Il tavolo saltò però del tutto quando, il 18 febbraio, in una conferenza stampa venne presentata la coalizione Toscana Futura - Laici, Civiche e Nuovo PSI con Macelloni Presidente: il simbolo del gruppo di liste provinciali portava la scritta Socialisti e laici - Liste civiche; graficamente si presentava come una variante del simbolo del Nuovo Psi e sotto al garofano conteneva le miniature dei simboli di Pri e Pli. Non c'era praticamente alcun rilievo grafico per le formazioni civiche locali, visto che il simbolo era frutto di un accordo nazionale tra Gianni De Michelis (Nuovo Psi), Francesco Nucara (Pri) e Stefano De Luca (Pli): non a caso, il contrassegno era quasi identico a quello che sarebbe stato presentato pochi giorni dopo in Abruzzo e comunque simile a quello di "Socialisti e liberali" che sarebbe finito sulle schede di Piemonte e Abruzzo.
Per contraddistinguere la propria candidatura a presidente, invece, Renzo Macelloni avrebbe voluto usare il simbolo di Toscana Futura, sia pure leggermente rielaborato: nella corona color petrolio, in particolare, avrebbe inserito le stesse diciture - "Socialisti e laici" e "Liste civiche" - presenti nel contrassegno di lista, ma eliminando i riferimenti grafici ai partiti (che naturalmente restavano però nell'altro emblema).
A quel punto la Federazione dei Liberali, attraverso un comunicato di Fabrizio Prosperi (tra i fondatori di Toscana Futura), lanciò un segnale netto, che suonava come un avviso di guerra: diffidò Macelloni affinché non usasse il simbolo di Toscana Futura "per operazioni politiche difformi da quanto pattuito nell'atto costitutivo", che prevedeva l'impegno a presentare alle regionali "una lista comune con proprio simbolo per avviare il cambiamento superando i compromessi deteriori tra centrosinistra e centrodestra" (e non certo una lista legata a un accordo tra forze collocate nella Casa delle Libertà); mise poi in luce di nuovo l'errore di una "farsesca rinuncia" alle primarie e all'apertura ai cittadini "essenzialmente per compiacere il Nuovo Psi" e rilevò che anche varie liste civiche erano decisamente contrarie al nuovo corso del progetto politico di Toscana Futura. Se la diffida fosse caduta nel vuoto, la Federazione dei Liberali si sarebbe riservata di agire a tutela degli accordi precedenti.
Tempo qualche giorno e sfumò anche la possibilità di una seconda lista curata dal Codacons: secondo il racconto di Morelli, gli organizzatori non erano più disposti, vista la presenza di un'unica altra lista, ad assumersi lo sforzo di partecipare alla campagna elettorale - che verosimilmente non avrebbe dato risultati - senza contare su un rimborso spese (che però dal candidato di Toscana Futura, a quanto si apprende, non c'era disponibilità a riconoscere). Con il passare del tempo, infine, parte delle liste civiche e delle forze politiche (incluse alcune articolazioni del Pri) finivano per allontanarsi dal progetto di Toscana Futura, per il suo progressivo snaturamento e il concreto avvicinamento al centrodestra.
il 1° marzo Raffaello Morelli - in qualità di legale rappresentante della Federazione dei Liberali, ma di fatto anche quale rappresentante di Toscana Futura, avendo lui provveduto a depositare la richiesta di elezioni primarie - presentò al tribunale civile di Firenze un ricorso ex art. 700 del codice di procedura civile. Al suo interno si rilevava, tra l'altro, che nell'accordo del 31 gennaio 2005 che aveva costituito Toscana Futura (e che anche Cariglia e Macelloni avevano sottoscritto) si subordinava l'ampliamento della coalizione all'accordo unanime dei contraenti, senza prevedere l'allargamento del gruppo di liste; la scelta di presentare il gruppo di liste Socialisti e laici - Liste civiche aveva invece violato i patti e l'accostamento a quel contrassegno di lista del simbolo di Toscana Futura - tra l'altro depositato presso la Regione Toscana, per le primarie, proprio da Morelli - era considerato un'ulteriore, indebita violazione. Considerando che le candidature si sarebbero dovute presentare tra il 4 e il 5 marzo, in sede cautelare il ricorrente aveva chiesto di inibire immediatamente a Macelloni l'uso del nome e del simbolo alle elezioni e in tutto il procedimento preparatorio, onde evitare danni all'immagine del ricorrente (per l'accostamento al simbolo del Nuovo Psi) e non far credere ad elettrici ed elettori che Macelloni fosse sostenuto da tutti coloro che avevano preso parte a Toscana Futura.
