al 2015, infatti, rappresentava l'unica differenza tra il nome del M5S-1 (V maiuscola) e il M5S-2 (v minuscola), differenza poi rimossa dalla riforma statutaria dell'associazione. Il M5S-3, costituito a fine 2017, ha una sede legale a Roma (via Nomentana 257, coincidente con lo studio di Andrea Ciannavei, avvocato di Beppe Grillo) e una operativa, sempre nella capitale (via Piemonte 32), anche se il capo politico - che lo stesso atto costitutivo individua nella persona di Di Maio "che accetta" - in base allo statuto può "istituire e/o sopprimere eventuali sedi operative".

Sul piano dei principi e delle finalità, l'atto costitutivo all'art. 3 ribatte semplicemente il contenuto dell'art. 2 del nuovo statuto, dunque l'intento di "realizzare un efficiente scambio di opinioni ed un confronto democratico, riconoscendo a tutti gli iscritti, in conformità con le disposizioni del presente Statuto ed in specie attraverso lo strumento della Rete, un effettivo ruolo di indirizzo e determinazione delle scelte fondamentali per l’attività politica dell’associazione", raccogliendo l'esperienza del blog di Grillo, dei meetup, delle manifestazioni organizzate nel frattempo, come pure "delle 'Liste Civiche Certificate e comunque delle liste presentate sotto il simbolo 'MoVimento 5 Stelle' nelle elezioni comunali e regionali, nonché dei gruppi parlamentari costituiti presso la Camera dei Deputati, il Senato della Repubblica ed il Parlamento Europeo". Si tratta dell'unico punto in cui l'atto costitutivo cita il simbolo del M5S, per il resto rimandando la sua descrizione e il suo regime allo statuto (nel quale - va ricordato - si chiariva che l'emblema al M5S-2017 era solamente concesso in uso dal M5S-2012, che ne rimane tuttora proprietario). Lo stesso articolo cita poi la promozione della consultazione degli iscritti per individuare e scegliere "quanti potranno essere candidati a promuovere le campagne di sensibilizzazione sociale, culturale e politica, così come le proposte e le idee condivise nell'ambito del sito www.MoVimento5stelle.it" nelle occasioni elettorali; richiama, da ultimo, i principi di trasparenza, partecipazione e tutela della riservatezza e dei dati personali.
L'art. 4 si limita a rinviare allo statuto l'intero ordinamento dell'associazione, mentre l'art. 5 provvede alla nomina degli organi del M5S: accanto a Di Maio come capo politico, figurano Beppe Grillo come garante e i componenti del comitato di garanzia (Vito Crimi, Giancarlo Cancelleri, Roberta Lombardi) e del collegio dei probiviri (Nunzia Catalfo, Paola Carinelli e Riccardo Fraccaro), secondo i risultati delle votazioni condotte a suo tempo. Più interessante è ricordare (perché lo si sapeva già) che tesoriere del MoVimento - ruolo delicato, anche perché chi lo ricopre è legale rappresentante del M5S - è nominato sempre Luigi Di Maio. Il quale, per accettare la nomina a tesoriere, ha dovuto mandare un'e-mail a se stesso, in qualità di capo politico: in coda all'art. 5, infatti, si legge che "i comparenti - cioè ancora Di Maio e Casaleggio jr - convengono che, per i primi nominati in questo atto, l'iscrizione all'Associazione e l'accettazione della carica coinciderà con una semplice comunicazione scritta, anche mediante messaggio di posta elettronica, spedita all'indirizzo del Capo Politico".
Si legge anche, in chiusura dell'atto, che Di Maio e Casaleggio jr "conferiscono espresso mandato al Capo Politico - sempre Di Maio - affinché lo stesso possa modificare e/o integrare il presente atto e relativi allegati, senza alterarne il significato sostanziale": ha notato però correttamente Buzzi sul Corriere che questo è solo "un passaggio legato alle modifiche formali per eventuali errori tecnici", dal momento che le modifiche sostanziali dello statuto spettano agli iscritti al MoVimento, purché siano raggiunte le maggioranze prescritte dallo statuto stesso (in prima istanza con la partecipazione della maggioranza assoluta degli iscritti, in seconda istanza qualunque sia il numero dei partecipanti, in ogni caso vale la maggioranza dei voti espressi, tranne che per lo scioglimento del M5S, per il quale occorre "il voto favorevole dei tre quarti degli associati").
