Anno di grazia 1998, 25 febbraio: l'Unione democratica per la Repubblica, voluta da Francesco Cossiga, era nata da una settimana. Quel giorno, a chi minimizzava la nascita del nuovo partito bollandola come un'impresa di "quattro gatti", lo stesso Cossiga rispose da par suo: "Quattro gatti, quando si infilano fra le gambe di molte persone, ne fanno andare tante a gambe all'aria". Quella non fu solo una risposta in stile "cossighiano": fu un seme lanciato, l'anticipazione di una mossa futura.
Due anni dopo - il 13 aprile 2000 - il senatore a vita ed ex capo dello Stato diede l'annuncio al paese attraverso l'Unione Sarda: "Fondo il movimento dei Quattro Gatti". A novembre svelò ai giornalisti che gli stemmi erano pronti: già, gli stemmi, perché nel frattempo era stato preparato anche quello, tutto personale, del Gatto Mammone, modellato a immagine e somiglianza dell'uomo-medicina - come intuito e ricordato di frequente da Filippo Ceccarelli - più sorprendente della politica italiana e destinato a rappresentarlo meglio di un ritratto personalizzato.
Non sono mai finiti su una scheda elettorale quei due emblemi, anche perché non erano nati con quello scopo: in pochi, dunque, hanno avuto la possibilità di vederli, sebbene se ne sia parlato a più riprese su questo o quel giornale. Una copia delle immagini (cartacea e in Cd-Rom), tuttavia, era debitamente conservata in un faldone del Ministero dell'interno, con tanto di descrizione araldica e di lettera accompagnatoria di Angelo Sanza, giust'appunto uno dei Quattro Gatti.
Il piccolo tesoro grafico-politico aspettava solo di essere scoperto da un curioso ricercatore, planato lì con la speranza di trovare tutt'altro ma del tutto incapace di trattenere un grido di vittoria, di fronte a un'inattesa carpetta giallina dal contenuto felino. Nel foglio che conteneva la descrizione araldica, tra l'altro (e per fortuna), c'era anche il nome di chi aveva dovuto tradurre in pratica l'idea del presidente emerito: l'araldista Michele D'Andrea, conosciuto da Francesco Cossiga durante il suo mandato presidenziale e da lui apprezzato a tal punto da essere scelto per dare forme e colori agli stemmi di quell'ordine cavalleresco così particolare e - senza ombra di dubbio - esclusivo.
Era troppo ghiotta l'occasione per non farsi raccontare per filo e per segno la genesi di quegli emblemi direttamente dal creatore: l'intervista che segue è frutto di una chiacchierata sorridente (anche per il piacere di ridare luce a una storia che qualcuno credeva dimenticata), ricca di ricordi e venata di malinconia, a quasi sei anni dalla scomparsa di Cossiga. Un uomo fuori del comune - tanto per chi ne ha avvertito il fascino, quanto per chi lo ha detestato - che per dire quello che pensava era disposto a tutto. Anche a dire il contrario o a indossare una maschera, compresa quella del Gatto Mammone.
Due anni dopo - il 13 aprile 2000 - il senatore a vita ed ex capo dello Stato diede l'annuncio al paese attraverso l'Unione Sarda: "Fondo il movimento dei Quattro Gatti". A novembre svelò ai giornalisti che gli stemmi erano pronti: già, gli stemmi, perché nel frattempo era stato preparato anche quello, tutto personale, del Gatto Mammone, modellato a immagine e somiglianza dell'uomo-medicina - come intuito e ricordato di frequente da Filippo Ceccarelli - più sorprendente della politica italiana e destinato a rappresentarlo meglio di un ritratto personalizzato.
Non sono mai finiti su una scheda elettorale quei due emblemi, anche perché non erano nati con quello scopo: in pochi, dunque, hanno avuto la possibilità di vederli, sebbene se ne sia parlato a più riprese su questo o quel giornale. Una copia delle immagini (cartacea e in Cd-Rom), tuttavia, era debitamente conservata in un faldone del Ministero dell'interno, con tanto di descrizione araldica e di lettera accompagnatoria di Angelo Sanza, giust'appunto uno dei Quattro Gatti.
Il piccolo tesoro grafico-politico aspettava solo di essere scoperto da un curioso ricercatore, planato lì con la speranza di trovare tutt'altro ma del tutto incapace di trattenere un grido di vittoria, di fronte a un'inattesa carpetta giallina dal contenuto felino. Nel foglio che conteneva la descrizione araldica, tra l'altro (e per fortuna), c'era anche il nome di chi aveva dovuto tradurre in pratica l'idea del presidente emerito: l'araldista Michele D'Andrea, conosciuto da Francesco Cossiga durante il suo mandato presidenziale e da lui apprezzato a tal punto da essere scelto per dare forme e colori agli stemmi di quell'ordine cavalleresco così particolare e - senza ombra di dubbio - esclusivo.
Era troppo ghiotta l'occasione per non farsi raccontare per filo e per segno la genesi di quegli emblemi direttamente dal creatore: l'intervista che segue è frutto di una chiacchierata sorridente (anche per il piacere di ridare luce a una storia che qualcuno credeva dimenticata), ricca di ricordi e venata di malinconia, a quasi sei anni dalla scomparsa di Cossiga. Un uomo fuori del comune - tanto per chi ne ha avvertito il fascino, quanto per chi lo ha detestato - che per dire quello che pensava era disposto a tutto. Anche a dire il contrario o a indossare una maschera, compresa quella del Gatto Mammone.
* * *
D'Andrea, è toccato a
lei dare forma ai Quattro Gatti immaginati da Cossiga: come lo ha incrociato
sulla sua strada?
![]() |
Michele D'Andrea |
Negli anni abbiamo
conosciuto vari volti di Cossiga, non tutti facili da tenere insieme. Il
Cossiga che ha conosciuto lei com'era, come persona?
Mi viene da ricordare
soprattutto una cosa: era di un'ironia e un'autoironia sfrenata, lo ha
dimostrato in tante occasioni; eppoi era una delle poche persone che, in quello
scorcio del secolo passato, si poteva definire erudita, proteiforme. In più,
dalla sua, aveva soprattutto una memoria dei fatti e delle persone prodigiosa:
poteva incrociare una persona all'uscita dalla chiesa e ricordarla
perfettamente dopo mesi. Senza dubbio, infine, amava molto giocare con il suo
ruolo, tante cose, compresi i Quattro Gatti e il Gatto Mammone, erano parte del
suo atteggiamento davvero molto ludico...