Il giorno dopo un decreto della seconda sezione civile del tribunale di Firenze inibì inaudita altera parte a Macelloni l'uso del nome "Toscana Futura" e del simbolo (o di un emblema con esso confondibile), fissando l'udienza di comparizione per il 22 marzo (cioè poco più di dieci giorni prima delle elezioni, con il quadro delle candidature ovviamente già cristallizzato); Morelli, per parte sua, nello stesso giorno si rivolse insieme a Prosperi all'Ufficio centrale regionale presso la Corte di Appello di Firenze (che avrebbe dovuto esaminare i documenti legati alle candidature), ricordando la partecipazione di Toscana Futura alle primarie e ritenendo inammissibile un uso del simbolo impiegato in quell'occasione (o di un emblema con questo confondibile) "per operazioni politiche difformi" dagli accordi che avevano portato a partecipare a quelle primarie.
A quel punto mancavano solo poche manciate di ore alla presentazione delle candidature. Il 4 marzo, alle 10 e 40, Ottaviano Colzi - che, come gli altri esponenti della lista Socialisti e laici - Liste civiche, nulla sapeva del provvedimento del giudice fiorentino - depositò i documenti relativi alla candidatura di Macelloni, contrassegno incluso; nello stesso giorno Morelli fece depositare in Corte d'appello il decreto di inibizione emesso dal tribunale di Firenze. Proprio sulla base di questo, il contrassegno legato a Macelloni fu ritenuto inammissibile nel pomeriggio del 5 marzo. Si può immaginare la sorpresa con cui Macelloni, Colzi e altri accolsero la notizia della ricusazione, non avendo avuto notizia dell'inibizione pronunciata inaudita altera parte.
Colzi ovviamente presentò ricorso contro quell'esclusione, rivendicando innanzitutto di essere presentatore della candidatura per conto dello stesso gruppo politico che aveva partecipato alle primarie con il simbolo ritenuto non ammissibile: quell'emblema avrebbe dovuto essere usato anche alle elezioni proprio per rispettare l'esito delle primarie e tutelare l'affidamento del corpo elettorale. Colzi negò poi che il decreto del giudice civile potesse avere effetto nei confronti di Macelloni, al quale non era stato notificato e che dunque riteneva di poter legittimamente usare quel contrassegno (tanto più che l'Ufficio centrale regionale non era parte di quel giudizio), o che potesse comunque interferire con il procedimento elettorale regionale, regolato da norme speciali e "imperative di diritto pubblico" improntate al favor voti e sottoposto alla giurisdizione amministrativa; rivendicava poi come Morelli e la Federazione dei Liberali non avessero mai impiegato il simbolo, non potendosi parlare di un preuso da tutelare (quello sarebbe anzi il primo impiego elettorale, al di là delle primarie).
Come
extrema ratio (forse sperando che non ce ne fosse bisogno o magari temendo che fosse l'unica possibilità concretamente praticabile),
Colzi chiese di poter essere ricevuto dall'Ucr e di poter ritoccare il contrassegno, togliendo ogni riferimento al nome e alla grafica di Toscana Futura, allegando già le copie dell'emblema sostitutivo.
Si trattava di una vera e propria operazione chirurgica, come se qualcuno con un cutter avesse tagliato via il nome "Toscana Futura" dalla fascetta bianca e la grafica a colori del vecchio simbolo dal cerchio centrale. Il 6 marzo, riunitosi di nuovo, l'Ucr ritenne ammissibile il nuovo simbolo (precisando che quello precedente avrebbe avuto bisogno di una "sostanziale modifica") e quindi Macelloni rientrò regolarmente in corsa per le regionali.