Cosa apporta di nuovo, dunque, la conoscenza di quest'atto costitutivo del M5S-2017? Sul piano teorico è un passaggio importante, perché si conosce qualcosa che prima non era stato reso noto; sul piano pratico in effetti non ci sono grandi novità, anche se può colpire l'assenza di Grillo tra i fondatori e il suo nuovo, esclusivo ruolo di garante (sia pure, da statuto, a tempo indeterminato, ma questo si sapeva già). Per Borré questo documento "sancisce la fine della narrazione del Movimento partecipato, nato dai cittadini, e ci introduce alla realtà oligarchica di un partito creato da due persone, di cui una viene nominata Capo politico con poteri pressoché assoluti e che poi impone come condizione per la candidatura alle elezioni politiche l'accettazione del nuovo status quo e lo scalzamento della vecchia associazione costituita da Casaleggio sr e Grillo nel 2009 e del Non Statuto, che era ispirato da una concezione di democrazia integrale". Ciò perché, una volta divulgato lo statuto della nuova associazione, si era detto che gli iscritti a quest'ultima avrebbero perso la qualità di soci del M5S-1, destinato allo "svuotamento": un'ipotesi che coloro che si sono rivolti al tribunale di Genova per tutelare la "non associazione" vogliono scongiurare. 
Conclude Borré sostenendo che l'atto costitutivo appena divulgato "segna dunque il sacrificio dei vecchi 'Dei' della democrazia partecipata, sostituiti da un pragmatismo volto a consegnare l'egemonia del nuovo partito ad una ristrettissima élite". Si tratta, ovviamente, di una valutazione di natura filosofico-politica e non giuridica: di quest'ultimo aspetto si occuperanno i giudici prendendo le loro decisioni, mentre la riflessione politica è offerta a tutti, attiVisti, simpatizzanti, amici, nemici e commentatori. Ognuno potrà farsi la propria idea, valutando se il M5S che nel 2018 è approdato in Parlamento - simile a quello fondato nel 2012, ma non identico - e che ora condivide il governo con la Lega sia sovrapponibile a quello delle origini e, in caso contrario, quanto risponda ai propri desiderata. Di certo, quest'atto costitutivo somiglia a quello di molti partiti, al pari dello statuto, per cui la trasformazione del MoVimento 5 Stelle in partito - anche sulla base di alcune informazioni contenute nello statuto stesso - si è sostanzialmente completata. Anche se nessuno del M5S lo ha detto con nettezza.

lunedì 8 ottobre 2018

Simbolo del M5S: il problema è il "multiprestito" o la sua natura di marchio?

Torna al centro dell'attualità il simbolo del MoVimento 5 Stelle, dopo le vicende giudiziarie di cui si è dato conto nei mesi scorsi (e che ancora non sono concluse, in attesa di una sentenza di merito) e che avevano riguardato anche il segno distintivo della forza politica. Questa volta tutto è partito da un articolo dell'agenzia Adnkronos, pubblicato ieri, secondo il quale da una lettura della nota integrativa all'ultimo rendiconto (relativo al 2017) presentato dall'associazione M5S nata nel 2012 (quella "servente", con sede a Genova, costituita essenzialmente per la presentazione di candidature alle elezioni politiche ed europee) risulterebbe che il simbolo sia passato "anche 'nelle mani' di Davide Casaleggio"
L'agenzia, infatti, riferisce che a pagina 5 del documento si legge: "Il simbolo di proprietà dell'Associazione è stato dato in uso gratuito all'Associazione Rousseau", ovvero il soggetto giuridico guidato da Casaleggio jr "che gestisce la piattaforma web del M5S". Il riferimento sarebbe "al marchio pentastellato con la dicitura 'Movimento5Stelle.it', depositato nel 2015" all'Ufficio per l'armonizzazione per il mercato interno, per la registrazione di marchio europeo, segno distintivo di cui l'associazione del 2012 aveva concesso l'uso alla nuova associazione denominata MoVimento 5 Stelle, costituita nel 2017 (con sede a Roma), guidata non più da Beppe Grillo ma da Luigi Di Maio e che ha presentato candidature alle ultime elezioni politiche. Lo stesso simbolo "prestato" al M5S del 2017, dunque sarebbe stato "prestato" già prima anche all'associazione Rousseau di Casaleggio, come scritto nella nota integrativa al rendiconto dell'associazione del 2012 (quella "prestatrice", anche se il concetto di "prestito" cui siamo abituati è diverso da quello della concessione d'uso, visto che il prestito prevede che la cosa resta proprietà del prestatore, ma non è più nella sua disponibilità e non può permetterne l'uso contemporaneo a più soggetti, cosa che invece qui è accaduta).
