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sabato 11 luglio 2015

A ottobre nuovo simbolo per Vendola?

La notizia volendo c'è: a ottobre a sinistra dovrebbe nascere un nuovo simbolo, che parta dall'esperienza maturata fin qui da Sinistra ecologia libertà ma risulti effettivamente nuovo e potenzialmente stabile, non improvvisato. Pare in sostanza questo il contenuto del discorso di Nichi Vendola all'assemblea nazionale di Sel, tenutasi oggi a Roma. 
Vietato parlare di scioglimento (anche perché, come ormai si sa, i partiti che si sciolgono in Italia sono pochissimi, al più vengono abbandonati e lasciati dormire, nell'attesa di un risveglio che non sempre arriva); al massimo si può configurare un'evoluzione. "Sel - parole di Vendola - non torna indietro, ma va avanti, non si scioglie ma muta, si mette in gioco". Lo scopo? Cercare "di contribuire alla riscossa della gente che soffre nel nostro paese e in Europa", in "una sfida che ci può restituire felicità".
Lasciate stare i discorsi - pure importanti - di origine greca, contro l'Europa che ammutolisce il popolo, ridotto a "soggetto da sondare, a soggetto per il televoto". Prendete la parte in cui l'ex presidente della Puglia riconosce la necessità di mettere da parte i risentimenti del passato (ma non del tutto, qualche sassolino se l'è tolto pure oggi) e di guardare a una nuova stagione: "Noi oggi abbiamo la necessità non di scioglierci, non di dissipare il nostro patrimonio di storie, cultura, esperienze e anche errori ma abbiamo bisogno di investirlo, di usarlo come capitale sociale da investire nell'obiettivo fondamentale alla base della nostra sfida: rimettere la politica nelle mani di un protagonista diffuso". Il problema, però, resta il come: per Vendola serve "una ricerca unitaria, con una tempistica attenta", sapendo che "sono stati fatti molti errori, qualcuno non si può più replicare: non possiamo più presentarci neppure alle amministrative con un improvvisato cartello elettorale" che dia l'impressione "dell'accrocchio di ceti politici per la sopravvivenza elettorale". Si dovrebbe quindi creare, sempre per Vendola, "una cosa che non abbia natura pattizia".
Quella "cosa" di cui parla il leader di Sel dovrebbe passare attraverso "la costruzione di una piattaforma digitale, la nascita di una web tv e a ottobre un grande evento nazionale e di popolo": risultato, "un progetto [...] che almeno alle prossime elezioni politiche ci possa portare con un nuovo simbolo, con un nome nuovo a fare un'impresa per cui la sinistra può tornare a essere utile per la società". Nuovi segni distintivi, dunque, ma chi dovrebbe starci dietro o sotto, oltre a Vendola e compagni? Probabilmente si dovrebbe partire da coloro che erano presenti all'evento di oggi, come Paolo Ferrero (segretario di Rifondazione comunista), Francesco Campanella (Italia lavori in corso, ex M5S) e Stefano Fassina, per allargarsi poi "ai compagni collocati alla nostra sinistra, a quelli usciti dal Pd". La sfida pare ambiziosa, ma obiettivamente costruire qualcosa di realmente nuovo, che non sembri raccogliticcio o instabile, con pezzi di sinistra (o parasinistra) così diversi tra loro, si presenta come un compito maledettamente difficile. 

domenica 26 gennaio 2014

Sel, Vendola cancella il suo nome

Vuoi vedere che, a ventidue anni dalla prima apparizione di un cognome all'interno di un simbolo - quello di Marco Pannella sull'emblema della lista nata per candidare gli esponenti radicali - la parabola grafica dei partiti personali è ormai in fase discendente? Sembra di poterlo dire, a guardare la cronaca: dopo che l'Idv ha tolto il nome di Antonio Di Pietro, anche Sel vedrà forse sparire il nome di Nichi Vendola.
La decisione è stata presa dall'assemblea del secondo congresso di Riccione, che si è concluso proprio oggi, ma a chiedere la cancellazione è stato proprio Vendola, il cui nome è stato tirato più volte in ballo in vicende giudiziarie nei mesi scorsi. Nel suo primo intervento ha lamentato di aver visto "rovesciato il senso medesimo della mia vita", di essersi sentito "spellato e lapidato dall'uso strumentale e sensazionalistico di fatti giudiziari". Precisando di aver ricordato questo "solo perché il mio cognome compare nel simbolo del nostro partito. E io spero che vogliate accogliere la mia richiesta di restituzione di quel cognome". 
L'applauso, partito dai delegati presenti, ha solo parzialmente coperto la spiegazione fornita al suo gesto: "Non sono il proprietario del partito, io sono una persona e non ho sempre voglia di sventolare come una bandiera". Niente bandiera, dunque, e nemmeno arredo o accessorio di richiarmo di un contrassegno, per sperare di acchiappare qualche consenso in più.
La scelta di Vendola, in fondo, guarda al passato, per l'esattezza alla fine del 2009, quando i Verdi avevano lasciato il cartello delle elezioni europee Sinistra e libertà (erano rimasti solo gli ecologisti di Loredana De Petris) e poco dopo se n'erano andati anche i socialisti del Psi. In quella fase (mentre tutto il testo del contrassegno era in maiuscolo), il segmento rosso non ospitava nessun nome ed era disomogeneo, quasi fosse riempito a frottage con un pastello. A prescindere dalla grafica, la scommessa di Vendola va oltre lo sguardo all'indietro: togliere il suo nome dal simbolo significa in qualche modo dire che Sel può (e deve) esistere anche senza il governatore pugliese. Cosa su cui pochi giornalisti e analisti sarebbero disposti a scommettere volentieri (e forse anche qualche iscritto).