Altre carte bollate
Quella sostituzione, tuttavia, non fu affatto indolore: "Toscana Futura - iniziava così una nota diffusa il 7 marzo - è stata espropriata del suo simbolo attraverso una serie di provvedimenti adottati senza che sia stato consentito ad alcuno dei suoi esponenti di esprimere le proprie ragioni". L'aver tolto il riferimento al simbolo che aveva corso alle primarie (le stesse primarie da cui Macelloni si era peraltro ritirato) era, secondo i presentatori delle liste Socialisti e laici - Liste civiche collegate a Macelloni, un modo per "subire, senza condividere l'oscumento" di quell'emblema causato da quei provvedimenti. Si denunciava l'esistenza in Toscana di "zone grigie che rendono difficoltoso, talvolta, l'esercizio dei più elementari diritti di democrazia" e della volontà di togliere di mezzo "la vera ed unica novità" di quelle elezioni regionali, intenzionata a rompere un "equilibrio di interessi" in essere da tempo. "Il simbolo del candidato presidente Renzo Macelloni - concludeva la nota - sarà una corona circolare con [...] l’interno completamente bianco, a sottolineare non solo lo scippo del logo e della scritta di Toscana Futura; lo spazio vuoto intende anche significare la volontà ferma di riappropriarci rapidamente di quanto ci appartiene, in ragione del fatto che lo abbiamo creato e utilizzato ormai da molti mesi [...]. Tale riappropriazione avverrà quando, finalmente, ci saranno forniti un modo ed una sede per esprimere le nostre ragioni".
Rincarò la dose Marco Cecchi, di Radicali italiani - LiberaPisa: "L'amara constatazione dei radicali circa l'impraticabilità democratica per chi si trova collocato al di fuori dei Poli della partitocrazia italiana si è dimostrata in Toscana quanto mai azzeccata". Nel passare in rassegna varie storture ricondotte alla nuova legge elettorale e alla sua applicazione pratica, Cecchi definì un episodio "ancora più surreale" quello relativo al contrassegno di Macelloni: "Accogliendo il ricorso di due esponenti di una fantomatica Federazione dei Liberali il Tribunale di Firenze, a liste ormai depositate e senza ascoltare i diretti interessati dal provvedimento, ha inibito l'uso del nome (Toscana Futura) e del simbolo del Terzo Polo toscano. Cosicché i cittadini toscani che andranno a votare il 3 e 4 aprile si troveranno sulla scheda elettorale, accanto al nome del candidato presidente, un simbolo fantasma: alcune parole in cerchio [...] attorno ad un vuoto bianco [...]. Emblematica rappresentazione di quella Toscana che da oggi sarà più corretto definire 'buco bianco' della democrazia".
Buco bianco o no, la strada della carta bollata non era ancora esaurita. Innanzitutto Macelloni e Colzi si rivolsero al Tar della Toscana, per chiedere l'annullamento della decisione dell'Ufficio centrale regionale che non aveva ammesso il simbolo del candidato presidente, ma anche di quella successiva che aveva ammesso il contrassegno sostitutivo dopo una "sostanziale modifica". Ribadendo che il decreto regionale che aveva approvato l'esito delle primarie di Toscana Futura faceva identificare senza dubbi agli occhi del corpo elettorale l'emblema con Renzo Macelloni, Colzi lamentava come l'Ucr non avesse in alcun modo esaminato i motivi di diritto del suo ricorso, dunque ribadì le medesime censure fatte valere davanti ai magistrati della Corte d'appello, chiedendo di consentire a Macelloni di partecipare alle elezioni con il simbolo originario (che aveva corso alle primarie), sospendendo in via cautelare le due decisioni dell'Ucr fondate sul provvedimento del tribunale fiorentino (di cui, peraltro, i ricorrenti non erano ancora riusciti ad avere copia). Morelli, per parte sua, ribadì come il simbolo di Toscana Futura potesse essere usato solo con il consenso unanime di tutti coloro che avevano costituito il soggetto politico-giuridico, aggiungendo comunque che fino a che fosse stato efficace il decreto emesso inaudita altera parte dal tribunale di Firenze, Macelloni non avrebbe potuto usare nome e simbolo di Toscana Futura, mentre era stato salvaguardato il suo diritto di partecipare alle elezioni con l'emblema sostitutivo (ma proprio per questo non ci sarebbe stato motivo di sospendere entrambe le decisioni dell'Ucr).
Il 17 marzo la terza sezione del Tar respinse la domanda cautelare, ritenendo che le decisioni dell'Ufficio centrale regionale non avessero impedito a Macelloni di partecipare alle elezioni e che fosse solo ipotetico il calo di voti che il candidato avrebbe potuto accusare per il mancato impiego del simbolo usato per la prima volta alle primarie. I giudici amministrativi negarono poi che si potesse escludere "la rilevanza del collegamento funzionale, sul proposto thema decidendum, tra la vicenda contenziosa in esame ed il provvedimento cautelare ante causam adottato dal tribunale di Firenze, in base al quale, allo stato, il ricorrente non è legittimato ad utilizzare il simbolo contestato". La sentenza di primo grado arrivò solo alla fine di maggio (a voto passato da quasi due mesi), limitandosi a dire che il ricorso era improcedibile, visto che i ricorrenti non avevano più interesse a coltivarlo.