Adnkronos nota che "nello statuto del 'nuovo' M5S - pubblicato il 30 dicembre 2017 sul Blog delle Stelle - non veniva menzionata alcuna cessione dell'uso del simbolo pentastellato all'Associazione Rousseau di Casaleggio" (anche se, in effetti, non c'era alcun obbligo di indicarla lì, visto che l'atto costitutivo di associazione non riguardava in alcun modo Rousseau e non era necessario scrivere in quell'atto che lo stesso segno distintivo era stato concesso anche a un altro soggetto, cosa che probabilmente l'associazione del 2012 rimaneva libera di fare). Come è noto, peraltro, alle elezioni politiche del 2018 il contrassegno depositato da Luigi Di Maio, Beppe Grillo e Davide Casaleggio era leggermente diverso da quello concesso dal M5S del 2012: pur essendo identica la parte grafica (che, inutile negarlo, rappresenta la parte realmente caratterizzante dell'emblema, oltre che la visualizzazione del nome della forza politica), al posto del sito Movimento5stelle.it nella parte inferiore era riportato il nuovo sito Ilblogdellestelle.it e la richiesta di registrazione del segno come marchio è stata depositata online presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi da Andrea Ciannavei - legale del M5S, presso il cui studio ha sede l'associazione del 2017 - a nome del titolare Luigi Di Maio il 22 gennaio 2018, dopo che si era conclusa la procedura di deposito dei contrassegni per le elezioni politiche. 
Proprio sulla differenza dell'emblema era incentrata la risposta comparsa sempre ieri sul sito Ilblogdellestelle.it, in un post intitolato La verità sul simbolo del MoVimento 5 Stelle:
Il simbolo del MoVimento 5 Stelle utilizzato dall'associazione Rousseau, di cui parlano oggi i giornali, non è quello utilizzato dall'associazione MoVimento 5 Stelle in parlamento per questa legislatura ed è stato utilizzato in passato solo per poter legalmente vendere i gadget con il simbolo, unico motivo per cui ne è stato concesso l'uso.
I giornali prendono per oro colato la dichiarazione di un avvocato che sta intentando decine di cause contro il MoVimento e ha estrapolato qualche numero dal bilancio (pubblico da mesi) dello scorso anno dell'associazione. Dei giornalisti dovrebbero verificare meglio le fonti e le notizie prima di pubblicare, anziché ricercare il solo titolo a effetto. Infatti la partecipazione del MoVimento alle elezioni, passate e future, nulla c'entra con questa vicenda.
Continuiamo a sperare in un'informazione degna di questo nome e scevra da interessi di partito.
Posto che in effetti il rendiconto e i suoi documenti allegati, per quanto riguarda il 2017, non si trovano nel sito www.movimento5stelle.it (se siano stati caricati altrove, mi scuso, ma non li vedo), non è dato sapere altro sull'accordo con cui il M5S del 2012 - certamente prima della costituzione del M5S 2017 - ha concesso a Rousseau l'uso del suo simbolo. Certo non ci si doveva aspettare di trovare riferimenti, nello statuto del M5S 2017, alla precedente concessione d'uso del simbolo a Rousseau: come accennato prima, l'associazione del 2012 non aveva certo concesso all'omonimo soggetto del 2017 l'uso esclusivo del simbolo e altrettanto deve avere fatto con Rousseau, dunque non c'era alcun obbligo di indicare nello statuto dell'ultima associazione gli effetti di un atto compiuto dal soggetto che ha concesso l'emblema. 
