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giovedì 28 gennaio 2016

Terni, la Democrazia diretta diversa dal Pd

Su questo sito lo si è detto spesso: il metro di controllo dei simboli da parte delle commissioni elettorali chiamate a intervenire prima delle elezioni amministrative è, in generale, meno severo rispetto a quello del Viminale per le elezioni politiche ed europee. Troppe cose vanno controllate, magari per più comuni, in 48 ore - specie riguardo a firme e certificati - per cui sui simboli si può essere più morbidi: se non ci sono somiglianze troppo marcate e nessuno si lamenta (o se non si violano altre norme), si lascia correre. A volte, però, le polemiche iniziano prima che i documenti di lista siano presentati: una volta potevano scatenarle le prime affissioni, oggi magari nascono in rete e poi coinvolgono i partiti.
Qualcosa di simile era successo nel 2014 a Terni, quando a contendere la poltrona di sindaco a Leopoldo Di Girolamo - Pd, che cercava la riconferma dopo l'elezione nel 2009 - si erano presentati ben undici candidati, di cui uno interessa qui particolarmente: Francesco Bartoli. Lui, come presidente del comitato "La Terni che vorrei" (impegnato in varie battaglie, a partire da quella sugli autovelox), aveva in un primo tempo cercato di unire le forze di opposizione a Di Girolamo, centrodestra compreso, aderendo anche alla candidatura a sindaco di Franco Todini, che aveva proposto la Lista civica Il Cammello (il nome sembra strano? "La nostra è una traversata nel deserto, un deserto dei valori, delle idee - aveva detto Todini -. In questo viaggio verso la città 'sperata' voglio essere il cammello che accompagna i ternani verso prospettive di vita migliori"). In seguito, comunque, il cammello di Todini ha corso da solo, il centrodestra pure, così anche Bartoli si è candidato a sindaco con la sua lista Democrazia diretta, con l'idea di puntare molto sugli strumenti di partecipazione dei cittadini alla politica locale.
Qual era il problema? Il simbolo, ovviamente. Già a gennaio del 2014, quando si era parlato di adesione al progetto di Todini, qualcuno sul profilo personale di Bartoli aveva parlato di "logo adottato", che assomigliava troppo all'emblema del Pd, al punto da poter indurre gli elettori in errore (e qualcuno scherzava, ma nemmeno poi tanto, dicendo "la P è fatta male"). C'è chi prontamente ha risposto che il simbolo era assolutamente distinguibile e nessuno si sarebbe fatto trarre in inganno; per svariati giorni, in ogni caso, i commenti degli utenti sono oscillati tra la "furbata fregavecchietti" e la "trovata geniale" ("I vecchietti non li frega nessuno... è assodato - continuava quel commento - mentre invece si vuol mettere in luce proprio l'altra faccia della medaglia della scelta del partito democratico, che può essere solo una scelta di democrazia diretta....e poi ci vedo anche un po' di ironia").
C'era davvero la somiglianza? Sì e no: c'era una D al posto di una P e la seconda lettera di Democrazia diretta era in "positivo", quella del Pd in "negativo (e con un piccolo "uncino" nel traforo delle due lettere), i nomi erano tutti diversi e il fondino sfumato azzurro faceva più ulivo che Pd; nonostante questo, escludere completamente che l'emblema scelto rimandasse a quello del partito di Renzi non era possibile. Anche per questo, a qualcuno del Pd di Terni la trovata non doveva essere piaciuta, dunque a marzo è stata inviata - lo aveva scritto, ad esempio, Ternioggi.it - una lettera riservata a La Terni che vorrei per invitare l'associazione a "una rivisitazione grafica" del simbolo,  "al fine di evitare un delicato e non auspicato contenzioso" e per "consentire una chiara individuazione da parte degli elettori”.