L'11 aprile, invece, si era già espresso il tribunale civile di Firenze (sia pure solo con ordinanza), accogliendo il ricorso di Raffaello Morelli e confermando il decreto emesso inaudita altera parte all'inizio di marzo. In particolare, l'ordinanza precisò che non si era di fronte a una lite elettorale (dunque iniziata davanti al giudice sbagliato), ma a una controversia di diritto privato, "antecedente e soltanto eventualmente prodromica ad ogni successiva operazione elettorale" (e per dimostrare che di controversia giusprivatistica si trattava, tra soggetti collettivi comunque dotati di diritto al nome ex art. 7 c.c., il giudice citava anche l'ordinanza del tribunale di Roma relativa al contenzioso tra la futura Rifondazione comunista e il Pds - ex Pci). Per l'ordinanza, poi, l'accordo stipulato ufficialmente il 31 gennaio in forma di scrittura privata per creare il gruppo di liste Laici e Lite civiche (sottoscritto da Centouno, Federazione dei Liberali, liste civiche toscane rappresentate da Macelloni, Pli e Pri), con cui si era deciso che il simbolo avrebbe rappresentato la coalizione Toscana Futura, prevaleva su ogni uso o accordo precedente. Del simbolo era titolare l'associazione Toscana Futura: se era venuto meno il comune intento di presentare liste col nome di Toscana Futura nel modo che si era concordato, nessuna parte di quell'accordo poteva usare unilateralmente quel nome e quel simbolo e ciascun'altra parte contraente poteva reagire contro quell'uso indebito.
Le battute finali
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La scheda elettorale della circoscrizione di Firenze |
Quella decisione, in ogni caso, era arrivata una settimana dopo l'esito delle elezioni regionali.
Il 3 e il 4 aprile 2005, dunque, Renzo Macelloni e il suo simbolo "svuotato" finirono sulla scheda elettorale: questi ottennero 30062 voti (l'1,5%), mentre la lista Socialisti e laici - Liste civiche dovette accontentarsi di qualcosa di meno (23379, l'1.3%); a tenere basso il risultato del gruppo di liste contribuì il non essere riusciti a presentare la lista nella provincia di Grosseto, a causa di contrasti tra il Nuovo Psi e l'articolazione locale del Pri (
dal Tirreno si apprende che i rappresentanti dei due partiti di fatto avevano raccolto le firme su due liste diverse - i primi su candidati solo socialisti, come si era deciso in un primo tempo, i secondi su due candidati socialisti e due repubblicani, come si era deciso in seguito - e le firme raccolte sulle due liste non potevano certo sommarsi.
I numeri forse non erano del tutto insoddisfacenti: gli oltre 30000 voti ottenuti da Macelloni erano sicuramente meno rispetto alle oltre 35000 schede ritirate alle primarie di febbraio (che nelle intenzioni dei due sfidanti nemmeno si sarebbero dovute tenere), ma erano comunque ben di più degli oltre 17000 voti validi e degli oltre 9600 andati allo stesso Macelloni ed erano arrivati nonostante il "simbolo svuotato". Di certo però l'1,5% dei consensi raccolto dal candidato presidente era lontanissimo dal 5% che avrebbe garantito l'accesso alla ripartizione dei seggi; allo stesso modo il risultato delle liste provinciali trainate dal Nuovo Psi era lontano dalla soglia del 4%, ma anche dal 2,44% ottenuto un anno prima dalla lista Socialisti uniti per l'Europa (in cui il Nuovo Psi aveva certo parte rilevante, ma c'erano anche i gruppi di Signorile e Formica), nonostante la lista delle regionali potesse contare anche sull'apporto di Pli, Pri e civiche.