Tra l'altro, nello statuto all'articolo 1 si legge che alla denominazione "potrà essere abbinato il simbolo, di proprietà" del M5S 2012, ma non si dice che quello è il simbolo della nuova associazione, che poteva dunque usarlo ma era libera di adottare un diverso emblema in ogni momento, senza nemmeno avere l'obbligo di indicare chiaramente il suo simbolo nello statuto (ciò non sarebbe accettabile se lo statuto dovesse essere valutato dalla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici, perché occorre indicare con chiarezza qual è il simbolo adottato, ma come è noto questo passaggio non interessa al M5S dal momento che non intende avvalersi del 2 per mille e delle altre provvidenze pubbliche).  


Il problema del marchio

Una domanda, però, viene spontaneo porla e non si limita a questo caso, ma ha un respiro decisamente maggiore. Posto che il M5S 2017 si è dato un proprio simbolo e non ha più bisogno di utilizzare quello precedente (anche se, a livello grafico, è chiaramente imparentato con quello concesso a Rousseau), il vero problema è che qui si continuano a confondere i piani del segno identificativo del soggetto politico (il "simbolo" propriamente detto), del contrassegno elettorale e del marchio. Un conto è l'esigenza di un'associazione che partecipa alla vita politica di essere identificata dai suoi sostenitori, un altro (anche se piuttosto simile) è il bisogno di chi concorre alle elezioni di farsi riconoscere senza essere confusi da altri, altra ancora è l'esigenza di far sì che la vendita di gadget con un determinato emblema sia svolta in modo "autorizzato" solo da determinati soggetti: quest'ultima ipotesi, agli occhi di chiunque, è decisamente diversa rispetto alle altre due perché riguarda questioni di sfruttamento economico (e certamente non si tratta di una fattispecie presente in passato, quando bandiere, spille e altri oggetti non erano "prodotti ufficiali").
Una volta di più, dunque, si dovrebbe capire che l'emblema politico, che lo si veda come simbolo o come contrassegno elettorale, non può essere assimilato a un marchio, che è soggetto a regole diverse, da tutti i punti di vista. Se n'era accorto anche il Ministero dell'interno che, nel corso degli anni, non ha mai dato parere positivo alla registrazione come marchi dei simboli dei partiti: quando nel 2012 il Ministero per lo sviluppo economico aveva chiesto chiarimenti (anche perché in alcuni casi il Viminale non si era espresso e certi emblemi erano stati registrati), la Direzione centrale dei servizi elettorali aveva risposto che si voleva evitare di trasformare lo strumento del marchio d'impresa "in una modalità per eludere le disposizioni speciali di carattere elettorale contenute in vari atti normativi", proprio perché sono diversi i criteri di ammissibilità dei segni (d'impresa ed elettorali) e le norme che individuano, tra l'altro, "il soggetto che può essere legittimamente ritenuto titolare del potere di disporre di quel disegno", questione che fa al caso nostro. 
Il Viminale aveva individuato come soluzione la non registrabilità come marchio dei segni politici con forma circolare (quella usata da sempre per le elezioni), anche qualora si fosse stati in presenza di "segni notori in campo politico" (via attraverso la quale sono stati registrati in passato i simboli del M5S). Questo forse può sembrare esagerato - e anche fonte di disparità, visto che vari emblemi sono stati via via registrati come marchi - ma la domanda è fondata: il marketing ha invaso la politica da anni (e non è esattamente un bene), ma non sarebbe il caso di smettere di registrare come marchi i simboli, visto che la pratica produce solo danni e, tra l'altro, non dà nemmeno alcun diritto sul piano elettorale?