Difficile dire se e quanto lo "svuotamento" del simbolo di Macelloni abbia influito sul risultato finale del voto; di certo non ha aiutato, in generale, a stabilire o mantenere un clima di serenità che avrebbe potuto portare più voti alle candidature in campo. La situazione oggettivamente era complessa e delicata: è vero che Macelloni era stato votato alle primarie sotto al simbolo di Toscana Futura, che dunque dagli elettori poteva essere ricondotto a lui; è altrettanto vero però che quelle primarie di fatto erano state "disconosciute" dai candidati con la loro scelta di ritirarsi (e di questo, nei vari ricorsi di Macelloni e Colzi, curiosamente non c'era traccia). Allo stesso modo, era difficile negare che il simbolo di Toscana Futura fosse nato come emblema comune di varie componenti politiche (di cui il Nuovo Psi non faceva parte) e in seguito l'uso era stato rivendicato sì dal vincitore delle primarie, ma per associarlo a un emblema elettorale profondamente diverso nella forma e nella sostanza.
Finivano per confliggere due concezioni diverse: quella consensuale che aveva mosso la nascita del progetto di Toscana Futura (e che non poteva tollerare, secondo l'idea portata avanti da Raffaello Morelli, che l'emblema fosse usato in modo diverso rispetto a quanto concordato in precedenza) e quella leaderistica-monocratica, assai più vicina al vigente assetto statutario-elettorale delle Regioni, per cui il leader che si era già in qualche modo legato a un emblema aveva diritto di continuare a usarlo per distinguersi, anche nel rispetto degli elettori che con quell'emblema l'avevano conosciuto (magari senza sapere che il progetto politico nel frattempo si era trasformato). I giudici diedero maggior peso alla tesi consensuale, certamente aiutati dal fatto che esisteva un accordo scritto tra varie parti (incluso il futuro candidato presidente) e che questo sembrava non essere stato pienamente rispettato da uno dei sottoscrittori. Certamente nulla sarebbe accaduto se nessuno si fosse opposto all'uso dell'emblema in questione: proprio perché Macelloni aveva partecipato (suo malgrato) alle primarie sotto quel simbolo, l'Ucr avrebbe ritenuto verosimilmente legittimo che il candidato presidente continuasse a fregiarsene alle regionali, senza (poter) valutare il grado di rispetto dei patti precedenti. Qualcuno, invece, proprio in virtù di quei patti cui aveva partecipato, ha ritenuto di potersi opporre all'uso indebito del simbolo e le cose sono andate diversamente.
Ogni tentativo di sminuire la legittimazione della Federazione dei Liberali, ritenendola un soggetto marginale o "fantomatico", appare infondato, vista la storia che quel gruppo aveva avuto (e
solo un paio di anni dopo avrebbe cercato di impedire a Silvio Berlusconi di usare per il suo nuovo soggetto politico l'espressione "Partito della libertà"); resta però, certamente, l'anomalia del decreto
inaudita altera parte, della cui esistenza Macelloni apprese solo in sede di bocciatura del proprio contrassegno e di cui non ebbe contezza nemmeno all'atto del ricorso al Tar. Infine,
è vero che le norme sui diritti delle associazioni e quelle elettorali sono diverse e tendenzialmente le prime non dovrebbero influire sulle seconde;
è però altrettanto vero che sarebbe difficile non tenere conto in sede elettorale di alcune decisioni valide in ambito civile, specie quando si tratta di decisioni inibitorie (certo, possibilmente seguenti a un accertamento meno sommario di quello che precede un provvedimento reso
inaudita altera parte).
Sembra difficile, dunque, avallare in pieno l'immagine di "buco bianco della democrazia" coniata nel 2005 per questo caso e per l'intera vicenda elettorale toscana: alla base c'era, senza dubbio, un accordo in parte sconfessato e in parte snaturato e non può stupire che qualcuno abbia preteso che chi non aveva rispettato i patti non avesse vantaggi indebiti. Questo non significa che tutti i passaggi siano stati gestiti nel modo migliore o più condivisibile: il buco (bianco) forse non c'era, qualche ombra obiettivamente sì. Oltre, come al solito, a tanta confusione, ma chi appartiene alla schiera dei #drogatidipolitica ci ha fatto l'abitudine. E, in fondo, mentre tenta di farsi largo in quel caos si diverte pure.
Per le indicazioni e il materiale che hanno consentito la stesura di questo articolo ringrazio soprattutto Antonio Floridia e Lucia Bora (Regione Toscana); ringrazio pure di cuore l'ottimo Antonio Folchetti, con il quale nel 2017 ho approfondito le evoluzioni e le applicazioni delle norme elettorali toscane, tra una disquisizione su come spiegare correttamente il funzionamento del "metodo Adams" (ammesso che in Toscana si fosse applicato proprio quello per distribuire i seggi), un video del miglior Fiorello che imitava Mike e una puntata da Frontoni per rifornirci di pizza al sesamo.